L'onere di provare la sussistenza dei requisiti per la concessione dell'indennità sostitutiva ex art. 1751 c.c.

A prescindere dall'esatto rilievo secondo cui l'indennita' prevista dall'articolo 1751 cod. civ., in effetti non derogabile in senso peggiorativo dalla disciplina collettiva, e' esclusa nei sol casi in cui l'inadempimento dell'agente non consenta la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto, grava sull'agente stesso l'onere di provare la sussistenza dei requisiti - l'apporto di nuovi clienti ovvero il sensibile sviluppo degli affari gia' correnti - che legittimano la concessione dell'indennita' di cui alla richiamata. E' qaunto stabilito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 19694 del 24 settembre 2007.



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SENTENZA

sul ricorso n. 8419/2004 proposto da:

BE. AN., elettivamente domiciliato in Roma, Via Gavinana 2, presso lo studio dell'Avv. Palladino Luciano, che lo rappresenta e difende, unitamente e disgiuntamente, dall'Avv. Manzione Antonio del foro di Salerno per procura a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

MI. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore Dott.ssa Mi. Lu.;

- intimata -

nonche' sul ricorso n. 11608/2004 proposto da:

MI. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore Dott.ssa Mi. Lu., elettivamente domiciliata in Roma, Via Renato Fucini 24, presso lo studio dell'Avv. Stillitani Giuseppina, che la rappresenta e difende per procura a margine del controricorso, unitamente e disgiuntamente, con l'Avv. Di Cola Sabrina del foro di Perugia;

- controricorrente ricorrente incidentale -

contro

BE. AN.;

- intimato -

per la cassazione della sentenza n. 848/03 della Corte di Appello di Napoli del 12.3.2003/4.04.2003 nella causa iscritta al n. (ex 2005 bis) 2181 RG 2001;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell'8.06.2007 dal Cons. Dott. A. De Renzis.

sentito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. Velardi Maurizio, che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 31.5.2001 il Giudice del Tribunale di Benevento rigettava le domande proposte da Be.An., il quale con ricorso del 14.6.1996 aveva chiesto, previo accertamento del recesso, a lui intimato con nota del 24.1.1996 come agente dalla preponente societa' Mi. S.p.A., in termini di recesso semplice anziche' in quello di recesso per giusta causa, il pagamento; a) dell'eventuale saldo provvigioni; b) dell'indennita' prevista dall'articolo 1751 cod. civ.; c) dell'indennita' sostitutiva del preavviso; d) delle provvigioni di incasso e del maneggio di denaro; e) delle indennita' su queste ultime provvigioni; e) del risarcimento del danno per violazione delle regole di correttezza contrattuale e commerciale, da liquidarsi in via equitativa. Va precisato che la Mi. aveva intimato recesso dal contratto per giusta causa imputando all'agente di avere contestato le scelte imprenditoriali, di avere disatteso le direttive aziendali, di avere proposto condizioni di vendita diverse da quelle stabilite dall'azienda, di avere impedito il lavoro di altri agenti, aggredendoli verbalmente.

Con la stessa sentenza veniva rigettata la domanda riconvenzionale proposta dalla Mi. S.p.A. per l'accertamento del proprio diritto al risarcimento del danno subito per la perdita clienti. In particolare il giudice di primo grado dichiarava la legittimita' del recesso, in quanto il Be., nella sua qualita' di agente, aveva tenuto un comportamento di contestazione delle scelte imprenditoriali della societa' preponente.

Tale decisione, a seguito di appello del Be., e' stata parzialmente riformata dalla Corte di Appello di Napoli con sentenza n. 848 del 2003, che ha condannato la Mi. S.p.A. al pagamento in favore del Be. della somma di euro 7.248,76 a titolo di indennita' sostituiva di preavviso, oltre accessori.

La Corte territoriale ha osservato che sulla base delle risultanze documentali e testimoniali, pur essendo avvenuto lo scioglimento del rapporto di agenzia per un "fatto imputabile all'agente", non si era trattato di una giusta causa, di gravita' tale da non consentire la prosecuzione anche provvisoria del rapporto stesso.

Cio' posto, la Corte ha riconosciuto il diritto all'indennita' sostitutiva di preavviso ex articolo 1750 cod. civ., mentre ha confermato il rigetto della richiesta di indennita' ex articolo 1751 cod. civ. e di quella ex AEC invocata, scaturendo la prima indennita' dall'insussistenza di una giusta causa e dovendo escludersi la seconda per mancata dimostrazione dell'apporto di nuovi clienti o comunque in relazione ovvero sensibile sviluppo degli affari o a perdite di provvigioni derivanti dall'interruzione dei rapporti. La medesima Corte ha ritenuto che l'indennita' suppletiva di clientela fosse preclusa dalla sussistenza del fatto imputabile all'agente.

Il Be. ricorre per cassazione in base a due motivi. La Mi. S.p.A. resiste con controricorso, contenenti ricorso incidentale, quest'ultimo contrastato dal Be. con proprio controricorso.

Entrambe le parti hanno presentato rispettive conclusioni ex articolo 378 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. In via preliminare va disposta la riunione dei ricorsi ex articolo 335 c.p.c., trattandosi di impugnazioni contro la stessa sentenza.

2. La controricorrente societa' eccepisce inammissibilita' del rincorso principale per la mancata specificazione di motivo di impugnazione ai sensi dell'articolo 366 c.p.c., n. 4.

L'eccezione e' infondata, in quanto il ricorso consente di individuare, senza il sussidio di altre fonti, le questioni sottoposto all'esame dei giudice di legittimita' e i motivi di censura della sentenza di appello.

3. Con il primo motivo il ricorrente principale deduce violazione dell'articolo 1751 c.c., in relazione all'applicabilita' del AEC del 5.11.1992 (cd. Accordo Ponte per la piccola e media industria), parte seconda, effettuata dalla Corte di Appello.

Il Be. afferma che il giudice di appello ha adottato un'interpretazione "in peius" dell'articolo 1751 c.c., il quale prevede l'esclusione del diritto all'indennita' solo in caso di inadempimento grave dell'agente che non consenta la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto, pur non essendo stata riscontrata tale situazione.

Lo stesso ricorrente aggiunge che l'AEC non avrebbe potuto essere interpretato in senso difforme e peggiorativo per l'agente, ostando a cio' l'articolo 1751 cod. civ., penultimo comma, secondo cui le disposizioni di tale norma sono inderogabili a svantaggio dell'agente, li motivo e' infondato.

A prescindere dall'esatto rilievo secondo cui l'indennita' prevista dall'articolo 1751 cod. civ., in effetti non derogabile in senso peggiorativo dalla disciplina collettiva, e' esclusa nei sol casi in cui l'inadempimento dell'agente non consenta la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto (ipotesi, questa, ritenuta insussistente nella fattispecie), sta di fatto che la sentenza impugnata ha osservato al riguardo che il giudice di primo grado aveva affermato che non era stata fornita prova alcuna in ordine ai requisiti (ossia l'apporto di nuovi clienti ovvero il sensibile sviluppo degli affari gia' correnti) legittimanti la concessione dell'indennita' di cui alla richiamata disposizione e che il Be. sul punto non aveva "avanzato alcuna specifica censura", per cui e' solito questo particolare profilo che e' stata ribadita dalla Corte territoriale l'infondatezza della relativa domanda. Ne' il ricorrente ha contestato l'accertamento compiuto dal giudice di appello ed anzi neppure in questa sede ha dedotto che quei requisiti fossero stati da lui allegati e dimostrati.

4. Con il secondo motivo il ricorrente principale lamentii vizio di motivazione circa un punto decisivo della controversia l'articolo 360 c.p.c., n. 5).

Il Be. contesta al giudice di appello di non avere vagliato ne' argomentato le censure, gia' mosse al primo giudice, con riferimento alle risultanze istruttorie (deposizione dei testi Po. e Me., confronto tra gli stessi, scarsa attendibilita' del secondo teste), dal cui esame avrebbero potuto trarsi elementi circa l'inconsistenza degli addebiti mossi nei suoi confronti (contestazione delle scelte imprenditoriali, inottemperanza alle direttive aziendali, proposta di condizioni di vendita diverse da quelle stabilite dall'azienda, impedimento del lavoro di altri agenti con aggressione verbale degli stessi).

Le esposte doglianze, contenute nel ricorso principale, sono prive di pregio e vanno disattese.

Secondo costante orientamento di questa Corte e' devoluta al giudice di merito l'individuazione delle fonti del proprio convincimento e pertanto anche la valutazione delle prove, il controllo della loro attendibilita' e concludenza, la scelta - tra le risultanze probatorie - di quelle ritenute idonee ad accertare i fatti oggetto della controversia, privilegiando in via logica taluni mezzi di prova e disattendendone altri, in ragione del loro spessore probatorio, con l'unico limite dell'adeguata e congrua motivazione del criterio adottato (ex plurimis Cass. sentenza n. 9834 del 1995; Cass. sentenza n. 10896 del 1998).

La sentenza impugnata risulta conforme a tale richiamato orientamento giurisprudenziale, dando conto delle dichiarazioni dei testi e ritenendo sulla base di tali risultanze che la situazione venutasi a creare, in conseguenza e per effetto del comportamento del Be., avesse senz'altro leso il rapporto fiduciario tra le parti, anche se non in misura talmente grave da non consentire neppure la prosecuzione provvisoria del rapporto.

Il ricorrente da parte sua si e' limitato a sottoporre all'esame di questa Corte una diversa valutazione delle risultanze delle prove testimoniali rispetto a quella del giudice di appello, sorretta da congrua e logica motivazione, e quindi non censurabile in sede di legittimita'.

5. Con il primo motivo del ricorso incidentale la Mi. lamenta violazione dell'articolo 1750 cod. civ., dell'articolo 2119 cod. civ. e dell'AEC del 5.11.1992 (cd. Accordo Ponte per la pianola e media industria), nonche' vizio di motivazione circa un punito decisivo della controversia.

Al riguardo sostiene che la Corte di Appello ha escluso la giusta causa di recesso attuato da essa preponente con una valutazione del tutto apodittica sia rispetto all'entita' dell'inadempimento sia rispetto all'incidenza di tale inadempimento sul rapporti) fiduciario tra le parti.

Con il secondo motivo del ricorso incidentale la Mi. deduce violazione dell'articolo 1750 cod. civ., dell'articolo 2119 cod. civ. e dell'AEC del 5.11.1992 (cd. Accordo Ponte per la piccala e media industria), nonche' vizio di motivazione circa un punto decisivo della controversia.

Il giudice di appello, ad avviso della controricorrente, ha del tutto arbitrariamente ed illogicamente ritenuto sproporzionato il recesso senza preavviso attuato dalla preponente, omettendo di considerare le risultanze processuali, dalle quali emergevano gravi inadempimenti dell'agente e la sua ostinazione nel rifiutare le direttive aziendali.

Entrambi i motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per la loro intima connessione, sono infondati, in quanto tendono ad un riesame dei fatti e delle prove in senso difforme dalla valutazione del giudice di appello, che sulla base delle risultanze testimoniali e documentali e con motivazione immune da vizi logici e giuridici, ha ricostruito la vicenda processuale, giungendo alla conclusione, come gia' detto, che la situazione venutasi a creare aveva senz'altro leso il rapporto fiduciario tra le parti, anche se non in misura talmente grave da non consentire neppure la prosecuzione provvisoria del rapporto.

6. In conclusione entrambi i ricorsi sono destituiti di fondamento e vanno rigettati.

Ricorrono giusti motivi, in considerazione della reciproca soccombenza, per disporre la compensazione delle spese del giudizio di Cassazione.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa le spese.

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