Il fallito che continua a lavorare deve destinare parte degli introiti a soddisfare i creditori. Solo il residuo può essere trattenuto per esigenze alimentari

Il fallito che continua a lavorare deve destinare parte degli introiti a soddisfare i creditori. Solo il residuo può essere trattenuto per esigenze alimentari. La determinazione è fatta dal giudice fallimentare che deve tener conto delle condizioni personali del fallito e della sua famiglia. Il professionista non può invocare il rispetto del mantenimento di un tenore di vita adeguato. Il professionista è inoltre tenuto a presentare una rendicontazione (trimestrale o annuale) degli introiti della propria attività professionale.

Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Sentenza 22 novembre 2013, n. 26206



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~~REPUBBLICA ITALIANA

 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

 SEZIONE PRIMA CIVILE

 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

 Dott. RORDORF Renato - Presidente

 Dott. SALVAGO Salvatore - Consigliere

 Dott. CECCHERINI Aldo - rel. Consigliere

 Dott. DI AMATO Sergio - Consigliere

 Dott. DIDONE Antonio - Consigliere

 ha pronunciato la seguente:

 SENTENZA

 sul ricorso 1934/2007 proposto da:

 (OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l'avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall'avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;

 - ricorrente -

 contro

 CURATELA FALLIMENTARE S.D.F. (OMISSIS) E (OMISSIS);

 - intimata -

avverso il decreto del TRIBUNALE di BARCELLONA POZZO DI GOTTO, depositato il 19/10/2006;

 udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25/09/2013 dal Consigliere Dott. ALDO CECCHERINI;

 udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 1. Con decreto 6 luglio 2006, emesso a norma del Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 26, il giudice del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto delegato al fallimento dell'architetto (OMISSIS) in estensione del fallimento di s.d.f., stabili' in euro 900,00 l'ammontare della somma complessivamente attribuita al fallito Regio Decreto n. 267 del 1942, ex articolo 46, sui redditi da lui percepiti a titolo di pensione e di attivita' professionale, obbligandolo alla presentazione di rendiconto trimestrale in luogo di quello annuale in precedenza stabilito, e rispetto al quale il fallito era stato inadempiente.

 2. Con decreto in data 19 ottobre 2006, il Tribunale di Pozzo di Gotto, in sede di reclamo avverso detto provvedimento e in parziale riforma del medesimo, ha autorizzato il fallito a trattenere la somma mensile di euro 1.374,00, di cui euro 1.074,00 corrispondenti alla pensione, disponendo l'acquisizione alla massa attiva del fallimento del residuo degli introiti, e confermando il provvedimento impugnato quanto alla rendicontazione trimestrale.

 3. Per la cassazione del decreto ricorre il fallito per cinque motivi.

 Il fallimento non ha svolto difese.

 MOTIVI DELLA DECISIONE

 4. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione del Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 42, avendo il giudice di merito determinato la somma a lui attribuita a titolo di reddito professionale in una misura al lordo dei ricavi e non al netto delle spese.

 5. Il motivo di ricorso e' inammissibile, sollevando una questione che non risulta essere stata sottoposta negli stessi termini al giudice d'appello. Dall'esposizione dei fatti contenuta nella sentenza impugnata, e dello stesso ricorso, si desume, infatti, che il medesimo errore oggi denunciato sarebbe stato presente in tutti i provvedimenti precedenti a quello impugnato, senza che sul punto sia mai stato sollecitato il controllo nel giudizio di merito. Si tratta pertanto di questione proposta inammissibilmente per la prima volta nel presente giudizio di cassazione.

 6. Con il secondo motivo si denuncia la violazione del Regio Decreto n. 267 del 1942, articoli 42 e 46, per la prescrizione di una rendicontazione trimestrale anziche' annuale, finalizzata surrettiziamente all'esercizio di un controllo o di un'ingerenza nell'attivita' del fallito.

 7. La denunciata violazione delle norme richiamate non e' ravvisabile nella periodizzazione del rendiconto, indipendentemente dal fatto che la statuizione censurata e' stata motivata con la necessita' di un controllo piu' rigoroso a causa di precedenti inadempimenti dello stesso ricorrente. La periodizzazione non e' stabilita, infatti, dalle norme invocate, ma e' rimessa alla discrezionalita' del giudice delegato, che la esercita avendo riguardo alla particolarita' dei singoli casi.

 8. Con il terzo motivo di denuncia un vizio di motivazione nella decisione impugnata, e s'indica il fatto controverso, sul quale la motivazione sarebbe insufficiente o illogica, nel rendiconto trimestrale.

 9. Il motivo e' inammissibile. La rendicontazione trimestrale e' oggetto di un provvedimento decisorio del quale e' gia' stata ricordata la natura discrezionale, e non e' un fatto, controverso e accertato nel processo, sul quale si fonderebbe la decisione impugnata.

 10. Con il quarto motivo si denuncia una violazione o falsa applicazione degli articoli 42 e 46, nella determinazione della somma che il fallito puo' trattenere per la sua attivita', per il mantenimento della sua famiglia. Si sostiene che l'articolo 46, sebbene non permetta al fallito un arricchimento, dovrebbe permettere una soddisfazione economica che realizzi i principi costituzionali di cui agli articoli 2, 3 e 4 Cost.: il reddito di lavoro dovrebbe servire non solo a soddisfare esigenze alimentari, ma anche realizzare la persona del fallito che lavora, a costituire un effettivo incentivo all'esercizio dell'attivita' professionale e a consentirgli un tenore di vita adeguato.

 11. La doglianza non ha fondamento. Il diritto del lavoratore - in questo caso, peraltro, autonomo - alla retribuzione attiene al rapporto tra datore e prestatore di lavoro, mentre il diritto dei creditori di soddisfarsi sul patrimonio del debitore e' sancito dall'articolo 2740 c.c.. Il Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 46, limitando il diritto del fallito al necessario per il mantenimento suo e della sua famiglia, con riguardo alle loro condizioni personali, ne salvaguarda le esigenze insopprimibili, e non si espone a censure di legittimita' costituzionale. Il regolamento del conflitto nascente dalle contrapposte aspettative e' demandato al giudice di merito, la cui valutazione e' insindacabile in questa sede, fuori del caso dei vizi di motivazione, nell'accezione ristretta che risulta dalla testuale formulazione del 360 n. 5.

 12. Con l'ultimo motivo si denuncia un vizio di motivazione nella determinazione in euro 300,00 mensili dell'importo che il fallito puo' trattenere dall'esercizio dell'attivita' professionale, e nella limitazione alla cifra indicata e a quella percepita ma titolo di pensione (euro 1.074,00) la somma da destinare al sostentamento suo e della famiglia.

 13. La questione e' posta dal motivo in termini che appartengono interamente al merito della causa, ed e' inammissibile in questa sede.

 14. In conclusione il ricorso e' respinto.

 In mancanza di difese svolte dal fallimento, non v'e' luogo a pronuncia sulle spese.

 P.Q.M.

 La Corte rigetta il ricorso.

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