Il termine concesso per la notifica al curatore del ricorso e del conseguente decreto di fissazione dell'udienza ha carattere ordinatorio

Il termine concesso per la notifica al curatore del ricorso e del conseguente decreto di fissazione dell'udienza da parte del giudice delegato, di cui all'articolo 98, comma 2, della legge fallimentare, dopo le parziali declaratorie di incostituzionalità pronunciate dalle sentenze 102 e 120 del 1986 della Corte costituzionale ha natura ordinatoria, anche perché rivolto a consentire la costituzione del curatore; con la conseguenza che la sua inosservanza resta sanata ove alla nuova udienza fissata dal giudice delegato il curatore sia comparso e vi abbia svolta l'attività cui la notifica del ricorso e del decreto era strumentale.

Corte di Cassazione Sezioni Unite Civile, Sentenza del 4 dicembre 2009, n. 25494



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARBONE Vincenzo - Primo Presidente

Dott. PAPA Enrico - Presidente di sezione

Dott. MENSITIERI Alfredo - Consigliere

Dott. SEGRETO Antonio - Consigliere

Dott. SALVAGO Salvatore - rel. Consigliere

Dott. FORTE Fabrizio - Consigliere

Dott. BUCCIANTE Ettore - Consigliere

Dott. LA TERZA Maura - Consigliere

Dott. SPIRITO Angelo - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10279/2004 proposto da:

VI. RO. ((OMESSO)), MI. NI. , BO. GI. , in proprio e quali componenti dell'Associazione Professionale "L'EMODINAMICA", elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CRESCENZIO 103, presso lo STUDIO ASSOCIATO (GUTDO e ROMANO) POMARIOI, rappresentati e difesi dagli avvocati BOVE Lucio, PORZIO MARIO, per procura in calce al ricorso;

- ricorrenti -

contro

CURATELA FALLIMENTO " VI. DE. GE. S.P.A.", in persona del curatore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI PORTA PINCIANA 6, presso lo studio dell'avvocato GAGLIARDO SALVATORE, rappresentato e difeso dall'avvocato DI RIENZO Giuseppe, per procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 2553/2003 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI, depositata il 26/08/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 06/10/2009 dal Consigliere Doti. SALVATORE SALVAGO;

udito l'Avvocato Lucio BOVE;

udito il P.M., in persona dell'Avvocato Generale Dott. IANNELLI Domenico, che ha concluso per l'accoglimento del primo motivo, assorbito il secondo.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Napoli, con sentenza del 4 giugno 2002 dichiarava inammissibile l'opposizione di Vi.Ro. , Mi. Ni. e Bo.Gi. , in proprio e quali componenti dell'Associazione Professionale L'Emodinamica allo stato passivo del fallimento della s.p.a. vi. de. Ge. onde far valere il loro credito di L. 1.824.230.000 per onorari professionali e di euro 23.606.268 per spese legali per inosservanza del termina ritenuto perentorio di cui alla L.F., articolo 98, comma 2, assegnato dal giudice delegato al creditore escluso o ammesso con riserva allo stato passivo per la notifica al curatore del ricorso in opposizione e del decreto di fissazione dell'udienza.

L'impugnazione del Vi. e dei consorti e' stata respinta dalla Corte di appello di Napoli, con sentenza de 20 agosto 2003, in quanto: a) il termine in questione doveva ritenersi perentorio, in quanto la sua prospettata natura ordinatoria e prorogabile risulta incompatibile con l'esigenza di unitarieta' del processo fallimentare, concepita non solo al fine di favorire la speditezza del giudizio, ma soprattutto allo scopo di assicurare il rispetto del principio di concorsualita' previsto per la verificazione dello stato passivo; b) detto risultato perseguito dalla legge sarebbe stato impedito, in caso di termine ordinatorio, dalla possibile proroga concessa dal giudice, la quale, potendo incidere sui tempi che avrebbero dovuto intercorrere tra costituzione e udienza di comparizione, avrebbe finito per alterare il meccanismo della concorsualita'; fermo restando che la qualificazione del termine andava desunta dalla disciplina legislativa dell'istituto e non dalla disapplicazione che nella pratica processuale ne era fatta nella prassi giudiziaria; c) una volta ritenuto il carattere perentorio del termine in questione, la tempestiva costituzione del convenuto non poteva comportare la sanatoria dell'atto per conseguimento dello scopo, in quanto la possibilita' di sanatoria per raggiungimento dello scopo era da considerarsi ammissibile solo con riferimento alla forma degli atti processuali e non anche all'inosservanza dei termini perentori, a norma dell'articolo 153 c.p.c., applicabile anche alla procedura fallimentare e secondo cui "i termini perentori non possono essere abbreviati o prorogati, nemmeno sull'accordo delle parti".

Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso il Vi. , il Mi. e Bo.Gi. , in proprio e nelle loro qualita', sulla base di due motivi, illustrati con memoria; il Fallimento intimato resiste con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

2. Con il primo motivo i ricorrenti - denunciando violazione e falsa applicazione della L.F., articolo 98, comma 2, e articolo 435 c.p.c., comma 2, nel processo in materia di controversie di lavoro, le cui caratteristiche di celerita' e concentrazione sono simili a quelle dei processo fallimentare.

3. Le suesposte censure sono fondate.

E' noto che l'instaurazione del contraddittorio nel procedimento di opposizione allo stato passivo si realizza attraverso un sub-procedimento che si articola in due momenti fondamentali: a) emanazione da parte del giudice delegato del decreto di fissazione dell'udienza destinata alla comparizione delle parti; b) notificazione al curatore a cura del creditore opponente, di ricorso e pedissequo decreto.

Al riguardo la L.F., articolo 98, comma 1, nella formulazione originaria stabiliva che "I creditori esclusi o ammessi con riserva possono fare opposizione, entro 15 giorni dal deposito dello stato passivo in cancelleria, presentando ricorso al giudice delegato"; ed il comma 2 che "Il giudice fissa con decreto l'udienza in cui tutti i creditori opponenti e il curatore devono comparire avanti a lui, nonche' il termine per la notificazione al curatore del ricorso e del decreto". Aggiunge l'articolo 99, che il giudice delegato istruisce le varie cause di opposizione e quindi fissa l'udienza per la discussione davanti al collegio, che "pronuncia su tutte le opposizioni che gli sono rimesse con unica sentenza".

Alla suddetta disciplina sono state apportate delle innovazioni, con tecnica c.d. manipolati va additiva dalla Corte Costituzionale, la quale: 1) con sentenza 102/1986 ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 98, comma 1, nella parte in cui stabilisce che i creditori esclusi o ammessi con riserva possono fare opposizione entro quindici giorni dal deposito dello stato passivo anziche' dalla data di ricezione delle raccomandate con avviso di ricevimento con le quali il curatore deve dare notizia dell'avvenuto deposito dello stato passivo in cancelleria (Cass. 22013/2007) ai creditori che hanno presentato domanda di ammissione al passivo; 2) con la successiva sentenza 120/1986, ha dichiarato l'illegittimita' del comma 2 dell'articolo 98, nella parte in cui non prevede nei confronti del creditore opponente la comunicazione, almeno quindici giorni prima della udienza di comparizione, del decreto ivi indicato, comunicazione dalla quale decorre il termine per la notificazione di esso al curatore. Ha aggiunto nella (sola) parte motiva che "(non solo i creditori, ma anche) il curatore deve essere noviziato della data dell'udienza...in tempo utile per esercitare il diritto di difesa". Per cui, dal menzionato articolo 98, come modificato dal duplice intervento della Consulta si sono ricavati tre distinti precetti,saldamente collegati tra di loro e cioe'. A) l'obbligo di comunicazione al creditore opponente del decreto di fissazione dell'udienza; B) la decorrenza da cale comunicazione del termine, ugualmente ivi previsto,per la notifica al curatore del ricorso ed annesso decreto; C) la concessione di un termine dilatorio di almeno 15 giorni tra la comunicazione e la data dell'udienza: tutti parimenti funzionali per la tutela del diritto di difesa della parte attrice in opposizione. Queste disposizioni sono completate dell'articolo 98, comma 3, per il quale: "Almeno cinque giorni prima dell'udienza i creditori devono costituirsi. Se il creditore non si costituisce, l'opposizione si reputa abbandonata". Si deve aggiungere per completezza che il Decreto Legislativo n. 5 del 2006 (pacificamente non applicabile alla fattispecie) ha ulteriormente modificato la normativa in questione, dettando, per un verso, una disciplina unitaria per opposizione, impugnazione e revocazione, e per altro verso incrementando la procedirnentalizzazione della fase dell'opposizione nonche' stabilendo nell'articolo 99 (comma 1) che "Le impugnazioni di cui all'articolo precedente si propongono con ricorso depositato presso la cancelleria del tribunale entro trenta giorni dalla comunicazione di cui all'articolo 97 ovvero in caso di revocazione dalla scoperta del fatto o del documento"; e nel comma 3 che "Il tribunale fissa l'udienza in Camera di consiglio, assegnando al ricorrente un termine per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza alla parte nei confronti della quale la domanda e' proposta, al curatore ed al fallito. Tra la notifica e l'udienza devono intercorrere almeno trenta giorni liberi".

Il sistema ha subito un ultima modifica con il Decreto Legislativo n. 167 del 2009, che ha riformulato l'articolo 99, commi 3, 4 ed il 5, disponendo: "Il presidente, nei cinque giorni successivi al deposito del ricorso, designa il relatore, al quale puo' delegare la trattazione del procedimento e fissa con decreto l'udienza di comparizione entro sessanta giorni dal deposito del ricorso. Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, deve essere notificato, a cura del ricorrente, al curatore ed all'eventuale controinteressato entro dieci giorni dalla comunicazione del decreto. Tra la data della notificazione e quella dell'udienza deve intercorrere un termine non minore di trenta giorni".

4. La maggior parte degli studiosi e dei giudici di merito ha considerato quale dato acquisito la perentorieta' del termine fissato dal giudice al creditore opponente per la notificazione del ricorso e del decreto al curatore,nonostante il silenzio della legge in proposito.

E siffatto orientamento e' stato recepito da questa Corte nell'unico precedente (sent. 8323/2002) che ha esaminato espressamente la questione,in base alle seguenti considerazioni: a) la specificita' del procedimento di opposizione allo stato passivo e della materia sulla quale si inserisce costituisce ragione sufficiente perche' restino derogate le disposizioni delle norme processuale-civilistiche, che, in quanto lex generalis, non trovano applicazione al cospetto di una diversa specifica disciplina: in tale ottica ed al fine di assicurare la speditezza del giudizio, la L.F., articolo 98, ha rimesso al giudice la sua concreta determinazione, allo scopo di regolare il procedimento di opposizione allo stato passivo, per il quale la legge fallimentare prevede il sollecito svolgimento; e proprio tale funzione, in relazione alla esigenza della costituzione del contraddittorio, comporta che il termine, concepito in chiave acceleratoria, secondo le caratteristiche del procedimento fallimentare e dei suoi subprocedimenti, in relazione alla esigenza che esso abbia sollecito corso, sia sottratto alla disponibilita' delle parti, con l'effetto che il mancato rispetto di esso costituisce inosservanza del decreto del giudice delegato; b) d'altra parte, la prorogabilita' anteriormente alla scadenza, costituirebbe un ostacolo alla unitarieta' del procedimento, concepita non solo al fine della speditezza del giudizio - in linea con le esigenze della procedura concorsuale - ma soprattutto allo scopo di assicurare il rispetto del principio di concorsualita', previsto per la verificazione dello stato passivo, della quale il giudizio di opposizione costituisce lo sviluppo in sede contenziosa e della quale replica le caratteristiche, sia attraverso la concentrazione presso il giudice delegato - organo della verifica delle passivita' - della istruzione di tutte le opposizioni necessariamente confluenti nell'unico giudizio, sia attraverso l'allargamento alla massa concorsuale delle singole contestazioni dedotte, che da individuali la legge vuole che diventino cumulative, allorche' stabilisce che l'udienza che il giudice fissa sia diretta alla comparizione del curatore, oltreche' di tutti gli opponenti, che sono dunque parti dell'intero giudizio e non della frazione di esso relativa alla propria contestazione: salva soltanto la possibilita' di separazione prevista dall'articolo 99, comma 2. Sicche', pur potendo per ciascuno degli opponenti variare il dies a quo del termine per la opposizione, in relazione alla data della comunicazione ricevuta dal curatore - avuto riguardo alla dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'articolo 98, comma 1, di cui alla sentenza 22.4.1986 n. 102 della Corte Cost., - la udienza di comparizione servira' a rendere uniformi i tempi di trattazione e decisione, cui parteciperanno concorsualmente tutti i creditori opponenti; c) a nulla rileva poi, che al termine perentorio facciano espresso riferimento alla L.F., articoli 100, 101 e 102 (ubi lex voluit dixit) in quanto detto argomento, trascura la speciale ratio piu' sopra identificata del procedimento di opposizione a stato passive, della quale non partecipano i procedimenti di impugnazione e di revocazione dei crediti ammessi e di insinuazione tardiva, che, pur essendo idonei a modificare il risultato dello stato passivo verificato, non ne costituiscono una proiezione, tendendo gli stessi ad una sua revisione, ma nel senso di escludere crediti dal passivo e quindi in melius per la massa dei creditori, ed il secondo ad una dilatazione delle passivita', ma non attraverso la revisione di provvedimenti giudiziali, che mancano, essendo la insinuazione successiva al decreto di esecutivita' dello stato passivo e cioe' alla chiusura della verifica ordinaria, coincisa con lo scioglimento della adunanza dei creditori. Sicche', se la opposizione riapre la fase della verifica, rispetto alle esclusioni e alle ammissioni con riserva di pretese creditorie, alla presenza di tutti gli opponenti e del curatore, ripristinando il principio di concorsualita', che resterebbe vanificato da una trattazione separata delle opposizioni, la impugnazione e la revocazione dei crediti ammessi non comportano quella riapertura, perche' non mirano ad insinuazioni aggiuntive, in danno dei creditori gia' ammessi al passivo, ma al contrario alla eliminazione di alcune passivita'; mentre nella fattispecie di cui alla L.F., articolo 101, non essendo in discussione una precedente verifica e non essendo censurato un provvedimento del giudice delegato, alla cui emanazione abbia contribuito l'adunanza dei creditori, non e' invocabile la esigenza della cumulativita'. Per cui la perentorieta' dei termini prevista da ciascuna di queste norme e' frutto soltanto di una scelta del legislatore, pur essa concepita in chiave di speditezza del procedimento, e non di una intrinseca esigenza del sistema; con l'effetto che, ove fosse mancata la sua specificazione, il termine sarebbe rimasto aperto, quanto nelle altre ipotesi, alla possibilita' della proroga.

Tale soluzione ha determinato riserve in parte della dottrina che ha evidenziato come soprattutto a seguito delle ricordate decisioni della Corte Costituzionale, la previsione di termini diversi per ciascun creditore per la proposizione dell'opposizione, decorrenti dalla data di pervenimento dell'avviso di deposito, ha reso assai piu' problematica ed improbabile la trattazione in un unico giudizio delle diverse opposizioni secondo il meccanismo previsto dalla L.F., articolo 99, peraltro gia' caduto in desuetudine nella prassi giudiziaria;e non e' mancato chi ha addebitato alla menzionata pronuncia 8323/2002 di essere del tutto avulsa dal contesto giudiziario in cui la norma vive e nel quale il rapporto regola -eccezione e' divenuto esattamente contrario,essendo la regola la trattazione separata dei ricorsi. Mentre altri autori, soprattutto dopo le riforme del 2006-2007, hanno cercato di accentuare il carattere impugnatorio dell'opposizione e di avvicinarlo al processo in materia di controversie di lavoro, anch'esso caratterizzato da esigenze di speditezza e di concentrazione: ove i termini previsti dagli articoli 415 e 435 cod. proc. civ. (appello), e del decreto di fissazione dell'udienza di discussione hanno sempre avuto, per la giurisprudenza tradizionale, natura ordinatoria e non perentoria, non incidendo su alcun interesse di ordine pubblico processuale o dell'appellato.

I rilievi di questi studiosi, fatti propri dai ricorrenti,sono stati recepiti dall'ordinanza 23939/2008 di questa Corte, che, senza prendere posizione sulla natura del termine in aggetto, ha chiesto sulla questione una pronuncia delle Sezioni Unite: non senza evidenziare il contrasto con il risultato raggiunto da Cass. 8323/2002, ad opera anche dell'indirizzo di questa Corte,per il quale la mancanza o la tardivita' della notificazione al curatore del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza, "essendo tale notificazione esclusivamente funzionale all'instaurazione del contraddittorio", resta sanata nel caso ai comparizione del curatore all'udienza e di svolgimento da parte sua dell'attivita' a cui la notificazione e' strumentale. In applicazione del principio generale di cui all'articolo 156 c.p.c., comma 3, secondo il quale nessuna nullita' puo' essere pronunciata se l'atto ha raggiunto il suo scopo (Cass. 9349/2003; 1763/1999; 1860/1999).

5. Le Sezioni Unite ritengono che i suddetti rilievi debbano essere condivisi; e che quindi non possa essere confermato l'indirizzo espresso da Cass. 8323/2002.

Punto di partenza della disamina e' necessariamente la disposizione dell'articolo 152 cod. proc. civ., comma 3, secondo la quale "i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari espressamente perentori"; dalla quale la giurisprudenza ha tratto la regola che la norma pone una presunzione di ordinatorieta' del termine,e quella conseguente che in assenza di un'esplicita previsione sul punto, il termine non puo' essere considerato perentorio.

Questa disciplina si manifesta con particolare evidenza proprio nella materia fallimentare ove il legislatore, da un lato nell'ipotesi di opposizione allo stato passivo di cui al menzionato L.F., articolo 98, ha disposto nel comma 2, che il giudice deve concedere al creditore ricorrente un "termine per la notificazione al curatore del ricorso e del decreto", senza alcuna specificazione sulla sua natura. E, dall'altro, nelle successive fattispecie di impugnazione da parte di ciascun creditore, dei crediti gia' ammessi (articolo 100); di ammissione tardiva ai passivo da parte dei creditori (articolo 101); e di istanza di revocazione contro crediti ammessi (articolo 102), ha, invece, qualificato espressamente "perentorio" il termine concesso in ciascuna dal giudice delegato al creditore ricorrente per la notifica del ricorso e del decreto.

Dottrina e giurisprudenza hanno in realta' costantemente interpretato e corretto la regola enunciata rilevando che dalla disposizione dell'articolo 152 cod. proc. civ., non si puo' desumere che, ove manchi un'esplicita dichiarazione in tal senso, debba senz'altro escludersi che un termine sia perentorio, dal momento che nulla vieta di verificare se, a prescindere dal dettato di una norma, un termine debba essere rigorosamente osservato, in relazione alle finalita' che persegue ed alla funzione che adempie (per tutte, Cass. 177/88).

E proprio con riguardo alla costituzione dei creditori ed al termine di 5 giorni prima dell'udienza, al riguardo loro assegnato dalla L.F., articolo 98, comma 3, si e' affermato, sottolineando l'esigenza di celerita' e certezza del procedimento di verifica dello stato passivo, che esso ha carattere perentorio, pur non essendo dichiarato tale dalla legge, con la conseguenza che la sua inosservanza, importa la decadenza dall'opposizione (Cass. 5908/95, 5187/77, 1389/77, 3877/76, ecc.). L'inosservanza del termine (perentorio) previsto dalla L.F., articolo 98, comma 3, comporta l'abbandono dell'opposizione (cosi' testualmente la norma) e, quindi, l'estinzione del giudizio; per cui tanto nell'ipotesi di tardiva costituzione, quanto in quella di mancata costituzione, e' stata costantemente dichiarata la decadenza dell'opponente dall'azione, non potendo ritenersi sanabile il mancato rispetto di un termine definitivamente decorso.

Ora, eguale esigenza di certezza e di celerita' del procedimento e' stata dedotta rispetto al termine del comma 2 concesso dal giudice delegato,soprattutto in funzione della prospettiva posta dall'articolo 99 di consentire l'unitaria trattazione delle opposizioni avanti al giudice delegato e nel medesimo processo. Sennonche' se tale prospettiva poteva essere attribuita alla formulazione originaria della norma, la stessa non e' piu' realizzabile dopo il duplice intervento, avanti ricordato della Corte Costituzionale, la quale: A) con la sentenza 102/1986 ha dichiarato costituzionalmente illegittimo il menzionato articolo 98, comma 1, nella parte in cui stabilisce che i creditori esclusi o ammessi con riserva possono fare opposizione entro quindici giorni dal deposito dello stato passivo anziche' dalla data di ricezione delle raccomandate con avviso di ricevimento con le quali il curatore deve dare notizia dell'avvenuto deposito ai creditori che hanno presentato domanda di ammissione al passivo: percio' sostanzialmente riscrivendone il contenuto nel senso che il termine per le opposizioni allo stato passivo non decorre piu' dal suo deposito in cancelleria, ma per ciascun creditore dalla data di ricezione suddetta; B) con la successiva sentenza 120/1986 ha dichiarato costituzionalmente illegittimo il comma 2 dello stesso articolo 98, nella parte in cui non prevede nei confronti del creditore opponente la comunicazione, almeno quindici giorni prima dell'udienza di comparizione, del decreto ivi indicato, comunicazione dalla quale decorre il termine per la notificazione di esso al curatore: percio' attribuendo a detto creditore il diritto a ricevere la comunicazione in questione nel termine indicato. E piu' non consentendo l'unitaria trattazione delle opposizioni davanti al giudice delegato e neppure nello stesso processo,attese le diverse date di decorrenza per ciascun creditore escluso o ammesso con riserva: soprattutto se si considera l'onere, posto in rilievo da Cass. 22013/2007 a carico del curatore ed al fine di far decorrere il primo termine per il deposito del ricorso di comunicare con le raccomandate di cui si e' detto non soltanto l'esito delle domande di insinuazione, ma anche l'avvenuto deposito dello stato passivo del fallimento in cancelleria, che il creditore insinuato non e' tenuto a conoscerete a verificare.

D'altra parte si tratta di esigenze ineludibili, che non possono essere posposte a quella di celerita' ed unitarieta' del giudizio di opposizione, avendo la Consulta avvertito in entrambe le pronunce che il diritto di difesa esige assoluta osservanza anche nei procedimenti speciali, ove pure l'aspirazione all'economia, speditezza e coerenza di giudizio - soddisfatta dall'unita' del processo - resta comunque subordinata alla necessita' di assicurare una piu' puntuale ed adeguata tutela ai diritti dei creditori del fallito; e sviluppato in tutte le direzioni il principio di fondo,in passato gia' enunciato per le fasi prefallimentare (Corte Cost. 141 e 142/1970) e postfallimentare (Corte Cost. 151/1980) secondo cui l'esercizio del loro diritto di difesa, cosi' come di ogni altro interessato,non puo' prescindere dall'effettiva conoscenza da parte di ciascuno di essi, dei provvedimenti resi nell'ambito del procedimento concorsuale.

E' del resto significativo che le riforme di cui al Decreto Legislativo n. 5 del 2006 e Decreto Legislativo n. 169 del 2007, hanno recepito i precetti dettati dalla Corte Costituzionale, disponendo nel nuovo articolo 99 che il decreto di fissazione dell'udienza (da tenersi entro 60 giorni dal ricorso) va notificato a cura del ricorrente al curatore ed all'eventuale contro interessato entro dieci giorni dalla comunicazione del decreto (ed almeno trenta giorni prima della data dell'udienza), omettendo la previsione programmatica della trattazione unitaria di tutte le opposizioni allo stato passivo; ed ancora una volta non contenendo una espressa indicazione sulla qualita' - perentoria o ordinatoria - del termine di notifica (perfino per le impugnazioni dei crediti ammessi o per le istanze di revocazione per cui il legislatore del 1942 aveva invece optato esplicitamente, come si e' detto, per la sua natura perentoria). Sicche' la natura ordinatoria del termine in questione, dopo le menzionate decisioni della Corte Costituzionale, non influisce sulla unitarieta' del giudizio di opposizione ne' sulla sua celebrazione cumulativa, potendo ormai essere conseguita dal giudice di merito, di volta in volta e per quanto possibile, soltanto avvalendosi dell'esercizio del potere di riunione di cui all'articolo 274 cod. proc. civ., o di quello di differimento di cui all'articolo 82 disp. att. cod. proc. civ..

6. Questo risultato non e' dissonante con il recente arresto di queste Sezioni Unite, che (sent. 20604/2008), chiamate a riesaminare la questione della natura ordinatoria o perentoria del termine di cui all'articolo 291 cod. proc. civ..

La Corte, infatti, preso atto della "mancata tenuta" dello indirizzo tradizionale rispetto ai precetti emergenti dalla novella dell'articolo 291 e 415 c.p.c., giacche' non e' ipotizzatile la rinnovazione di un atto mai compiuto o giuridicamente inesistente: non esistendo una disposizione che consenta al giudice di fissare un termine per la notificazione, mai effettuata, del ricorso e del decreto presidenziale; e non essendo consentito, nel silenzio normativo, allungare. - con condotte omissive prive di valida giustificazione e talvolta in modo sensibile, come nel caso in esame - i tempi del processo si' da disattendere il principio della sua "ragionevole durata. Con la conseguenza che il ricorso dell'appellante o dell'opponente anche se valido, perde la sua efficacia di fronte alla mancanza o inesistenza degli atti successivi, e che a tale situazione non possono offrire alcuna copertura giuridica la costituzione e l'acquiescienza della controparte, data l'impossibilita' concettuale prima ancora che giuridica, di sanare, rinnovare o rettificare l'inesistente (giuridico o di fatto); e di ritenere, d'altra parte, raggiunto lo scopo cui la notifica dei due atti risulta preordinata.

Tutt'altra situazione si verifica nella opposizione allo stato passivo del fallimento, in cui secondo la piu' qualificata dottrina e la giurisprudenza di legittimita', la notificazione del ricorso non puo' inquadrarsi in una fattispecie complessa, comprensiva dell'iter non scindibile deposito-notifica, essendo esclusivamente funzionale all'instaurazione del contradditorio; ed il termine concesso dal giudice per notificare il ricorso-decreto ha pur esso una finalita' comune con i giudizi ordinarcene consiste nella instaurazione del contraddittorio tra le parti; e' percio' diverso ed autonomamente rilevante rispetto al termine imposto per la iscrizione a ruolo,ovvero per il perfezionarsi dell'impugnazione (nelle controversie di lavoro) - le cui funzioni non sono dunque identificabili con quella cui e' preordinata la notificazione dell'atto introduttivo del giudizio; ed e' infine sanabile secondo la giurisprudenza di questa Corte, tutte le volte in cui il curatore compare all'udienza e vi svolge proprio quell'attivita' che la notifica del ricorso era preordinata a consentire (Cass. 9349/2003; 1763/1999).

Si e' giustamente osservato come la conclusione opposta, dovendo necessariamente pervenire per il disposto dell'articolo 153 cod. proc. civ., a negare qualsiasi rilevanza alla costituzione del curatore ove il ricorso gli sia stato notificato dopo la scadenza del termine asseritamente perentorio, non soltanto appare eccessivamente rigorosa, ma diviene del tutto sproporzionata rispetto allo scopo comunque assegnato dalla legge al termine suddetto; e neppure idonea a risolvere la preoccupazione manifestata dalla Corte Costituzionale nella ricordata sentenza 120/1986 "che (non solo i creditori ma anche) il curatore deve essere notiziato della data della udienza", e che "non par dubbio che questi debba essere notiziato di tale data in tempo utile per esercitare il diritto di difesa": posto che anche in conseguenza di un termine perentorio per la notifica, resterebbe il rischio che quest'ultimo possa essere eccessivamente breve. O comunque che al curatore stesso venga lasciato un tempo insufficiente tra la notificazione suddetta e l'udienza fissata dal giudice delegato. Per cui in definitiva il termine interno per la notifica, dotato di tale qualifica non concorre agli adempimenti funzionali al promuovimento del contraddittorio; e neppure si presta a contribuire alla risoluzione delle esigenze di difesa del curatore richiamate dalla Consultale quali continuano a dipendere strettamente (ed esclusivamente) dall'organizzazione dello spazio temporale minimo lasciato all'organo concorsuale per la propria costituzione.

7. Assorbito, pertanto, il secondo motivo del ricorso, la sentenza impugnata che non ha osservato questi principi va cassata con rinvio alla stessa Corte di appello di Napoli, che in diversa composizione esaminera' l'opposizione dei ricorrenti attenendosi al seguente principio di diritto: "In tema di opposizione allo stato passivo fallimentare, il termine concesso per la notifica al curatore del ricorso e del conseguente decreto di fissazione dell'udienza da parte del GD, di cui alla L.F., articolo 98, comma 2, dopo le parziali declaratorie di incostituzionalita' pronunciate dalle sentenze 102 del 1986, nonche' 120 del 1986 della Corte Costituzionale, ha natura ordinatoria, anche perche' rivolto a consentire la costituzione del curatore; con la conseguenza che la sua inosservanza resta sanata ove alla nuova udienza fissata dal G.D., il curatore sia comparso e vi abbia svolta l'attivita' cui la notifica del ricorso e del decreto era strumentale". E provvedera' alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimita'.

P.Q.M.

La Corte, a sezioni unite, accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimita' alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione.
 

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