La notificazione del decreto ingiuntivo anche se nulla, è indice della volontà del creditore di avvalersi del decreto e conseguentemente esclude la presunzione di abbandono del titolo

La notificazione del decreto ingiuntivo anche se nulla, è indice della volontà del creditore di avvalersi del decreto e conseguentemente esclude la presunzione di abbandono del titolo che costituisce il fondamento della previsione di inefficacia di cui all'art. 644 cod. proc. civ., applicabile esclusivamente in caso di omissione della notificazione o di notificazione inesistente. (Corte di Cassazione Sezione 1 Civile
Sentenza del 31 ottobre 2007, n. 22959 )



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SENTENZA

sul ricorso proposto da:

FALLIMENTO IM. VA. S.P.A., in persona del Curatore Avv. MA. ET., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE GIULIO CESARE 14, presso l'avvocato DANTE GROSSI, rappresentato e difeso dall'Avvocato UBERTAZZI LUIGI CARLO, giusta procura in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

BA. AN. PO. VE. S.P.A., in persona del Dirigente pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA A. POERIO 56, presso l'avvocato GERACI ANTONINO, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato LUCIO CLEMENTE, giusta procura in calce al controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 2576/02 della Corte d'Appello di MILANO, depositata il 05/11/02;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/07/2 007 dal Consigliere Dott. Francesco Maria FIORETTI;

udito, per il ricorrente, l'Avvocato GROSSI DANTE, per delega Avv. UBERTAZZI, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;

udito, per il resistente, l'Avvocato GERACI ANTONINO che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CENICCOLA Raffaele che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 26 gennaio 1998 il Tribunale di Milano, decidendo sull'opposizione allo stato passivo del Fallimento Im. Va. s.p.a., proposta con ricorso della L.F. dalla Ba. Na. de., 12 maggio 1993, ex articolo 98, ne ammetteva al passivo in via chirografaria il credito dichiarato di lire 547.015.000 e gia' escluso dal giudice delegato per nullita' della notifica del decreto alla predetta societa', successivamente dichiarata fallita con sentenza del 25 giugno 1991.

Detto credito derivava da decreto ingiuntivo emesso nei confronti della Im. Va. s.p.a. dal Presidente del Tribunale di Milano il 24 luglio 1990 e dichiarato esecutivo ai sensi dell'articolo 647 cod. proc. civ. il 26 novembre 1990.

Il Fallimento summenzionato, con citazione dell'11 marzo 1999, impugnava detta sentenza del tribunale dinanzi alla Corte d'Appello di Milano, sostenendo preliminarmente la nullita' del ricorso e del decreto ingiuntivo per invalidita' della procura alle liti e la irritualita' della sua notifica e contestando cosi' la definitivita' del decreto ingiuntivo; in subordine deduceva di aver esercitato la propria opposizione ex articolo 650 cod. proc. civ. nel giudizio di opposizione allo stato passivo; in ulteriore subordine si riportava a tutte le argomentazioni, eccezioni e domande svolte in primo grado.

La Ba. Na. de., costituendosi in giudizio, resisteva al gravame eccependo innanzitutto la novita' delle domande proposte in grado di appello.

Dichiarata l'interruzione del processo a seguito della incorporazione di detta banca nella Ba. An. Po. Ve., il Fallimento appellante procedeva alla riassunzione del processo con ricorso del 28 maggio 2002.

La corte d'appello adita, con sentenza 9.10-5.11.2002, respingeva l'impugnazione, osservando che le questioni della nullita' della procura ad lites, della nullita' del decreto ingiuntivo, della sua inefficacia per la mancata tempestiva notifica dello stesso, della tardivita' e nullita' della notifica del decreto ingiuntivo dovevano ritenersi precluse per il fatto che non era stato fatto oggetto di opposizione tardiva ex articolo 650 c.p.c.. Ne' potevasi accogliere la tesi del Fallimento secondo cui l'opposizione tardiva sarebbe stata comunque proposta nel procedimento di formazione dello stato passivo con la domanda del curatore diretta a far escludere il credito portato dall'emesso decreto ingiuntivo, cui era seguito il decreto di esclusione del giudice delegato, che aveva disposto in maniera conforme alla richiesta del curatore. Cio' perche' gli istituti processuali, in ragione della tipicita' che loro inerisce trovano applicazione nei casi e secondo le regole tutte, invarianti, che specificamente li concernono e non possono essere identificati in pretesi svolgimenti procedurali impliciti in altri, di cui si assuma la equivalenza.

Avverso tale sentenza il Fallimento Im. Va. s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi illustrati con memoria. La Ba. An. Po. Ve. s.p.a. ha resistito con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il Fallimento ricorrente denuncia violazione degli articoli 112 e 113 c.p.c., articoli 1362 e 1367 c.c. e difetto di motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all'articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Assume il ricorrente di aver dedotto nel giudizio di appello:

che ricorso e decreto ingiuntivo avversari dovevano ritenersi nulli per la mancata indicazione in entrambi gli atti del legale rappresentante della Im. Va. s.p.a. e per la nullita' della procura ad lites in quanto scritta in foglio diverso e separato da quello del ricorso per decreto ingiuntivo;

che la notificazione del ricorso e del decreto non poteva ritenersi rituale, atteso che, l'ufficiale giudiziario, dopo aver tentato inutilmente una prima notifica presso la sede della societa', aveva tentato una ulteriore notifica all'amministratore unico Re. An. presso il suo domicilio, dove non lo aveva rinvenuto perche' sconosciuto, ed infine aveva effettuato la notifica allo stesso ai sensi dell'articolo 143 c.p.c. mediante deposito alla casa comunale di Milano. La banca non avrebbe allegato e provato ed il fallimento avrebbe contestato la sussistenza dei presupposti per una valida notifica ex articolo 143 c.p.c.;

che il decreto ingiuntivo sarebbe divenuto inefficace non essendo stato notificato nel termine di 20 giorni dalla pronuncia previsto dal testo allora in vigore dell'articolo 644 c.p.c., conclusione che non sarebbe pregiudicata dalla circostanza che il cancelliere avesse certificato il 14.9.1990 che "il presidente del Tribunale, con provvedimento odierno, ha disposto che sia rinnovata la notifica del presente decreto nel termine di giorni 30 da oggi", circostanza che anzi proverebbe che anche il Presidente de tribunale avrebbe constatato che il decreto ingiuntivo non era stato ritualmente notificato;

che il fallimento avrebbe comunque gia' esercitato la propria opposizione ex articolo 650 c.p.c. nel procedimento di formazione dello stato passivo con la domanda del curatore e nel giudizio di opposizione allo stato passivo fallimentare promosso dalla banca;

che per tutte queste ragioni il decreto ingiuntivo non potrebbe valere come titolo per la quantificazione dei crediti della banca.

La sentenza impugnata avrebbe male interpretato gli atti di causa, per non averne dato una lettura unitaria e per non averli interpretati alla luce del criterio della conservazione degli atti di cui all'articolo 1367 c.c., ritenendo che il fallimento avesse denunciato la inesistenza della notifica del decreto ingiuntivo per la prima volta soltanto con la memoria prodotta nel giudizio di appello del 5 dicembre 2001 (e, quindi, tardivamente), mentre in origine avrebbe sempre parlato di irritualita' della notificazione. Il Fallimento invece avrebbe denunciato l'inesistenza della notifica anche con l'atto di citazione dinanzi alla corte d'appello e, comunque, avrebbe allegato fatti che avrebbero dovuto portare il giudice a qualificare la notifica come inesistente. A motivo della inesistenza della sua notifica alla Im. Va. s.p.a. il decreto ingiuntivo non sarebbe mai divenuto definitivo.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione degli articoli 112 e 113 c.p.c., L.F., articolo 52 e articolo 95, comma 3, e difetto di motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all'articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Con l'atto di appello il fallimento avrebbe sollevato le seguenti quattro eccezioni: 1) nullita' della procura ad lites; 2) nullita' del decreto ingiuntivo; 3) mancata notifica nei termini di cui all'articolo 644 c.p.c.; 4) inesistenza della notifica.

La sentenza impugnata avrebbe pronunciato soltanto su una di queste eccezioni e precisamente su quella relativa "alla nullita' (rectius: inesistenza) della notifica", incorrendo nel vizio di omessa pronuncia.

Avrebbe errato la corte di merito nel ritenere che l'eccezione di irregolarita' della notifica del decreto ingiuntivo potesse farsi valere soltanto nel procedimento di opposizione tardiva ex articolo 650 c.p.c., essendo tale tesi in contrasto con la L.L. F., articolo 52 e articolo 95, comma 3, dovendo ogni credito essere accertato nell'ambito del procedimento di formazione dello stato passivo e non essendo applicabile al decreto ingiuntivo non divenuto definitivo, perche' soggetto ancora all'impugnazione tardiva, la seconda delle richiamate disposizioni che impone la impugnazione della sentenza non passata in giudicato se non si vuole ammettere il credito da questa accertato.

Pertanto il credito della banca doveva essere riaccertato nell'ambito del procedimento di formazione dello stato passivo fallimentare ed in questo procedimento il fallimento era legittimato a far valere ogni tipo di eccezione, compresa la eccezione di inopponibilita' del decreto ingiuntivo allo stato passivo, nonche' quelle che al di fuori del fallimento consentirebbero una opposizione tardiva al decreto ingiuntivo.

Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione dell'articolo 8 preleggi, comma 9, articoli 1346, 1283, 1284 e 1418 c.c., articolo 163 c.p.c., comma 3, in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3.

L'attuale ricorrente con l'atto di appello avrebbe riproposto l'eccezione di nullita' della fideiussione concessa alla Ba. Na. de. s.p.a., ora Ba. An. Po. Ve., dalla Im. Va. s.p.a. a garanzia di una credito di Cr. Au. s.r.l.. Tale nullita' sarebbe dovuta al contrasto di clausole centrali del resto della fideiussione con la disposizione imperativa di cui all'articolo 1945 c.c.. Comunque, anche se non dovesse essere ritenuta la nullita' totale della fideiussione, dovrebbero ritenersi mille le clausole relative alla quantificazione del credito della banca e precisamente la clausola che rinvia per la determinazione del tasso di interessi agli usi su piazza e la clausola che prevede la capitalizzazione trimestrale degli interessi.

Conseguentemente il credito della banca non potrebbe ritenersi quello dalla stessa indicato in corso di causa e la banca non avrebbe assolto l'onere di allegare e provare il proprio credito nel suo preciso ammontare, che sarebbe pertanto di entita' ancora indeterminata.

Il primo e il secondo motivo di ricorso, perche' logicamente e giuridicamente connessi, possono essere esaminati congiuntamente.

Tali motivi sono entrambi infondati.

La soluzione delle questioni sottoposte all'esame di questa corte richiede di effettuare alcune puntualizzazioni giuridiche.

Devesi osservare innanzi tutto che la L.F., articolo 95, comma 3, - il quale dispone che, se il credito, di cui si chiede l'ammissione al passivo, risulta da sentenza non passata in giudicato, e' necessaria la impugnazione della sentenza se non si vuole ammettere il credito - non e' applicabile nella ipotesi di decreto ingiuntivo non definitivo.

Ne consegue che il decreto ingiuntivo, una volta sopravvenuta la dichiarazione di fallimento del debitore, e' inefficace nei confronti della massa, sia nella ipotesi in cui il termine per proporre opposizione non sia decorso all'atto dell'apertura della procedura sia nell'ipotesi in cui l'opposizione sia stata esperita e penda il relativo giudizio (cfr. tra le molte Cass. n. 7045 del 1995; Cass. n. 3580 del 1995; Cass. n. 10260 del 1994; Cass. n. 3885 del 1988).

In tali casi il creditore che chiede l'ammissione al passivo, deve seguire, ai fini dell'accertamento del credito, la procedura di cui articoli 92 e segg. legge fallimentare, senza poter far valere, quale titolo per l'ammissione allo stato passivo, il decreto ingiuntivo, essendo questo inopponibile alla procedura fallimentare.

Tali principi valgono nell'ipotesi di dichiarazione di fallimento intervenuta nelle more del termine per proporre l'opposizione tempestiva, prevista dall'articolo 645 c.p.c.; non sono piu' invocabili nel caso in cui il decreto ingiuntivo sia stato dichiarato esecutivo ai sensi dell'articolo 647 c.p.c. per mancata tempestiva opposizione o per mancata attivita' dell'opponente (ipotesi quest'ultima che nella fattispecie non interessa).

La mancata proposizione in termini della opposizione ovvero la mancata costituzione tempestiva dell'opponente danno luogo alla formazione del giudicato, come si evince dall'articolo 656 c.p.c., che prevede la impugnazione per revocazione del decreto ingiuntivo, divenuto esecutivo a norma dell'articolo 647 c.p.c., nei casi indicati nell'articolo 395 c.p.c., nn. 2, 5 e 6, vale a dire per motivi eccezionalmente previsti dall'ordinamento per eliminare l'efficacia ex articolo 2909 cod. civ.. Tale disposizione non avrebbe senso se il decreto ingiuntivo dichiarato esecutivo ai sensi dell'articolo 647 c.p.c. non desse luogo alla formazione della regiudicata.

Tale soluzione e' in linea con l'orientamento giurisprudenziale di questa Corte di Cassazione, la quale ha piu' volte affermato che, a seguito della dichiarazione di esecutivita' di cui all'articolo 647 c.p.c., il decreto ingiuntivo acquista efficacia di giudicato sostanziale (cfr. in tal senso: Cass. n. 4510 del 2006, resa a sezioni unite; Cass. n. 6085 del 2004; Cass. n. 7272 del 2003; Cass. n. 11602 del 2002; n. 9335 del 2000; n. 8026 del 2000).

In tal caso il decreto ingiuntivo costituisce titolo per l'ammissione del credito allo stato passivo senza alcuna possibilita' di esclusione, non essendo consentito al curatore ed al giudice delegato di rimettere in discussione l'esistenza del credito, atteso che il giudicato sostanziale conseguente alla mancata opposizione del decreto ingiuntivo copre non soltanto l'esistenza del credito azionato, del rapporto di cui esso e' oggetto e del titolo su cui il credito ed il rapporto stesso si fondano, ma anche l'inesistenza di fatti impeditivi, estintivi e modificativi del rapporto e del credito precedenti al ricorso per ingiunzione e non dedotti con l'opposizione (cfr. Cass. 6628 del 2006).

Ne' l'efficacia di giudicato del decreto ingiuntivo non opposto viene meno di per se' a seguito dell'opposizione tardivamente proposta ex articolo 650 c.p.c., cosi' come il passaggio in giudicato dello stesso non e' impedito - o revocato - dalla sua impugnazione con la revocazione straordinaria o l'opposizione di terzo (articolo 656 c.p.c.), rimedi straordinari per loro natura proponibili avverso sentenze passate in giudicato, l'assoggettamento ai quali del decreto ingiuntivo in tanto ha ragione di esistere in quanto l'esperibilita' di quelli ordinali ha gia' dato luogo al giudicato, che non e' inciso, in definitiva, dalla mera opposizione tardiva, nonche' "a fortiori" dalla solo proponibilita' di essa (cfr. Cass. n. 19429 del 2005; cfr. Cass. n. 11549 del 1998 resa a sezioni unite).

Appare opportuno precisare ancora che ai fini della proponibilita' dell'opposizione tardiva non e' sufficiente l'accertamento della irregolarita' della notificazione del decreto ingiuntivo, occorrendo anche la prova - il cui onere grava sull'opponente - che proprio a cagione della nullita' della notificazione l'ingiunto non ha avuto tempestiva conoscenza del provvedimento (cfr. Cass. n. 9938 del 2005 resa a sezioni unite; Cass. n. 880 del 1999; Cass. n. 3356 del 1979).

Nel caso che ne occupa quel che rileva e' che l'ammissione al passivo e' stata richiesta in base ad un decreto ingiuntivo, emesso dal Presidente del Tribunale di Milano il 27.7.1990, dichiarato definitivamente esecutivo ex articolo 647 c.p.c. in data 26.11.90, e, quindi, prima della dichiarazione di fallimento della Immobiliare s.p.a., intervenuta circa sette mesi dopo, in data 25 giugno 1991.

Alla luce dei principi su esposti a tale decreto deve essere riconosciuta autorita' di cosa giudicata. Devesi ritenere pertanto opponibile al fallimento che, al fine di rimuoverne gli effetti, avrebbe dovuto provvedere ad impugnarlo, se si riteneva che ne ricorressero i presupposti di legge, con il mezzo straordinario di cui all'articolo 650 c.p.c., senza che possa ritenersi equipollente a tale impugnativa la contestazione del credito da parte del curatore effettuata in sede di accertamento dello stato passivo ed il provvedimento di esclusione del credito stesso emesso dal giudice delegato in accoglimento della richiesta del curatore con la motivazione; "credito escluso per estraneita' all'oggetto sociale della fideiussione ......decreto ingiuntivo non passato in giudicato per nullita' della notifica del decreto medesimo alla societa' fallita", non essendo la domanda del curatore ed il provvedimento endofallimentare emesso dal giudice delegato strumenti idonei a rimuovere, data la tipicita' delle impugnazioni, gli effetti di un giudicato.

Il ricorrente sostiene che nel caso di specie non ci si troverebbe di fronte ad una nullita' della notifica del decreto ingiuntivo, ma ad inesistenza della stessa.

Tale eccezione sarebbe stata sollevata con l'atto di appello e non tardivamente con una successiva memoria, come invece affermato dal giudice a quo.

La Corte di merito, dopo aver ritenuto inaccettabile la asserzione secondo cui l'opposizione tardiva "si sarebbe attuata mediante la domanda del curatore che era diretta a far escludere il credito portato dall'emesso decreto ingiuntivo, cui era seguito il decreto del giudice delegato, che aveva disposto in maniera conforme" afferma nella sentenza impugnata "altra e diversa valutazione sarebbe da effettuarsi nel caso esclusivo di inesistenza della notificazione del decreto ingiuntivo che fosse stata evocata come sottesa alla declaratoria di cui all'articolo 647 c.p.c., e cioe' allorquando, ben piu' radicalmente, si assuma non essere mai stata eseguita una operazione di notificazione giuridicamente qualificabile come tale.

Un'ipotesi, quest'ultima, che (va pero' osservato) non era stata affatto dedotta nell'atto iniziale del presente grado - diretto, ed e' forse superfluo precisarlo, a segnare i limiti invalicabili ne' piu' modificabili del successivo dibattito processuale -, e che, la difesa appellante cerchera' infatti di introdurre per la prima volta nella memoria del 5 dicembre 2001, parlando senz'altro, in luogo della irritualita' della notificazione in origine evocata, addirittura di sua inesistenza".

Il collegio osserva che, anche se la inesistenza della notifica del decreto ingiuntivo fosse stata tempestivamente ed espressamente dedotta con l'atto di appello, il che non emerge da una lettura dell'atto, tuttavia dovrebbe essere esclusa in relazione ai fatti allegati, non potendosi ritenere che tali fatti possano essere ricondotti alla categoria della inesistenza dell'atto di impugnazione.

Il Fallimento ha infatti contestato la ritualita' della notifica, deducendo che il tentativo di notifica ai sensi dell'articolo 145 c.p.c., commi 1 e 3, aveva avuto esito negativo e che la notifica sarebbe stata effettuata all'amministratore unico della societa' Im. Va. s.p.a., Tr. An., ex articolo 143 c.p.c. senza che sia stata fornita la prova delle ricerche effettuate dall'Ufficiale Giudiziario; rilievi sulle modalita' della notifica che costituiscono eccezioni relative alla validita' e regolarita' della notifica stessa, ma non relative alla sua giuridica esistenza, essendo stata comunque infine effettuata a persona che costituiva l'effettivo destinatario dell'atto (cfr. per tutte Cass. n. 12998 del 1991).

Appare opportuno rilevare che la possibilita' della notifica all'amministratore di una societa' di capitali ai sensi dell'articolo 143 c.p.c. e' stata ammessa da questa Suprema Corte (cfr. Cass. 8091 del 2002, resa a sezioni unite) la quale ha affermato il principio secondo cui se la notificazione alle societa' di capitali non puo' essere eseguita con le modalita' di cui all'articolo 145 c.p.c., comma 1, e nell'atto e' indicata la persona fisica che rappresenta l'ente, si osservano, in applicazione del terzo comma del medesimo articolo 145 c.p.c., le disposizioni degli articoli 138, 139 e 141 cod. proc. civ.; se neppure l'adozione di tali modalita' consente di pervenire alla notificazione, si procede con le formalita' dell'articolo 140 cod. proc. civ. (nei confronti del legale rappresentante, se indicato nell'atto e purche' abbia un indirizzo diverso da quello della sede dell'ente; oppure, nel caso in cui la persona fisica non sia indicata nell'atto da notificare, direttamente nei confronti della societa'); ove neppure ricorrano i presupposti per l'applicazione di tale norma (come nel caso in cui l'indirizzo della societa', a seguito di cambiamento della numerazione civica, non reso conoscibile ai terzi nelle debite forme pubblicitarie, risulti riferito ad un luogo nel quale essa non abbia - e abbia mai avuto - sede), e nell'atto sia indicata la persona fisica che rappresenta l'ente (la quale tuttavia risulti di residenza, dimora e domicilio sconosciuti) la notificazione e' eseguibile, nei confronti del solo legale rappresentante, ricorrendo alle formalita' dettate dall'articolo 143 cod. proc. civ..

Sostiene ancora il ricorrente, che il decreto ingiuntivo in questione, non sarebbe mai passato in giudicato, essendo divenuto inefficace (vedi pagg. 4 e 5 del ricorso) per non essere "stato notificato nel termine di 20 giorni dalla pronuncia previsto dal testo allora in vigore dell'articolo 644 c.p.c..

Il decreto ingiuntivo era stato infatti emesso il 24.7.1990. Da questa data decorreva il termine di 20 giorni per la notifica. Questo termine non era sospeso durante il periodo feriale perche' il decreto era provvisoriamente esecutivo. Il decreto doveva dunque essere notificato entro il 13.8.1990. A questa data la banca aveva tentato una prima notifica, ma questa non era andata a buon fine...............In questa situazione il decreto ingiuntivo e' divenuto inefficace ex articolo 644 c.p.c.".

Queste affermazioni del ricorrente contengono una serie di errori giuridici.

Prima della modifica ad opera del Decreto Legge n. 432 del 1995 articolo 8 convertito con modificazioni in Legge n. 534 del 1995 entrata il vigore il 21.12.1995, l'articolo 644 c.p.c. era cosi' formulato: "il decreto d'ingiunzione diventa inefficace qualora la notificazione non sia eseguita nel termine di quaranta giorni dalla pronuncia, se deve avvenire nel territorio dello Stato......".

Il decreto ingiuntivo, pertanto, non doveva essere notificato nel termine di venti, ma in quello di quaranta giorni.

Tale termine non decorreva dalla data di pronuncia del decreto, ma dalla data del suo deposito in cancelleria (cfr. in tal senso Cass. n. 7160 del 2001; Cass. n. 4488 del 1982); inoltre, non essendo attinente alle controversie richiamate ed indicate dalla Legge 7 ottobre 1969, n. 742 articolo 3 ai sensi dell'articolo 1 della medesima era soggetto a sospensione nel periodo feriale (cfr. per tutte Cass. n. 5447 del 1999).

Pertanto, valutando correttamente il periodo di tempo trascorso tra il deposito del decreto ingiuntivo e la sua notifica, si rileva facilmente che non sussiste il denunciato ritardo nella notifica di detto provvedimento, avendo lo stesso ricorrente (pag. 3 del ricorso), affermato che dopo un primo tentativo di notifica con esito negativo, in data 13.8.1990, alla Im. Va. s.p.a., via (OMESSO), in persona del legale rappresentate, essendo il destinatario risultato sconosciuto al domicilio indicato, il giorno 1 ottobre 1990 l'ufficiale giudiziario aveva effettuato una seconda notifica "per quanto concerne la Im. Va. s.p.a. a mani dell'a.u. signor Re. An. ai sensi dell'articolo 143 c.p.c. mediante deposito alla casa comunale di Milano".

La banca resistente ha chiarito nel controricorso, senza essere smentita sul punto, che la notifica era stata eseguita ex articolo 143 c.p.c. a mani dell'amministratore unico Re. An., stante l'irreperibilita' dello stesso presso l'ultima residenza di (OMESSO), accertata dall'ufficiale giudiziario operante. Tale Irreperibilita', legittimante il ricorso alla notifica ex articolo 143 c.p.c., era stata accertata in occasione del tentativo di notifica del medesimo decreto ingiuntivo allo stesso Re. An. personalmente quale garante della Va. s.p.a..

A cio' si aggiunga che questa Corte ha affermato, orientamento giurisprudenziale che il collegio condivide, che la notificazione del decreto ingiuntivo, comunque effettuata, e quindi anche se nulla, e' indice della volonta' del creditore di avvalersi del decreto stesso, ed esclude pertanto la presunzione di abbandono del titolo, che costituisce il fondamento della previsione di inefficacia di esso, di cui all'articolo 644 cod. proc. civ. (cfr. Cass. n. 2656 del 1974, resa a sezioni unite), inefficacia che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, puo' essere fatta valere con il rimedio di cui all'articolo 188 disp. att. c.p.c., o con la querela nullitatis, soltanto nei casi di mancanza o di inesistenza della notificazione, ipotesi che, come detto, non ricorrono nel caso di specie.

L'inesistenza giuridica della notificazione ricorre, infatti, quando quest'ultima sia stata espletata in luoghi o nei confronti di persone che non abbiano alcuna relazione con il destinatario, risultando a costui totalmente estranei, mentre la notificazione e' nulla o semplicemente irregolare, quando sia stata effettuata in un luogo o a persona diversi da quelli stabiliti dalla legge, ma che abbiano pur sempre un qualche riferimento con il destinatario della persona medesima (cfr. per tutte Cass. n. 9372 del 1997; Cass. n. 12998 del 1991).

Pertanto i primi due motivi di ricorso debbono essere respinti.

Il terzo motivo di ricorso e' pure infondato.

La Corte di merito ha ritenuto che la censura relativa alla validita' della fideiussione fosse coperta dal giudicato formatosi in conseguenza alla dichiarazione di esecutivita' del decreto ingiuntivo intervenuta ai sensi dell'articolo 647 c.p.c..

Tale soluzione appare del tutto conforme a diritto, atteso che, come gia' detto, il decreto ingiuntivo in questione, dichiarato esecutivo ex articolo 647 c.p.c., ha acquistato autorita' ed efficacia di cosa giudicata ed il giudicato, secondo il costante insegnamento di questa Corte, copre il dedotto ed il deducibile, e, quindi, anche la questione relativa alla validita' della fideiussione.

Per tutto quanto precede il ricorso deve essere rigettato ed il fallimento ricorrente, per il principio della soccombenza, deve essere condannato a rimborsare alla banca resistente le spese del giudizio di legittimita', che appare giusto liquidare, tenuto conto del valore e della complessita' della lite, in complessivi euro 7.100,00 (settemilacento), ci cui euro 7.000,00 (settemila) per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso e condanna il fallimento ricorrente alle spese del giudizio di legittimita', che si liquidano in euro 7.100,00 (settemilacento), di cui euro 7.000,00 (settemila) per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

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