Indagini finanziarie agli enti non commerciali: i poteri dell'Amministrazione finanziaria

L'Agenzia delle Entrate ha trattato il tema delle indagini finanziarie ed i poteri attribuiti agli uffici fiscali durante la fase di controllo dei contribuenti con la circolare n. 32/2006.

Tra i vari contenuti della citata circolare emerge:   ü il potenziamento dei poteri istruttori degli uffici che consente di chiedere agli operatori creditizi o finanziari informazioni, dati e documenti concernenti qualsiasi rapporto, operazione o servizio da loro intrattenuto con i clienti. Il flusso delle predette richieste e delle risposte avviene esclusivamente in via telematica, utilizzando la procedura operativa dal 1° settembre 2006; ü l’obbligo per gli intermediari finanziari di utilizzare, per rispondere alle richieste relative alle operazioni extra conto limitatamente ai periodi d’imposta anteriori al 1° gennaio 2006, l’archivio unico informatico (Aui), istituito dalla legge n. 197/1991 per prevenire l’attività di riciclaggio di denaro sporco e per le operazioni di importo superiore a 12.500 euro; ü per i periodi d’imposta successivi, gli intermediari potranno utilizzare per le risposte, le rilevazioni e le evidenziazioni dei dati identificativi, compreso il codice fiscale, per tutti i soggetti con i quali intrattengono qualsiasi rapporto o effettuano operazioni di natura finanziaria; ü l’istituzione, prevista dal decreto legge n. 223/2006, dell’anagrafe dei rapporti tra intermediari finanziari e contribuenti. Si tratta di una banca dati, che sarà collocata in un’apposita sezione dell’Anagrafe tributaria, e sarà alimentata dalle comunicazioni che hanno per oggetto la sola esistenza di rapporti, nonché la natura degli stessi, con l’indicazione dei dati anagrafici del titolare. L’operatività dell’anagrafe dei rapporti, che consentirà di inviare le richieste di dati e notizie ai soli intermediari finanziari che intrattengono rapporti con il contribuente sottoposto a controllo, è demandata a un prossimo provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate. Accertamento bancario retroattivo   L’Agenzia delle Entrate ha rilevato che con riferimento alle procedure di richiesta dei dati, in formato cartaceo e telematico (quest’ultimo solo a partire dal 1.9.2006, come stabilito dal provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 28.4.2006), la decorrenza degli effetti, nei confronti degli intermediari finanziari e dei contribuenti sottoposti a controllo, dovrà interessare anche i periodi d’imposta ancora accertabili alla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni (01.01.2005). La circolare precisa che per i periodi d’imposta precedenti (ancora accertabili, cioè non ancora prescritti) le banche erano e sono ancora oggi in possesso della strumentazione di cui all’archivio unico informatico (AUI), imposto dal 1993 con la legge n. 197/1991 per prevenire l’attività di riciclaggio di denaro avente provenienza illecita, con il limite delle operazioni superiori all’importo di euro 12.500. Pertanto in questo caso non potranno esimersi dal fornire i dati superiori a tale soglia.   Secondo la circolare n. 32/2006 tale conclusione è in linea con quanto stabilito dallo Statuto del contribuente, ma   esistono notevoli dubbi in merito. Si consideri, ad esempio, un ente non commerciale di piccole dimensioni, che per la propria attività istituzionale è ora costretto a dovere risalire ad un prelevamento, ad es. di molti anni addietro. E’ evidente, però, che tale soggetto in quel periodo non si è curato di giustificare tali movimenti.   Il predetto problema non dovrebbe sussistere per gli enti ben organizzati (medio-grandi) sotto il profilo contabile, dato che l’obbligo di statuto o per controlli interni dei soci o dei sindaci, anche per l’attività istituzionale è necessaria un attenta tenuta sia del conto cassa sia del conto (o conti) banca. Percorso operativo degli uffici fiscali richiedenti i dati bancari   L’ufficio fiscale che deve effettuare i controlli è tenuto a valutare attentamente se la banca dell’ente non profit opera autonomamente ovvero se fa parte di un gruppo di banche.   In particolare il percorso operativo che devono tenere gli uffici fiscali, alla luce della indicazioni contenute nella circolare, è quello indicato qui di seguito:   - per il settore bancario occorre distinguere le banche interessate da un processo di incorporazione, per le quali la richiesta viene diretta alla direzione generale del soggetto incorporante, da quelle aggregate con modello federativo, per le quali la richiesta va inoltrata a ogni singolo soggetto giuridico; - per i gruppi bancari che hanno costituito apposite strutture accentrate, anche ai fini delle indagini bancarie, la richiesta viene indirizzata al responsabile della stessa struttura; - per tutte le altre banche, la richiesta viene inviata alla direzione generale o centrale, o alle singole loro dipendenze.   Ambito oggettivo   Secondo l’Agenzia delle Entrate gli uffici fiscali, a partire dal 1.1.2005 (con effetto retroattivo),  possono richiedere con riferimento a tutti i rapporti (es. libretti, depositi e altro, operazioni singole, contratti relativi a cassette di sicurezza, mutui, finanziamenti di qualsiasi natura e tutte le altre operazioni di qualsiasi specie), sia finanziari che relativi a servizi accessori e ai mezzi di pagamento, purché siano considerati come rilevanti agli effetti di indagine fiscale.   L’art. 14-ter del D.L. n. 203/2005 ha previsto per i periodi di imposta anteriori al 1° gennaio 2006, che la base informativa delle operazioni extra conto resta circoscritta a quella dell’archivio unico informatico (AUI), con il limite delle operazioni superiori, per ultimo, all’importo di euro 12.500.   Tra le diverse operazioni rientrano anche le “garanzie prestate da terzi”, quindi, sono acquisibili le garanzie prestate dal contribuente sui crediti o affidamenti ricevuti dall’intermediario finanziario, in linea con quanto già riconosciuto pacificamente dalla medesima circolare sopra citata.   Prodotti banco posta   Anche i prodotti banco posta, che sono disciplinati dal D.P.R. n. 144/2001, possono essere oggetto delle richieste di indagine. Poteri di richiesta dati   Inoltre gli uffici, indipendentemente dall’entrata in funzione della nuova anagrafe dei rapporti e del suo contenuto, potranno formulare richieste aventi ad oggetto:   - qualsiasi rapporto anche cessato prima del 1.1.2005; - qualsiasi operazione contenuta in un conto; - qualsiasi operazione extra-conto effettuata prima del 1.1.2006, il cui ammontare sia superiore a 12.500 euro; - qualsiasi operazione extra-conto di qualsiasi ammontare effettuata dal 1.1.2006.   Mancanza di potere   Restano escluse le richieste avanzate agli intermediari per le somme e i valori rimpatriati avvalendosi della disciplina dello “scudo” fiscale. Tali soggetti potranno evitare di fornire la prescritta dichiarazione, opponendo agli uffici richiedenti la segretezza derivante dalla normativa sull’emersione introdotta dalla Legge n. 409/2001. Contraddittorio preventivo   L’Agenzia delle Entrate ha osservato come il contraddittorio preventivo consista nell’utilizzo di una speciale forma procedimentale di partecipazione del contribuente all’attività istruttoria dell’ufficio. Tale procedura non è obbligatoria.   Si tratta di un istituto che è rilevante nella fase iniziale dell’accertamento dato che l’indagine, pur realizzando un’importante attività istruttoria, non costituisce uno strumento di applicazione automatica, poiché i relativi esiti devono essere successivamente elaborati e valutati per assumere, non solo in sede amministrativa ma anche in quella giudiziaria, la valenza di elementi precisi e fondanti ai fini impositivi.   In sostanza, il contraddittorio preventivo si configura, in via di principio, come un passaggio opportuno per provocare la partecipazione del contribuente, finalizzata a consentire un esercizio anticipato del suo diritto di difesa, potendo lo stesso fornire già in sede pre-contenziosa la prova contraria, e rispondente a esigenze di economia processuale, al fine di evitare l’emissione di avvisi di accertamento che potrebbero risultare immediatamente infondati alla luce delle prove di cui il contribuente potesse disporre.   Inoltre, a parere dell’Agenzia delle Entrate, l’invito a comparire, per instaurare il contraddittorio preventivo, costituisce una mera facoltà dell’ufficio e non un obbligo. In particolare, la mancata instaurazione del contraddittorio non inficia la prevista presunzione legale a presunzione semplice, restando a carico del contribuente l’onere probatorio contrario (Cassazione n. 8253/2006 e n. 5365/2006). Ad esempio, l’associazione sportiva (oppure ogni altro ente non commerciale) sottoposta a controllo potrà, in sede pre-contenziosa, fornire, a seconda dei diversi ambiti impositivi la dimostrazione circa l’irrilevanza ai fini impositivi dei movimenti finanziari acquisiti o rilevati; l’indicazione dei soggetti effettivamente beneficiari dei prelevamenti; l’annotazione dei predetti movimenti nelle scritture contabili o in dichiarazione, ai fini della determinazione del reddito.   L’invito a comparire rivolto all’ente non commerciale   Viene disposto un termine minino (di almeno 15 giorni) dalla notifica dell’invito a comparire presso l’ufficio fiscale che deve accertare la situazione finanziaria dell’ente. L’ente non commerciale ha a disposizione almeno 15 giorni di tempo per potere recuperare la documentazione richiesta a decorrere dal momento in cui ha ricevuto l’invito a comparire. In tale invito sono riportati, anche sommariamente, gli elementi informativi che saranno oggetto di contestazione, nonché gli effetti che conseguiranno dalla mancata o incompleta adesione all’invito a comparire.   Secondo una parte di dottrina (e della stessa amministrazione Finanziaria), la circostanza che il rappresentante legale non si presenti all’invito, legittima le presunzioni dell’ufficio.   Non è possibile impugnare l’atto preparatorio   Per gli atti relativi alla fase di pre-contenzioso, avverte l’Agenzia, che rimane esclusa la sussistenza di una tutela non solo dinanzi al giudice amministrativo ma anche di quella, in via immediata, dinanzi alle stesse Commissioni tributarie. Secondo l’Amministrazione Finanziaria l’attività istruttoria è sindacabile - in via differita - innanzi a tale giudice speciale solo contestualmente all’impugnazione dell’atto conclusivo del procedimento di accertamento o eventualmente - prima e in via autonoma - contro il provvedimento che irroghi le sanzioni per la mancata risposta. Tutti i dati devono rimanere riservati   Ai fini, anche della Legge sulla privacy (D. Lgs. 196/2003), tutti gli atti connessi alle indagini finanziarie, disponibili sia in formato cartaceo, sia in formato telematico, devono rimanere rigorosamente riservati e, quindi, tutelare il contribuente nella varie fasi. Deve ricordarsi, in questo senso, per le eventuali violazioni, l’applicazione di sanzioni penali.   Rimane ferma la possibilità dell’interpello preventivo da parte dell’amministrazione finanziaria al contribuente   Indipendentemente dalla richiesta diretta agli intermediari finanziari, ribadisce la circolare che resta per l’amministrazione finanziaria la possibilità dell’interpello preventivo al contribuente. Controllo di ogni singolo movimento bancario   Inoltre, la circolare avverte che l’analisi deve riguardare ogni singolo elemento della movimentazione finanziaria, anche se sia inclusa in un’operazione unica e, particolarmente, quando si tratti di operazioni autonome. Ciò ricorre, ad es., qualora il club sportivo versi con un’unica distinta più assegni bancari, assegni circolari, assegni postali, vaglia ed eventualmente contanti, ecc..., annotati sul conto corrente bancario con un’unica e complessiva rappresentazione numeraria. Procedura di accertamento: presunzioni di evasione   I prelevamenti o gli importi riscossi non risultanti dalle scritture contabili (inerenti l’eventuale attività commerciale svolta dall’ente non profit), nel caso in cui il soggetto controllato non ne indichi l’effettivo beneficiario, sono considerati ricavi e sono accertati in capo allo stesso soggetto. Infatti, l’Agenzia delle Entrate ha ricordato che tale norma si applica solo nei confronti dei soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili (quindi gli enti che hanno la partita Iva oppure le Onlus, le quali sono comunque obbligate a tenere le scritture contabili anche per l’attività istituzionale), e quindi solo nel caso in cui sia configurabile un’attività economica.   Infine, anche ai fini IVA,  i versamenti inerenti l’attività commerciale, non giustificati potranno essere contestati come operazioni imponibili, cessioni o prestazioni non contabilizzate, mentre i prelevamenti potranno essere valorizzati come acquisti in nero. L’aliquota IVA con cui valorizzare tali importi è, nel caso in cui non sia determinabile quella propria della singola operazione, l’aliquota in prevalenza applicata. Conflitto negativo di giurisdizione per i ricorsi delle Onlus Da sempre si discute sulla corretta sede (Commissione tributaria o Tribunale amministrativo regionale) dinanzi alla quale ricorrere nel caso in cui venisse messa in discussione la qualifica di Onlus vantata da un soggetto non profit. Questa tematica è forse uno dei veri nodi centrali del comparto no profit e, qualora non risolta, rischia davvero di mettere in pericolo qualsiasi realtà sociale del nostro Paese anche e semplicemente per il caso in cui ci si ritrovi ad essere oggetto di soli dubbi tecnici sul proprio operato amministrativo e legale. La mancanza di chiarezza in ordine al giudice competente al quale ricorrere in caso di cancellazione o mancata iscrizione all'Anagrafe delle Onlus lede fortemente, a nostro avviso, il diritto di difesa del malcapitato di turno, soprattutto alla luce dell'onta che ricade su un soggetto non profit sottoposto a verifica dall'Amministrazione finanziaria e delle legittime e sistematiche riscossioni frazionate che il Fisco effettua ancor prima che la stessa discussione dei temi venga affrontata dai giudici. Questi due ultimi elementi (danno di immagine e riscossione anticipata di quanto richiesto dall'Amministrazione finanziaria) risultano, in tutta evidenza, già di per sé lesivi dell'ente non profit che finisce in contenzioso tributario; se a questo, come nel caso delle Onlus, si aggiunge l'incertezza della sede in cui ricorrere e della consequenziale e possibile partita a tennis tra i giudici coinvolti, la situazione diventa davvero insostenibile al punto da spingere qualcuno a non prendere nemmeno in considerazione una potenziale difesa tributaria delle proprie ragioni. In tal senso, e con sommo disappunto, andrebbe letto il caso concreto (riportato di seguito e solo dopo aver rimarcato il tema di fondo) che ha visto coinvolti su uno stesso provvedimento tutti e due i potenziali organi di giudizio (Commissione tributaria e Tribunale amministrativo regionale) i quali, lungi dallo smarcare il tema, hanno traghettato lo sfortunato contribuente verso la paradossale ipotesi del c.d. conflitto negativo di giurisdizione. Cancellazione e mancata iscrizione all'Anagrafe unica Le notevoli difficoltà interpretative connesse alle tematiche giuridiche che interessano le Onlus - e, in particolare, i rimedi processuali che tali enti possono esperire al fine di opporsi ad un provvedimento di cancellazione dall'apposita Anagrafe unica (o ad un provvedimento di diniego di iscrizione alla medesima Anagrafe) - comportano, non di rado, la conseguenza di lasciare tali organizzazioni impossibilitate, come detto, ad esercitare pienamente il proprio legittimo diritto di difesa e ad ottenere una pronuncia nel merito della fondatezza della propria impugnazione. Com'è noto, infatti, in assenza di un (pur invocato da più parti) intervento chiarificatore del legislatore, allo stato attuale risulta ancora assolutamente dubbio, alla luce della contrastante giurisprudenza tributaria e amministrativa formatasi sul punto, se i predetti provvedimenti dell'Amministrazione finanziaria possano essere impugnati davanti al giudice tributario ovvero, piuttosto, a quello amministrativo. Le pronunce giurisprudenziali succedutesi sul tema in oggetto, difatti, sono tra loro notevolmente discordanti. In particolare, la giurisprudenza che sostiene la giurisdizione delle Commissioni tributarie sulla materia in oggetto, afferma, a supporto della propria tesi, che l'iscrizione all'Anagrafe unica delle Onlus, prevista dall'art. 11 del D.Lgs. n. 460/1997 e dall'art. 4 del D.M. n. 266/2003 ha, come prioritaria ed esplicita finalità, quella di consentire all'ente non lucrativo di beneficiare delle agevolazioni previste dal D.Lgs. n. 460/1997 stesso, relativo proprio al «riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale» e comportante la vera e propria spettanza di un regime caratterizzato dall'irrilevanza impositiva dei proventi delle attività esplicabili nel quadro delle finalità istituzionali. È anche in ragione di ciò - viene osservato dalla citata giurisprudenza - che l'art. 11 del D.Lgs. n. 460/1997 e l'art. 4 del D.M. n. 266/2003 (che disciplinano l'iscrizione dell'ente non lucrativo all'Anagrafe Onlus) sono pacificamente riconosciuti quali norme di carattere squisitamente tributario, inserite oltretutto all'interno di decreti regolanti solo il trattamento tributario degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, e disciplinanti l'acquisizione e la perdita di sostanziali fattori di computo dell'esatto debito d'imposta quale è la qualifica (solamente) tributaria di Onlus e quali sono agevolazioni tributarie, strettamente connesse alla citata qualifica. Al riguardo, è stato inoltre osservato che, ai sensi dell'art. 19, comma 1, lett. h) del D.Lgs. n. 546/1992 è atto specificatamente impugnabile dinanzi alle Commissioni tributarie «il diniego o la revoca di agevolazioni» (tributarie), e che questa, nel caso specifico, è anche la precipua finalità caratterizzante del provvedimento di cancellazione dall'Anagrafe Onlus; né la suddetta circostanza potrebbe essere validamente disattesa considerando, invece, prevalenti altri e, per di più, eventuali effetti indiretti riconducibili con ampia valutazione alla cancellazione. A ciò si aggiunga, inoltre, che l'art. 2 del D.Lgs. n. 546/1992, come modificato dall'art. 12 della legge n. 448/2001, definisce l'oggetto della giurisdizione delle Commissioni tributarie, con disposizione ampia e omnicomprensiva, in primo luogo in ordine alla materia «tributi di ogni genere e specie» e in secondo luogo in ordine all'organo (Agenzia delle Entrate) che commina una sanzione amministrativa di svariato contenuto in violazione di comportamenti in qualche modo collegati ad una obbligazione tributaria. A tal proposito, è stato anche sottolineato come la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione - Sezioni Unite abbia avuto modo di affermare, nella sentenza 5 maggio 2003, n. 6774, il seguente principio di diritto: «L'art. 12, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, sostituendo l'art. 2 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, stabilisce che appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie, compresi quelli regionali, provinciali e comunali ed il contributo per il servizio sanitario nazionale, ovvero le obbligazioni ad essi accessorie (sovrimposte, addizionali, sanzioni ed interessi), e, quindi, abbandonando il precedente criterio del collegamento di detta giurisdizione a specifici tributi espressamente elencati, opta per la coincidenza della giurisdizione stessa con l'intera area del contenzioso tributario.». Oltre a quanto sopra, è stato altresì rilevato che l'attività esplicata dall'Agenzia delle Entrate in sede di iscrizione o di cancellazione di un ente all'Anagrafe ONLUS è del tutto vincolata all'accertamento della mancanza dei requisiti normativamente prescritti, sulla base di dati sicuri e non liberamente valutabili, con la conseguenza che la posizione del soggetto ricorrente contro l'atto di cancellazione dall'Anagrafe Onlus è da considerarsi oggetto di diritto soggettivo e non d'interesse legittimo. Ciò porta ad escludere, pertanto, la giurisdizione del giudice amministrativo nella suddetta materia (Comm. trib. prov. Ancona, sentenza 24 maggio 2004, n. 106). Di contro, l'orientamento giurisprudenziale che sostiene la giurisdizione del giudice amministrativo in materia di impugnazione dei provvedimenti di cancellazione delle Onlus dall'apposita Anagrafe, attesta, a supporto della propria teoria, che «alla luce dei suddetti criteri desumibili dalla normativa di settore, non sussistono dubbi circa la competenza del giudice amministrativo ad esaminare la legittimità dell'atto che ha disposto le perdita dello status di Onlus nei confronti dell'Associazione ricorrente per effetto della disposta cancellazione ex art. 11, atteso che tale perdita non ha risvolti soltanto di carattere fiscale, ma si traduce nella perdita d'immagine e di una serie di benefici previsti dalla legge ad altri fini» (Tar Lazio, Sez. II, sentenza n. 13087/2004; cfr. anche Tar Emilia Romagna, Sez. Parma, sentenza n. 552/2005). Nelle pronunce sopra richiamate, in particolare, viene affermata la tesi secondo cui «... è legittimo affermare che non sussiste ragione di ricomprendere in alcuno degli atti previsti come impugnabili (dinanzi le Commissioni Tributarie, n.d.r.) quello per il cui tramite, come nella specie, non risulti avanzata una pretesa impositiva, trattandosi di atti prodromici alla emanazione del vero e proprio atto di accertamento o di revoca o diniego di esenzioni o agevolazioni.... In conclusione, il provvedimento di che trattasi relativo all'accertamento di una situazione giuridica soggettiva e quindi di uno status è di carattere amministrativo e come tale può essere impugnato davanti al giudice amministrativo...) » (Comm. trib. prov. Bologna, Sez. I, sentenza 8 luglio 2005, n. 112/01/05). In ogni caso, la delicata questione sulla giurisdizione, sopra illustrata, è, ad oggi, al vaglio delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione (1) che, ci si auspica, si pronunceranno quanto prima su di essa, di modo da porre finalmente termine all'incertezza e alle oscillazioni giurisprudenziali formatesi sul punto, nonché alle rappresentate difficoltà (con i conseguenti aggravi di spese processuali), incontrate da numerose Onlus nella fase contenziosa, connesse alla non agevole individuazione dell'autorità giudiziaria competente a conoscere del provvedimento di segno negativo che le ha interessate. Cancellazione e rifiuto di iscrizione: un caso concreto La dimostrazione del grave pregiudizio che le Onlus possono subire a causa dell'incertezza giurisprudenziale sopra menzionata appare estremamente evidente sol che si consideri quanto accaduto in un recente caso concreto che ha interessato un'associazione Onlus oggetto di provvedimento di cancellazione dall'apposita Anagrafe Unica da parte della competente Direzione Regionale delle Entrate. Dal momento che, nel sopra citato provvedimento di cancellazione, era stato indicato, quale organo giurisdizionale ai fini dell'impugnazione del medesimo, il giudice tributario, l'ente colpito da tale provvedimento ha provveduto a incardinare il ricorso innanzi alla Commissione tributaria provinciale competente per territorio. Nonostante ciò, è accaduto che il giudice tributario adito (Commissione tributaria provinciale Venezia, Sez. XII) ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione (sentenza 30 ottobre 2006, n. 52/12/2006), ritenendo sussistente, nel caso di specie, la giurisdizione del giudice amministrativo ad esaminare la legittimità del provvedimento impugnato e costringendo pertanto il contribuente ad affrontare le spese e le lungaggini di un altro giudizio. Ma vi è di più. Nel quadro sopra descritto, infatti, il Tribunale amministrativo regionale (Tribunale amministrativo regionale Veneto, Sez. III), adito dopo che la Commissione tributaria provinciale aveva declinato la propria giurisdizione, ha a sua volta ritenuto (sentenza 6 dicembre 2007, n. 138) la propria carenza di giurisdizione statuendo anch'esso, nella sentenza conclusiva del giudizio, l'inammissibilità del ricorso incardinato dal contribuente per difetto di giurisdizione. Ed invero, nella fattispecie in esame, nella sentenza della Commissione tributaria provinciale adita in prima battuta, è dato leggere, in particolare, che «l'atto impugnato - di cui alla fattispecie in esame - avente ad oggetto Cancellazione all'Anagrafe unica delle Onlus consiste nell'intimazione rivolta all'ente ricorrente di non più utilizzare la denominazione di Organizzazione non lucrativa di utilità sociale. Si ricorda, sul piano normativo che: -ex art. 2 D.Lgs. n. 546/1992 appartengono alla giurisdizione tributaria «tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati...»; - il successivo art. 19 individua in modo tassativo gli atti impugnabili avanti la giurisdizione tributaria ricomprendendo, tra questi, sub h) «il diniego o la revoca di agevolazioni». Il combinato disposto di tali due norme porta a ritenere che la giurisdizione tributaria «... attiene ed è connessa al singolo e concreto rapporto giuridico d'imposta ...» per cui «... le commissioni non possono conoscere delle controversie che non traggono origine dall'impugnazione di tali atti e gli atti normativamente predeterminati come impugnabili sono riferibili in concreto a singoli e specifici rapporti giuridici d'imposta dai quali il giudice tributario non può prescindere» (Comm. trib. prov. Bologna n. 112/2005). Ne discende che l'atto impugnato non attiene ad alcuno specifico rapporto d'imposta consistendo nel mancato riconoscimento di uno status tanto che la Direzione dell'Entrate ... non revoca una agevolazione ma intima all'ente di non utilizzare la denominazione di Onlus. Sussiste, quindi, la competenza del giudice amministrativo ad esaminare la legittimità del provvedimento impugnato poiché la perdita dello status di Onlus non attiene ad un concreto rapporto giuridico d'imposta, ma si traduce nella perdita d'immagine e di una serie di benefici previsti dalla legge non solo di carattere fiscale». Il Tribunale amministrativo regionale, adito in seconda battuta, a seguito della sopra richiamata sentenza della Commissione tributaria provinciale, ha invece a sua volta dichiarato il proprio difetto di giurisdizione e la conseguente inammissibilità del ricorso del contribuente, con una pronuncia dal contenuto diametralmente opposto rispetto a quella del giudice tributario sopra richiamata. In tale pronuncia del giudice amministrativo è dato, infatti, leggere testualmente che «... Correlativamente, la cancellazione dell'iscrizione nell'anagrafe delle Onlus  - per difetto originario dei requisiti - determina (art. 5, comma 4), «la decadenza dalle agevolazioni fiscali fruite». Qualora, la cancellazione sia conseguente al (successivo) venir meno di uno o più requisiti, «la Onlus decade dalle agevolazioni fiscali fruite successivamente alla data in cui gli stessi requisiti sono venuti meno.». In definitiva, per espressa disposizione normativa, la cancellazione dall'Anagrafe Onlus  equivale alla perdita di un regime di agevolazioni fiscali goduto dagli enti che vi erano iscritti. E, a tenore dell'art. 19, comma 1, lett. h) , del D.Lgs. n. 546/1992 fra gli atti espressamente dichiarati impugnabili innanzi alle Commissioni tributarie rientra, fra l'altro, proprio la revoca di agevolazioni. Non resta, pertanto, al Collegio, che dichiarare il ricorso inammissibile, per carenza di giurisdizione del Tar, in favore della Commissione tributaria. Peraltro, avendo già tale organo, in precedenza, declinato la propria giurisdizione, non va fissato alcun termine per la riassunzione del giudizio davanti alla Commissione tributaria, ma, essendosi manifestato un conflitto negativo di giurisdizione, resta affidato alla ricorrente stessa, ove lo ritenga, denunciarlo - ai sensi dell'art. 362 c.p.c., comma 2, n. 1 - alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che si pronuncerà in via definitiva sulla questione ... Si precisa, peraltro, che la questione è già stata rimessa alle SS.UU. con decisione della Cass. civ. Sezione Tributaria, n. 16694 del 27 luglio 2007». Pertanto, nella concreta fattispecie sopra illustrata, il contribuente - nonostante abbia adito, in un primo tempo, la Commissione tributaria, indicata sia nel provvedimento di cancellazione impugnato che nelle circolari interpretative emesse dall'Agenzia delle Entrate (2), e, in un secondo tempo, il Tribunale amministrativo, indicato nella sentenza della Commissione tributaria nel frattempo dichiaratasi carente di giurisdizione - è stato costretto ad affrontare i tempi e gli oneri connessi a ben due giudizi nonché la possibilità di subire parziali riscossioni da parte del Fisco, senza tuttavia ottenere una pronuncia nel merito della propria domanda e con la prospettiva di dover ricorrere alle Sezioni unite della Cassazione ai sensi dell'art. 362, comma 2, n. 1, cod. proc. civ. (3) al fine di conseguire l'indicazione del giudice competente a conoscere del caso che lo riguarda, per poi nuovamente incardinare l'impugnazione avanti l'organo giurisdizionale che verrà indicato dalla Suprema Corte. Considerazioni conclusive Alla luce del caso esemplificativo sopra descritto, appare pertanto estremamente evidente come tutte quelle Onlus che, ritenendo di avere subito un ingiusto provvedimento di cancellazione dalla relativa Anagrafe, intendano agire per l'annullamento del predetto atto, si trovino in un contesto normativo e giurisprudenziale insostenibile, che lascia le medesime assolutamente sprovviste di una reale tutela giuridica oltre che indifese innanzi a un provvedimento di cancellazione eventualmente illegittimo. Ci si augura pertanto che, in assenza del più volte auspicato intervento legislativo chiarificatore in materia di giurisdizione sui provvedimenti di cancellazione emessi dall'Amministrazione finanziaria, le Sezioni unite della Corte di Cassazione si pronuncino il prima possibile sul tema, in modo da porre finalmente termine al contrasto giurisprudenziale anzi delineato e che è suscettibile di produrre conseguenze a dir poco paradossali (oltre che onerose dal punto di vista economico, data la possibilità di parziali riscossioni da parte del Fisco e la difficoltà, per le Onlus, di procedere al recupero delle spese sostenute per i giudizi innanzi alla Commissione tributaria e al Tribunale amministrativo) analoghe a quelle verificatesi nella concreta fattispecie sopra descritta.  

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