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Le operazioni di cause related marketing possono far perdere la natura di O.n.l.u.s.
Pubblicata il 07/01/2010
Risoluzione del 16/02/2005 n. 30/E
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Servizio di documentazione tributaria
Agenzia delle Entrate
DIREZIONE CENTRALE NORMATIVA E CONTENZIOSO
Risoluzione del 14/11/2002 n. 356
Oggetto:
Istanza d'interpello ai sensi dell'articolo 21 della legge 30 dicembre
1991, n. 413 - societa': "X.Z.Y. srl - Spese di pubblicita' e
rappresentanza
Sintesi:
La risoluzione, rispondendo ad un'istanza d'interpello formulata ai
sensi dell'art. 21 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, fornisce la
corretta qualificazione dei costi sostenuti da una s.r.l. che,
acquisendo, per contratto, da enti non profit, il diritto a gestire
il loro marchio, lo utilizza in una campagna pubblicitaria,
commissionatagli da un'impresa.
L'Agenzia osserva che, nella fattispecie prospettata, la s.r.l. riceve
dall'impresa committente un corrispettivo, che fattura interamente e
che e' comprensivo del contributo che ha l'obbligo contrattuale di
devolvere all'ente non profit, destinatario finale del progetto
pubblicitario; ne consegue quindi che il costo-contributo, sostenuto
dalla s.r.l., e' interamente deducibile essendo interamente connesso
all'attivita' d'impresa, cosi' come previsto dall'art. 75, comma 5, del
TUIR.
Testo:
La societa' in oggetto indicata ha inviato alla scrivente in data 11
settembre 2002, per il tramite della Direzione Regionale competente,
un'istanza di interpello formulata ai sensi dell'articolo 21, comma 9, della
legge n. 413/91, relativa alla corretta qualificazione di determinate spese
sostenute in dipendenza di un particolare contratto di sponsorizzazione.
Fatto
La societa' istante ha come oggetto sociale, tra l'altro,
l'effettuazione di ricerche di mercato, sondaggi di opinione e piani
pubblicitari. In particolare, la societa' stessa e' dedita alla
organizzazione di campagne pubblicitarie per conto terzi effettuate mediante
l'utilizzo di una innovativa tecnica di origine anglosassone denominata
"cause related marketing" che, come e' stata definita dal Ministero delle
Finanze nella Risoluzione 8 settembre 2000, n. 137/E, rappresenta: "una
nuova tecnica pubblicitaria...che consiste nella valorizzazione di un
marchio o nel lanciare un prodotto destinando risorse predeterminate o
percentuali di ricavi al restauro di un'opera d'arte o al finanziamento di
una struttura pubblica o ancora nell'abbinare il proprio marchio ad
un'iniziativa di solidarieta' sociale o ad un progetto di interesse
collettivo".
Si tratta, sostanzialmente, come e' stato rilevato anche nella citata
risoluzione, di una nuova concezione di pubblicita' rivolta al "sociale",
caratterizzata dalla circostanza che le campagne pubblicitarie sono sempre
piu' rivolte non tanto a reclamizzare un prodotto come tale, quanto a far
si' che l'impresa venga percepita come un elemento indispensabile allo
sviluppo della comunita' socio-politica in cui e' inserita.
In particolare la X.Z.Y. srl acquisisce, per contratto, da enti non
profit a rilevanza nazionale ed internazionale, il diritto a gestire il loro
marchio (in genere la denominazione dell'ente non profit, l'emblema o logo
dello stesso) che viene utilizzato nell'ambito di una campagna pubblicitaria
commissionatagli da un'impresa.
Condicio sine qua non posta per l'utilizzo di detto marchio e' che
l'impresa committente destini una somma di denaro per sostenere i progetti
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umanitari dell'ente non profit a favore di altri enti della medesima natura
di solito ubicati in Paesi in via di sviluppo o ad alto degrado
socio-economico.
Nell'operazione descritta, l'ente non profit, in conformita' alle
proprie finalita' istituzionali, non persegue alcuno scopo lucrativo
giacche' il suo unico interesse e' di promuovere progetti umanitari.
In ragione di cio', le somme di denaro corrisposte dall'impresa
committente non entrano in alcun modo ed a nessun titolo nella
disponibilita' dell'ente non profit, ma vengono direttamente erogate da
X.Z.Y.. ai soggetti destinatari del progetto umanitario.
Questi ultimi, anch'essi enti ed organizzazioni non profit (ad
esempio ospedali orfanatrofi, ecc.) sono giuridicamente autonomi rispetto
all'ente non profit che ha concesso in uso il proprio marchio e, di solito,
sono ubicati in paesi in via di sviluppo o ad alto degrado socio-economico.
In altri termini, l'ente non profit svolge la funzione di
"testimonial" che, nell'ambito della descritta campagna pubblicitaria di
tipo sociale (cause related marketing), esercita un rilevante impatto nei
confronti del destinatario del messaggio pubblicitario.
Al fine di raggiungere i rispettivi scopi, le parti interessate alla
campagna pubblicitaria (Impresa committente, X.Z.Y. srl, ed ente non profit)
stipulano appositi contratti che danno luogo ai seguenti rapporti giuridici.
1. Rapporto tra ente non profit e X.Z.Y. Srl
L'utilizzo del marchio, dell'emblema, della denominazione o del logo
dell'ente non profit e' a titolo gratuito. Ed infatti, X.Z.Y. SrL non
deve adempiere ad alcun obbligo di natura finanziaria nei confronti
dell'ente stesso ad eccezione, ovviamente, di quello di utilizzare
per fini leciti il marchio e di versare somme di denaro, liberamente
determinate, a favore dei soggetti destinatari finali della campagna
umanitaria.
2. Rapporto tra X.Z.Y.. ed impresa committente
Viene stipulato un contratto di pubblicita' a prestazioni
sinallagmatiche in base al quale a fronte del corrispettivo versato a
X.Z.Y.., quest'ultima si impegna a sostenere un determinato progetto
promosso dall'ente non profit di cui e' concessionaria del marchio ed
a diffondere un messaggio pubblicitario del tipo: "L'impresa X
contribuisce alla realizzazione dell'orfanatrofio in Brasile promosso
dall'associazione Y (ente non profit)".
In ragione di cio', l'impresa committente versa un corrispettivo a
X.Z.Y.. srl per la realizzazione della campagna pubblicitaria ed a
fronte del quale la X.Z.Y.. stessa emette fattura per prestazioni
pubblicitarie.Il contratto tra X.Z.Y.. e l'impresa puo' prevedere,
oltre all'obbligo di divulgazione di messaggi attraverso i mass
media, anche l'esecuzione di altre prestazioni a favore
dell'impresa stessa sempre di carattere pubblicitario.
3. Contratto tra X.Z.Y. e impresa con percentuale sui ricavi
Una variante al tipo di contratto sopra rappresentato e' costituita
dalla possibilita' che l'impresa, attraverso la campagna
pubblicitaria organizzata da X.Z.Y.., proponga alla propria clientela
di acquistare determinati prodotti con l'impegno, da parte
dell'impresa stessa di destinare una percentuale dei ricavi a
finalita' di utilita' sociale promosse dall'Ente non profit che
concede in uso il proprio marchio.
In tal caso l'impresa versa una somma fissa a X.Z.Y.. a titolo di
corrispettivo per l'organizzazione della campagna pubblicitaria.
Una parte di tale somma fissa e' destinata alla realizzazione del
progetto umanitario promosso dall'ente non profit.
Anche ricorrendo a tale particolare tipologia di contratto, la
previsione nel contratto stesso della clausola secondo la quale
una quota della somma ricevuta dall'impresa da sponsorizzare deve
necessariamente venire destinata al sostegno dell'attivita'
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sociale, rappresenta una condizione indispensabile per la
conclusione del contratto di sponsorizzazione.
4. Ricavi e costi di X.Z.Y..
A fronte dei corrispettivi incassati in base ai rapporti sopra
descritti, X.Z.Y. organizza la campagna pubblicitaria sostenendo:
- costi per la divulgazione del messaggio pubblicitario (es.
annunci televisivi e/o radiofonici, stampa di volantini e di
altro materiale divulgativo);
- costi per la gestione della campagna pubblicitaria
(amministrativi e di struttura);
- oneri rappresentati dalle somme da destinare all'ente non profit
(erogazione del contributo per la costruzione di un orfanatrofio
in un paese in via di sviluppo).
Quesito e soluzione prospettata
Tutto cio' premesso la societa' interpellante, ritenendo che le somme da
essa erogate per il sostenimento del progetto umanitaro individuato
dall'Ente non profit, e indicato nel contratto di prestazione pubblicitaria
con l'impresa committente, non siano da classificare quali spese di
pubblicita' (e ancor meno spese di rappresentanza) chiede di conoscere il
corretto trattamento fiscale - ai fini delle imposte dirette e dell'Irap -
delle somme destinate ai progetti umanitari in conseguenza della stipula dei
contratti di sponsorizzazione.
Nel caso descritto, la societa' medesima ritiene che le somme
erogate per il finanziamento del progetto umanitario devono essere
considerate costo indispensabile dell'esercizio in quanto sostenute per
poter giungere alla conclusione del contratto stesso di sponsorizzazione.
Pertanto, la societa' istante ritiene che tra detto costo
(contributo) ed i ricavi della stessa X.Z.Y.. Srl esiste una relazione
immediata e diretta talmente stringente che le somme erogate costituiscono
un costo interamente deducibile dal reddito d'impresa, sia ai fini delle
imposte sui redditi che ai fini dell'imposta regionale sulle attivita'
produttive.
Parere dell'Agenzia delle Entrate
Il caso prospettato e' sicuramente di grande attualita' dal momento
che riguarda una particolare tecnica innovativa di marketing commerciale
c.d. "cause related marketing", per la quale le campagne pubblicitarie -
comprese quindi le sponsorizzazioni - tendono sempre di piu' ad intervenire
sul "sociale", piuttosto che sul prodotto.
La sponsorizzazione e' un contratto bilaterale, a prestazioni
corrispettive, in base al quale il soggetto sponsorizzato o sponsee si
obbliga nei confronti dello sponsor ad effettuare determinate prestazioni
pubblicitarie dietro versamento di un corrispettivo che puo' consistere in
una somma di denaro, in beni o servizi, che lo sponsor deve erogare
direttamente o indirettamente.
Tale qualificazione giuridica, prevalente in dottrina, e' condivisa
anche dall'Amministrazione finanziaria la quale ha da tempo assimilato le
spese di sponsorizzazione a quelle di pubblicita' (cfr. R.M. 9/204 del 17
giugno 1992) sancendone l'integrale deducibilita' dal reddito essendo la
finalita' delle stesse quella di far conseguire maggiori ricavi allo sponsor.
La suddetta precisazione rileva nel nostro caso unicamente per
chiarire che le spese oggetto della domanda di interpello sicuramente non
ricadono in detto ambito, atteso che l'istante non e' lo sponsor del
contratto - per il quale, quindi le spese sostenute potrebbero essere
definite di "sponsorizzazione" - ma e' la societa' che organizza la campagna
pubblicitaria e diffonde il messaggio di utilita' sociale.
Occorre allora stabilire se, nel caso de quo, le spese di detta
ultima societa' (cioe' X.Z.Y.. Srl) e, piu' precisamente, il contributo
dalla stessa erogato all'Ente destinatario del progetto umanitario
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sponsorizzato, possa essere considerato costo diretto dell'esercizio in
quanto correlato direttamente ai ricavi della stessa X.Z.Y.. srl.
E' indubbio che la erogazione da parte di X.Z.Y. del contributo per
la realizzazione del progetto umanitario rappresenta un elemento essenziale,
indispensabile per il raggiungimento dell'accordo tra le parti e nasce dai
rapporti obbligatori reciproci pattuiti nel contratto stesso.
Non resta che verificare, chiarito che il costo e' senz'altro
inerente ai sensi del 5 comma dell'articolo 75 del TUIR, quale sia la
natura di detto costo.
Tra l'altro, su una problematica analoga, esiste un pronunciamento
del Comitato Consultivo per l'applicazione delle norme antielusive (parere
n. 1 del 12 febbraio 2001), in base al quale determinate spese, in quanto
connesse direttamente alla produzione di ricavi, sono da considerare
interamente deducibili dal reddito come costi inerenti ad una particolare
tecnica di vendita.
E' da osservarsi che il compenso percepito da X.Z.Y.. per la
realizzazione della campagna pubblicitaria e' commisurato anche al
contributo erogato da X.Z.Y.. stessa al sostegno della iniziativa umanitaria
cui e' abbinato il marchio e il prodotto dell'azienda sponsor.
Nella fattispecie rappresentata, la societa' istante riceve per le
prestazioni da svolgere in favore della committente un corrispettivo che
fattura per l'intero importo e che e' comprensivo, comunque, della quota
parte (contributo) che la X.Z.Y..Srl non trattiene per se' ma ha l'obbligo
contrattuale di devolvere all'ente non profit destinatario finale del
progetto di utilita' sociale.
In definitiva, essendo l'utile della societa' istante costituito dalla
differenza tra il totale del corrispettivo pattuito e la parte di contributo
erogato, la scrivente ritiene corretto considerare tale spesa come costo
interamente deducibile dal reddito dal momento che il suo sostenimento,
oltre ad essere elemento indispensabile per la conclusione del contratto, e'
connesso direttamente alla particolare attivita' pubblicitaria in concreto
esercitata.
Per completezza di trattazione e' opportuno svolgere, in fine, talune
considerazioni che attengono alla posizione fiscale degli enti non profit
coinvolti nell'operazione in esame.
Ritiene la scrivente che, consentendo l'utilizzo della propria
denominazione dietro versamento di una somma di denaro (sia pure devoluta a
favore di terzi), l'ente non profit (ente non commerciale in genere) ponga
in essere un'attivita' riconducibile nello schema negoziale della
sponsorizzazione, che rileva, ai fini fiscali, come attivita' commerciale.
Solo qualora l'iniziativa assunta, che preveda tra l'altro la
possibilita' di associare il marchio dell'impresa al logo dell'ente non
profit, fosse riconducibile nell'ambito di una raccolta occasionale di
fondi, promossa dallo stesso ente, si potrebbe ritenere che i proventi
(contributi) in questione non assumano rilevanza reddituale. A tal fine
sarebbe tuttavia necessario evidenziare il carattere sostanzialmente
liberale della causa negoziale, emergente in particolare dalla prevalenza
della somma versata dall'impresa rispetto al valore economico della
prestazione pubblicitaria ricevuta, nonche' la ricorrenza degli altri
presupposti per l'applicazione dell'art. 108, comma 2-bis, lett. a) del
TUIR, secondo il quale "Non concorrono in ogni caso alla formazione del
reddito degli enti non commerciali di cui alla lettera c) del comma 1
dell'art. 87:
a) i fondi pervenuti ai predetti enti a seguito di raccolte pubbliche
effettuate occasionalmente, anche mediante offerte di beni di modico valore
o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o
campagne di sensibilizzazione".
La suddetta disposizione, come e' noto, e' applicabile non solo agli
enti non commerciali, ma, in virtu' del rinvio operato dall'art. 26 del
decreto legislativo n. 460 del 1997, anche alle Onlus.
Si segnala al riguardo che qualora l'ente che concede l'utilizzo del
proprio marchio sia una Onlus, detta attivita' (a meno che non rientri nelle
condizioni e limiti previsti dall'art. 108, comma 2-bis lett. a) del TUIR)
dovrebbe ritenersi ad essa non consentita, pena la perdita della qualifica
di Onlus.
L'art. 10, comma 1, lett. c) del decreto legislativo n. 460 del 1997,
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infatti, vieta alle Onlus di svolgere attivita' diverse da quelle
istituzionali nei settori tassativamente individuati, ad eccezione di quelle
a queste direttamente connesse.
L'operazione in argomento non sembra configurabile quale attivita'
connessa ove si consideri che la norma (art. 10, comma 5, primo periodo del
decreto legislativo n. 460 del 1997) qualifica tali le attivita' analoghe a
quelle istituzionali e le attivita' accessorie per natura a quelle
istituzionali, in quanto integrative delle stesse.
Per quanto riguarda, infine, le ONLUS di diritto (organizzazioni non
governative, organizzazioni di volontariato e cooperative sociali), occorre
precisare che, ai sensi dell'art. 10, comma 8, del decreto legislativo n.
460 del 1997, detti organismi sono in ogni caso considerati ONLUS nel
rispetto delle loro strutture e delle loro finalita' come individuate dalle
rispettive leggi istitutive.
Pertanto la compatibilita' dell'attivita' in questione con la natura e
le finalita' perseguite dai suddetti enti andra' valutata alla luce della
normativa speciale che li disciplina (legge n. 49 del 1987, legge n. 266 del
1991, legge n. 381 del 1991).
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