In tema di assegno sociale ai fini della determinazione del requisito reddituale, non deve tenersi in considerazione il reddito della casa di abitazione

In tema di assegno sociale, attribuito a seguito della conversione dell'assegno di invalidita' civile, gia' erogato ai sensi della Legge n. 118 del 1971, articolo 13, per il raggiungimento del sessantacinquesimo anno di eta', ai fini della determinazione del requisito reddituale non si tiene conto del reddito della casa di abitazione, in quanto, da un lato, la Legge n. 114 del 1974, articolo 3, nonche' il successivo Decreto Legge n. 663 del 1979, articolo 14 septies, convertito nella Legge n. 33 del 1980, ne escludevano il computo per la concessione dell'assegno di invalidita' civile, mentre, dall'altro, la Legge n. 335 del 1995, articolo 3, comma 6, per la determinazione dei redditi utili per il riconoscimento dell'assegno sociale non include, a propria volta, tale voce. Ne' assume rilievo, in senso contrario, la previsione di cui al Decreto Ministeriale n. 553 del 1992, articolo 2, che comprende tra gli oneri deducibili anche la casa di abitazione, trattandosi di disposizione dettata in funzione della denuncia dei redditi a fini assistenziali e non relativa ai criteri per la determinazione effettiva del reddito da considerare per l'attribuzione del diritto.

Corte di Cassazione, Sezione 6 civile, Ordinanza 21 gennaio 2015, n. 1081



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni - Presidente

Dott. TRIA Lucia - Consigliere

Dott. BLASUTTO Daniela - rel. Consigliere

Dott. GARRI Fabrizia - Consigliere

Dott. MANCINO Rossana - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1787/2013 proposto da:

INPS - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE in persona del Direttore Centrale Pensioni, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l'AVVOCATURA CENTRALE DELL'ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

- ricorrente -

contro

(OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS) in qualita' di eredi di (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall'avvocato (OMISSIS), giusta delega a margine del controricorso;

- controricorrenti -

avverso la sentenza n. 989/2012 della CORTE D'APPELLO di FIRENZE, depositata il 02/10/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell'1/12/2014 dal Consigliere Relatore Dott. DANIELA BLASUTTO;

udito per il ricorrente l'Avvocato (OMISSIS) che si riporta ai motivi del ricorso.

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO

La Corte pronuncia in camera di consiglio ex articolo 375 c.p.c., a seguito di relazione a norma dell'articolo 380 bis c.p.c., condivisa dal Collegio, preso atto dell'assenza di memorie delle parti.

Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Firenze confermava la pronuncia di primo grado che aveva accolto la domanda proposta da (OMISSIS) concernente il diritto all'assegno sociale di cui alla Legge n. 335 del 1995, articolo 3.

La (OMISSIS), titolare della pensione di inabilita' civile Legge n. 118 del 1971, ex articolo 12, al compimento dei 65 anni (ossia nel (OMISSIS)) era divenuta titolare del predetto assegno sociale, la cui erogazione le era stata sospesa dall'INPS a decorrere dal 1.1.2005 per superamento dei limiti di reddito.

La Corte territoriale riteneva, contrariamente all'assunto dall'ente previdenziale, che ai fini del riconoscimento delle prestazioni assistenziali in questione il reddito della casa di abitazione andasse escluso dal reddito imponibile.

Di questa sentenza l'INPS domanda la cassazione sulla base di due motivi. Gli eredi di (OMISSIS) resistono con controricorso.

Con il primo motivo l'Inps denuncia violazione della Legge n. 118 del 1971, articolo 19, e della Legge n. 335 del 1995, e vizio di motivazione (articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5), con il secondo violazione del Decreto Legge n. 663 del 1979, articolo 14 septies, convertito in Legge n. 33 del 1980, e del Decreto Ministeriale 31 ottobre 1992, n. 553, articolo 2, in relazione alla Legge 10 febbraio 1962, n. 66, articolo 8, (articolo 360 c.p.c., n. 3), sostenendo che il reddito della casa di abitazione si computa ai fini del limite reddituale per le prestazioni di invalidita' civile, posto che l'assegno sociale in godimento costituisce trasformazione del trattamento assistenziale.

In limine, deve rilevarsi la manifesta infondatezza del ricorso ex articolo 375 c.p.c., comma 1, n. 5; pertanto, la causa puo' essere trattata in camera di consiglio ex articolo 380 bis c.p.c., comma 1.

Va premesso che l'ammissione degli invalidi civili, al compimento del sessantacinquesimo anno di eta', alla pensione sociale erogata dall'INPS in sostituzione delle provvidenze di invalidita' civile ha, in applicazione della Legge 30 marzo 1971, n. 118, articolo 19, carattere automatico e prescinde pertanto dall'accertamento, da parte di detto Istituto, della rivalutazione della posizione patrimoniale dell'assistito, costituendo la titolarita' della pensione di invalidita' sufficiente presupposto per il conseguimento della pensione sociale alle condizioni di maggior favore gia' accertate (cfr. Sez. Unite, sent n. 10972 del 09/08/2001). Quindi, per decidere la questione per cui e' causa, e' necessario accertare quale fosse il limite reddituale prescritto per il beneficio assistenziale di cui la (OMISSIS) godeva, prima della sua trasformazione in assegno.

Cio' premesso, va osservato che la questione sottoposta all'esame della Corte - vertente sulla computabilita' o meno del reddito della casa di abitazione tra le componenti del reddito ai fini della verifica del requisito reddituale per il riconoscimento dei beneficio della pensione di inabilita' civile o dell'assegno di invalidita' civile di cui alla Legge n. 118 del 1971, articoli 12 e 13, - e' stata recentemente esaminata e risolta da Cass. 14456 del 13.8.2012.

Tale sentenza si e' espressa nei termini seguenti:

La Legge n. 114 del 1974, articolo 8, di conversione del Decreto Legge n. 30 del 1974, (Condizioni economiche per le provvidenze ai mutilali e invalidi civili) stabiliva che le condizioni economiche per la concessione sia della pensione di cui alla Legge n. 118 del 1971, articolo 12, sia per l'assegno di cui all'articolo 13, fossero quelle previste dall'articolo 3, della cit. legge per la concessione della pensione sociale. Indi la Legge n. 114 del 1974, articolo 3 concernente la pensione sodale, dopo avere condizionato il diritto a pensione sociale a determinati limiti di reddito prevedeva che "dal computo del reddito suindicato sono esclusi gli assegni familiari e la casa di abitazione". E' vero poi che il Decreto Legge n. 663 del 1979, articolo 14 septies, conv. in Legge n. 33 del 1980, ha elevato i limiti di reddito di cui al Decreto Legge n. 30 del 1974, articolo 4, convertito in Legge n. 114 del 1974, ma non ha per nulla modificato quella parte del comma 8, che escludeva il reddito della casa di abitazione ai fini del limite di legge. In altri termini, l'elevazione, per tener conto della svalutazione intervenuta nelle more, del limite reddituale non ha pero' travolto la specifica disposizione che escludeva appunto dal computo la casa di abitazione, facendo rinvio alla disciplina concernente la pensione sociale. Anche nei riguardi di quest'ultima, la Legge n. 153 del 1969, articolo 26, esclude dal computo dei redditi il reddito dominicale della casa di abitazione.

Ed ancora lo stesso Legge n. 335 del 1995, articolo 3, comma 6 prevede che per l'assegno sociale, il quale dal primo gennaio 1996 si eroga in luogo della pensione sociale, non si computano redditi casa abitazione. Diversamente opinando il mantenimento del limite reddituale previsto per le prestazioni assistenziali, quando le medesime si convertono, al compimento dei 65 anni in pensione o assegno sociale, andrebbe a detrimento dell'interessato, nonostante che all'invalidita' si accompagni anche la debolezza dell'eta'.

Nello stesso senso si e' gia' espressa la sentenza di questa Corte n. n. 5479 del 05/04/2012, in cui si e' affermato che, in tema di pensione di inabilita', ai fini del requisito reddituale non va calcolato il reddito della casa di abitazione, in quanto la Legge n. 118 del 1971, articolo 12, rinvia per le condizioni economiche, alla Legge n. 153 del 1969, articolo 26, che, per la pensione sociale, esclude dal computo il reddito della casa di abitazione.

Ne' rileva, in senso contrario, la previsione di cui al Decreto Ministeriale n. 553 del 1992, articolo 2, che impone, ai fini assistenziali, la denuncia dei redditi "al lordo degli oneri deducibili", in quanto la casa di abitazione, non costituisce, a tal scopo, un onere deducibile, ma una voce di reddito".

Detta sentenza rileva giustamente che non si puo' tenere conto di disposizioni dettate ad altri fini, come quelle che impongono la denuncia dei redditi ai fini assistenziali, perche' queste nulla dicono sulla determinazione effettiva del reddito da considerare ai fini del diritto alla prestazione.

Antecedentemente aveva deciso nello stesso senso Cass. n. 2509 del 08/04/1983.

Non sembra quindi condivisibile il diverso orientamento espresso dall'ordinanza di questa Corte n. 4223/2012" (in tali termini, Cass. sent. n. 14456 del 2012).

E' stato cosi' enunciato il seguente principio di diritto: "In tema di assegno sociale, attribuito a seguito della conversione dell'assegno di invalidita' civile, gia' erogato ai sensi della Legge n. 118 del 1971, articolo 13, per il raggiungimento del sessantacinquesimo anno di eta', ai fini della determinazione del requisito reddituale non si tiene conto del reddito della casa di abitazione, in quanto, da un lato, la Legge n. 114 del 1974, articolo 3, nonche' il successivo Decreto Legge n. 663 del 1979, articolo 14 septies, convertito nella Legge n. 33 del 1980, ne escludevano il computo per la concessione dell'assegno di invalidita' civile, mentre, dall'altro, la Legge n. 335 del 1995, articolo 3, comma 6, per la determinazione dei redditi utili per il riconoscimento dell'assegno sociale non include, a propria volta, tale voce. Ne' assume rilievo, in senso contrario, la previsione di cui al Decreto Ministeriale n. 553 del 1992, articolo 2, che comprende tra gli oneri deducibili anche la casa di abitazione, trattandosi di disposizione dettata in funzione della denuncia dei redditi a fini assistenziali e non relativa ai criteri per la determinazione effettiva del reddito da considerare per l'attribuzione del diritto.

L'interpretazione indicata dal Cass. n. 14456/2012 ha trovato conferma nella successiva pronuncia di questa Corte n. 20387 del 5/9/2013.

La motivazione della impugnata sentenza ha deciso in conformita' al medesimo principio e risulta dunque immune dalle censure che le sono state mosse.

Ne' vi sono elementi che giustifichino l'esonero di questa Corte dal dovere di fedelta' ai propri precedenti, sul quale si fonda, per larga parte, l'assolvimento della funzione (assegnatale dall'articolo 65, dell'ordinamento giudiziario di cui al Regio Decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e succ. modificazioni, ma di rilevanza costituzionale, essendo anche strumentale al suo espletamento il principio, sancito dall'articolo 111 Cost., dell'indeclinabilita' del controllo di legittimita' delle sentenze) di assicurare l'esatta osservanza, l'uniforme interpretazione della legge e l'unita' del diritto oggettivo nazionale.

In conclusione, il ricorso va rigettato Tenuto conto dei riferiti contrasti giurisprudenziali, si ravviano giusti motivi per compensare le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del presente giudizio.
 

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