L'incollocazione al lavoro ai fini dell'assegno d'invalidità, rappresenta un elemento costitutivo del diritto alla prestazione

Ai fini dell'attribuzione dell'assegno mensile di invalidità, la "incollocazione al lavoro" - tra gli elementi costitutivi del diritto alla prestazione - assume due diversi significati, rispettivamente, per gli invalidi infracinquantacinquenni e per gli invalidi che abbiano superato i cinquantacinque anni di età, ma non ancora i sessantacinque, limite preclusivo per beneficiare della prestazione. Con riguardo ai primi, per "incollocato al lavoro" deve intendersi colui che non abbia trovato un'occupazione compatibile con le sue condizioni psicofisiche, essendo iscritto nelle liste di collocamento obbligatorio; con riferimento, invece, agli invalidi ultracinquantacinquenni e infrasessantacinquenni, - che non hanno diritto all'iscrizione nelle suddette liste - l'incollocazione al lavoro deve essere intesa come stato di effettiva disoccupazione o non occupazione ricollegato ad una riduzione di capacità di lavoro, che non consente il reperimento di un'occupazione adatta alla ridotta capacità lavorativa dell'invalido, la cui prova può essere fornita in giudizio anche mediante presunzioni, senza che sia necessaria alcuna iscrizione o domanda di iscrizione nelle liste del collocamento ordinario.
(Corte di Cassazione Sezione Lavoro Civile, Sentenza del 5 dicembre 2008, n. 28852)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo - Presidente

Dott. DE RENZIS Alessandro - Consigliere

Dott. CURCURUTO Filippo - rel. Consigliere

Dott. BANDINI Gianfranco - Consigliere

Dott. MAMMONE Giovanni - Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA

sul ricorso 23966/2005 proposto da:

CO. AN., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PAOLO EMILIO 24 - D, presso lo studio dell'avvocato PULIATTI PLACIDO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato DELUIGI ANGELA giusta mandato a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

MINISTERO DELL'INTERNO;

- intimato -

avverso la sentenza n. 17273/2004 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 28/09/2004 R.G.N. 110360/99;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/10/2008 dal Consigliere Dott. FILIPPO CURCURUTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. LO VOI Francesco, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Roma, con sentenza del 27 maggio/28 settembre 2004, rigettando l'appello ha confermato, per quanto ancora di rilievo, la sentenza di primo grado che aveva respinto la domanda di Co. An. diretta al riconoscimento da parte del Ministero dell'Interno del diritto all'assegno di assistenza di cui alla Legge n. 118 del 1871, articolo 13, con decorrenza dal 1 maggio 1993, primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda amministrativa.

2. Il Tribunale ha ritenuto che la Co., nata il (OMESSO), e quindi infracinquantacinquenne sino al (OMESSO), non aveva provato, come avrebbe dovuto, il proprio stato di incollocazione al lavoro sino a tale data mediante produzione di certificazione attestante l'avvenuta iscrizione o la presentazione della domanda di iscrizione nelle speciali liste di disoccupazione di cui alla Legge n. 482 del 1968 articolo 19 non rilevando che essa non avesse ancora ottenuto il riconoscimento della percentuale di riduzione della sua capacita' di lavoro, essendo in tal caso necessaria la domanda di iscrizione nelle predette liste. Quanto al periodo successivo al compimento dei 55 anni il Tribunale ha osservato che l'interessata non aveva dato alcuna prova dello stato di "non collocazione al lavoro" risultando solo dagli atti che il 26 maggio 2004, giorno antecedente alla pronunzia della sentenza, aveva presentato alla Provincia di Roma - Centro per l'impiego di (OMESSO) una domanda di iscrizione nell'apposito elenco degli invalidi civili. Ne', secondo il Tribunale, poteva pronunziarsi condanna alla prestazione per il periodo successivo alla emanazione della sentenza.

3. Co.An. chiede la cassazione di questa sentenza con ricorso per due motivi.

4. Il Ministero dell'interno non ha svolto attivita' difensiva in questa sede.

CONSIDERATO IN DIRITTO

5. Con il primo motivo di ricorso e' denunziata violazione e falsa applicazione della Legge n. 118 del 1971 articolo 13.

Si addebita alla sentenza impugnata di aver posto a carico della ricorrente l'onere di provare il proprio stato di incollocata mediante certificato di iscrizione o domanda di iscrizione nelle liste speciali, senza considerare che la Co. riconosciuta invalida nel 1993, con un percentuale del 40 per cento, non aveva neppure l'astratta possibilita' di essere iscritta in dette liste. Si addebita quindi alla sentenza di non aver considerato che in tal caso il requisito della incollocazione prescinde dall'iscrizione e configurandosi come stato di disoccupazione o inoccupazione puo' esser provato anche con ogni mezzo ed anche con presunzioni.

Si addebita, inoltre, alla sentenza di non aver considerato che la Co. aveva prodotto a tale fine la certificazione dell'Agenzia delle entrate che attestava l'assenza di redditi per il periodo dal 1993 al 2004.

6. Il motivo non merita accoglimento.

In base alla Legge 30 marzo 1971, n. 118, articolo 13, ora interamente sostituito, a decorrere dal 1 gennaio 2008, dalla Legge 24 dicembre 2007, n. 247, articolo 1, comma 35, nel testo anteriore alla modifica introdotta dal Decreto Legislativo 23 novembre 1988, n. 509, articolo 9, che ha elevato al 74 per cento la percentuale di riduzione di capacita' lavorativa necessaria per il beneficio, "Ai mutilati ed invalidi civili di eta' compresa tra il diciottesimo ed il sessantacinquesimo anno nei cui confronti sia accertata una riduzione della capacita' lavorativa, nella misura superiore ai due terzi incollocati al lavoro e per il tempo in cui tale condizione sussiste, e' concesso a carico dello Stato ed a cura del Ministero dell'interno, un assegno mensile".

Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza 203/1992, seguita da numerose decisioni conformi (fra le quali, Cass. 93/6014; 94/7050; 98/2815; 2000/11115; 2002/17530) hanno stabilito il principio secondo cui ai fini del diritto all'assegno d'invalidita' previsto dalla Legge 30 marzo 1971, n. 118, articolo 13, l'invalido e' da ritenersi "incollocato al lavoro" non per effetto del mero stato di disoccupazione o non occupazione ma solo quando, essendo iscritto (o avendo presentato domanda d'iscrizione) nelle speciali liste degli aventi diritto al collocamento obbligatorio, non abbia conseguito un'occupazione in mansioni compatibili.

La giurisprudenza di questa Corte ha altresi' chiarito che ai fini dell'attribuzione dell'assegno mensile di invalidita' la "incollocazione al lavoro" - che e' uno degli elementi costitutivi del diritto alla prestazione - assume due diversi significati rispettivamente per gli invalidi infracinquantacinquenni e per gli invalidi che abbiano, invece, superato i cinquantacinque anni di eta' (ma non ancora i sessantacinque, questo essendo il limite preclusivo per beneficiare della prestazione in argomento).

Con riguardo ai primi, infatti, per "incollocato al lavoro" deve intendersi colui che, essendo iscritto nelle liste del collocamento obbligatorio, non abbia trovato una occupazione compatibile con le sue condizioni psico-fisiche (a nulla rilevando il fatto che non abbia ancora ottenuto il riconoscimento della percentuale di riduzione della sua capacita' di lavoro da parte delle competenti commissioni sanitarie, ma essendo comunque necessaria, in questo caso, la presentazione della domanda di iscrizione nelle predette liste, non potendosi supplire alla mancanza di tale elemento con la prova dello stato di disoccupazione) .Con riferimento, invece, agli invalidi ultracinquantacinquenni (ma infrasessantacinquenni) - che non hanno diritto all'iscrizione nelle suddette liste - l'"incollocazione al lavoro" deve essere intesa come stato di effettiva disoccupazione o non occupazione ricollegato ad una riduzione di capacita' di lavoro che di detto stato e' causa e che non consente il reperimento di una occupazione adatta alla ridotta capacita' lavorativa dell'invalido (la cui prova puo' essere fornita in giudizio anche mediante presunzioni), senza che sia necessaria alcuna iscrizione o la domanda di iscrizione nelle liste del collocamento ordinario. (Fattispecie regolata dalla normativa antecedente all'entrata in vigore della Legge n. 68 del 1999 che, come sottolineato dalla S.C., ha ancor piu' accentuato il rilievo da attribuire all'iscrizione o alla domanda di iscrizione nelle liste speciali abolendo, da un lato, il limite di eta' per usufruire del collocamento obbligatorio ed essendo, dall'altro, finalizzata a favorire l'attuazione di un "collocamento mirato" degli invalidi, la cui buona riuscita presuppone, appunto, l'iscrizione nelle suddette liste). (Cass. 2000/7432; seguita anch'essa da numerose pronunzie conformi, fra le quali, Cass. 2000/8573; 2001/1777; 2001/2628; 2002/13938).

Puo' quindi ritenersi superato l'orientamento espresso da Cass. 1999/3556, invocata dalla ricorrente, secondo cui ai fini del riconoscimento del diritto all'assegno di invalidita' civile, non puo' essere richiesta la dimostrazione dello stato di incollocabilita' al lavoro mediante la prova della mancata occupazione nonostante l'iscrizione nelle liste speciali del collocamento obbligatorio, se l'interessato, pur avendo regolarmente chiesto l'accertamento dello stato di invalidita', non sia stato convocato per la visita medica e quindi non abbia potuto richiedere l'iscrizione in tali liste, per la quale e' richiesta la accertata riduzione di oltre il quarantacinque per cento della capacita' lavorativa (Legge 2 aprile 1968, n. 482, articolo 5, come modificato dal Decreto Legislativo 23 novembre 1988, n. 509, articolo 7). In una situazione di tale genere - secondo la sentenza menzionata - l'invalido potrebbe dimostrare lo stato di incollocamento provando con qualsiasi mezzo di prova la mancanza di effettiva occupazione, senza che possa essergli richiesta l'iscrizione nelle liste del collocamento ordinario, perche' il soggetto che a ragione si reputi invalido ai sensi di legge legittimamente aspira al collocamento obbligatorio al fine di conseguire un'attivita' compatibile con le sue condizioni fisiche e di evitare di essere destinato ad attivita' che possano essere di pregiudizio per lui stesso, per i compagni di lavoro ed i beni aziendali.

Poiche' il Tribunale ha fatto applicazione del principio ormai ampiamente prevalente nella giurisprudenza di questa Corte, al quale si intende qui dare continuita', la sentenza non merita le censure formulate nel motivo in esame.

7. Con il secondo motivo di ricorso e' denunziata violazione e falsa applicazione della Legge n. 118 del 1971 articolo 13, e dell'/A> articolo 149 disp. att. c.p.c..

Si addebita alla sentenza impugnata, in subordine, di aver erroneamente negato il riconoscimento del diritto per il periodo successivo alla pronunzia della sentenza, pur essendo stata presentata domanda di iscrizione al collocamento il giorno precedente detta pronunzia, senza considerare che lo stato di incollocazione, come requisito costitutivo del diritto fatto valere, puo' sopravvenire utilmente nel corso del giudizio.

8. Il motivo non merita accoglimento.

La giurisprudenza di questa Corte, muovendo dalla premessa che l'incollocazione al lavoro, prevista dalla Legge 30 marzo 1971, n. 118, articolo 13, ai fini dell'assegno d'invalidita', rappresenta - al pari della riduzione della capacita' lavorativa e del requisito economico o reddituale (articoli 13 e 12 della legge citata) - un elemento costitutivo del diritto alla prestazione (la cui prova e' a carico del soggetto richiedente l'assegno) e non gia' una mera condizione di erogazione del beneficio che possa essere accertata all'esterno del procedimento giudiziario (Cass. 1998/7650; conf. 1999/1913; 1999/9458; 1999/14515) ha ritenuto, effettivamente, che essa possa utilmente sopravvenire nel corso del giudizio (Cass. 2000/9812; 2001/2132).

Nel caso di specie, il Tribunale, premesso che la Co. avendo superato il cinquantacinquesimo anno di eta' nel corso del giudizio, poteva dare, con qualunque mezzo la prova della non collocazione al lavoro ha pero' ritenuto che a tal fine non fosse idonea la domanda di iscrizione nell'apposito elenco riservato alla categoria degli invalidi civili, presentata il giorno prima dell'udienza di discussione della causa. A tale valutazione dell'inidoneita' probatoria del documento il Tribunale ha aggiunto anche la considerazione che in ogni caso la ricorrente non avrebbe potuto vedersi riconosciuto il beneficio dalla anzidetta data.

La ricorrente censura quest'ultima affermazione ed aggiunge altresi' che erroneamente la sentenza avrebbe statuito che il beneficio doveva decorrere non dal 26 maggio 2005 (in realta', semmai 2004, risalendo la sentenza a detto anno) ma dal successivo 1 giugno 2005.

Cosi' stando le cose, deve rilevarsi, anzitutto, l'assenza di una specifica censura circa la inidoneita' probatoria del documento di cui si tratta, sicche' se anche fosse fondata la tesi della violazione del principio secondo cui il requisito della incollocazione puo' maturare in corso di causa, il motivo non tocca la ragione non censurata e la decisione impugnata resta ferma in base ad essa (Cass. 2007/13070).

Deve, inoltre, osservarsi che, nulla rinvenendosi nella sentenza circa la data del beneficio, visto che questo, con il rigetto dell'appello, e' stato totalmente negato, il motivo e' inammissibile nella parte in cui si rivolge contro statuizioni che la sentenza non contiene (per tutte, Cass. 2006/22540).

9. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, senza provvedimenti sulle spese in assenza di attivita' difensiva del Ministero intimato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso; nulla per le spese.

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