Nelle obbligazioni pecuniarie dell'Inps, il maggior danno da svalutazione monetaria va riconosciuto al creditore in via presuntiva

Nelle obbligazioni pecuniarie, in difetto di discipline particolari dettate da norme speciali, il maggior danno di cui all'articolo 1224 c.c., comma 2, rispetto a quello gia' coperto dagli interessi moratori e' in via generale riconoscibile in via presuntiva, per qualunque creditore che ne domandi il risarcimento, nella eventuale differenza, a decorrere dalla data di insorgenza della mora, tra il tasso del rendimento medio annuo netto dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi ed il saggio degli interessi legali determinato per ogni anno ai sensi dell'articolo 1284 c.c., comma 1, salva la possibilita' per il debitore di provare che il creditore non ha subito un maggior danno o che lo ha subito in misura inferiore e per il creditore di provare il maggior danno effettivamente subito. Si e' cosi' anche esclusa la possibilita' di cumulo tra interessi legali e danno ulteriore.
Corte di Cassazione Sezione Lavoro Civile, Sentenza del 19 gennaio 2009, n. 1166)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERCURIO Ettore - Presidente

Dott. LAMORGESE Antonio - Consigliere

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella - Consigliere

Dott. AMOROSO Giovanni - rel. Consigliere

Dott. MORCAVALLO Ulpiano - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13631/2005 proposto da:

GA. LI. , domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato CAPOTORTO CESARE giusta delega a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati COSSU BENEDETTA, SGROI ANTONINO, CORRERA FABRIZIO, CORETTI ANTONIETTA, giusta mandato in calce al controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 805/2004 della CORTE D'APPELLO di BARI, depositata il 27/05/2004 R.G.N. 3689/02;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/11/2008 dal Consigliere Dott. GIOVANNI AMOROSO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il rigetto del primo motivo del ricorso e accoglimento del secondo.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d'appello di Bari, decidendo in controversia promossa nei confronti dello SCAU da Ga. Li. e relativa alla restituzione di contributi agricoli divenuti indebiti a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 370/85 (dichiarativa della illegittimita' costituzionale della Legge n. 991 del 1952, articolo 8, e Decreto Legge n. 942 del 1977, articoli 7 - 8, conv. nella Legge n. 41 del 1978, nella parte in cui non prevedevano l'esenzione dal pagamento dei contributi unificati in agricoltura anche per i terreni compresi in territori montani ubicati ad altitudine inferiore a m. 700 sul livello del mare), ha parzialmente accolto l'impugnazione dell'INPS, subentrato ex lege allo SCAU e, per l'effetto, ha riconosciuto la spettanza degli interessi legali sulle somme risultate indebite solamente a far tempo dalla domanda amministrativa di restituzione, mentre ha rigettato la domanda di risarcimento dell'(ulteriore) danno da svalutazione monetaria.

Al riguardo ha precisato che, ai sensi dell'articolo 1224 c.c., la rivalutazione compete limitatamente alla differenza tra il saggio degli interessi legali e il tasso della svalutazione e che e' onere del creditore provare che il tasso di inflazione abbia superato quello degli interessi legali; ha aggiunto, quindi, che nel caso concreto la prova dell'effettivita' del danno da svalutazione non era stata raggiunta, non essendo, a tal fine, sufficiente l'appartenenza della parte privata creditrice alla categoria imprenditoriale.

2. Ga. Li. chiede la cassazione di questa sentenza con ricorso fondato su due motivi, illustrati anche da successiva memoria.

L'INPS resiste con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso e' articolato in due motivi.

Nel primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1189, 2033, 2036, 1218 e 1224 c.c., e articolo 136 Cost.. Si censura la sentenza impugnata per aver fatto decorrere gli interessi legali dalla data della domanda amministrativa di restituzione delle somme indebitamente versate all'INPS, anziche' dalla data di pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 370 del 1985.

Nel secondo motivo, con denunzia di violazione e falsa applicazione dell'articolo 1224 c.c., e di vizio di motivazione si sostiene che la Corte territoriale ha errato nel ritenere necessaria la prova "effettiva" del maggior danno subito dalla ditta appellata, dal momento che, nel caso dell'imprenditore, e' legittimo il ricorso alle presunzioni e, dunque, la prova di tale qualita', per dimostrare l'incidenza sul di lui patrimonio della svalutazione monetaria. L'esistenza di tale svalutazione, a sua volta, diversamente da quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, non necessita di prova ma e' accertabile attraverso gli indici ISTAT, configuranti fatto notorio. Ancora errata e' l'affermazione secondo cui gli interessi sono assorbiti nella rivalutazione, prescrivendo l'articolo 1224 c.c., che al creditore devono essere corrisposti gli interessi oltre al maggior danno.

2. Il primo motivo di ricorso e' infondato.

L'impugnata pronuncia ha correttamente fatto applicazione del principio di diritto affermato da questa Corte (Cass., sez. un., 5 agosto 1994, n. 7269) secondo cui in ipotesi di ripetizione dall'I.N.P.S. di somme indebitamente versate dal datore di lavoro per contributi assicurativi, gli interessi dovuti, ai sensi dell'articolo 2033 c.c., dall'"accipiens" in buona fede decorrono non gia' dalla domanda giudiziale ma (senza che al riguardo abbia rilievo la sentenza della Corte Costituzionale n. 156 del 1991) dalla precedente domanda amministrativa, atteso che questa (costituente anche nel nuovo rito del lavoro una condizione di proponibilita' dell'azione giudiziaria) non puo' essere considerata una mera richiesta di restituzione - avendo caratteristiche del tutto analoghe alla domanda giudiziale sia per la certezza del "dies a quo" sia per l'idoneita' a rendere consapevole l'"accipiens" dell'indebito nel quale versa - e tenuto conto che, un'interpretazione restrittiva del termine "domanda" nel senso tecnico-giuridico di domanda giudiziale determinerebbe conseguenze pregiudizievoli per i diritti del "solvens" e quindi dubbi di legittimita' costituzionale della citata norma in relazione agli articoli 3 e 24 Cost..

3. Fondato e' invece il secondo motivo.

La questione di diritto posta nel ricorso e' stata oggetto di un contrasto di giurisprudenza dove si erano formati vari indirizzi.

Secondo un primo indirizzo il maggior danno da svalutazione doveva essere riconosciuto in via generalizzata e presunta (Cass., sez. lav., 26 ottobre 2000 n. 14089).

Secondo un altro indirizzo il maggior danno da svalutazione va correlato alla sola categoria creditoria cui il creditore appartiene in relazione alla piu' probabile forma di impiego del denaro (Cass., sez. lav., 8 maggio 2001 n. 6420).

Un terzo indirizzo - al quale ha aderito la sentenza impugnata della Corte d'appello di Bari - ha ritenuto che l'appartenenza ad una categoria creditoria non e' comunque sufficiente a giustificare il riconoscimento del maggior danno correlabile alle forme di impiego tipiche della categoria nella quale il creditore e' iscrivibile, essendo egli comunque gravato da uno specifico onere quantomeno di allegazione in ordine al verosimile impiego che avrebbe fatto della somma dovutagli, che consenta al giudice di verificare se, tenuto conto di dette qualita' personali e professionali, il danno denunziato possa essersi effettivamente prodotto (Cass., sez. lav., 23 ottobre 2002, n. 14970).

In contrasto e' stato risolto recentemente da Cass., sez. un., 18 luglio 2008, n. 19499, che - disattendendo in particolare l'indirizzo giurisprudenziale al quale ha aderito la sentenza impugnata - ha affermato che nelle obbligazioni pecuniarie, in difetto di discipline particolari dettate da norme speciali, il maggior danno di cui all'articolo 1224 c.c., comma 2, rispetto a quello gia' coperto dagli interessi moratori e' in via generale riconoscibile in via presuntiva, per qualunque creditore che ne domandi il risarcimento, nella eventuale differenza, a decorrere dalla data di insorgenza della mora, tra il tasso del rendimento medio annuo netto dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi ed il saggio degli interessi legali determinato per ogni anno ai sensi dell'articolo 1284 c.c., comma 1, salva la possibilita' per il debitore di provare che il creditore non ha subito un maggior danno o che lo ha subito in misura inferiore e per il creditore di provare il maggior danno effettivamente subito. Si e' cosi' anche esclusa la possibilita' di cumulo tra interessi legali e danno ulteriore.

4. In conclusione il secondo motivo di ricorso va accolto, mentre va rigettato il primo. Va cassata la sentenza impugnata con rinvio, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d'appello di Bari in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso; rigetta il primo; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d'appello di Bari in diversa composizione.

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