Ai fini della tutela possessoria non è sufficiente la prova del titolo di proprietà

L'acquirente di bene immobile che, anziché agire in via petitoria a tutela del diritto asseritamente violato, intende avvalersi della tutela possessoria è tenuto, in caso di contestazione da parte del convenuto, a fornire la prova del concreto esercizio del proprio possesso sul bene medesimo, risultando a tale fine inidonea la mera produzione in giudizio del titolo di acquisto, che vale soltanto a rafforzare "ad colorandam possessionem" la prova stessa. In termini, vedi, Cassazione civile, Sez. II, sentenza 23 marzo 2004, n. 5760. (PUBBLICAZIONE Il Sole 24 Ore, Mass. Repertorio Lex24)

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 27 gennaio 2012, n. 1219



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Luigi - Presidente

Dott. BURSESE Gaetano Antonio - Consigliere

Dott. MATERA Lina - Consigliere

Dott. D'ASCOLA Pasquale - Consigliere

Dott. FALASCHI Milena - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G.) proposto da:

RA. FR. (OMESSO) rappresentato e difeso, in forza di procura speciale in calce al ricorso, dall'Avv.to BI. TE. Or. del foro di (OMESSO) ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in (OMESSO);

- ricorrente -

contro

DE. LI. RI. (OMESSO) rappresentata e difesa dall'Avv.to CO. Cl. del foro di (OMESSO), in virtu' di procura speciale apposta a margine del controricorso, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in (OMESSO);

- controricorrente -

e contro

GH. FR. ;

- intimata -

avverso la sentenza della Corte d'appello di Roma n. 2371 depositata il 25 maggio 2005;

Udita la relazione della causa svolta nell'udienza pubblica del 21 novembre 2011 dal Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;

uditi gli Avv.ti Or. Bi. Te. , per parte ricorrente, e Cl. Co. , per parte resistente;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso proposto ai sensi dell'articolo 1168 c.c., depositato dinanzi al Pretore di Roma, RA.Fr. evocava in giudizio DE. LI. Ri. e GH.Fr. e premesso di avere acquistato la nuda proprieta' di immobile sito in (OMESSO) da De. Li.Am. , con atto notarile del (OMESSO), consolidatoci possesso alla morte del De. Li. , chiedeva di essere reintegrato nel possesso del bene di cui DE. LI.Ri. rivendicava la proprieta' quale erede del de cuius, tanto da avere concluso contratto di locazione con la GH. , cedendole una stanza.

Instauratosi il contraddittorio, nella resistenza delle convenute, il giudice unico del Tribunale adito (gia' Pretore), accoglieva parzialmente la domanda reintegrando il ricorrente nel compossesso dell'appartamento.

In virtu' di rituale appello interposto dal RA. , con il quale lamentava che il giudice di prime cure avesse riconosciuto il solo compossesso dell'immobile, la Corte di appello di Roma, nella resistenza delle appellate, le quali proponevano anche appello incidentale, rigettava il gravame principale e in accoglimento di quello incidentale, respingeva la domanda proposta dal ricorrente.

A sostegno dell'adottata sentenza la corte distrettuale evidenziava che dalle prove raccolte emergeva che la presenza della GH. era da collocare in epoca antecedente al decesso di De. Li. Am. e che l'appellante non aveva mai conseguito il possesso dell'immobile, per cui pur dovendosi ritenere irrilevanti nell'instaurato giudizio possessorio i profili petitori relativi a pretesi diritti ereditari vantati dall'appellata DE. LI. , nessuna tutela possessoria poteva essere prestata all'appellante in difetto dei presupposti, ossia l'avere subito uno spoglio violento o clandestino.

Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Roma ha proposto ricorso per cassazione il RA. , che risulta articolato su un unico motivo, al quale ha resistito la DE. LI. con controricorso, mentre la GH. non si e' costituita.

Il ricorrente ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con unico motivo il ricorrente lamenta l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione per non avere la corte distrettuale tenuto conto delle prove testimoniali da cui emergeva che egli aveva avuto modo di entrare nell'appartamento, delle volte anche insieme all'altra figlia del de cuius, dalla morte di quest'ultimo fino al momento in cui egli aveva trovato la serratura della porta di ingresso dell'appartamento sostituita. D'altro canto il ricorrente aveva conseguito automaticamente la piena proprieta' del bene al decesso del De. Li. , con tutte le facolta' ad essa connesse, quali il possesso dell'appartamento.

Il ricorso e' infondato.

Premesso che l'articolo 1140 c.c., definisce il possesso come un potere di fatto sulla cosa (corpus) che si manifesta in un'attivita' corrispondente all'esercizio della proprieta' o di altro diritto reale, accompagnata dall'hanimus rem sibi habendi, il potere sulla cosa presuppone il c.d. impossessamento, che si realizza innanzi tutto mediante apprensione materiale unilaterale.

Il possesso si puo' perdere per rinunzia mediante comportamenti concludenti, per subito spoglio o volontaria consegna, abbandono o perimento o restituzione della cosa (v. Cass. 7 gennaio 1992 n. 39).

Legittimato alla tutela possessoria, che dal punto di vista sostanziale, e' assoluta ed incondizionata erga omnes contro gli atti di spoglio e di molestia, e, dal punto di vista processuale, e' improntata ad estrema urgenza, e' soltanto il possessore o il detentore qualificato del bene.

Dunque pur vero che nel giudizio possessorio l'esame dei titoli e' consentito non gia' per pronunciare sui diritti che possono derivarne, ma solo ad colorandam possessionem, cioe' per trame elementi di convincimento sull'esistenza, le modalita' e i limiti del possesso o del compossesso.

Nella specie e' agevole osservare che la corte di merito ha ben considerato che quando taluno venda la sola nuda proprieta' di un proprio immobile, con cio' riservando per se' l'usufrutto, pur garantendone all'acquirente la liberta' da diritti di terzi, non corrisponde anche il trasferimento del possesso del bene medesimo.

Va precisato che con l'atto notarile del (OMESSO) RA. Fr. ha acquistato la proprieta' dell'immobile, rimasto l'usufrutto in capo ad De. Li.Am. , che gia' lo abitava, dunque senza alcuna immissione nella materiale disponibilita' dell'acquirente del bene, esercitato il diritto di ius possessonis dal venditore.

Infatti, puo' aversi il trasferimento della proprieta' disgiunto da quello del possesso, l'uno non implicando necessariamente l'altro (Cass. 4 marzo 1993 n. 2660; Cass. 11.10.89 n. 4057), anche se esso costituisce effetto naturale del contratto di compravendita (Cass. 11.1.08 n. 569, 28.8.93 n. 9134, 16.3.84 n. 1808, 4.8.77 n. 3504, 9.11.70 n. 2310, 17.8.68 n. 2854), ma puo' non verificarsi, ove risulti dimostrato, come nella specie, che il venditore non abbia trasferito il possesso del bene ceduto, mantenendo il diritto ad esercitare il diritto di jus possessionis.

La compravendita, infatti, nonche' contratto immediatamente traslativo della disponibilita' concreta della cosa; in essa il consenso non produce effetti reali sulla disponibilita' stessa, poiche' l'articolo 1476 c.c., considera la consegna della cosa venduta come oggetto di una specifica obbligazione del venditore derivante dalla conclusione del contratto (v. Cass. 18 marzo 1981 n. 1613). Correttamente, quindi, la Corte d'appello ha ritenuto, all'evidenza, non verificatesi la consegna nella specie, per non avere il venditore cessato di possedere contemporaneamente alla cessione dell'immobile, per cui doveva esserne offerta prova.

A tal fine non risulta provata dal ricorrente che l'intervenuta sostituzione delle chiavi della porta di ingresso dell'appartamento sia avvenuta ovvero sia avvenuta per sua iniziativa.

D'altro canto considerato che il RA. ha agito in sede possessoria e che, come piu' volte affermato dalla giurisprudenza di legittimita', il proprietario-possessore, spogliato dal possesso, il quale, anziche' avvalersi dell'azione petitoria di revindica, chieda la tutela in via interdettale, ha l'onere - incombente a qualunque possessore - di fornire la prova dello "ius possessionis", ossia dell'esercizio di un potere di fatto corrispondente all'esercizio del diritto di proprieta', per il che non e' sufficiente l'esibizione del titolo d'acquisto idoneo soltanto a rafforzare detta prova "ad colorandam possessionem" e non gia' a dimostrare il diritto di esercitare siffatto potere. Pertanto l'effettivo esercizio del potere di fatto sulle cose, che costituisce materia di onere probatorio per chi propone l'azione di manutenzione recuperatoria, non puo' desumersi dalla sola produzione del titolo da cui deriva il diritto di proprieta' o altro diritto reale, potendo tale produzione servire soltanto a deliberare la qualita' del possesso gia' accertato. Del pari l'acquirente di un immobile - il quale puo' sempre agire in via petitoria a tutela del suo diritto che assume violato - qualora voglia avvalersi delle azioni possessorie, e' tenuto, in caso di contestazione da parte del convenuto, a fornire la prova di un concreto esercizio del possesso, posto che la sola esibizione del titolo di acquisto e' idonea soltanto a rafforzare detta prova "ad colorandam possessionem" (in tali sensi, Cass. 23 marzo 2004 n. 5760).

Nulla di tutto cio' si e' nella specie verificato, alla stregua degli accertamenti di fatto eseguiti nell'opportuna sede.

Le spese di lite seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di Cassazione, che liquida in complessivi euro 2.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi.
 

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