E' legittima l'utilizzazione della cosa comune da parte del singolo condomino con modalità particolari e diverse rispetto alla sua normale destinazione, purché nel rispetto delle concorrenti utilizzazioni, attuali o potenziali, degli altri condomini

In tema di condominio, è legittimo, ai sensi dell'art. 1102 cod. civ., sia l'utilizzazione della cosa comune da parte del singolo condomino con modalità particolari e diverse rispetto alla sua normale destinazione, purché nel rispetto delle concorrenti utilizzazioni, attuali o potenziali, degli altri condomini, sia l'uso più intenso della cosa, purché non sia alterato il rapporto di equilibrio tra tutti i comproprietari, dovendosi a tal fine avere riguardo all'uso potenziale in relazione ai diritti di ciascuno. Pertanto, è illegittima la trasformazione - anche solo di una parte - del tetto dell'edificio in terrazza ad uso esclusivo del singolo condomino, risultando in tal modo alterata la originaria destinazione della cosa comune, sottratta all'utilizzazione da parte degli altri condomini. (Corte di Cassazione Sezione 2 Civile
Sentenza del 12 marzo 2007, n. 5753)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Mario SPADONE - Presidente -

Dott. Roberto Michele TRIOLA - Rel. Consigliere -

Dott. Salvatore BOGNANNI - Consigliere -

Dott. Luigi PICCIALLI - Consigliere -

Dott. Francesca TROMBETTA - Consigliere -

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Bl.Be., elettivamente domiciliato in Ro. via Sa. (...), presso lo studio dell'avvocato Gi.Ip., che lo difende unitamente all'avvocato Gi.Bu., giusta delega in atti;

- ricorrente -


contro

Pa.Lu., Ge.Gi., elettivamente domiciliati in Ro. Piazzale De.Pr. (...), presso lo studio dell'avvocato Re.Ma., che li difende unitamente all'avvocato Tu.Mo., giusta delega in atti;

- controricorrenti -

avverso la sentenza n. 399/03 della Corte d'Appello di Brescia, depositata il 15/05/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/01/07 dal Consigliere Dott. Roberto Michele TRIOLA;

udito l'Avvocato Ip.Gi., difensore del ricorrente che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Raffaele CENICCOLA che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato in data 26 febbraio 1986 Be.Bl., proprietario di una unità immobiliare in un fabbricato in Tr. conveniva davanti al Tribunale di Trento Lu.Pa. e Gi.Ge., proprietari di un'altra unità immobiliare nello stesso fabbricato, ivi compreso il sottotetto, dolendosi del fatto che i convenuti avessero trasformato la maggior parte del sottotetto parte in mansarda e la restante parte, pari a circa mq. 10, in terrazza, e chiedendo, in via subordinata, la condanna dei convenuti al pagamento della indennità di cui all'art. 1127 cod. civ., nel caso.

I convenuti, costituitisi, resistevano alle domande, che venivano rigettata dal Tribunale di Trento con sentenza in data 28 luglio 1994.

Be.Bl. proponeva appello e la Corte di appello di Trento, con sentenza in data 4 settembre 1997, riconoscere a Be.Bl. gli interessi legali sull'indennità di sopraelevazione a lui spettante, confermando nel resto la sentenza impugnata.

Con sentenza in data 10 maggio 2000 n. 5999 questa S.C. accoglieva il ricorso proposto da Be.Bl. in relazione al capo della sentenza impugnata, che aveva ravvisato nell'opera realizzata da Lu.Pa. e Gi.Ge. una sopraelevazione, designando la Corte di appello di Brescia quale giudice di rinvio.

Be.Bl. provvedeva alla riassunzione del giudizio e la Corte di appello di Brescia, con sentenza in data 15 marzo 2003, rigettava la domanda relativa al ripristino del tetto in base alla seguente motivazione:

Passando allora all'esame del merito, l'art. 1102 c.c. consente a ciascun comproprietario di servirsi della cosa comune purché non ne alteri la destinazione, cioè non incida sulla sostanza e struttura del bene comune, (nel caso del tetto, in modo da alterarne l'originaria ed unica funzione di copertura dell'edificio), e purché non impedisca agli altri condomini l'identico uso secondo il loro diritto. In altri termini il partecipante alla comunione può usare della cosa comune per un suo fine particolare, con la conseguente possibilità di ritrarre dal bene una utilità specifica aggiuntiva rispetto a quelle che vengono ricavate dagli altri, con il limite di non alterare la consistenza e la destinazione di esso, o di non impedire l'altrui pari uso. La nozione di pari uso della cosa comune cui fa riferimento l'art. 1102 c.c. non va intesa nel senso di uso identico e contemporaneo, dovendo ritenersi conferita dalla legge a ciascun partecipante alla comunione la facoltà di trarre dalla cosa comune la più intensa utilizzazione, a condizione che questa sia compatibile con i diritti degli altri, essendo i rapporti condominiali informati al principio di solidarietà il quale richiede un costante equilibrio fra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione. Ne consegue che qualora sia prevedibile che gli altri partecipanti alla comunione non faranno un pari uso della cosa comune la modifica apportata alla stèssa dal condomino deve ritenersi legittima, dal momento che in una materia in cui è prevista la massima espansione dell'uso il limite al godimento di ciascuno dei condomini è dato dagli interessi altrui, i quali pertanto costituiscono impedimento alla modifica solo se sia ragionevole prevedere che i loro titolari possano volere accrescere il pari uso cui hanno diritto (Cassazione civile sez. IX, 12 febbraio 1998, n. 1499).

Applicando i principi al caso concreto, occorre sottolineare che i coniugi Ge. sono proprietari esclusivi di tutto il sottotetto e che la porzione di tetto asportata è pari a 9 mq. su 150 mq. di estensione. Ne deriva che la destinazione di copertura del tetto non è modificata dall'asportazione di una minima porzione, svolgendo comunque la terrazza funzione di copertura, mentre nella valutazione della possibilità di pari uso degli altri comproprietari, secondo il loro diritto, non si può prescindere dal fatto che l'unico uso possibile del tetto per i proprietari del piano terra, sopra il quale insiste il piano primo ed il sottotetto in proprietà esclusiva dei convenuti in riassunzione, è quello di installarvi antenne o comignoli, o al massimo pannelli solari, ma non di soggiornarvi e nemmeno di aprire abbaini, non essendo proprietari del sottotetto, onde l'uso degli altri comproprietari non è minimamente compromesso dall'asportazione dei nove metri della falda a spiovente.

Ne deriva che la modifica apportata al tetto, consistita nel ricavare una vasca di 9 mq al limite dell'angolo sud ovest della casa, nemmeno visibile dalle fotografie allegate alla C.T.U., è pienamente legittima, non integrando una innovazione nel senso t previsto dall'art. 1120 c.c. ma un uso più intenso della cosa comune, consentito dall'art. 1102 c.c., in quanto non incompatibile con la sua destinazione naturale, in quanto non pregiudica la funzione di copertura, né lede i diritti degli altri condomini sul bene medesimo (cfr. Cass. sez. II, 12 febbraio 1998, n. 1498 sulla liceità dell'apertura di abbaini).

Contro tale decisione ha proposto ricorso per cassazione Be.Bl., con due motivi, illustrati da memoria.

Resistono con controricorso Gi.Ge. e Ro.Pa.

Motivi della decisione

Con i due motivi che, per la loro stretta connessione possono essere esaminati congiuntamente, in sostanza il ricorrente deduce che l'art. 1102 c.c. non consente una modificazione della natura di una parte di comune, con conseguente attrazione della stessa nella sfera di proprietà individuale (nella specie trasformazione di parte del sottotetto in terrazza a livello in uso escluso); né tale principio può essere derogato in relazione alla consistenza quantitativa di tale modificazione.

Il ricorso è fondato.

La Corte di appello di Milano, infatti, invocando principi "affermati da questa S.C. in relazione all'uso più intenso delle parti comuni ad opera di alcuni condomini, non ha tenuto conto che, invece, si è sempre escluso che un condomino potesse trasformare il tetto in terrazza ad uso esclusivo, essendo in tal modo alterata la originaria destinazione della cosa comune, che viene sottratta all'utilizzazione da parte degli altri condomini (sent. 19 gennaio 2006 n. 972; 28 marzo 2001 n. 3369; 7 gennaio 1984 n. 101), anche quando tale trasformazione riguarda solo una parte del tetto (sent. 9 maggio 1983 n. 3199).

Dall'accoglimento del ricorso consegue la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio della causa, per un nuovo esame, ad altra sezione della Corte di appello di Brescia, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata, con rinvio, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte di appello di Brescia.

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