Il dirittodel vicino a chiudere le luci con il muro in aderenza deve trovare la propria ragione in una concreta utilità

Secondo la normativa vigente, il sacrifico de vicino di tenere luci nel muro e' subordinato all'effettiva erezione di una costruzione in appoggio o in aderenza del muro stesso, che pero' apporti una concreta utilita' a chi l'ha costruita: e' questa la sola condizione richiesta dall'articolo 904 c.c., comma 2, per sacrificare il diritto del vicino di tener le luci nel muro. (Corte di Cassazione Sezione 2 Civile
Sentenza del 20 luglio 2009, n. 16841)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonino - Presidente

Dott. MALZONE Ennio - Consigliere

Dott. SCHERILLO Giovanna - Consigliere

Dott. PICCIALLI Luigi - Consigliere

Dott. BURSESE Gaetano Antonio - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24672/2004 proposto da:

CA. CA. , SI. CA. , SI. AL. , elettivamente domiciliati in ROMA, VIA LUCRINO 18, presso lo studio dell'avvocato TOMASELLI SANTI, rappresentati e difesi dall'avvocato PASSANISI Vincenzo;

- ricorrenti -

contro

MO. RO. FL. , elettivamente domiciliata in ROMA, via SIMETO 26, presso lo stuolo dell'avvocato GARGALLO FILIPPO, rappresentata e difesa dall'avvocato PICCIONE Corrado;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 345/2004 della CORTE D'APPELLO di CATANIA, depositata il 19/04/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 10/06/2009 dal Consigliere Dott. GAETANO ANTONIO BURSESE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato in data 21.11.91 in cancelleria presso la Pretura Circondariale di Siracusa - sez. distac. di Augusta, Mo. Ro. Fl. , premesso di essere proprietaria di un immobile urbano a piu' piani sito in (OMESSO), sul cui muro di levante (del corpo scale interno) si apriva una finestra di luce prospettante sul limitrofo immobile di proprieta' dei coniugi S.A. e Ca.Ca. e che tale finestra era stata oggetto del regolamento di servitu' con atto pubblico stipulato con danti causa dei convenuti (rogito notaio Pandolfini del (OMESSO)), esponeva che questi ultimi, in occasione della sopraelevazione del loro limitrofo edificio, avevano chiuso, con un muro di contorno del nuovo terrazzo, la predetta finestra lucifera, in violazione del disposto di cui all'articolo 904 c.c.. Chiedeva quindi la ricorrente al Pretore adito la manutenzione del possesso, con l'ordine ai convenuti di cessazione di ogni turbativa e di ripristino dello stato dei luoghi mediante rimozione dell'occlusione della finestra in questione. Resistevano i convenuti rilevando che la lamentata chiusura della finestre era stata dai medesimi attuata iure proprietatis, sia con riguardo all'articolo 904 c.c., sia con riferimento alla menzionata convenzione di regolamento di servitu', in forza della quale era consentita la chiusura immediata della finestra stessa nel caso di sopraelevazione dell'attuale confinante loro casa.

Il giudice adito, all'esito dell'esperita istruttoria, con sentenza depos. in data 21.9.2001, ritenendo illegittima l'occlusione della finestra conseguente alla costruzione in aderenza del muro perimetrale esterno alla terrazza, che non poteva considerarsi quale sopraelevazione del proprio edificio, condannava i convenuti a ripristinare lo stato dei luoghi, eliminando l'occlusione in parola. La sentenza in questione era appellata dal Si. e dalla Ca. che proponevano numerose censure; si costituiva la Mo. chiedendo il rigetto dell'impugnazione. L'adita Corte d'Appello di Catania, con la sentenza n. 3324 depos. in data 19.4.2004, rigettava l'appello e confermava la decisione impugnata, argomentando che il muro di contorno de terrazzo costruito in aderenza alla finestra lucifera, non era giustificato - con riguardo, in specie, alla sua eccessiva altezza in corrispondenza dei confine con l'edificio dell'appellata - ai fini della sopraelevazione dell'edificio degli appellanti, da ragioni tecniche, ne' da motivi estetici, di talche' la sua costruzione integrava una turbativa del possesso dell'appellata.

Avverso la predetta sentenza, Ca.Ca. , nonche' Si. Ca. e Si.Al. , quali eredi di S.A. propongono ricorso per cassazione, fondato su 3 censure. Resiste l'intimata con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo del ricorso, i ricorrenti denunziano la violazione e falsa applicazione dell'articolo 1362 c.c., in relazione al contratto di servitu' volontaria ex articolo 1058 c.c., in quanto il regolamento pattizio di servitu', secondo il rogito Pandolfini del (OMESSO), consentirebbe il mantenimento solo temporaneo della finestra luce, fino a quando cioe' non si sarebbe proceduto alla sopraelevazione dell'edifico confinante.

La doglianza non e' fondata. Invero l'accertamento relativo alla qualifica di sopraelevazione del muro di contorno di cui trattasi e' rimesso all'apprezzamento del giudice di merito, come tale incensurabile in Cassazione ove adeguatamente motivato. In proposito il giudice a quo in effetti ha correttamente ritenuto che l'edificazione di tale muro, costruito in aderenza della preesistente finestra lucifera, in considerazione tra l'altro della sua eccessiva altezza (m. 2,50) non era giustificato ai fini della sopraelevazione dell'edificio, ne' da ragioni estetiche ne' da necessita' tecniche o funzionali, in modo tale che la sua costruzione poteva integrare un vera e propria turbativa del possesso della luce, in sostanza ha correttamente rilevato il giudice a quo, che "dagli elementi probatori acquisiti, risulta che la sopraelevazione dei convenuti (con la costruzione del relativo terrazzo di copertura) ben avrebbe potuto essere realizzata senza occludere la finestra dell'attrice, ossia mediante la costruzione di un muro di delimitazione dello terrazza di altezza inferiore alla detta finestra (e cio' soprattutto in corrispondenza del confini con l'attrice, ove la presenza della parete perimetrale dell'edificio di costei svolge gia' la funzione di parapetto protettivo)".

Al riguardo giova altresi' ribadire che, secondo la normativa vigente, il sacrifico de vicino di tenere luci nel muro e' subordinato all'effettiva erezione di una costruzione in appoggio o in aderenza del muro stesso, che pero' apporti una concreta utilita' a chi l'ha costruita: e' questa la sola condizione richiesta dall'articolo 904 c.c., comma 2, per sacrificare il diritto del vicino di tener le luci nel muro (Cass. n. 126 del 1.07.2004, Cass. 15442 del 4.12.2000).

Con il secondo motivo del ricorso, si denunzia a violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 191 c.p.c., per la mancata ammissione della CTU ai fini dell'accertamento "del carattere di continuita' morfologico - strutturale o comunque operativo - funzionale" del muro perimetrale di contorno della terrazza rispetto al corpo edificatorio risultante dall'avvenuta sopraelevazione della casa dei ricorrenti. Anche tale doglianza e' priva di pregio dal momento che tali richieste istruttorie sono state rigettate dal giudice con motivata ordinanza, trattandosi di valutazione di merito rimesse al suo prudente apprezzamento, come tale incensurabile in Cassazione in quanto adeguatamente motivato.

Con l'ulteriore motivo de ricorso, si denunzia la violazione e falsa applicazione dell'articolo 904 c.c., comma 1, e la falsa applicazione degli articoli 1168, 1170 e 1171 c.c., deducendo che la tutela possessoria delle luci non puo' essere invocata nel caso di specie in cui la loro chiusura e' consentita iure proprietatis ex articolo 904 c.c., u.c., e in forza del regolamento pattizio della servitu' stessa in caso di sopraelevazione.

Tale censura e' certamente priva di pregio e si richiamano a tal fine le considerazioni svolte con riferimento al primo motivo circa la possibilita' di esercitare in concreto il diritto di chiudere le luci. Invero l'esercizio della facolta' di erigere la costruzione in aderenza o in appoggio al muro su cui si apre la luce e' comunque subordinata all'accertamento (di mero fatto) che l'opera realizzata abbia comunque un'effettiva utilita' che escluda finalita' meramente emulative (v. Cass. n. 12016 del 2004).

Il ricorso e' dunque infondato e come tale dev'essere disatteso. Le spese processuali seguono la soccombenza sono poste a carico dei ricorrenti.

P.Q.M.

la Corte, rigetta ricorso e condanna i ricorrenti ai pagamento delle spese processuali che liquida in euro 1.200,00, di cui euro 1.000,00 per onorario, oltre spese ed accessori come per legge.

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