In caso di compossesso di un bene la parte che intende chiedere l'usucapione deve provare che il godimento esclusivo è stato tollerato dagli altri partecipanti

In tema di compossesso il godimento esclusivo della cosa comune da parte di uno dei compossessori non e', di per se', idoneo a far ritenere lo stato di fatto cosi' determinatosi funzionale all'esercizio del possesso "ad usucapione", e non anche, invece, conseguenza di un atteggiamento di mera tolleranza da parte dell'altro compossessore, risultando per converso necessario, ai fini dell'usucapione, la manifestazione del dominio esclusivo sulla "res" da parte dell'interessato attraverso una attivita' apertamente contrastante ed inoppugnabilmente incompatibile con il possesso altrui, gravando l'onere della relativa prova su colui che invochi l'avvenuta usucapione del bene, non essendo al riguardo sufficienti atti soltanto di gestione consentiti al singolo partecipante o anche atti familiarmente tollerati dagli altri, o ancora atti che, comportando solo il soddisfacimento di obblighi o l'erogazione di spese per il miglior godimento della cosa comune, non possono dare luogo ad una estensione del potere di fatto sulla cosa nella sfera di altro compossessore. (Corte di Cassazione Sezione 2 Civile
Sentenza del 27 luglio 2009, n. 17462)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MENSITIERI Alfredo - Presidente

Dott. ODDO Massimo - Consigliere

Dott. ATRIPALDI Umberto - Consigliere

Dott. MAZZACANE Vincenzo - rel. Consigliere

Dott. PETITTI Stefano - Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA

sul ricorso 21305/2004 proposto da:

SO. LU. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GORIZIA 22, presso lo studio dell'avvocato MOTTI BARSINI Giuseppe Ludovico, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato FOPPOLI LUCIA GERMANA;

- ricorrenti -

contro

CA. EL. , CA. SI. , SO. BE. , SO. OL. , SO. TE. , ZO. EB. , CA. GA. ;

- intimati -

sul ricorso 24306/2004 proposto da:

SO. OL. , ZO. EB. , CA. GA. , CA. EL. , CA. SI. , elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI GRACCHI 278, presso lo studio dell'avvocato SILVESTRI MASSIMO, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato LUCINI DONATO;

- ricorrenti -

contro

SO. LU. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GORIZIA 22, presso lo studio dell'avvocato MOTTI BARSINI GIUSEPPE LUDOVICO, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato FOPPOLI LUCIA GERMANA;

- controricorrente -

e contro

SO. BE. , SO. TE. ;

- intimati -

avverso la sentenza n. 179/2004 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 23/01/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 18/03/2009 dal Consigliere Dott. VINCENZO MAZZACANE;

udito l'Avvocato MOTTI Borsini G. Ludovico, difensore del ricorrente che si riporta agli atti;

udito l'Avvocato LUCINI Donato difensore del resistente che si' riporta agli atti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso previa riunione il rigetto di entrambi i ricorsi.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 26.5.1989 So. Te. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Sondrio So. Lu. , So.Be. , So.Ol. , Zo.Eb. , Ca. An. e Ca.Ga. esponendo che nel (OMESSO) si era aperta la successione di So.Gi. Ba. il quale aveva lasciato eredi i propri figli Gi. Ba. , Ca. , Lu. , Te. , Ol. , Ma. , M. , Id. , Be. , Pi. e la moglie Mu.Ma. Ma. ; aggiungeva che erano premorti alla madre i figli M. , Ma. , Pi. e Id. , lasciando eredi legittimi la madre, i fratelli germani Gi. Ba. , Lu. , Be. , Ol. e Te. nonche' i figli di Zo.Eb. , Ca.An. e Ca. Ga. ; che nel (OMESSO) si era aperta la successione di Mu. Ma. Ma. la quale aveva lasciato eredi legittimi i propri figli Gi. Ba. , Lu. , Be. , Ol. , Te. e i nipoti An. e Ca.Ga. , e che il (OMESSO) si era aperta in (OMESSO) la successione di Gi. Ba. ju. il quale aveva lasciato eredi legittimi i fratelli Lu. , Be. , Ol. e Te. ed i nipoti Ga. ed Ca.An. .

L'attrice esponeva che nelle successioni in questione erano caduti beni immobili siti in Comune di (OMESSO) mentre nella successione di Gi. Ba. ju. erano caduti anche un'azienda agricola con le relative scorte, attrezzature e bestiame, depositi bancari e conti correnti assicurati nonche' somme di denaro rappresentanti il risarcimento del danno alla persona a seguito di due incidenti stradali; chiedeva pertanto accertarsi l'entita' e la consistenza della massa ereditaria indivisa disponendo quindi l'assegnazione.

Si costituivano in giudizio So.Ol. , Zo.Eb. , Ga. e Ca.An. Ma. non opponendosi alla divisione per le quote di competenza; si costituivano in giudizio altresi' Lu. e So.Be. non opponendosi alla divisione e chiedendo la determinazione delle proprie quote con l'inserimento di crediti ancora esistenti nei confronti del defunto e degli altri eredi.

Il Tribunale adito con sentenza del 24.6.1999 approvava il progetto divisionale predisposto dal C.T.U. dichiarandolo esecutivo e determinando il conguaglio dovuto da So.Lu. in lire 3.001.194 maggiorato, insieme agli altri conguagli previsti dal progetto, della rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT dalla data di apertura della successione alla data del deposito della sentenza.

Proposto gravame da parte di So.Lu. resistevano in giudizio le altre parti tra le quali So.Ol. , Zo.Eb. , Ca.Ga. ed Ca.An. Ma. che proponevano altresi' appello incidentale.

Con sentenza del 23.1.2004 la Corte di Appello di Milano, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha disposto l'aumento del conguaglio dovuto da So.Lu. e degli altri conguagli determinati dal Tribunale di Sondrio secondo gli indici ISTAT dalla data del deposito della C.T.U. di primo grado.

Per la cassazione di tale sentenza So.Lu. ha proposto un ricorso articolato in sette motivi cui So.Ol. , Zo. Eb. , Ca.Ga. , Ca.El. e Ca. Si. (questi ultimi due quali eredi di Ca.An. ) hanno resistito con controricorso proponendo altresi' un ricorso incidentale affidato ad un unico motivo cui il ricorrente principale ha resistito con controricorso; So.Be. e So.Te. non hanno svolto attivita' difensiva in questa sede.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente occorre disporre la riunione dei ricorsi in quanto proposti contro la stessa sentenza.

Si procede anzitutto per ragioni di priorita' logico - giuridiche all'esame dell'unico motivo del ricorso incidentale con il quale, deducendo violazione degli articoli 36, 167, 189 e 345 c.p.c., So. Ol. , Zo.Eb. , Ga. , El. e Ca. Si. censurano la sentenza impugnata per aver ritenuto ammissibile la domanda di usucapione formulata dalla controparte soltanto dopo il deposito della C.T.U.; essi rilevano che invece tale domanda era nuova e come tale inammissibile in quanto non proposta con la comparsa di risposta del (OMESSO), e che d'altra parte So. Lu. non poteva ignorare che anche i beni di cui aveva rivendicato la sua esclusiva proprieta' erano intestati al "de cuius" con la conseguenza che il C.T.U. li avrebbe inseriti tra quelli caduti in successione.

La censura e' infondata.

La Corte territoriale ha rilevato l'ammissibilita' della questione sollevata da So.Lu. dell'affermata proprieta' esclusiva in suo favore per usucapione di due fabbricati e di una cascina solo all'esito del deposito della C.T.U., che invero aveva incluso nella comunione ereditaria e nel relativo progetto di divisione tali immobili di cui egli si riteneva unico proprietario; in proposito ha rilevato che, poiche' So.Lu. solo da tale deposito era stato messo nelle condizioni di eccepire la sua proprieta' in ordine ai beni a suo dire erroneamente inclusi nel progetto divisionale, tale eccezione non era soggetta al regime processuale della domanda riconvenzionale, non potendosi negare ai partecipanti alla comunione di far valere la mancanza o il diverso contenuto del diritto di divisione.

A tali condivisibili argomentazioni deve aggiungersi che, pur volendo qualificare la pretesa introdotta da So.Lu. dopo il deposito della C.T.U. come domanda riconvenzionale di usucapione, non si giungerebbe a conclusioni diverse; invero deve considerarsi che alla fattispecie si applica "ratione temporis" la vecchia formulazione dell'articolo 167 c.p.c., e che non solo non e' stato dedotto che in relazione alla suddetta domanda riconvenzionale gli attuali ricorrenti incidentali ne avessero eccepito la inammissibilita', ma che anzi dalla narrativa del ricorso incidentale emerge che essi avevano accettato tacitamente il contraddittorio in merito, essendo sorte contestazioni tra le parti in ordine al progetto divisionale (vedi pag. 2 del controricorso e del ricorso incidentale), con conseguente preclusione, a seguito di tale comportamento processuale incompatibile con la volonta' di opporsi alla introduzione della domanda riconvenzionale, dell'eccezione relativa alla sua inammissibilita' (vedi al riguardo Cass. 27.3.1990 n. 2478).

Venendo quindi all'esame del ricorso principale, si rileva che con il primo motivo, deducendo violazione degli articoli 934, 952, 1003, 1102 e 1111 c.c., e difetto di motivazione, So.Lu. assume che il Giudice di Appello non ha prestato attenzione alla circostanza che i fratelli Lu. e So.Gi. Ba. ju. , dopo aver acquistato due terreni in comunione tra loro per quote paritarie, avevano concordato di erigere su di essi due edifici e, all'esito di tale realizzazione, di procedere ad una amichevole divisione degli immobili ratificata con le intestazioni catastali, intendendo cosi' derogare alla disciplina legale dell'accessione.

La censura e' inammissibile.

Invero, poiche' la questione sollevata non risulta trattata nella sentenza impugnata, il ricorrente principale, al fine di evitare una statuizione di inammissibilita' della censura in quanto nuova, aveva l'onere, in realta' non assolto, di allegare l'avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, indicando altresi' in quale atto del giudizio precedente lo avesse fatto onde consentire a questa Corte di controllare "ex actis" la veridicita' di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa.

Con il secondo motivo il ricorrente principale, denunciando violazione dell'articolo 1158 c.c., censura la sentenza impugnata per non aver riconosciuto l'esponente proprietario per usucapione della quota pari alla meta' degli immobili a lui intestati catastalmente per l'intera proprieta' avendone avuto il possesso esclusivo et "animo domini" per il periodo previsto dalla legge; premesso che l'eccezione di usucapione non doveva essere riferita a tutti i mappali e subalterni, come erroneamente ritenuto dalla Corte territoriale, ma solo a quelli intestati a suo nome nei documenti catastali per la quota di So.Lu. sostiene di aver goduto tali beni in modo inconciliabile con il godimento di essi da parte del fratello Gi. Ba. ju. e, dopo la sua morte, da parte dei suoi eredi.

Con il terzo motivo il ricorrente principale, deducendo violazione dell'articolo 232 c.p.c., sostiene che gli elementi utili a provare l'acquisto in suo favore dei suddetti immobili per usucapione erano emersi dalle stesse affermazioni rese dalle controparti in sede di interrogatorio formale (e, per quanto riguarda So.Te. , dalla sua mancata comparizione per rendere l'interrogatorio formale), avendo esse riconosciuto la costruzione dei fabbricati ad opera di So.Lu. ed il "loro esclusivo godimento separato".

Con il quarto motivo il ricorrente principale, deducendo violazione e falsa applicazione dell'articolo 1159 c.c., censura la sentenza impugnata per non aver riconosciuto il proprio acquisto per usucapione nemmeno con riferimento al fabbricato rurale eretto a cura e spese sue e del fratello Gi. Ba. ju. , e da essi soltanto sempre utilizzato per la loro attivita' agricola.

Le enunciate censure, da esaminare contestualmente in quanto connesse, sono infondate.

La Corte territoriale sulla base degli elementi probatori acquisiti ed in particolare della prova testimoniale ammessa ed espletata nel giudizio di appello ha ritenuto che non era risultato in modo univoco e sufficientemente preciso che So.Lu. avesse avuto l'autonomo ed esclusivo godimento dei beni comuni di cui pretendeva di essere divenuto proprietario per l'intero, con riferimento sia ai due fabbricati che alla cascina; piu' in particolare ha affermato che il fatto che So.Lu. aveva eseguito lavori di ristrutturazione e di riparazione probabilmente a proprie spese su uno degli immobili per cui e' causa (secondo la deposizione della teste Ru. , coniuge dell'appellante), oppure che lo stesso, insieme con So.Be. , dopo un incendio, aveva provveduto a far eseguire sulla parte di immobile da loro abitato lavori di rifacimento dell'impianto idraulico, presentando domanda in Comune per ottenere l'autorizzazione necessaria per tali opere (secondo quanto riferito dai testi Am. e R. ), non costituivano elementi sufficienti ai fini della prova dell'usucapione, non rivelando un possesso esclusivo incompatibile con il permanere del compossesso altrui.

Tale convincimento e' condivisibile in quanto conforme all'orientamento consolidato di questa Corte secondo cui in tema di compossesso il godimento esclusivo della cosa comune da parte di uno dei compossessori non e', di per se', idoneo a far ritenere lo stato di fatto cosi' determinatosi funzionale all'esercizio del possesso "ad usucapione", e non anche, invece, conseguenza di un atteggiamento di mera tolleranza da parte dell'altro compossessore, risultando per converso necessario, ai fini dell'usucapione, la manifestazione del dominio esclusivo sulla "res" da parte dell'interessato attraverso una attivita' apertamente contrastante ed inoppugnabilmente incompatibile con il possesso altrui, gravando l'onere della relativa prova su colui che invochi l'avvenuta usucapione del bene (vedi "ex multis" Cass. 18.2.1999 n. 1367; Cass. 15.6.2001 n. 8152; Cass. 20.9.2007 n. 19478), non essendo al riguardo sufficienti atti soltanto di gestione consentiti al singolo partecipante o anche atti familiarmente tollerati dagli altri, o ancora atti che, comportando solo il soddisfacimento di obblighi o l'erogazione di spese per il miglior godimento della cosa comune, non possono dare luogo ad una estensione del potere di fatto sulla cosa nella sfera di altro compossessore (Cass. 11,8.2005 n. 16841).

Alla luce di tale orientamento e' evidente l'irrilevanza delle circostanze addotte a sostegno della propria tesi da parte del ricorrente principale, posto che il godimento esclusivo dei beni in questione da parte di So.Lu. o i lavori da quest'ultimo asseritamente eseguiti su tali immobili non comportano di per se' una situazione oggettivamente incompatibile con il possesso altrui.

Con il quinto motivo il ricorrente principale, deducendo violazione dell'articolo 936 c.c., ed omessa pronuncia su di un punto decisivo della controversia, censura la sentenza impugnata per aver taciuto sul diritto dell'esponente ad ottenere un indennizzo ai sensi della norma citata da parte dei proprietari del suolo sul quale Lu. e So.Gi. Ba. ju. avevano realizzato con denaro loro un fabbricato rurale. La censura e' inammissibile.

Invero, poiche' la questione sollevata non risulta trattata nella sentenza impugnata, il ricorrente principale, al fine di evitare una statuizione di inammissibilita' della censura in quanto nuova, aveva l'onere, in realta' non assolto, di allegare l'avvenuta deduzione della questione dinanzi al Giudice di merito indicando altresi' in quale atto del giudizio precedente lo avesse fatto onde consentire a questa Corte di controllare "ex actis" la veridicita' di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa.

Con il sesto motivo il ricorrente principale, deducendo violazione dell'articolo 784 c.p.c. e articolo 2686 c.c., assume che la sentenza impugnata, nel confermare la decisione di primo grado in ordine alla approvazione del progetto divisionale predisposto dal C.T.U., ha trascurato di rilevare che in tale progetto risultava tra i condividenti Ca.An. Ma. , alla quale dopo il suo decesso erano subentrati i suoi eredi; orbene tale circostanza, determinando l'acquisizione della quota ereditaria gia' spettante ad Ca. An. Ma. " a persona diversa, in misura diversa", ha comportato la necessita' di una modifica del progetto divisionale per consentire la futura trascrizione ed intestazione delle porzioni ai nuovi condividenti.

La censura e' infondata.

Il decesso di Ca.An. Ma. non ha inciso in alcun modo sul progetto divisionale approvato, posto che l'entita' della sua quota rispetto agli altri condividenti non ha ovviamente subito alcuna modifica per effetto della sua morte, e che tale evento ha avuto rilevanza solo per gli eredi di Ca.An. Ma. , subentrati alla quota di cui era titolare la "de cuius" nei limiti delle rispettive quote ereditarie.

Con il settimo motivo il ricorrente principale, deducendo omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia, assume che la sentenza impugnata, nel riconoscere la sussistenza di alcuni crediti dell'esponente nei confronti della massa ereditaria, ha ignorato l'esistenza di altri crediti, tutti non contestati e documentalmente provati, riconducibili alla chiusura del conto di Gi. Ba. ju. ed alle spese funerarie e per lavori edili, oltre al credito equivalente al valore del fabbricato rurale.

La censura e' infondata.

Il Giudice di Appello, con riferimento ai crediti vantati dall'appellante principale verso gli altri coeredi, ha confermato la sentenza di primo grado che, basandosi sulle risultanze della C.T.U., aveva osservato che nella determinazione delle quote erano stati tenuti nel debito conto i rilievi di So.Lu. nella valutazione degli immobili.

Orbene alla luce di tale statuizione, non oggetto di specifica censura, il motivo di ricorso si manifesta insanabilmente generico, non. essendo stato chiarito in quali forme e modalita' concrete la sussistenza dei pretesi crediti invocati in questa sede fosse stata dedotta e provata dinanzi al Giudice di merito.

Quanto infine al credito relativo al valore del fabbricato rurale, si richiamano le considerazioni gia' svolte in occasione dell'esame del quinto motivo del ricorso principale.

Anche il ricorso principale deve quindi essere rigettato.

Ricorrono giusti motivi, avendo riguardo all'esito della controversia, per compensare interamente tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, li rigetta entrambi e compensa interamente tra le parti le spese di giudizio.

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