In caso di consegna del bene al momento del preliminare di vendita, il promittente ha la detenzione e non il possesso

Nella promessa di vendita, quando viene convenuta la consegna del bene prima della stipula del contratto definitivo, non si verifica un’anticipazione degli effetti traslativi, in quanto la disponibilità conseguita dal promissario acquirente si fonda sull’esistenza di un contratto di comodato funzionalmente collegato al contratto preliminare, produttivo di effetti meramente obbligatori. Pertanto la relazione con la cosa, da parte del promissario acquirente, è qualificabile esclusivamente come detenzione qualificata e non come possesso utile ad usucapionem, salvo dimostrazione dell’intervenuta interversio possessionis nei modi previsti dall’art. 1141 c.c..

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 29 gennaio 2015, n. 1670



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Luigi - Presidente

Dott. CORRENTI Vincenzo - Consigliere

Dott. ORICCHIO Antonio - Consigliere

Dott. FALASCHI Milena - rel. Consigliere

Dott. ABETE Luigi - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 3128/09) proposto da:

(OMISSIS), rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dall'Avv.to (OMISSIS) del foro di (OMISSIS) ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in (OMISSIS);

- ricorrente -

contro

(OMISSIS), rappresentato e difeso dagli Avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS) del foro di (OMISSIS), in virtu' di procura speciale apposta in calce al controricorso, ed elettivamente domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione in Roma, piazza Cavour n. 1;

- controricorrente -

avverso la sentenza della Corte d'appello di Roma n. 4093 depositata il 15 ottobre 2008 e notificata il 25 novembre 2008.

Udita la relazione della causa svolta nell'udienza pubblica del 2 ottobre 2014 dal Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;

udito l'Avv.to (OMISSIS), per parte ricorrente;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Patrone Ignazio Juanito, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 22 dicembre 2000 (OMISSIS) evocava, dinanzi al Tribunale di Roma, (OMISSIS) esponendo di possedere uti dominus ed ininterrottamente dal 1966 l'appartamento sito in (OMISSIS), formalmente intestato al convenuto, in forza di atto di acquisto del 28.6.1984, allorche' suo marito, (OMISSIS) era stato immesso nel possesso dell'immobile in virtu' di contratto preliminare stipulato in data 3.2.1966 fra lo stesso (OMISSIS) e l'allora proprietaria, la soc. Immobiliare Laurentina Domus, per cui chiedeva che venisse dichiarato l'acquisto in suo favore del bene de quo per intervenuta usucapione.

Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, il quale chiedeva in riconvenzionale la condanna dell'attrice al rilascio immediato dell'appartamento, oltre al pagamento di una indennita' per l'occupazione ed il rimborso degli importi versati per oneri condominiali ed ICI, il giudice adito, respingeva la domanda attorca e in parziale accoglimento della riconvenzionale, condannava la predetta al rilascio dell'immobile, respingendo le ulteriori istanze.

In virtu' di rituale appello interposto dalla (OMISSIS), con il quale si doleva della qualificazione data dal giudice di prime cure al suo possesso, la Corte di appello di Roma, nella resistenza dell'appellato, rigettava il gravame e per l'effetto confermava la decisione di primo grado.

A sostegno della decisione adottata la corte territoriale - premesso che la pronuncia adottata dal Pretore di Roma nell'ambito di un procedimento possessorio non poteva fare stato nel presente giudizio, in cui si controverteva di una questione avente natura petitoria - evidenziava che si doveva ritenere riconosciuto dalla stessa appellante che l'immissione in possesso del coniuge era avvenuta a seguito di stipula di preliminare di compravendita, per cui non essendosi verificato ancora l'effetto traslativo, la situazione doveva qualificarsi di mera detenzione. Ne' poteva ritenersi intervenuta l'interversione del possesso a seguito di vendita del bene dalla originaria proprietaria alla (OMISSIS), mancando nell'atto pubblico del 6.8.1973 ogni manifestazione di volonta' dell'appellante diretta ad esternare ai legittimi proprietari la sua volonta' di possedere l'immobile non piu' in forza di preliminare di vendita, ma uti dominus. Animus possidendi che non era desumibile neanche nell'atto di donazione dell'immobile effettuato da (OMISSIS) in favore della moglie, la quale per cio' solo aveva continuato ad occuparlo in qualita' di mera detentrice; inoltre la pretesa dell'appellato di ricevere un'indennita' non costituiva riconoscimento di un possesso utile ai fini dell'usucapione, essendo all'uopo sufficiente la mera detenzione. Infine riteneva che le prove articolate non apportavano alcun nuovo elemento di giudizio, in quanto i capitoli 1 e 2 tendevano alla dimostrazione di atti che necessitavano di prova scritta, quale il preliminare di compravendita e la donazione di immobile, mentre il terzo capitolo atteneva a mera valutazione soggettiva.

Avverso la indicata sentenza della Corte di appello di Roma ha proposto ricorso per cassazione la (OMISSIS), sulla base di due motivi, cui ha replicato il (OMISSIS) con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La controversia concerne un appartamento che la ricorrente asserisce di aver goduto sin dal tempo della sua edificazione in virtu' di contratto, definito preliminare, nell'atto introduttivo del primo grado, e poi qualificato come definitivo, in appello, stipulato il 3.2.1966. Detto immobile - sito in via (OMISSIS) - che risulta dai Registri Immobiliari di proprieta' del (OMISSIS) per acquisto fattone con atto pubblico del 28.6.1984, secondo la sentenza impugnata, a conferma di quella di primo grado, e' stato nel godimento della ricorrente a titolo di detenzione, per essere la dazione avvenuta a seguito di sottoscrizione, da parte del suo dante causa, il coniuge (OMISSIS), con la societa' costruttrice, la (OMISSIS), di contratto preliminare di compravendita, come dalla stessa riconosciuto.

Tanto chiarito, con il primo motivo la ricorrente lamenta omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su documenti indispensabili ai fini del decidere per avere la corte di merito ritenuto che il dante causa dell'appellante era entrato nel possesso dell'immobile a seguito di stipula di preliminare di compravendita e non gia' di compravendita definitiva, per cui non vi era stato l'effetto traslativo della proprieta', senza tenere conto di n. 5 documenti indispensabili, specificamente indicati nell'udienza del 17.11.2005 come depositati nel giudizio di appello. Prosegue la ricorrente che i quattro documenti depositati - rappresentanti comunicazioni bancarie del (OMISSIS) a (OMISSIS) del 1.7.1977, 22.7.1977, 25.8.1977 e 12.10.1977 - costituirebbero dimostrazione della circostanza che il marito aveva contratto un mutuo per il pagamento della casa di (OMISSIS), con cio' avvalorando l'assunto che si sarebbe trattato non gia' di preliminare di compravendita ma di contratto definitivo di compravendita, come tale traslativo della proprieta' e del possesso uti dominus. Aggiunge che il contratto di compravendita era andato perduto in un incendio, ma il cui contenuto era possibile ricostruire dalle dichiarazione dello stipulante, (OMISSIS), rilasciate e trascritte al verbale di udienza del 16.12.2004, il quale aveva affermato che il corrispettivo per l'acquisto dell'appartamento, al prezzo complessivo di lire 5.000.000, era avvenuto quanto a lire 3.000.000 in contanti e quanto a lire 2.000.000 a mezzo di mutuo bancario. A conclusione del mezzo la ricorrente formula il seguente quesito di fatto: "Dica la Corte di Cassazione se, vertendosi in tema di acquisto della proprieta' per usucapione, il giudice di merito ha il dovere di valutare e motivare su documenti allegati al giudizio di appello siccome indispensabili ai fini dell'adeguata valutazione della situazione di fatto indispensabile ai fini del decidere, comprovanti l'esistenza di mutuo bancario a carico dell'acquirente sull'immobile oggetto della controversia e quindi la qualificazione di compravendita traslativa della proprieta' del contratto da cui origina il possesso nonche' il momento iniziale del possesso, con conseguente implicazione della sussistenza in capo all'acquirente e alla di lui moglie del possesso uti dominus, come tale valido per il riconoscimento dell'acquisto della proprieta' per usucapione. E se conseguentemente rappresenti omissione di motivazione la mancanza nella decisione di merito di ogni riferimento alla detta produzione documentale, anche al solo fine di ritenerne la non indispensabilita', omissione denotante la mancanza o insufficienza di esame della situazione di fatto".

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione per avere la corte di merito del tutto omesso di considerare e valutare l'inesistenza agli atti del giudizio dell'atto di compravendita del 6.2.1966 intervenuto fra (OMISSIS) e la (OMISSIS), per cui la valutazione del dedotto contratto, preliminare ovvero definitivo, e' avvenuta sulla base del nomen iuris dato da parte ricorrente. Il giudice del gravame, inoltre, ha trascurato di esaminare ed omesso di motivare sull'atto di compravendita del 6.8.1973, ossia sulla circostanza che esso sia intervenuto nel momento in cui (OMISSIS) ancora stava pagando il mutuo per lo stesso immobile; ancora, che l'indennita' di occupazione era stata richiesta alla (OMISSIS) per la prima volta con la domanda riconvenzionale formulata in primo grado sul presupposto che la situazione si fosse protratta per oltre trenta anni, con cio' valorizzando l'esito del giudizio possessorio, la cui decisione, seppure assunta ultra-petita, era comunque passata in giudicato. A corollario del mezzo viene formulato il seguente quesito di fatto: "Dica la Corte di Cassazione se, vertendosi in tema di usucapione di immobile, e' dovere della Corte di merito esaminare la questione di fatto attraverso l'approfondito esame di tutte le risultanze processuali ai fini della valutazione del comportamento delle parti e della necessarieta' o meno della sussistenza della interversione; e se sia censurabile per omissione, insufficienza o contraddittorieta' della motivazione la decisione di merito che abbia del tutto trascurato o insufficientemente esaminato la questione di fatto".

Le censure - da esaminare congiuntamente in quanto attinenti la medesima questione della qualificazione della relazione esistente fra la ricorrente e l'immobile in questione - non possono trovare ingresso.

Premesso che e Sezioni Unite (Cass. n. 7930 del 2008) hanno stabilito che "Nella promessa di vendita, quando viene convenuta la consegna del bene prima della stipula del contratto definitivo, non si verifica un'anticipazione degli effetti traslativi, in quanto la disponibilita' conseguita dal promissario acquirente si fonda sull'esistenza di un contratto di comodato funzionalmente collegato al contratto preliminare, produttivo di effetti meramente obbligatori. Pertanto la relazione con la cosa, da parte del promissario acquirente, e' qualificabile esclusivamente come detenzione qualificata e non come possesso utile ad usucapionem, salvo la dimostrazione di un'intervenuta "interversio possessionis" nei modi previsti dall'articolo1141 c.c.", come ineccepibilmente affermato dalla Corte di appello, che ha negato la configurabilita' del possesso in capo al coniuge della ricorrente, in cio' richiamando le stesse affermazioni della (OMISSIS) contenute nell'originario atto di citazione, osserva il Collegio che agli atti non risulta mai essere stata prodotta la scrittura privata del 3 febbraio 1966, che si assume perduta in un incendio.

La questione centrale della controversia, dunque, riguarda l'esistenza ed il contenuto della predetta scrittura privata di (preliminare di) compravendita immobiliare (intercorsa appunto tra (OMISSIS) e la societa' (OMISSIS)), posta a fondamento della domanda giudiziale proposta dalla odierna ricorrente al fine di comprovare l'esistenza del suo buon diritto a godere dell'appartamento uti dominus, inesistente il contrapposto diritto di colui che - a suo avviso - risulterebbe essere solo intestatario del bene.

E' incontestato che nessuna scrittura privata risulta essere stata prodotta dall'attrice, la quale ha dedotto di averla perduta in un incendio, ragione per la quale aveva articolato una serie di richieste di ammissione di prova per testi, al fine di dimostrare che il contenuto della scrittura di compravendita era nel senso dell'intervenuto effetto traslativo del bene, nonche', nel giudizio di appello, l'istanza di acquisizione di n. 5 documenti rappresentanti comunicazioni bancarie del (OMISSIS) rilasciate a (OMISSIS) il 1.7.1977, il 22.7.1977, il 25.8.1977 ed il 12.10.1977, che a suo avviso dimostrerebbero la stipula da parte del suo dante causa di un mutuo bancario per il pagamento del prezzo dell'abitazione, tutte rimaste, tuttavia, senza esito. La ricorrente - pur riconoscendo che, legittimamente, la Corte territoriale non aveva potuto esaminare la suddetta scrittura - ha, pero', inteso censurare la sentenza del giudice di appello con riferimento alla ritenuta (implicita) irrilevanza della documentazione prodotta in appello ovvero inammissibilita' della prova testimoniale dedotta nell'interesse dell'appellante, odierna ricorrente, e all'insufficiente percorso motivazionale adottato in proposito, non avendo indagato sulla ricorrenza o meno di ipotesi equiparabili allo smarrimento incolpevole.

Rileva, invero, il collegio che la Corte di appello di Roma, nell'escludere l'ammissibilita' della prova orale richiesta dalla odierna ricorrente, ha basato la sua decisione su un condivisibile principio giuridico, affermato anche dalla piu' recente giurisprudenza di questa Corte. Risulta, infatti, sufficientemente affermato nella sentenza impugnata che, nel caso di specie, non si sarebbe potuta considerare ricorrere l'ipotesi prevista dal citato articolo 2724 c.c., n. 3) dal momento che non risultava neanche dedotta la prova del caso fortuito o della forza maggiore che aveva determinato la perdita della scrittura.

Come gia' evidenziato, nella fattispecie, il titolo costitutivo del diritto di proprieta' avrebbe dovuto essere concluso con la forma scritta "ad substantiam" (ai sensi dell'articolo 1350 c.c.), con la conseguenza che, in tal caso, l'unica eccezione al limite di ammissibilita' della prova per testi si sarebbe dovuta ricondurre all'ipotesi specificata, appunto, nell'articolo 2724 c.c., n. 3, ovvero al caso dell'incolpevole smarrimento del documento comprovante il titolo (per i cui presupposti e relativi oneri probatori cfr. Cass, n. 43 del 1998 e Cass. n. 26155 del 2006). Ma, avendo la stessa ricorrente dichiarato - nell'atto di citazione del giudizio di primo grado - trattarsi di contratto preliminare di compravendita e in assenza di articolazione di prove comprovanti la incolpevole perdita, in via logica e' conseguente l'inapplicabilita' della suddetta eccezione relativa all'ammissibilita' della prova testimoniale.

Infatti, posto che (v. Cass. n. 8611 del 1998), in generale, quando la legge stabilisce per un determinato contratto la forma scritta "ad substantiam" (come, nella specie, contratto di trasferimento della proprieta' immobiliare), alla mancata produzione in giudizio del documento non puo' supplire la prova testimoniale, ostandovi il disposto espresso dell'articolo2725 c.c., salva l'ipotesi della perdita incolpevole del documento costitutivo di quel diritto, essendo volta in tal caso la prova per testimoni alla ricostruzione del documento, la Corte territoriale, nel ritenere insussistente quest'ultima ipotesi, ha osservato che non era stata offerta alcuna prova al riguardo, per cui non ricorre nella specie l'ipotesi disciplinata dall'articolo 2724 c.c., n. 3, la conseguenza era la esclusione di ogni deroga al divieto della prova testimoniale ai sensi dell'articolo 2725 c.c..

A questi principi si e' esattamente uniformata la Corte capitolina che ha, percio', correttamente escluso che la situazione determinatasi nel caso di specie potesse essere equiparata allo smarrimento incolpevole del documento, tale da legittimare la configurazione dell'ipotesi riconducibile all'articolo 2724 c.c., n. 3).

Eguali considerazioni valgono anche quanto alla (mancata) valutazione della documentazione bancaria, allegata dall'appellante, odierna ricorrente, in appello.

In definitiva, alla stregua delle complessive ragioni esposte, il ricorso deve essere integralmente respinto, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, rigetta I ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di Cassazione, che liquida in complessivi euro 2.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre a spese forfettarie ed accessori come per legge.
 

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