In caso di mancato rispetto del vincolo di destinazione a parcheggio gli acquirenti degli immobili possono agire per il riconoscimento del loro diritto reale d'uso

Il vincolo di destinazione impresso agli spazi per parcheggio dalla norma imperativa di cui all'art. 41 "sexies" della legge 17 agosto 1942 n. 1150, secondo il testo introdotto dall'art. 18 della legge 6 agosto 1967 n. 765, non può subire deroghe mediante atti privati di disposizione degli stessi spazi, le cui clausole difformi sono perciò sostituite di diritto dalla norma imperativa.
Il suddetto vincolo si traduce in una limitazione legale della proprietà, che può essere fatta valere, con l'assolutezza tipica dei diritti reali, nei confronti dei terzi che ne contestino l'esistenza e l'efficacia.
Pertanto, coloro che abbiano acquistato le singole unità immobiliari dall'originario costruttore-venditore (il quale abbia eluso in tutto o in parte il vincolo di destinazione a parcheggio) ben possono agire per il riconoscimento del loro diritto reale d'uso, e non già con una semplice azione personale di risarcimento danni, nei confronti di coloro ai quali il costruttore, o il suo avente causa, abbia alienato le aree destinate a parcheggio. E' quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sezione seconda civile, con sentenza 30 ottobre 2007, n. 22889.



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Svolgimento del processo
Con atto notificato il 10 giugno 1992 Biolcati Silvana, Fordiani Andrea, Lena Prospero, Mecugni Maria Grazia, Costanzo Giuseppe, Chiesa Giuseppe, Bozzolo Bruna, Rolandi Giovanni e Magnone Maria Luisa, tutti proprietari di unità immobiliari poste ai piani alti dell'edificio di Rapallo in via Mameli ai n.ri 98 e 104, convenivano in giudizio, dinanzi al Tribunale di Chiavari, i proprietari delle porzioni immobiliari site al piano terreno dello stesso caseggiato deducendo che non era stata rispettata la norma (di ordine pubblico) prevista dall'art. 41 sexies della legge 17 agosto 1942 n. 1150, introdotto con legge n. 765/67, circa l'obbligo di destinare a parcheggio un'area pari ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione.
Chiedevano, pertanto, che i convenuti destinassero gli immobili di loro proprietà a soddisfare tale obbligo di legge fino a colmare il difetto di asservimento denunciato.
Costituendosi, Canessa Angelo Romano, Amedeo, Rosa Caterina e Anna Maria, eccepivano pregiudizialmente il difetto di legittimazione passiva nei propri riguardi, in quanto la domanda avrebbe dovuto essere rivolta al costruttore Primi Gino.
Eccepivano altresì la prescrizione del diritto accampato dagli attori per trascorso ventennio.
Deducevano che comunque l'asservimento era stato compiuto nel rispetto delle disposizioni dell'autorità comunale.
In subordine, per il caso di accoglimento della domanda avversaria, instavano per la corresponsione del controvalore delle porzioni da asservire.
Si costituivano altresì Devoto Luciano e Bavestrello Graziella i quali eccepivano preliminarmente il difetto di integrità del contraddittorio, in quanto la questione interessava tutti i condomini; deducevano che il fabbricato era stato regolarmente acquistato e dichiarato abitabile dagli organi comunali, dopo verifica delle condizioni di legge; precisavano, comunque, che l'art. 18 della legge n. 765/67 imponeva il rapporto di asservimento solo con riguardo alla superficie abitata e pertanto non riguardava la loro proprietà, adibita ad uso diverso di abitazione.
Instavano per la chiamata in giudizio della dante causa.
All'esito dell'istruttoria, essenzialmente documentale, il Tribunale rigettava la domanda sul rilievo che, non essendosi gli attori rivolti a suo tempo al costruttore e non ravvisandosi da parte loro violazioni della normativa né rinvenendosi convenzioni ad efficacia reale od obbligatoria per la riserva dei parcheggi opponibili ai convenuti, l'acquisto operato da costoro era valido ed efficace e nulla poteva esser loro richiesto a tale titolo.
Proponevano gravame Biolcati Rinaldi Silvana, Fordiani Andrea, Lena Prospero e Mecugni Maria Grazia, lamentando, tra l'altro: che il Tribunale era incorso in vizio di ultrapetizione in quanto il giudice istruttore aveva rinviato la causa al Collegio per la soluzione delle questioni preliminari e non per il merito; che il Tribunale non aveva affrontato e risolto la questione dell'eccepita prescrizione rigettandola implicitamente; che aveva disposto la condanna alle spese di lite degli appellanti anche nei confronti di Devoto/Bavestrello che non avevano sollevato questioni pregiudiziali; che era irrilevante la circostanza che non fosse stato convenuto prima d'ora il costruttore, mentre per affermare l'obbligo di riserva dei parcheggi era sufficiente richiamare l'obbligo sancito dalla legge.
Instavano, pertanto, per l'annullamento o per la totale riforma della decisione impugnata con accoglimento delle domande già formulate in primo grado, previa eventuale rimessione al primo giudice ai sensi dell'art. 354 c.p.c.
Resistevano gli appellati instando per il rigetto del gravame.
In particolare i Canessa chiedevano, in subordine, la rimessione al Tribunale per difetto di integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri condomini e del costruttore Primi.
Con sentenza non definitiva del 3.6.99 la Corte d'appello di Genova rigettava le eccezioni preliminari avanzate in entrambi i gradi e disponeva, con separata ordinanza, per ulteriore indagine istruttoria ordinando la chiamata in causa di Primi Gino e Canessa Giovanni Battista.
Si costituivano il Primi e Canessa Caterina i quali, dopo aver eccepito la nullità della loro chiamata, deducevano l'incomprensibilità della domanda proposta contro di loro dai Canessa e ne chiedevano il rigetto.
Si costituiva altresì Canessa Nicola (erede di Canessa Giovanni Battista) il quale eccepiva a sua volta l'irritualità della chiamata e nel merito assumeva posizione processuale e sostanziale analoga a quella degli appellati Canessa.
Espletata la Ctu disposta a seguito della sentenza non definitiva, con sentenza del 20 novembre 2001 la Corte genovese, in riforma della decisione di prime cure, dichiarava tenuti e conseguentemente condannava Canessa Angelo Romano, Amedeo, Rosa Caterina, Anna Maria, Devoto Luciano e Bavestrello Graziella a destinare con carattere di realità e permanenza una quota pari a mq. 6,31 dell'area di loro proprietà sita al pianterreno del caseggiato sito in Rapallo Via Mameli n.ri 98-104 all'uso di cui all'art. 18 della legge 6 agosto 1967 n. 765 e compensava interamente tra tutte le parti le spese di lite di entrambi i gradi.
Avverso tale decisione hanno proposto ricorso per cassazione Devoto Luciano e Bavestrello Graziella sulla base di tre motivi.
Hanno resistito con distinti controricorsi da un lato Silvana Rinaldi Biolcati, Andrea Gordiani, Prospero Lena e Maria Grazia Mecugni e dall'altro Canessa Angelo Romano, Canessa Rosa Caterina e Canessa Anna Maria, i quali a loro volta hanno proposto ricorso incidentale sulla base di quattro motivi, il secondo dei quali attinente alla giurisdizione.
Non si sono costituiti gli altri intimati.
Dichiarato inammissibile dalle sezioni unite di questa Suprema Corte, con ordinanza del 20 aprile 2006, il motivo attinente alla giurisdizione, la causa è stata rimessa a questa sezione seconda in relazione al ricorso principale e agli altri motivi del ricorso incidentale.
Tutte le parti costituite hanno depositato memorie.

Motivi della decisione


I due ricorsi, il principale e l'incidentale, che sono stati riuniti in quanto proposti avverso la medesima sentenza (art. 335 c.p.c.), vanno accolti per le ragioni che qui di seguito vanno ad esporsi.
È da ritenersi preliminarmente infondata la tesi esposta dai Canessa nel primo motivo del ricorso incidentale nella parte in cui i predetti deducono violazione dell'art. 102 c.p.c. in relazione alla necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti i condomini.
Ove, infatti, più acquirenti di singole unità immobiliari agiscano congiuntamente, come nella specie, per far valere il vincolo di destinazione delle porzioni del fabbricato da riservare a parcheggio a norma dell'art. 18 della legge 8 agosto 1967 n. 765, vengono dedotti in giudizio i distinti diritti di ognuno, non collegati tra loro se non dall'identità del titolo (legale) da cui derivano, sicché si verte in una ipotesi di litisconsorzio tipicamente "facoltativo" ai sensi dell'art. 103 c.p.c. e non occorre quindi che al giudizio partecipino necessariamente anche tutti gli altri condomini (vedi Cass. n. 3717/94, n. 2858/95, n. 3121/99, n. 10999/2001).
Va altresì disatteso l'assunto, contenuto nel primo motivo del ricorso principale dei Devoto-Bavestrello e nella seconda parte del primo motivo del ricorso, incidentale Canessa, che, la legittimazione passiva poteva competere solo al costruttore-venditore del complesso immobiliare e non anche agli aventi causa, quali essi attuali ricorrenti principali e incidentali.
Il vincolo di destinazione impresso agli spazi per parcheggio dalla norma imperativa di cui all'art. 41 "sexies" della legge 17 agosto 1942 n. 1150, secondo il testo introdotto dall'art. 18 della legge 6 agosto 1967 n. 765, non può subire deroghe mediante atti privati di disposizione degli stessi spazi, le cui clausole difformi sono perciò sostituite di diritto dalla norma imperativa.
Il suddetto vincolo si traduce in una limitazione legale della proprietà, che può essere fatta valere, con l'assolutezza tipica dei diritti reali, nei confronti dei terzi che ne contestino l'esistenza e l'efficacia.
Pertanto, coloro che abbiano acquistato le singole unità immobiliari dall'originario costruttore-venditore (il quale abbia eluso in tutto o in parte il vincolo di destinazione a parcheggio) ben possono agire per il riconoscimento del loro diritto reale d'uso, e non già con una semplice azione personale di risarcimento danni, nei confronti di coloro ai quali il costruttore, o il suo avente causa, abbia alienato le aree destinate a parcheggio (vedi tra le tante Cass. n. 14731/2000 e 5755/2004).
Correttamente dunque gli originari attori, oggi controricorrenti, avevano chiesto, in tesi, la condanna dei Devoto-Bavestrello e dei Canessa a destinare, con carattere di realità e permanenza, una quota dell'area di loro proprietà indebitamente sottratta alla funzionale destinazione di parcheggio.
Del resto questa Corte Suprema, nella richiamata sentenza n. 14731/2000, aveva precisato come la presenza in giudizio dell'originario costruttore-venditore nemmeno fosse necessaria: la pronuncia di nullità delle clausole dei contratti conclusi con il predetto, con la conseguente integrazione di quei negozi col comando della norma imperativa, ben poteva invero essere adottata "incidenter tantum", ponendosi solo come momento del procedimento motivazionale imposto dal meccanismo di sostituzione di diritto richiesto dall'art. 1419 c.c.
Ciò premesso merita accoglimento la doglianza dei Devoto-Bavestrello, cui hanno aderito i Canessa, secondo cui erroneamente il giudice d'appello, dato atto della violazione dell'art. 18 della legge n. 765/1967, ha condannato gli attuali ricorrenti principali e incidentali a destinare con carattere di realità e permanenza una quota pari a mq. 6,31 dell'area di loro proprietà sita al pianterreno del caseggiato sito in Rapallo Via Mameli n. 98-104 all'uso di cui al richiamato art. 18, invece di pronunciare tutt'al più nei loro confronti condanna al risarcimento dei danni.
Invero, la disciplina dettata in tema di aree destinate a parcheggio nelle nuove costruzioni - art. 41-sexies della L. 17 agosto 1942, n. 1150 quale introdotto dall'art. 18 della L. 6 agosto 1967, n. 765, interpretato dall'art. 26 della L. 28 febbraio 1985, n. 47 e successivamente modificato nel rapporto superficie-cubatura dall'art. 2 L. 24 marzo 1989, n. 122, normativa per la quale nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle stesse debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi, in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione (venti sino all'entrata in vigore della L. n. 122 del 1989), che ne costituiscono pertinenze ai sensi e per gli effetti degli art. 817 c.c., art. 818 c.c., art. 819 c.c. - avendo di mira un effetto deflattivo sulla domanda di spazi per parcheggio nelle aree destinate alla circolazione, persegue la realizzazione dell'interesse collettivo a risultato siffatto non in via diretta, con l'assoggettare le aree stesse ad un vincolo pubblicistico di destinazione in favore della generalità dei consociati, ma in via mediata, con il rendere beneficiari del vincolo i soggetti che stabilmente occupino le singole unità immobiliari delle quali ogni edificio si compone, o che ad esse abitualmente accedano, attraverso il riconoscimento d'un proporzionale diritto reale d'uso sulle aree stesse a quanti di dette unità acquistino la proprietà.
Da siffatta disciplina normativa si è, consequenzialmente, desunta l'illiceità e, quindi, la nullità ex art. 1418 c.c., primo comma, per contrasto con disposizioni imperative, di quella parte dei contratti di compravendita immobiliare nella quale al trasferimento della proprietà sulla singola porzione dell'edificio non si accompagni anche quello della proprietà o, quanto meno, del diritto reale d'uso sulla pertinenziale porzione dello spazio riservato al parcheggio nell'edificio stesso o nelle sue pertinenze; trasferimento, quest'ultimo, che si è, dunque, considerato "ex lege" automaticamente inserito, in caso di mancata sua previsione, o sostituito, in caso d'espressa sua esclusione, nel contratto ex art. 1419 c.c., secondo comma, in tal guisa realizzandosi, per il tramite della tutela dell'interesse del singolo, anche la tutela dell'interesse collettivo all'eliminazione dalla realtà giuridica delle manifestazioni della privata autonomia con le quali fosse stata interrotta la relazione funzionale tra il bene principale e quello accessorio.
Tutela siffatta presuppone, tuttavia, la sussistenza della situazione giuridica per la quale è stata predisposta, "id est" l'avvenuta riserva, all'atto della realizzazione dell'edificio, d'uno spazio, ad esso interno od esterno, idoneo ad essere utilizzato a scopo di parcheggio, e la successiva stipulazione d'atti di compravendita delle singole porzioni immobiliari dell'edificio stesso con espressa esclusione o mancata menzione del contestuale trasferimento della proprietà o del diritto reale d'uso sulle pertinenziali porzioni del detto spazio riservato, atti suscettibili d'essere "in parte qua" dichiarati nulli e sostituiti od integrati "ex lege" onde porre termine alla scissione determinata tra bene principale ed accessorio in violazione delle disposizioni "de quibus".
L'operatività di siffatta tutela non può, per contro, ravvisarsi nella differente ipotesi in cui, pur previsto nel progetto autorizzato, lo spazio da adibire a parcheggio non sia stato affatto riservato a tal fine in corso di costruzione e sia stato impiegato, invece, per realizzarvi manufatti od opere d'altra natura che, in ragione di questa, siano da destinare a diversa utilizzazione; giacché in tali ipotesi, da non confondere con quelle in cui allo spazio realizzato conformemente al progetto sia stata successivamente data una diversa destinazione in sede di vendita, se possono indiscutibilmente ravvisarsi a carico del costruttore responsabilità d'ordine amministrativo ed eventualmente penale, non possono, per contro, ravvisarsene d'ordine privatistico "sub specie" d'oneri ripristinatori.
Invero, poiché il rapporto di pertinenzialità tra bene principale e bene accessorio, oggetto della tutela "de qua", non si è costituito, dal momento che lo stesso bene soggetto "ex lege" al vincolo pertinenziale non è neppure venuto ad esistenza, consegue, da un lato, che il contratto di compravendita delle singole unità immobiliari comprese nell'edificio, nel quale non sia previsto il trasferimento anche d'una porzione di spazio destinato a parcheggio, non è stipulato, per ciò, in violazione della normativa in discussione, in quanto per esso non si determina alcuna scissione tra bene principale e bene accessorio, e, dall'altro, che non può ovviamente farsi luogo a tutela ripristinatoria d'alcun genere in ordine ad una situazione giuridica che non è mai venuta in essere e che, pertanto, come non può obiettivamente aver formato oggetto d'attività modificativa od estintiva, così neppure può essere restituita in pristino.
Può, se mai, ipotizzarsi in favore degli acquirenti delle singole unità immobiliari - come da Cass. 27 gennaio 1995 n. 11194, che è pervenuta alle medesime conclusioni sopra esposte - una tutela risarcitoria, in ragione dell'ampio campo d'applicazione del combinato disposto degli artt. 871 e 872 c.c., la cui estensibilità a qualsiasi violazione della normativa edilizia dalla quale al privato derivi un danno è stata ripetutamente affermata dalla giurisprudenza.
Tali considerazioni, enunciate in Cass. n. 6329/2003, e ribadite altresì in Cass. n. 3961/2006, ben possono valere, ad avviso del Collegio, anche nell'ipotesi in cui l'area destinata a parcheggio non sia sufficiente a soddisfare tutti i condomini non essendo rispettata la proporzione prescritta dalla legge.
Anche nell'ipotesi cioè in cui il parcheggio, sia pure in parte, non sia stato realizzato, il vincolo reale non si è creato tra un bene che non esiste e il bene principale cui il parcheggio doveva essere asservito.
E poiché nel caso di specie risulta si sia verificata una carenza di superficie adibita ad area di parcheggio rispetto alla superficie prescritta per legge, ne consegue, per quanto in precedenza esposto, che, sotto il profilo dei rapporti interprivatistici, tale violazione poteva attribuire agli originari attori, attuali controricorrenti, acquirenti delle singole unità immobiliari, il diritto d'agire nei confronti degli attuali ricorrenti principali e incidentali per il solo risarcimento del danno e non anche per ottenere la destinazione all'uso di cui all'art. 18 della legge n. 765 del 1967 delle sia pur limitate quote di area di loro proprietà, come statuito dalla Corte territoriale.
L'impugnata sentenza va pertanto sul punto cassata con rinvio della causa per nuovo esame ad altra sezione della Corte d'appello di Genova che si adeguerà ai suenunciati principi, mentre restano ovviamente assorbite le altre questioni prospettate sia nel ricorso principale che in quello incidentale.
Il giudice del rinvio provvedere altresì in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte, riuniti i ricorsi, li accoglie per quanto di ragione, cassa l'impugnata sentenza e rinvia la causa, anche per le spese di questo giudizio, ad altra sezione della Corte d'appello di Genova.

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