In caso di vendita di nuova costruzione priva di parcheggio, l'acquirente ha diritto al risarcimento del danno per per il mancato godimento dello spazio

In tema di aree destinate a parcheggio interne o circostanti ai fabbricati, e in presenza del vincolo di natura pubblicistica imposto dalla Legge n. 1150 del 1942, articolo 41 sexies - che riserva l'uso diretto dei relativi spazi alle persone che stabilmente occupano le singole unita' immobiliari dei fabbricati di nuova costruzione - deve escludersi che solo l'offerta del corrispettivo da parte dell'acquirente al venditore determini l'obbligo di quest'ultimo di cedere il compossesso delle aree in questione. Nessuna traccia, infatti, esiste nella norma "de qua", di un preteso obbligo dell'acquirente di attivarsi offrendo un corrispettivo per la cessione, quale condizione per l'insorgenza dell'obbligo in capo al venditore di consentire il diritto di uso di cui si tratta (sentenza citata 29/7/2008 n. 20563). Deve essere quindi riconosciuta la sussistenza di un danno per il mancato godimento dello spazio destinato a parcheggio "sino a quando non sara' corrisposta la relativa integrazione del prezzo".

Corte di Cassazione Sezione 2 Civile, Sentenza del 10 gennaio 2011, n. 346



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo - Presidente

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio - rel. Consigliere

Dott. GOLDONI Umberto - Consigliere

Dott. BURSESE Gaetano Antonio - Consigliere

Dott. CORRENTI Vincenzo - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22654-2007 proposto da:

DA. AN. (OMESSO), (E ALTRI OMISSIS)

- ricorrenti -

e contro

RA. AN. MA. , (E ALTRI OMISSIS)

- intimati -

sul ricorso 27038-2007 proposto da:

BE. CA. (OMESSO), (E ALTRI OMISSIS)

- controricorrenti ricorrenti incidentali -

contro

LO. MA. LU. , (E ALTRI OMISSIS)

- controricorrenti al ricorso incidentale -

avverso la sentenza n. 98/2007 della CORTE D'APPELLO di MESSINA, depositata il 06/03/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/11/2010 dal Consigliere Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio;

udito l'Avvocato GIACOBBE Giovanni, difensore dei ricorrenti che si riporta agli atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PRATIS Pierfelice che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, per l'accoglimento del ricorso incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

I coniugi Ra. Gi. , - Si. Te. ; (E ALTRI OMISSIS)

Premettevano gli attori di avere acquistato, con separati atti, dai convenuti alcuni appartamenti, facenti parte dell'edificio da essi costruito in via (OMESSO), in base al progetto approvato con le concessioni edilizie n. (OMESSO); che tale progetto prevedeva, tra l'altro, la realizzazione di due parcheggi, di cui uno nel piano cantinato ed uno esterno, nonche' di un portico ad uso collettivo a piano terra; che i germani Da. , pur eseguendo le opere previste, ne avevano mutato la destinazione e in particolare avevano utilizzato come garage per alloggio di autovetture di terzi il parcheggio del piano cantinato ed avevano eliminato il portico edificandovi dei magazzini, omettendo, inoltre, di realizzare il parcheggio esterno ed eseguendo una sopra elevazione sull'ultimo terrazzo di copertura, con aggravamento delle parti comuni dell'edificio.

Gli attori premettevano ancora che, nei rispettivi atti di trasferimento, ad eccezione di quello stipulato con i coniugi Ra. - Si. , i convenuti avevano illegittimamente escluso dalla vendita ogni diritto sul piano cantinato, sul portico collettivo e sull'ultima copertura destinata a terrazza; che tali atti erano per questa parte nulli in quanto in contrasto con norme imperative e con il progetto approvato.

Premesso quanto sopra, gli attori chiedevano che i convenuti fossero condannati a cedere al giusto prezzo ed ai coniugi Ra. - Si. gratuitamente, la quota di parcheggio loro spettante per legge, a ripristinare il portico collettivo, a trasferire ai predetti coniugi Ra. - Si. il diritto all'ultima copertura-terrazzo, nonche' a risarcire i danni cagionati con la loro illegittima condotta.

Con successiva citazione, notificata il 14.1.1986 gli stessi attori, tranne L.C. , convenivano sempre avanti il Tribunale di Patti Lo.An. , quale comproprietario del terreno su cui sorgeva l'edificio e venditore unitamente con i Da. , delle singole unita' immobiliari, da essi acquistati proponendo le medesime domande.

Successivamente alla riunione delle due cause si costituivano i convenuti contestando le domande attrici e chiedendo, in via subordinata, riconvenzionalmente la condanna degli attori al pagamento del giusto prezzo per il parcheggio nonche' l'annullamento per errore del contratto stipulato con i coniugi Ra. - Si. .

Il Tribunale di Patti, con sentenza parziale n. 253/88, rigettava la domanda proposta da L. C. , quale procuratrice di D. V. , nei confronti dei convenuti Da. e dichiarava interamente compensate tra le parti le spese del giudizio; dichiarava, inoltre, il diritto reale d'uso degli altri attori sugli spazi destinati a parcheggio, facenti parte del fabbricato di proprieta' dei convenuti, con il diritto di questi ultimi ad ottenere l'integrazione del prezzo di vendita degli appartamenti venduti agli attori; dichiarava ancora ammissibile la domanda riconvenzionale proposta dai convenuti nei confronti degli attori Ra.Gi. e Si.Te. e disponeva, infine, con separata ordinanza per il proseguo del giudizio, rinviando al definitivo per le spese del giudizio.

Avverso detta sentenza proponevano appello i convenuti e, i coniugi Ra. - Si. , anche appello incidentale.

Con sentenza n. 165 del 19.12.1991 la Corte di Appello di Messina rigettava l'appello incidentale proposto dai coniugi Ra. - Si. e, in parziale accoglimento dell'appello principale proposto dai convenuti, condannava L. C. al pagamento in favore dei germani Da. e di Lo. An. delle spese del giudizio di primo grado e di quello di appello; condannava i coniugi Ra. - Si. al pagamento in favore dei germani Da. e di Lo.An. delle spese del giudizio, confermava nel resto la impugnata sentenza, condannando gli appellanti al pagamento in favore degli appellati delle spese del giudizio di appello.

Nel giudizio di primo grado, dopo la rimessione della causa sul ruolo, veniva disposta ed espletata CTU e depositata pure altra relazione integrativa a chiarimento dei quesiti sollevati dalle parti; mentre, prima che venisse dichiarata l'interruzione del giudizio, gli attori provvedevano a chiamare in causa gli eredi del convenuto Lo. An. (deceduto nelle more) rimasti contumaci.

Con sentenza 5/12/2002 l'adito tribunale rigettava la domanda riconvenzionale proposta dai convenuti nei confronti dei coniugi Ra. - Si. dichiarando valido in ogni sua parte il contratto notar Paternita' (OMESSO) riconoscendo percio' i coniugi comproprietari pro quota delle parti comuni.

Conseguentemente ordinava ai convenuti il ripristino del portico mediante l'eliminazione di tutte le opere che ne avevano alterato l'originaria destinazione come specificato dal c.t.u..

Ordinava ai convenuti di rilasciare le aree destinate a parcheggio relative al fabbricato sito in (OMESSO) in favore dei coniugi Ra. Gi. e (E ALTRI OMISSIS)

Condannava, i convenuti a pagare a titolo di risarcimento danni per il mancato uso del posto macchina per tutti gli attori e, per i coniugi Ra. - Si. , anche per il mancato godimento delle parti comuni nonche', ai sensi dell'articolo 1127 c.c., tutte le somme come per ciascuno indicate in motivazione, tenuto conto delle compensazioni tra i vari crediti da ciascuna parte vantati.

Condannava i convenuti alle spese del giudizio.

Avverso la detta sentenza i Da. - Lo. proponevano appello al quale resistevano gli appellati.

Con sentenza 6/3/2007 la corte di appello di Messina, in parziale riforma dell'impugnata decisione, dichiarava che nessuna somma era dovuta dai Da. - Lo. a titolo di risarcimento danni per la mancata disponibilita' del posto macchina, tranne per i coniugi Si. - Ra. . Osservava la corte di merito: che, secondo gli appellanti, gli attori non avevano ancora pagato l'integrazione del prezzo per cui non avevano diritto al risarcimento del danno; che tale doglianza era fondata dovendosi distinguere la titolarita' del diritto in questione (da riconoscere al momento della compravendita dell'immobile) dal concreto godimento dello stesso esercitabile solo dopo il pagamento del prezzo sullo spazio parcheggio e cio' in applicazione del principio del sinallagma contrattuale non potendosi riconoscere nei contratti a prestazioni corrispettive il godimento di un diritto senza il pagamento del corrispettivo; che nella specie il prezzo fissato nel contratto di compravendita non poteva riferirsi allo spazio parcheggio escluso dal contratto; che gli appellanti, con la lettera (OMESSO), si erano dichiarati disposti a vendere ai prezzi correnti il posto macchina senza ricevere alcuna risposta; che pertanto, il diritto di godimento sul bene parcheggio andava disconosciuto sino al momento del pagamento del prezzo per cui il danno lamentato andava ritenuto insussistente; che, in relazione alla posizione dei coniugi Si. - Ra. , gli appellanti avevano impugnato la sentenza per la parte che aveva riguardato il riconoscimento gratuito del loro diritto al posto macchina, all'uso del portico e alla proprieta' della copertura destinata a terrazzo; che, secondo gli appellanti, il tribunale aveva errato per aver ritenuto che tutte le pattuizioni contenute nel preliminare - nel quale era stato precisato che le zone previste in progetto ad uso collettivo restavano di pertinenza esclusiva del proprietario - fossero state modificate ed annullate con la stipula dell'atto pubblico nel quale era detto che "con l'appartamento vengono vendute pro quota le parti condominiali dell'edificio come per legge e compreso il diritto di stendere la biancheria sulla terrazza di copertura dell'intero edificio nella zona a cio' destinata dai venditori"; che, a dire degli appellanti, si trattava di una clausola equivoca e generica e di stile per cui l'interpretazione della stessa andava fatta collegandosi al contenuto del preliminare; che peraltro i Da. - Lo. avevano sostenuto che i portici, la terrazza ed il posto macchina non dovevano considerarsi di proprieta' comune, ma di esclusiva proprieta' di essi appellanti risultando cio' dal titolo, ossia dal preliminare, mentre l'atto pubblico costituiva un adempimento parziale delle obbligazioni convenute nel preliminare; che, invece, al contrario di quanto sostenuto dagli appellanti, i contraenti, sottoscrivendo il contratto definitivo contenente la clausola relativa al trasferimento pro quota in favore dei coniugi acquirenti delle parti condominiali, avevano inteso realizzare detto trasferimento provvedendo a regolare i loro interessi in modo diverso da come avevano fatto con il preliminare; che, al fine di stabilire la sussistenza o meno di un titolo contrario alla presunzione di comunione stabilita dall'articolo 1127 c.c.; che la previsione del diritto di stendere la biancheria nella zona del terrazzo a cio' destinata dai venditori andava intesa come una limitazione, accettata dai compratori, delle piu' ampie facolta' comprese nel diritto di proprieta'; che gli appellanti andavano condannati al pagamento in favore dei coniugi Ra. - Si. delle spese del giudizio di secondo grado; che le spese tra gli appellanti e gli altri appellati andavano compensate per la meta' ponendosi l'altra meta' a carico degli appellanti.

La cassazione della sentenza della corte di appello di Messina e' stata chiesta - con ricorso affidato a tre motivi - da Da. An. , (E ALTRI OMISSIS)

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso principale e quello incidentale vanno riuniti a norma dell'articolo 335 c.p.c..

Con il secondo motivo del ricorso principale (il primo motivo va esaminato dopo gli altri riguardando le spese del giudizio tra i ricorrenti principali ed i ricorrenti incidentali con l'esclusione dei coniugi Ra. - Si. ) i Da. - Lo. denunciano violazione degli articoli 1362 c.c., comma 1.

Al termine del motivo i ricorrenti hanno formulato i conseguenti, conferenti e coerenti quesiti di diritto ed hanno indicato il fatto controverso in relazione al quale hanno denunciato il vizio di motivazione.

Il motivo e' fondato nei sensi e nei limiti di seguito precisati.

Occorre innanzitutto osservare che - come sopra ampiamente riportato nella parte narrativa che precede - con l'atto di appello i Da. - Lo. censurarono la sentenza di primo grado sostenendo che la generica ed equivoca clausola contenuta nel definitivo (testualmente trascritta nella sentenza impugnata e sopra ripetuta) andava interpretata ricollegandosi al contenuto del contratto preliminare nel quale le parti avevano precisato che i portici la terrazza ed il posto macchina non dovevano considerarsi di proprieta' comune ma di esclusiva proprieta' dei promittenti alienanti.

La detta tesi difensiva degli appellanti e' stata ritenuta infondata dalla corte di merito la quale ha affermato che con il contratto definitivo - contenente la detta clausola - le parti avevano inteso regolare i loro interessi in modo diverso da come fatto - con il preliminare. La corte di appello ha anche aggiunto che nella specie non sussistevano titoli contrari alla presunzione di comunione di cui all'articolo 1117 c.c. atteso che il diritto dei coniugi Ra. - Si. sui beni comuni non era stato escluso nel contratto definitivo e che per ritenere il contrario non era pertinente il richiamo al regolamento condominiale ed alle tabelle millesimali.

Cio' posto rileva la Corte che il punto centrale della controversia tra i Da. - Lo. ed i coniugi Ra. - Si. debba essere individuato nell'interpretazione del contratto definitivo e, in particolare e principalmente, nella piu' volte menzionata clausola definita dai ricorrenti principali "equivoca, generica e di stile".

Al riguardo la motivazione sviluppata nella sentenza impugnata a sostegno della interpretazione data alla clausola non si sottrae alle critiche che sono state mosse dai ricorrenti principali nel motivo in esame.

In proposito va evidenziato che se e' vero che nella giurisprudenza di legittimita' e' prevalente il principio - applicato dalla corte di appello - secondo cui, una volta adempiuto l'obbligo nascente dal preliminare medesimo e stipulato, quindi, il contratto definitivo, e' solo a quest'ultimo che occorre far riferimento quale fonte dei diritti e degli obblighi contrattuali: al contratto preliminare va riconosciuta la funzione di obbligare reciprocamente le parti alla stipulazione del contratto definitivo, la cui disciplina puo' anche non conformarsi a quella del preliminare, salvo che le parti non abbiano espressamente previsto che essa sopravviva.

E' del pari vero, pero' che, come questa Corte ha avuto modo di chiarire, il detto principio non puo' trovare applicazione nell'ipotesi in cui il contratto definitivo non esaurisca gli obblighi a contrarre previsti nel preliminare, occorrendo in tal caso accertare la volonta' negoziale delle parti valutando tra l'altro il contenuto di detto preliminare (nei sensi suddetti sentenza 9/7/1999 n. 7206 relativa ad una fattispecie analoga a quella in esame).

Nella specie nessuna indagine risulta essere stata svolta dalla corte di appello al fine di accertare l'avvenuto o il non avvenuto esaurimento degli obblighi a contrarre specificati nel preliminare.

La corte di appello ha interpretato la volonta' negoziale delle parti richiamando semplicisticamente la menzionata clausola senza tener conto del detto orientamento giurisprudenziale e senza far alcun riferimento al contenuto del contratto preliminare come invece sarebbe stato necessario al fine di accertare l'effettiva volonta' delle parti anche in ordine alla esatta identificazione dell'oggetto del contratto definitivo ed alla intenzione dei contraenti di apportare rilevanti e consistenti modifiche a quanto concordato nel contratto preliminare ed ivi analiticamente e dettagliatamente specificato. In particolare, tra l'altro, la corte territoriale - come dedotto dai ricorrenti principali - nell'interpretare il contratto definitivo e la piu' volte menzionata clausola: non ha considerato che al contratto definitivo era stata allegata la planimetria solo dell'appartamento e non dell'edificio con l'indicazione delle parti comuni; non ha fatto alcun cenno alla situazione dei luoghi con riferimento alle parti in questione (portico, terrazzo, spazi destinati a parcheggio) al momento della stesura del definitivo; non ha indicato il prezzo concordato dalle parti nel contratto preliminare e quello pattuito nel contratto definitivo (spiegando il perche' dell'eventuale mancata modifica di tale prezzo malgrado la rilevante differenza dell'oggetto dei due contratti).

Va aggiunto che la corte di appello - nell'interpretare la citata clausola contenuta nel contratto definitivo concernente la vendita pro quota, con l'appartamento, delle "parti condominiali dell'edificio come per legge....." con particolare riferimento al posto macchina, al portico e alla copertura destinata a terrazza - non ha tenuto conto dei seguenti principi piu' volte affermati da questa Corte:

- la presunzione di comunione di cui all'articolo 1117 c.c. postula la destinazione delle cose elencate in tale norma al godimento o al servizio del condominio, mentre viene meno allorche' si tratti di un bene dotato di propria autonomia ed indipendenza e pertanto non legato ad una destinazione di servizio rispetto all'edificio condominiale, in quanto, non trattandosi di presunzione assoluta, essa rimane vinta dalla destinazione particolare cosi come da un titolo contrario (sentenza 7/7/2003 n. 10700);

- il diritto di condominio sulle parti comuni dell'edificio ha il suo fondamento nel fatto che tali parti siano necessarie per l'esistenza dell'edificio stesso, ovvero che siano permanentemente destinate all'uso o al godimento comune. Di tali parti, l'articolo 1117 c.c. contiene un'elencazione non tassativa ma meramente esemplificativa, con la conseguenza che la disposizione in parola puo' essere integrata "ab estrinseco" se la cosa, per obbiettive caratteristiche strutturali, serve in modo esclusivo all'uso o al godimento di una parte dell'immobile, venendo meno, in questi casi, il presupposto per il riconoscimento di una contitolarita' necessaria, giacche' la destinazione particolare del bene prevale sull'attribuzione legale, alla stessa stregua del titolo contrario (sentenza 28/2/2007 n. 4787);

- nel condominio, caratterizzato dalla coesistenza nell'edificio di una pluralita' di piani o porzioni di piano di proprieta' esclusiva, l'attribuzione della proprieta' comune sancita dall'articolo 1117 c.c. per caratteri materiali e funzionali, siano necessari per l'esistenza e l'uso delle singole proprieta' ovvero siano oggettivamente destinati in modo stabile al servizio e al godimento collettivo (sentenza 29/11/2004 n. 22408);

- in tema di condominio, le parti comuni di un edificio formano oggetto di un compossesso pro indiviso che si esercita diversamente a seconda che le cose, gli impianti ed i servizi siano oggettivamente utili alle singole unita' immobiliari, a cui sono collegati materialmente o per destinazione funzionale (come ad esempio per suolo, fondazioni, muri maestri, facciata, tetti, lastrici solari, oggettivamente utili per la statica), oppure siano utili soggettivamente, sicche' la loro unione materiale o la destinazione funzionale ai piani o porzioni di piano dipenda dall'attivita' dei rispettivi proprietari (come ad esempio per scale, portoni, anditi, portici, stenditoi, ascensore, impianti centralizzati per l'acqua calda o per aria condizionata); pertanto, nel primo caso l'esercizio del possesso consiste nel beneficio che il piano o la porzione di piano - e soltanto per traslato il proprietario - trae da tali utilita', nel secondo caso nell'espletamento della predetta attivita' da parte del proprietario (sentenza 28/4/2004 n. 8119).

Il giudice di appello, pur se tra le parti sussisteva contestazione in ordine alla natura condominiale o meno del portico, del terrazzo e dei posti auto ed alla destinazione oggettiva e permanente di tali beni (per ubicazione e struttura) a servizio di tutti i condomini o di uno solo, ha ritenuto tali beni compresi tra le parti comuni dell'edificio condominiale sulla base della riportata clausola del contratto definitivo trascurando del tutto l'indagine sulla destinazione effettiva dei beni in questione con riferimento alle deduzioni ed alle allegazioni degli appellanti e non svolgendo quindi in proposito alcuna valutazione.

Tale carenza assume rilievo - sia in relazione all'interpretazione della volonta' negoziale secondo i criteri di cui agli articoli 1117 c.c. postula la destinazione delle cose elencate in tale norma al godimento od al servizio del condominio, mentre viene meno allorche' si tratti di un bene dotato di propria autonomia ed indipendenza e pertanto non legato da una destinazione di servizio rispetto all'edificio condominiale.

Va inoltre segnalata la contraddittorieta' della motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui ha prima dichiarato che non era pertinente il richiamo al regolamento condominiale ed alle tabelle millesimali ed ha poi affermato che nel regolamento condominiale (predisposto del (OMESSO), ossia ben oltre il contratto definitivo del (OMESSO)) "il piano cantinato, il portico e la terrazza" risultavano inclusi tra le parti condominiali. Peraltro la corte di appello e' pervenuta a tale conclusione in virtu' di una del tutto immotivata interpretazione dell'articolo 1 del regolamento condominiale omettendo di riportare il contenuto di tale articolo e senza far alcun riferimento in ordine all'approvazione del regolamento da parte di tutti i condomini e, in particolare, dei coniugi Ra. - Si. .

Analogamente nella sentenza impugnata, pur affermandosi - come sopra riportato - che "al fine di stabilire se sussista un titolo contrario alla presunzione di comunione stabilita dall'articolo 1117 c.c. occorre far riferimento all'atto costitutivo di condominio e al contratto di vendita", non si fornisce alcun chiarimento in ordine al contenuto dell'atto costitutivo del condominio.

Dall'accoglimento del secondo motivo del ricorso principale discente logicamente l'assorbimento del terzo con il quale i Da. - Lo. denunziano vizio di omessa pronunzia, vizio di violazione di legge e vizio motivazionale in relazione alle statuizioni, con cui la corte d'appello, avendo ritenuto sussistente il diritto di comproprieta' pro - quota spettante ai coniugi Ra. - Si. sia sugli spazi (piano cantinato e spazio esterno) destinati a parcheggio dell'edificio condominiale sito in via (OMESSO) sia sulle parti comuni di detto edificio non escluse dalla vendita (portico ad uso collettivo a piano terra e terrazzo di copertura), ha disatteso le doglianze sollevate da essi Da. - Lo. in ordine al riconoscimento in favore dei citati coniugi Ra. - Si. : del diritto sugli spazi-parcheggio senza pagamento di integrazione del corrispettivo; del diritto al risarcimento del danno conseguente al mancato godimento degli stessi spazi-parcheggio; del diritto al risarcimento del danno conseguente al mancato godimento delle altre parti comuni dell'edificio non escluse dalla vendita (portico ad suo collettivo a piano terra e terrazzo di copertura); infine del diritto al ripristino del portico a piano terra secondo la destinazione originaria prevista in progetto (portico ad uso collettivo).

Infatti dalla sopra rilevata fondatezza del secondo motivo del ricorso principale deriva inevitabilmente l'assorbimento del terzo motivo poiche' la corte d'appello, che ha pronunziato sul merito delle questioni inerenti la sussistenza o meno dei diritti di godimento e di risarcimento del danno spettanti ai coniugi Ra. - Si. con riferimento agli spazi - parcheggio ed alle altre parti comuni, ha conseguentemente confermato la sentenza di primo grado concernenti le statuizioni "di ripristino, di risarcimento danno e di pagamento dell'indennita' ex articolo 1127 c.c." basate sul riconoscimento del diritto di comproprieta' dei coniugi Ra. - Si. sulle parti comuni in questione. Di tali questioni si dovra' occupare il giudice del rinvio dopo aver proceduto ad interpretare il contratto definitivo stipulato dalle parti e dopo aver riconosciuto o meno (all'esito di detta operazione ermeneutica) in capo agli acquirenti coniugi Ra. - Si. il diritto di proprieta' pro quota dei beni in contestazione.

Con l'unico motivo del ricorso incidentale i resistenti (ad eccezione di Si. Te. ) hanno denunciato violazione dell'articolo 872 c.c. il cui comma 2 prevede una fattispecie obbligatoria di risarcimento danni che trova applicazione anche nel caso di elusione del vincolo di destinazione delle aree destinate a parcheggio. Pertanto il venditore che non trasferisce al compratore il diritto reale d'uso sullo spazio destinato a parcheggio viola la normativa urbanistica andando incontro alla responsabilita' risarcitoria prevista dalla menzionata norma. L'importo da liquidare al detto titolo va determinato con decorrenza dalla data di stipula del contratto di compra vendita avente ad oggetto l'appartamento cui il posto macchina e' destinato a servire. La corte di appello non ha considerato il principio secondo cui il sinallagma contrattuale nei contratti di compravendita di unita' immobiliari con relativo posto macchina opera nel senso che gli effetti legali, dipendenti dalla inderogabilita' del vincolo di destinazione urbanistica gravante sugli spazi parcheggi, si producono in egual misura per le parti contrattuali: il compratore acquista ex lege il diritto reale d'uso sulla spazio destinato a parcheggio, il venditore ha diritto ex lege all'integrazione del prezzo. Peraltro il riconoscimento in via giudiziaria del diritto reale d'uso sullo spazio destinato a parcheggio, sorgendo ex lege al momento del trasferimento dell'unita' immobiliare, non puo' essere condizionato o subordinato all'accertamento giudiziale dell'integrazione del corrispettivo che puo' essere anche successivo ed indipendente dal detto riconoscimento. Al termine del motivo i ricorrenti hanno formulato il seguente quesito di diritto:

"Dica la Suprema Corte se dal presupposto che il trasferimento del diritto reale d'uso sullo spazio destinato a parcheggio e' un effetto reale ex lege del contratto di compravendita e sorge al momento della stipula di detto contratto discende la conseguenza che appunto gia' al momento della stipula del contratto di compravendita nasce per il condomino la facolta' di esercitare il diritto reale d'uso sullo spazio destinato a parcheggio dell'edificio condominiale, servendosi del posto - macchina di sua pertinenza, cosicche' gia' dallo stesso momento della stipula del contratto definitivo di compravendita viene a sussistere il danno, che scaturisce dalla lesione del detto diritto reale d'uso".

Il motivo e' manifestamente fondato.

Innanzitutto va rilevato che, al contrario di quanto eccepito in via preliminare dai Da. - Lo. nel controricorso al ricorso incidentale, correttamente i ricorrenti incidentali hanno fatto riferimento all'articolo 872 c.c., comma 2, per coloro che di questa non abbiano potuto fare uso pur avendone il diritto (in tali sensi, tra le tante, sentenze 29/7/2008 n. 20563; 4/2/2000 n. 1248; 27/12/1994 n. 11188).

Cio' posto va evidenziato che la corte di appello si e' posta in netto ed insanabile contrasto con i seguenti principi piu' volte affermati nella giurisprudenza di legittimita' e che il Collegio condivide e fa propri:

- in tema di spazi riservati a parcheggio secondo quanto prescrive, per le nuove costruzioni, la Legge 6 agosto 1967, n. 765, articolo 18, il riconoscimento in via giudiziaria del diritto dei proprietari acquirenti degli appartamenti dell'immobile di usufruire dell'area di parcheggio nonostante la riserva di proprieta' a favore dell'alienante, originario proprietario dell'edificio, non presuppone ne' e' condizionato al previo accordo sulla misura della integrazione del corrispettivo della vendita degli appartamenti, ne' all'accertamento giudiziale di tale integrazione, che puo' essere anche successivo ed indipendente dal predetto riconoscimento (sentenza 28/5/1993 n. 5979);

- in tema di contratto di compravendita di immobili cui sia stata illegittimamente sottratta la superficie destinata "ex lege" ad area di parcheggio, l'integrazione del contratto di compravendita parzialmente nullo - che si attua mediante il riconoscimento del diritto d'uso in favore dell'acquirente, ed il corrispondente riconoscimento del diritto al corrispettivo in favore dell'alienante - avviene, quanto, in particolare, al riconoscimento del corrispettivo, "ope legis" quanto all"an", ed "ope iudicis" con riferimento al "quantum" (ove sorga contestazione sul soggetto titolare dell'attribuzione ovvero sull'ammontare della liquidazione), con la conseguenza che, in quest'ultimo caso, il riequilibrio "ope iudicis" del corrispettivo originariamente pattuito ben puo' avvenire in un separato giudizio (sentenza 18/4/2000 n. 4977);

- in tema di aree destinate a parcheggio interne o circostanti ai fabbricati, e in presenza de vincolo di natura pubblicistica imposto dalla Legge n. 1150 del 1942, articolo 41 sexies - che riserva l'uso diretto dei relativi spazi alle persone che stabilmente occupano le singole unita' immobiliari dei fabbricati di nuova costruzione - deve escludersi che solo l'offerta del corrispettivo da parte dell'acquirente ai venditore determini l'obbligo di quest'ultimo di cedere il compossesso delle aree in questione. Nessuna traccia, infatti, esiste nella norma "de qua", di un preteso obbligo dell'acquirente di attivarsi offrendo un corrispettivo per la cessione, quale condizione per l'insorgenza dell'obbligo in capo al venditore di consentire il diritto di uso di cui si tratta (sentenza citata 29/7/2008 n. 20563).

E' quindi errata la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso la sussistenza di un danno per il mancato godimento dello spazio destinato a parcheggio "sino a quando non sara' corrisposta la relativa integrazione del prezzo".

In accoglimento dell'unico motivo del ricorso incidentale la sentenza impugnata va cassata sul punto in questione dovendosi dare, riposta affermativa al quesito di diritto formulato dai ricorrenti incidentali e sopra riportato.

Dall'accoglimento del ricorso incidentale deriva l'assorbimento del primo motivo del ricorso principale che riguarda il governo delle spese del giudizio tra i ricorrenti principali ed i ricorrenti incidentali con l'esclusione dei coniugi Ra. - Si. . Di tale questione si dovra' occupare il giudice del rinvio dopo aver riesaminato la controversia tra le dette parti applicando il principio di diritto sopra enunciato.

In definitiva vanno accolti il secondo motivo del ricorso principale e l'unico motivo del ricorso incidentale, cori assorbimento del primo e del terzo motivo del ricorso principale. La sentenza impugnata va di conseguenza cassata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa alla corte di appello di Catania che procedera' ad un nuovo esame tenendo conto dei rilievi sopra svolti, uniformandosi ai principi di diritto sopra enunciati e provvedendo a colmare le evidenziate carenze, lacune e incongruita' di motivazione.

P.Q.M.

La Corte, riunisce i ricorsi, accoglie il secondo motivo del ricorso principale e l'unico motivo del ricorso incidentale, assorbito il primo e il terzo motivo del ricorso principale, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte di appello di Catania.

 

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