In tema di fondi a dislivello, il proprietario di quello superiore è tenuto a costruire a proprie spese il muro di sostegno sul confine

In tema di fondi a dislivello, il proprietario di quello superiore è tenuto a costruire a proprie spese il muro di sostegno sul confine, quando tale costruzione si renda necessaria per contenere il franamento del terreno che arrechi pregiudizio al fondo inferiore, con la conseguenza che egli deve rispondere dei danni derivati a tale fondo per non avere provveduto tempestivamente ed efficacemente all'anzidetta costruzione, o per avere trascurato di mantenere in efficienza il muro preesistente; a maggior ragione il principio della contribuzione alle spese stesse deve valere pure nell'ipotesi di proprietà comune. (Corte di Cassazione Sezione 2 Civile, Sentenza del 5 maggio 2008, n. 11020)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VELLA Antonio - Presidente

Dott. MALZONE Ennio - Consigliere

Dott. BOGNANNI Salvatore - rel. Consigliere

Dott. GOLDONI Umberto - Consigliere

Dott. PARZIALE Ippolisto - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

TU. SA., elettivamente domiciliato in ROMA VIA GRAMSCI 14, presso lo studio dell'avvocato TIZIANA SAFFIOT, difeso dall'avvocato GUELI GIAN FRANCO, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

LA. PO. AN.;

- intimato -

avverso la sentenza n. 426/03 della Corte d'Appello di PALERMO, depositata il 05/05/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/12/07 dal Consigliere Dott. Salvatore BOGNANNI;

udito l'Avvocato GUELI Gian Franco, difensore del ricorrente che si riporta agli atti depositati;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FUCCI Costantino, che ha concluso per l'accoglimento del 1 e 2 motivo. Rigetto del terzo motivo di ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso al pretore di Agrigento, depositato in data 12 giugno 1992, La. Po.An., premesso:

che era proprietario-possessore di un immobile nella localita' balneare "(OMESSO) ", in territorio del Comune di (OMESSO), confinante con terreno appartenente a Tu.Sa.;

che questo, posto ad una quota piu' elevata, era separato dal fondo con un fabbricato del ricorrente da un muraglione di sostegno;

che, a causa delle piogge invernali, tale manufatto presentava diverse lesioni, per le quali sussisteva il pericolo di crollo sulla sottostante casa del vicino;

che vani erano risultati i vari solleciti, affinche' l'intimato compisse le necessarie opere di consolidamento del muro in questione;

tutto cio' premesso, il ricorrente chiedeva che il giudice ordinasse la necessaria riparazione ovvero la ricostruzione del muraglione stesso, disponendo per il successivo giudizio di merito.

Tu. si costituiva con memoria difensiva, eccependo in via pregiudiziale la disintegrita' del contraddittorio, in quanto comproprietari di quel muro erano anche la moglie Di. No. Ca., i coniugi Gi. e Tu.Ma.; la moglie dello stesso ricorrente, e cioe' Tu.Pa., e per lei, ormai deceduta, anche la figlia La. Po.Il. Sa., erede come pure il ricorrente stesso.

Deduceva inoltre che le lesioni apparse sul muraglione erano state cagionate dai lavori di scavo eseguiti dai proprietari di alcuni mappali confinanti, nei confronti dei quali l'azione andava esercitata, e percio' eccepiva carenza di legittimazione passiva.

Nel merito osservava che la norma di cui all'articolo 887 c.c. non era applicabile nel caso di specie, sia perche' non si trattava di muro costruito nell'abitato, sia perche' anche il ricorrente, come tutti i soggetti suindicati, nei confronti dei quali percio' la domanda doveva essere pure proposta, ne era comproprietario, e pertanto tutti avrebbero dovuto concorrere alle opere invocate in ragione delle rispettive quote. Percio' chiedeva il rigetto della domanda per carenza dei presupposti.

Contestualmente svolgeva riconvenzionale, con cui chiedeva che La. Po. venisse condannato, assieme alla figlia Il. Sa., alla demolizione di alcune opere costruite in violazione delle norme edilizie, urbanistiche e sismiche.

Tutti i terzi chiamati in causa non si costituivano, e percio' ne veniva dichiarata la contumacia.

Disposta ed espletata consulenza tecnica di ufficio, e ordinata l'integrazione del contraddittorio con tutti i soggetti sopraindicati, tranne che nei riguardi di Il. Sa., il tribunale, in composizione monocratica, nel frattempo divenuto competente a seguito della soppressione dell'ufficio del pretore, con sentenza del 3.10.1999, rigettava la domanda principale, come pure la riconvenzionale, condannando il ricorrente al rimborso delle spese a favore del resistente.

Quanto alla prima, esso osservava che le lesioni apparse nel muraglione erano state cagionate dai lavori di sbancamento eseguiti tempo prima dai proprietari dei fondi limitrofi a quelli delle parti in causa, per i quali Tu. non poteva rispondere.

In ordine alla domanda riconvenzionale metteva in che La. Po., aveva presentato istanza per la sanatoria delle costruzioni abusive denunziate dal convenuto stesso.

Contro tale pronuncia La. Po.An. proponeva appello principale, cui Tu.Sa. resisteva, svolgendo a sua volta quello incidentale, dinanzi alla corte territoriale di Palermo.

Anche Gi. e Tu.Ma. Te., nonche' Di. No. Ca. si costituivano, proponendo a loro volta appello incidentale avverso quella sentenza, chiedendo declaratoria di carenza di legittimazione passiva, e, nel merito, il rigetto della domanda dell'appellante, con condanna di questi a demolire le opere costruite a distanza illegale dal confine.

Il giudice del gravame, con sentenza del 21 marzo 2003, in parziale riforma di quella di primo grado, ha dichiarato l'obbligo di Salvatore Tu. di concorrere alle spese di ricostruzione o riparazione del muro di proprieta' comune con l'appellante; ha dichiarato inammissibile l'appello nei riguardi di Gi. e Tu.Ma. Te., nonche' di Di. No.Ca.; ha dichiarato altresi' la nullita' parziale della sentenza impugnata per disintegrita' del contraddittorio per la domanda proposta anche nei confronti di La. Po.Il. Sa., rimettendo la causa al primo giudice limitatamente a tale capo; ha compensato le spese del doppio grado nel rapporto tra La. Po. e Tu.Sa., mentre le ha poste a carico del primo in quello intercorso con gli altri appellanti incidentali.

In particolare, quanto al rapporto tra La. Po. e Tu. Sa., la corte di appello ha osservato che dagli atti acquisiti era emerso che anche l'appellante era comproprietario del muro di contenimento, e siccome non poteva essere condannato ad un "facere" per l'intero, allora andava emessa declaratoria del relativo obbligo di concorrere pro-quota alla demolizione o riparazione del manufatto in questione.

Circa lai domanda proposta dallo stesso appellante nei confronti degli altri appellati, la corte palermitana ha messo in rilievo che essa era stata proposta per la prima volta solamente in appello, atteso che in primo grado l'attore non l'aveva svolta nei loro confronti in sede di integrazione del contraddittorio, percio' essa domanda era inammissibile.

Quanto poi alla riconvenzionale relativa alla demolizione o arretramento delle opere non a norma, doveva essere disposta l'integrazione del contraddittorio anche nei confronti della litisconsorte Il. Sa., che era comproprietaria dei relativi manufatti assieme al padre La. Po., e percio' la causa sul punto doveva essere rimessa al primo giudice.

Avverso questa sentenza Tu.Sa. ha proposto ricorso per Cassazione, enunciando tre motivi.

La. Po.An. non si e' costituito.

Il ricorrente ha depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Col primo motivo il ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 112 cod. proc. civ., con riferimento all'articolo 360 c.p.c., n. 3 (rectius 4) del codice di rito, in quanto la corte di merito avrebbe pronunciato su una domanda non formulata dall'attore, e precisamente sulla disciplina della riparazione del muro comune, prevista dall'articolo 882 cod. civ., nonostante che egli avesse invocato l'applicazione della norma relativa alla costruzione e conservazione del muro fabbricato tra fondi a dislivello nell'abitato (articolo 887 c.c.).

Il motivo e' inammissibile, per carenza di interesse, posto che, sin dal primo atto difensivo, il convenuto aveva contestato che nella fattispecie in esame potesse configurarsi l'applicabilita' della norma di cui all'articolo 887 c.c., atteso che intanto non si trattava di fondi posti nell'abitato, bensi' in luogo di villeggiatura, e percio' distante dal centro di (OMESSO); inoltre quel muro era stato costruito anche con la partecipazione alla spesa da parte dei coniugi La Po. - Tu., e quindi era di proprieta' comune. Pertanto la relativa statuizione era piu' favorevole all'appellato stesso, dal momento che l'obbligo di concorrere alle spese veniva posto a suo carico solamente per la quota di sua proprieta', e non invece per l'intero, come sarebbe stato nella ipotesi disattesa dalla corte distrettuale.

Peraltro lo stesso ricorrente col terzo motivo del ricorso ha riconosciuto di avere invocato l'applicazione della norma di cui all'articolo 882 c.c. col riferire di averne proposto la relativa eccezione sin dal primo grado.

2) Col secondo motivo il ricorrente denunzia violazioni e/o falsa applicazione degli articoli 882 e 1170 c.c. (rectius articolo 1172 c.c.), in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3 giacche' la corte distrettuale non avrebbe considerato che il pericolo di crollo del muraglione di sostegno per le lesioni apparse sul medesimo era sorto a seguito dei lavori di sbancamento compiuti dai proprietari delle particene confinanti col fondo di cui era comproprietario, sicche' esse erano legate da nesso causale con l'esecuzione degli stessi. Pertanto ne dovevano rispondere unicamente i terzi autori, di cui aveva chiesto la chiamata in causa al giudice di primo grado, senza che la relativa istanza, peraltro reiterata, fosse stata accolta.

La censura non ha pregio.

Il giudice del gravame ha osservato che Tu.Sa. era comunque coobbligato, assieme agli altri comunisti, a concorrere alle spese necessarie per la ricostruzione o riparazione del muro pericolante, a prescindere dagli autori degli sbancamenti che avevano provocato le lesioni del muro stesso; e cio' in virtu' della sua qualita' di contitolare del diritto di proprieta' del manufatto, trattandosi di obbligazione "propter rem". Semmai avrebbe potuto esercitare l'azione di rivalsa in un secondo tempo nei confronti degli stessi, la cui posizione non poteva dispiegare riflessi diretti nel rapporto tra l'attore e il convenuto.

L'assunto e' esatto.

Indubbiamente, come anche in tema di fondi a dislivello il proprietario di quello superiore e' tenuto a costruire a proprie spese il muro di sostegno sul confine, quando tale costruzione si renda necessaria per contenere il franamento del terreno che arrechi pregiudizio al fondo inferiore, con la conseguenza che egli deve rispondere dei danni derivati a tale fondo per non avere provveduto tempestivamente ed efficacemente alla anzidetta costruzione, o per avere trascurato di mantenere in efficienza il muro preesistente; a maggior ragione il principio della contribuzione alle spese stesse deve valere pure nella ipotesi di proprieta' comune, come nella specie in esame (Cfr. pure Cass. Sentenza n. 9156 del 27/08/1991).

Peraltro in tema di spese necessarie per la conservazione e il godimento delle parti comuni, che costituiscono l'oggetto di un'obbligazione "propter rem", in quanto conseguenza della contitolarita' del diritto reale su beni e servizi comuni, l'obbligazione di ciascun comproprietario di contribuire alle spese stesse per la conservazione dei beni comuni nasce proprio nel momento in cui e' necessario eseguire le relative opere, a prescindere da eventuali cause esterne di produzione del danno o pericolo, per le quali soccorre l'azione di rivalsa (V. pure Cass. Sentenza n. 6323 del 18/04/2003).

Sul punto percio' la sentenza impugnata risulta motivata in modo giuridicamente corretto.

3) Col terzo motivo il ricorrente lamenta violazione dell'articolo 91 c.p.c., poiche' la corte di appello non avrebbe dovuto compensare le spese del doppio grado di giudizio tra lui e La. Po., dal momento che sin dai primi atti del processo egli aveva fatto prontezza di contribuire alle spese occorrenti per la riparazione del muro, sicche' esse dovevano essere poste a carico dell'appellante principale.

La doglianza non ha pregio.

Invero la corte di appello altro non ha fatto che compensare le spese per intero per il doppio grado, considerando la sussistenza di giusti motivi, esprimendo un giudizio scaturito dalla domanda gia' avanzata dall'appellante, riconosciuta fondata, anche se solo pro-quota.

Si tratta peraltro di valutazione di merito, non sindacabile in sede di legittimita', se non solamente nei casi in cui la parte totalmente vittoriosa venga condannata alle spese.

In proposito infatti la giurisprudenza insegna che la valutazione dell'opportunita' della compensazione totale o parziale delle spese processuali, sia nell'ipotesi di soccombenza reciproca sia in quella della ricorrenza di altri giusti motivi, rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito, e non richiede specifica motivazione, restando percio' incensurabile in sede di legittimita', salvo che risulti violato il principio secondo cui le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, ovvero che a fondamento della decisione del giudice di merito di compensare le spese siano addotte ragioni palesemente illogiche ed erronee (V. pure Cass. Sentenze 16012 del 14/11/2002; CONF 200005390; CONF 200210861).

Ne deriva che il ricorso va rigettato.

Infine quanto alle spese di questa fase, non si fa luogo ad alcuna pronuncia, stante la mancata costituzione dell'intimato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

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