In tema di usucapione, colui il quale abbia iniziato il godimento di un determinato bene con la mera detenzione, non può modificare autonomamente il titolo di tale potere se non in forza di una opposizione nei confronti del legittimo possessore

In tema di usucapione, colui il quale abbia iniziato il godimento di un determinato bene con la mera detenzione, esercitando, quindi, un potere di fatto in nome altrui, non può modificare autonomamente (salva l'ipotesi di intervento di un terzo) il titolo di tale potere se non in forza di una opposizione nei confronti del legittimo possessore che si manifesti in maniera pregnante, secondo una modalità che faccia desumere, oltre ogni dubbio, la negazione dell'altrui possesso e l'intrapreso esercizio di un potere di fatto in nome proprio. La corretta sostituzione dell'animus detinendi con l'animus res sibi habendi può avvenire, in altri termini, solo ove il possessore sia messo nella condizione di rendersi conto del mutamento in atto, risultando, pertanto, insufficienti comportamenti quali la mera inottemperanza alle obbligazioni sottese alla detenzione o - per l'ipotesi in cui il bene sia un immobile - la manutenzione straordinaria dello stesso. In tal senso, la contribuzione alle spese di riparazione del tetto da parte del conduttore, senza coinvolgere minimamente il legittimo proprietario, è stato ritenuta circostanza priva di quella forza oppositiva idonea a rendere quest'ultimo consapevole del mutamento del titolo nel possesso.

Corte d'Appello Palermo Sezione 2 Civile, Sentenza del 18 marzo 2011, n. 356



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

CORTE D'APPELLO DI PALERMO

SECONDA SEZIONE CIVILE

La Corte di Appello di Palermo, Seconda Sezione Civile, composta dai signori:

1) Dott. Giuseppe Perniciaro - Presidente -

2) Dott. Giovanni Sirchia - Consigliere -

3) Dott. Emma De Giacomo - Consigliere -

dei quali il terzo relatore ed estensore, riunita in Camera di Consiglio, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata il 26/2/2002 Gi.Fr. assumeva di possedere un appartamento ubicato al II piano dell'edificio in Palermo, via (...) (fg. (...); mappale (...) sub 9), il quale era stato concesso in locazione al proprio genitore da Gi.Gi. nel 1964.

Dopo un anno da tale stipula, il locatore era però deceduto e nessuno aveva più chiesto il canone di locazione.

Negli anni, l'immobile era stato sempre abitato dal padre e poi dall'attore ed essi avevano effettuato nello stesso interventi di manutenzione straordinaria e restauro.

Ciò premesso, conveniva in giudizio la AUSL (...) di Agrigento al fine di ottenere dichiararsi l'acquisto per usucapione della proprietà dell'immobile.

Si costituiva la convenuta contestando la domanda e chiedendone il rigetto.

Con sentenza del 9/2/2005 il Tribunale di Palermo in funzione di Giudice Unico rigettava la domanda condannando l'attore alle spese di lite.

A sostegno della decisione rilevare essere rimasto provato che il padre dell'attore aveva corrisposto il canone di locazione sino al 1974 al custode giudiziario dell'immobile sottoposto a sequestro nell'ambito di una controversia fra gli eredi di Gi.Gi. ed i legatari.

Peraltro, la successiva cessazione di detto pagamento non valeva a fondare il possesso ad usucapionem.

Difatti, il potere di fatto era sorto come mera detenzione e per trasformarsi in possesso sarebbe stata necessaria l'interversione della quale non era stata fornita.

Avverso detta sentenza proponeva appello il Gi.

Questi sosteneva essersi verificata l'interversione attestata dal rifacimento dei tetti dell'edificio.

Si costituiva l'appellata eccependo la nullità della citazione e della sua notifica; nel merito contestava il gravame e ne chiedeva il rigetto.

Sulle conclusioni sopra riportate la causa veniva posta in decisione all'udienza collegiale del 10/12/2010.

MOTIVAZIONE

L'eccezione di nullità o inesistenza della notifica dell'atto di appello è infondata.

L'atto di appello risulta notificato alla AUSL "elettivamente domiciliata presso lo studio dell'avvocato Ma.Bo. suo procuratore costituito"; la appellata - come risulta dalla comparsa di costituzione in primo grado e dall'intestazione della sentenza - era rappresentata e difesa "dall'avvocato Ma.Pe. ed elettivamente domiciliata presso la predetta, in via (...) (studio avvocato Ma.Bo.)". Quindi, la AUSL aveva eletto domicilio presso il procuratore costituito il quale - essendo di Agrigento - aveva a sua volta eletto domicilio, in via (...), via (...) presso lo studio dell'avvocato Bo., ex art. 82 RD 37/34.

La SC ha affermato che qualora l'atto di impugnazione debba essere notificato presso il procuratore costituito della parte e tale procuratore abbia eletto domicilio presso un collega, la notificazione è validamente effettuata mediante consegna di copia dell'atto a detto domiciliatario del difensore, essendo irrilevante che it medesimo sia indicato nella relata come codifensore anzicchè come mero domiciliatario, giacché tale annotazione di carattere aggiuntivo non tocca l'abilitazione del domiciliatario stesso a ricevere atti per conto del procuratore costituito (Cass.: 626/2007).

In conclusione, l'avvocato Ma.Bo. in qualità di domiciliatario del procuratore costituito era perfettamente abilitata a ricevere la notifica detratto di appello, senza che tale legittimazione potesse essere intaccata dal fatto che nella relata era stata indicata come procuratore costituito e non come domiciliatario.

Peraltro, la giurisprudenza precedente considerava tale notifica nulla e non inesistente, e la nullità era sanata dalla costituzione dell'appellato, anche se effettuata al solo fine di eccepire il vizio de quo (Cass. 11111/98; 7891/2004).

Nel merito il gravame è infondato.

Difatti, chi ha iniziato il godimento del bene a titolo di detenzione non può acquistarne il possesso finché il titolo non venga mutato per causa proveniente da un terzo o in forza di opposizione da lui fatta nei confronti del possessore, quest'ultimo mutamento richiede il compimento di uno o più atti estrinseci, dai quali sia possibile desumere la modificata relazione di fatto con la cosa, attraverso la negazione dell'altrui possesso.

Quindi, non basta un atto di volizione interna ma occorre una manifestazione esteriore dalla quale sia consentito desumere che il detentore abbia cessato di esercitare il potere di fatto in nome altrui ed abbia iniziato ad esercitarlo in nome proprio con correlata sostituzione dell'animus detinendi con l'animus rem sibi habendi.

Tale manifestazione deve essere diretta specificatamente contro il possessore, in modo che questi si renda conto del mutamento e tradursi in atti ai quali possa riconoscersi il carattere di una opposizione all'esercizio del suo possesso (Cass: 4404/2006; 12820/2004; 5487/2002).

In particolare, non sono sufficienti meri atti di esercizio del possesso, o quelli di inottemperanza alle pattuizioni in forza delle quali la detenzione era stata costituita (come l'omesso versamento dei canoni di locazione); la manutenzione anche straordinaria dell'immobile non integra fatto idoneo a determinare l'interversione.

Nel caso che ci occupa, l'avere il Gi. contribuito alle spese di riparazione del tetto dell'edificio, resta un mero atto di esercizio del possesso: anche nell'ipotesi in cui la AUSL ne fosse venuta a conoscenza (ma di ciò non v'è prova) non può sostenersi che dallo stesso potesse desumere l'animus rem sibi habendi e, soprattutto che ciò integrasse una opposizione al possesso dell'appellata.

Di conseguenza, la prova per testi dedotta in appello si appalesa inconducente.

L'impugnata sentenza va confermata e l'appellante condannato a rifondere all'appellata le spese del presente grado del giudizio liquidate in Euro 3.000,00 oltre spese generali, IVA e CPA nella misura di legge (1.000,00 per diritti e 2.000,00 per onorario).

P.Q.M.

Uditi i procuratori delle parti;

conferma la sentenza emessa il 9/2/2005 dal Tribunale di Palermo in funzione di Giudice Unico appellata da Gi.Fr. nei confronti della AUSL n. (...) di Agrigento; condanna l'appellante a rifondere all'appellata le spese del presente grado del giudizio liquidate in Euro 3.000,00 oltre spese generali, IVA e CPA nella misura di legge.

Così deciso in Palermo il 4 marzo 2011.

Depositata in Cancelleria il 18 marzo 2011.

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