l diritto d’uso riconosciuto in un atto di compravendita si estende a tutte le utilità che possono oggettivamente trarsi dal bene

Il diritto d'uso, quale diritto reale disciplinato dall'articolo 1021 c.c. e segg. attribuisce al suo titolare il diritto di servirsi della cosa e di trarne i frutti per il soddisfacimento dei bisogni propri e della propria famiglia, diritto che, nel suo concreto esercizio, non puo' non implicare il potere di trarre dal bene ogni utilita' che esso puo' dare (Cass. n. 7811 del 2006, Cass. n. 2502 del 1963); ne consegue che l'ampiezza di tale potere, a parte il peculiare limite quantitativo rappresentato dai bisogni del titolare e della sua famiglia, che peraltro va riferito non all'uso della cosa ma al percepimento dei frutti, se puo' incontrare limitazioni derivanti dalla natura e dalla destinazione economica del bene (arg. ex articolo 981 c.c., dettato per l'usufrutto ma applicabile anche al diritto d'uso, in forza del rinvio di cui all'articolo 977 c.c.), per contro, in ragione del richiamato principio di tipicita', non puo' soffrire limitazioni o condizionamenti maggiori o ulteriori derivanti dal titolo. In altri termini, ai sensi del combinato disposto degli articoli 1021 e 1026 c.c. (che richiama in quanto applicabili le norme dettate in materia di usufrutto), il diritto di uso si estende a tutte le utilita' che possono obiettivamente trarsi dal bene secondo la sua destinazione, potendo l'usuario - non diversamente dall'usufruttuario - servirsi della cosa in modo pieno, dovendo soltanto rispettare la destinazione economica della cosa (Cass. Cass. n. 2755 del 1966; Cass. n. 2502 del 1963). La costruzione di opere stabili e permanenti rientra dunque nell'ambito delle facolta' riconosciute dall'articolo 1021 c.c., essendo al riguardo del tutto irrilevante la temporaneita' del diritto d'uso.

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 31 agosto 2015, n. 17320



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BURSESE Gaetano Antonio - Presidente

Dott. MIGLIUCCI Emilio - Consigliere

Dott. MATERA Lina - Consigliere

Dott. ORICCHIO Antonio - Consigliere

Dott. FALASCHI Milena - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 1576/10) proposto da:

(OMISSIS) e (OMISSIS), rappresentati e difesi, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dall'Avv.to (OMISSIS) del foro di Ancona e dall'Avv.to (OMISSIS) de foro di Roma ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest'ultimo in (OMISSIS);

- ricorrenti -

contro

(OMISSIS) e (OMISSIS), rappresentate e difese dall'Avv.to (OMISSIS) del foro di Roma, in virtu' di procura speciale apposta a margine del controricorso, ed elettivamente domiciliate presso lo studio di quest'ultimo in (OMISSIS);

- controricorrente -

avverso la sentenza della Corte d'appello di Ancona n. 707 depositata il 29 novembre 2008.

Udita la relazione della causa svolta nell'udienza pubblica del 28 aprile 2015 dal Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;

uditi gli Avv.ti (OMISSIS), per parte ricorrente, e (OMISSIS), per parte resistente;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio che ha concluso per l'accoglimento de ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 18 luglio 1996 (OMISSIS) e (OMISSIS) evocavano, dinanzi al Tribunale di Ancona, (OMISSIS) e (OMISSIS) esponendo di essere comproprietarie di un appezzamento di terreno agricolo sito nel Comune di (OMISSIS), precisando di avere costruito su una porzione dello stesso un capannone ad uso agricolo; aggiungevano che il cognato (OMISSIS), dopo avere ultimato la costruzione, aveva iniziato ad utilizzare, unitamente alla coniuge (OMISSIS), una parte per il ricovero della propria autovettura e successivamente anche per macchinari e strumenti agricoli, oltre ad oggetti vari, realizzando poi un muro divisorio che gli aveva consentito di avere il possesso esclusivo della porzione dell'immobile utilizzata, continuando nella condotta anche dopo varie diffide; tanto premesso, chiedevano di condannare i convenuti ex articolo 948 c.c. alla restituzione della porzione del capannone da loro utilizzata e al risarcimento dei danni.

Instaurato il contraddittorio, resistevano i convenuti, deducendo di essere comproprietari della palazzina, unitamente alle attrici, sita sul terreno adiacente quello su cui era stato realizzato il capannone, per cui si dichiaravano titolari di un diritto d'uso sul fondo limitrofo per essere stato edificato anche con il loro concorso, e spiegavano domanda riconvenzionale per sentirsi dichiarare comproprietari del capannone; il giudice adito, dichiarava la nullita' assoluta dell'atto di citazione stante il combinato disposto dell'articolo 163 c.p.c., comma 2, n. 3, articolo 164 c.p.c., comma 4 e articolo156 c.p.c., comma 2, in via gradata l'inammissibilita' della pretesa atto rea e l'inammissibilita' della pretesa svolta in riconvenzionale.

In virtu' di rituale appello interposto dalla (OMISSIS) e dalla (OMISSIS), la Corte di appello di Ancona, nella resistenza degli appellati, che proponevano anche appello incidentale chiedendo l'accoglimento della domanda riconvenzionale, in accoglimento dell'appello principale, rigettato quello incidentale, dichiarava le sole appellanti proprietarie del capannone.

A sostegno della decisione adottata la corte dorica evidenziava che il riconoscimento della proprieta' del capannone discendeva in capo alle proprietarie del fondo ai sensi dell'articolo 934 c.c., per cui di nessuna rilevanza doveva essere ritenuta l'istruttoria svolta al fine di accertare i soggetti che avevano concorso alla realizzazione dello stesso.

Quanto al diritto d'uso vantato dagli appellati e fondato sulla clausola contenuta nell'atto notarile, di vendita da parte delle attrici ed in favore dei convenuti di un appartamento nello stabile sito nel terreno limitrofo, con la quale si riconosceva che competeva agli acquirenti l'uso, unitamente alle porzioni rurali dei fabbricato, della corte circostante il fabbricato, essa era troppo generica per prevedere la costituzione del diritto tipizzato dall'articolo 1021 c.c. (ius in re aliena), militando in tal senso anche il canone interpretativo dell'articolo 1371 c.c., per cui non risultando la previsione espressa di un corrispettivo per la cessione d'uso, doveva interpretarsi la clausola nel senso meno gravoso per l'obbligato.

Avverso la indicata sentenza della Corte di appello di Ancona hanno proposto ricorso per cassazione i coniugi (OMISSIS) - (OMISSIS), sulla base di tre motivi, cui hanno replicato le (OMISSIS) - (OMISSIS) con controricorso.

Le parti ricorrenti in prossimita' dell'udienza pubblica hanno depositato memoria illustrativa.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente disattesa l'eccezione degli intimati di inammissibilita' del ricorso per pretesa violazione dell'articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 3, atteso che dalla lettura complessiva del ricorso stesso e' agevolmente ricavabile l'esposizione delle questioni sollevate e decise e delle ragioni del decidere, dal momento che, come gia' ricordato dalle SS.UU. - e ribadito anche dalla giurisprudenza piu' recente (Cass. n. 25429 del 2014; Cass. n. 12566 del 2014; Cass. n. 18753 de 2014) - "il requisito della esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena di inammissibilita' del ricorso per cassazione dall'articolo 366 c.p.c, comma 1, n. 3 ... puo' ritenersi soddisfatto ..., laddove il contenuto del ricorso consenta al giudice di legittimita', in relazione ai motivi proposti, di avere una chiara e completa cognizione dei fatti che hanno originato la controversia e dell'oggetto dell'impugnazione, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata" (sent. n. 11653 del 2006), a nulla rilevando in questa impostazione la circostanza che siano piu' o meno esattamente riferite le difese di ciascuna parte, se il ricorso renda possibile, come appunto qui, la cognizione dei fatti che hanno dato origine alla vicenda e dei motivi per i quali l'interpretazione che di essi e' stata data dal giudice di merito non sia di propria soddisfazione.

Del pari e' infondata l'eccezione relativa alla dedotta inidoneita' dei formulati quesiti che, ex articolo 366 bis c.p.c., assistono i proposti motivi, giacche' i quesiti stessi (di seguito trascritti in calce alla sintesi di ciascun motivo) appaiono sufficientemente adeguati allo scopo (che e' essenzialmente quello di evidenziare le censure di error in iudicando), posto che in essi si faccia esplicito riferimento alla singolarita' del caso, assumendosi la presenza degli elementi caratterizzanti la fattispecie e la ratio decidendi della sentenza impugnata e cioe' (per i primi due motivi) l'esistenza de vantato diritto reale d'uso concesso con la compravendita in questione e l'esclusione di una motivazione adeguata volta al medesimo accertamento, nonche' (per il terzo motivo) la pregiudizievole interpretazione della clausola contrattuale, siccome di tenore piano.

Cio' detto, con il primo motivo i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione dell'articolo 1021 c.c. per essere stata esclusa l'esistenza nella specie di un diritto reale di uso a favore di un diritto personale di godimento dei fabbricati rurali e della corte circostante il fabbricato, corte di cui vengono nell'atto di acquisto riportati gli estremi catastali. A conclusione del mezzo viene formulato il seguente quesito di diritto: "se nell'applicare l'articolo 1021 c.c.si debba considerare esplicitamente anche la facolta' per il titolare del diritto di raccogliere i frutti della cosa per quanto occorre ai bisogni della famiglia".

Con il secondo mezzo i ricorrenti lamentano omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa la qualificazione del diritto d'uso concesso con l'atto di compravendita non quale diritto reale, bensi' quale diritto personale di godimento. A corollario della censura viene posto il seguente momento di sintesi: "si deduce che il fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume, sotto diversi profili, omessa e contraddittoria e la natura reale o personale del diritto d'uso concesso con l'atto di compravendita per cui e' giudizio, mentre le ragioni per le quali l'insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione stanno nel riferimento ad una mera presunzione quale argomento per contrastare la giurisprudenza di legittimita' e nella mancanza di considerazione della portata della precisazione degli estremi catastali dell'area oggetto del concesso diritto d'uso nella clausola relativa specificamente allo stesso diritto".

I due motivi di ricorso, che vanno esaminati congiuntamente in ragione della loro evidente connessione argomentativa, sono fondati.

Al riguardo giova preliminarmente richiamare l'indirizzo costante di questa Corte che per quanto concerne il diritto d'uso, quale diritto reale disciplinato dall'articolo 1021 c.c. e segg., ha chiarito che esso attribuisce al suo titolare il diritto di servirsi della cosa e di trarne i frutti per il soddisfacimento dei bisogni propri e della propria famiglia, diritto che, nel suo concreto esercizio, non puo' non implicare il potere di trarre dal bene ogni utilita' che esso puo' dare (Cass. n. 7811 del 2006, Cass. n. 2502 del 1963); ne consegue che l'ampiezza di tale potere, a parte il peculiare limite quantitativo rappresentato dai bisogni del titolare e della sua famiglia, che peraltro va riferito non all'uso della cosa ma al percepimento dei frutti, se puo' incontrare limitazioni derivanti dalla natura e dalla destinazione economica del bene (arg. ex articolo 981 c.c., dettato per l'usufrutto ma applicabile anche al diritto d'uso, in forza del rinvio di cui all'articolo 977 c.c.), per contro, in ragione del richiamato principio di tipicita', non puo' soffrire limitazioni o condizionamenti maggiori o ulteriori derivanti dal titolo. In altri termini, ai sensi del combinato disposto degli articoli 1021 e 1026 c.c. (che richiama in quanto applicabili le norme dettate in materia di usufrutto), il diritto di uso si estende a tutte le utilita' che possono obiettivamente trarsi dal bene secondo la sua destinazione, potendo l'usuario - non diversamente dall'usufruttuario - servirsi della cosa in modo pieno, dovendo soltanto rispettare la destinazione economica della cosa (Cass. Cass. n. 2755 del 1966; Cass. n. 2502 del 1963). La costruzione di opere stabili e permanenti rientra dunque nell'ambito delle facolta' riconosciute dall'articolo 1021 c.c., essendo al riguardo del tutto irrilevante la temporaneita' del diritto d'uso. Infatti, al momento dell'estinzione del diritto per decorso del termine di durata, l'usuario ha l'obbligo di restituire la cosa nello stato in cui l'ha ricevuta: l'esistenza di manufatti realizzati dall'usuario potra' eventualmente assumere rilevanza nella regolamentazione dei rapporti fra l'usuario e il proprietario al momento della cessazione del diritto in considerazione degli effetti determinati dalla realizzazione della costruzione (cosi' Cass. n. 7811 del 2006). Sulla scorta di tali considerazioni, l'avere il giudice distrettuale escluso l'esistenza di un qualunque diritto sulla corte in ragione del rilievo che l'atto di compravendita che si assume avere conferito il diritto in discussione contiene una generica previsione circa l'uso "unitamente alle porzioni rurali del fabbricato, della corte circostante il fabbricato da distinguersi ai catasto", costituisce un'opzione argomentativa giuridicamente non corretta e percio' non persuasiva, non essendo stati valorizzati elementi sintomatici della fattispecie, pur segnalati dalle parti ricorrenti fin dalle prime difese. Dette caratteristiche appaiono costituite: dalla natura rurale dell'immobile venduto, la cui corte circostante era tipicamente destinata al soddisfacimento di esigenze agricole; dalla specifica indicazione nella scrittura privata del 23.6.1978 (trascritta in parte qua, dai ricorrenti, nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso) dell'uso di detta corte "da distinguere" e dunque con dati catastali autonomi rispetto al fabbricato, evidentemente necessari e compatibili con la trascrizione di un diritto reale; dalla previsione nella scrittura di un diritto d'uso che "compete all'immobile" e non alle persone degli acquirenti.

In altri termini, le circostanze sopra evidenziate - pur decisive ai fini dell'accertamento del preteso diritto - non risultano essere state prese in esame dalla corte distrettuale.

Con il terzo motivo e' denunciata la violazione e falsa applicazione dell'articolo1371 c.c. per avere fatto ricorso a detta interpretazione della clausola pure essendovi un tenore per niente oscuro della stessa. L'illustrazione del mezzo e' concluso dal seguente quesito di diritto: "se si possano applicare le regole finali previste dall'articolo 1371 c.c. soltanto dopo che si sia tentato di interpretare il contratto avvalendosi delle regole previste dall'articolo 1362 all'articolo 1370 c.c. e, nonostante il detto tentativo, il contenuto del contratto rimanga oscuro". L'accoglimento dei primi due motivi comporta l'assorbimento della terza censura che critica l'interpretazione della medesima scrittura privata offerta dalla corte territoriale. Conclusivamente, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio ad altra Corte di appello, indicata in dispositivo, la quale dovra' vagliare l'accertamento del diritto alla luce delle dichiarazioni rese dalle parti, come riportate nella scrittura privata, e in dipendenza della rilevanza loro attribuita rispetto al diritto preteso in causa. Il giudice di rinvio dovra' pertanto motivare nuovamente al riguardo, oltre a provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita'.

P.Q.M.

La Corte, accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbito il terzo;

cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di Cassazione, alla Corte di appello di Bologna.
 

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