Nell'esercizio della servitù, le innovazioni che rendano più gravosa la servitù sono consentite solo ove resti immutata l'essenza della servitù stessa

Nell'esercizio della servitù, le innovazioni che possono rendere anche più gravosa la condizione del fondo servente sono consentite dal titolo - in deroga al principio dettato dal comma 1 dell'articolo 1067 del Cc - solo ove resti immutata l'essenza della servitù, in modo da incidere unicamente sulle modalità concrete di esercizio di tale diritto. E' quanto enunciato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 10857 del 10 maggio 2007. La S.C. ha, altresì, stabilito che qualora, invece, l'innovazione alteri il contenuto essenziale della servitù, quale risulta dal titolo o dal possesso, e cioè la natura e l'essenza dell'utilitas che ne integra l'oggetto, e realizzi di per se stessa un mutamento sostanziale di tale contenuto sì da imporre al fondo servente un sacrificio ulteriore e diverso rispetto a quello originariamente contemplato, determinando la perdita in tutto o in parte della proprietà del bene da parte del titolare del fondo servente, l'innovazione medesima è da intendere assolutamente vietata.



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Svolgimento del processo

Con citazione 26. 5.1997 la Hy. srl, deducendo che con atto notarile del 16.2.1987 aveva acquistato da Fe.Ma. e Co.Ad. un terreno in Ol., gravato di diritto di servitù di passo sul mappale n. (...) in favore del fondo venduto dalle stesse Fe.Co. a Ch.Gi. e Bo.Lu. con atto notarile del 27.10.83 e che costoro avevano di fatto accorpato la striscia di terreno su cui doveva esercitarsi la servitù tramite l'avanzamento del cancello di accesso allo stesso tratto di strada e l'avanzamento della linea di confine verso il fondo di essa attrice, trasformandola arbitrariamente a giardino, convenne in giudizio costoro davanti al Pretore di Busto Arsizio, per ivi sentirli condannare al ripristino dello stato dei luoghi.

I convenuti, costituitisi, contestavano l'avverso dedotto e chiedevano il rigetto della domanda.

Con sentenza n. 27/99 il giudice adito, attese le conclusioni del c.t.u., ordinava ai convenuti di eliminare il cancello collocato sul mappale (...) e condannava i convenuti al pagamento delle spese di lite, rigettando ogni altra richiesta delle parti.

Con sentenza n. 1822/02, depositata il 3.7.02, la Corte di Appello di Milano, in parziale riforma della sentenza impugnata dalla parte soccombente, così decideva: respinge la proposta domanda volta all'ordine di eliminazione del cancello di cui è causa e condanna l'attrice-appellata a rifondere, in via solidale, ai convenuti-appellanti le spese dei due gradi di giudizio.

Per la cassazione della decisione ricorre la società soccombente esponendo un solo articolato motivo, cui resistono con controricorso gli intimati.

Le parti hanno presentato memorie.

Motivi del ricorso

Con l'unico motivo di ricorso, deducendo violazione e/o falsa applicazione degli artt. 832, 841, 1058, 1064, 1065, 1067, 1322, 1325, 1418, 1419, 1421,1659 c.c, si censura la sentenza impugnata nel punto in cui ha ritenuto che la facoltà concessa nei patti speciali contenuti nel contratto di acquisto degli attuali resistenti del 27.10.1983, richiamati nel contratto di acquisto della ricorrente Hy. srl del 16.2.1987, costituita dalla facoltà concessa ai primi acquirenti di recintare anche parte del fondo servente, costituito dal mappale (...), facente parte del compendio immobiliare successivamente venduto alla società Hy., era legittima, pur avendo comportato la perdita, per il fondo servente, del diritto di utilizzo di quella parte del bene destinato a servizio del fondo dominante.

Si sostiene che l'interpretazione fatta dalla Corte di merito contrasta con le disposizioni di legge regolanti la materia: con l'art. 1065 c.c., che prevede che la soddisfazione del bisogno del fondo dominante avvenga con il minore aggravio del fondo servente; con l'art. 1067 c.c. che stabilisce che il proprietario del fondo dominante non può fare innovazioni che rendano più gravosa la condizione del fondo servente; con gli artt. 841 e 1064 c.c. che stabiliscano che solo il proprietario ha diritto di chiudere il suo fondo, salvo l'obbligo di lasciare libero e comodo ingresso a chi ha diritto di servirsi dello stesso passaggio sullo stesso fondo.

Si assume conclusivamente che la nullità della convenzione deriva, oltre che dal fatto di essere contraria a norme che regolano la materia, altresì dalla mancanza di causa (ex artt. 1418-1325 c.c.), atteso che la costituzione della servitù ha comportato il passaggio di proprietà, senza corrispettivo, della striscia di terreno accorpata al fondo dominante e sottratta al fondo servente.

Il ricorso è fondato. Vale premettere che la servitù costituisce un diritto accessorio del diritto dominicale del fondo dominante, in quanto viene ad essere una qualità inseparabile del fondo stesso, ma, pur concretizzandosi in un rappporto di assoggettamento di un fondo ad un altro, che si concretizza nella restrizione della facoltà di godimento del fondo servente, essa, per la sua essenzialità, non può consistere nella totale elisione delle facoltà di godimento del fondo servente (Cass. n. 1288/1974) : l'incorporazione reale nel fondo dominante della parte del fondo servente destinata a servitù di passo in favore del primo costituisce un'innovazione non consentita perché, eliminando le facoltà di godimento del fondo servente, snatura la funzione dell'istituto, equiparandosi, quoad effectum, a un trasferimento della relativa proprietà "sine titulo" o in base a titolo nullo.

Contrastano con tale principio di diritto, ripetutamente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, le conclusioni cui è pervenuta la Corte di merito, la quale, pur riportando il parere espresso al rigurado dal c.t.u. ("i convenuti hanno concretamente proceduto, non già ad un più intenso uso della servitù di passaggio, bensì ad utilizzare a titolo di proprietà esclusiva spazi destinati a strada") ha ritenuto legittimo l'operato dei convenuti-attuali resistenti, considerando che gli stessi in base ai patti speciali, contenuti nel loro titolo di proprietà, "avevano la possibilità di recintare la striscia di terreno adibita a passaggio".

Ne consegue la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio, ad altra sezione della Corte di Appello di Milano, cui si raccomanda di attenersi al seguente principio di diritto:

- in tema di esercizio della servitale innovazioni consentite dal titolo, che possono rendere anche più gravosa la condizione del fondo servente in deroga al principio dettato dal primo comma dell'art. 1067 c.c., devono tuttavia essere intese nel senso che, restando immutata l'essenza della servitù, possono incidere unicamente sulle modalità concrete di esercizio di tale diritto. Qualora, invece, l'innovazione alteri il contenuto essenziale della servitù, quale risulta dal titolo o dal possesso, e cioè la natura e l'essenza dell'utilitas che ne integra l'oggetto, e realizzi di per se stessa un mutamento sostanziale di tale contenuto sì da imporre al fondo servente un sacrificio ulteriore e diverso rispetto a quello originariamente contemplato, determinando la perdita in tutto o in parte della proprietà del bene da parte del titolare del fondo servente, l'innovazione medesima è da intendere assolutamente vietata. -

P.Q.M.

accoglie il ricorso; cassa e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte di Appello di Milano.

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