Qualora sul confine dei fondi risulti eretto un muro divisorio, quand'anche le piante di alloro fossero da considerarsi quali alberi di alto fusto, esse potrebbero comunque essere mantenute anche a distanza inferiore a quella legale, purché la loro altezza non superi quella del muro

In tema di distanze degli alberi dal confine, ai sensi dell'articolo 892 cod. civ., e' legittima e non affetta da ultrapetizione la sentenza del giudice di merito che, nel giudizio instaurato con domanda di sradicamento degli alberi posti a dimora dal confinante proprietario a distanza inferiore a quella legale, ordini al convenuto medesimo di mantenere le piante ad altezza non eccedente la sommita' del muro di cinta, ai sensi dell'articolo 892 c.c., u.c.. Qualora sul confine dei fondi risulti eretto un muro divisorio, quand'anche le piante di alloro fossero da considerarsi quali alberi di alto fusto, esse potrebbero comunque essere mantenute anche a distanza inferiore a quella legale, purché la loro altezza non superi quella del muro.

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 4 gennaio 2013, n. 93



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo - Presidente

Dott. NUZZO Laurenza - Consigliere

Dott. MANNA Felice - Consigliere

Dott. CORRENTI Vincenzo - Consigliere

Dott. SCALISI Antonino - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 33047-2006 proposto da:

(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall'avvocato (OMISSIS);

- ricorrente -

contro

(OMISSIS) C.F. (OMISSIS) N.Q. DI CURATORE DI (OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato (OMISSIS);

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 24/2006 del TRIBUNALE di BARCELLONA P.G. SEDE DISTACCATA DI MILAZZO, depositata il 09/02/2006;
  udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/11/2012 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso e del controricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

(OMISSIS) con atto di citazione del 16 aprile 1999 conveniva in giudizio, davanti al Giudice di Pace di Milazzo, (OMISSIS), chiedendo la condanna della convenuta all'estirpazione di un filare di alloro e di due piante di nespolo posti in prossimita' del confine tra i due fondi di proprieta' delle rispettive parti. Chiedeva, altresi', il risarcimento dei danni subiti.

Si costituiva (OMISSIS) eccependo l'incompetenza per materia e per valore del giudice adito e contestava nel merito la fondatezza della domanda, formulando domanda riconvenzionale al fine di accertare il diritto di mantenimento delle piante in questione, anche se poste a distanza inferiore a quella prevista dalla legge, atteso che le stesse erano state piantate piu' di venti anni addietro.

Il Giudice di Pace di Milazzo, con sentenza n. 80 del 2003, respinte le eccezioni d'incompetenza per materia e per valore, rilevato che dalle risultanze della CTU era emerso che le piante oggetto di causa erano di giovane eta', condannava (OMISSIS) alla rimozione delle piante di nespolo in quanto poste a distanza dal confine inferiore a quella prevista dalla legge, condannava, altresi', la convenuta a garantire la periodica cimatura della siepe costituita dal filare di piante di alloro al fine di tenere la stessa sempre al di sotto dell'altezza di un metro pari all'altezza del muro di divisione posto al confine tra i due fondi, rigettava la richiesta di risarcimento del danno in quanto infondata, condannava, (OMISSIS) al pagamento della meta' delle spese di lite in favore di (OMISSIS).

Avverso questa sentenza proponeva appello, davanti al Tribunale di Barcellona, (OMISSIS) chiedendo l'integrale riforma della sentenza per due motivi: 1) perche' le piante di nespolo erano piante da frutto e la C.T.U. non aveva accertato un'altezza superiore a due metri e mezzo per cui le piante rientravano nella previsione dell'articolo 892 c.c., comma 1, n. 3 che prevede una distanza dal confine di circa 50 cm. e non, invece, quella indicata dal Giudice di Pace di m. 1,50; 2) il ragionamento del C.T.U. fatto proprio dal Giudice di Pace era contraddittorio laddove affermava che le piante di alloro, pur essendo disposte a siepe e pur essendo state qualificate come di natura arbustiva, venivano poi equiparate alle siepi di ontano e castagno o altre piante simili di alto fusto per le quali e' prevista una distanza minima di un metro e mezzo. Piuttosto, essendo il filare di alloro costituito da arbusti andava applicato l'articolo 892 c.c. che prevede la distanza minima dal confine di cm. 50.

Si costituiva (OMISSIS) la quale contestava i motivi di appello e, ad un tempo, proponeva appello incidentale per la riforma della sentenza, laddove aveva erroneamente ritenuto il filare di alloro come piante da siepe e non, invece, di alto fusto, e quella parte della sentenza, laddove aveva rigettato la domanda di risarcimento danni.
Il Tribunale di Barcellona, con sentenza n. 24 del 2006, confermava la sentenza di primo grado, compensava tra le parti le spese di lite del secondo grado. Secondo il Tribunale di Barcellona era corretta la valutazione del Giudice di Pace e, cioe', aver ritenuto che le piante di nespolo andavano classificate tra le piante di cui all'articolo 892 c.c., comma 1, n. 2 e andavano poste a distanza di un metro e mezzo dal confine, che la siepe di alloro andava equiparata alle siepi di ontano e castagno per le quali l'articolo 892 cod. civ. prevede una distanza dal confine di un metro.

La cassazione di questa sentenza e' stata chiesta da (OMISSIS) con ricorso affidato a due motivi. (OMISSIS) e per essa il suo curatore (OMISSIS), ha resistito con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo (OMISSIS) lamenta la violazione e falsa applicazione dell'articolo 892 cod. civ. in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 ed in applicazione del disposto di cui all'articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 4. Secondo la ricorrente, il Tribunale di Barcellona avrebbe dovuto dichiarare il difetto di motivazione in ordine alla sentenza del Giudice di Pace perche' il Giudice di Pace non avrebbe esposto le ragioni per le quali aveva ritenuto infondati i rilievi opposti alla CTU solo perche' erano stati avanzati dopo il deposito della relazione. E, scrive la ricorrente - ammettendosi in astratto che il Tribunale si sia sostituito al primo giudice per rispondere ai rilievi opposti alla relazione della CTU da parte ricorrente non ci e' chi non veda che il ragionamento non coglie nel segno, essendo stata evidenziata la pratica colturale irrazionale proprio dal CTU come segnato dai richiamati rilievi critici del CTP. Insomma - scrive ancora la ricorrente - l'assunto del giudice di appello e' infondato su una interpretazione non corretta delle circostanze di fatto a cui sono stati applicati errati principi di diritto.

1.1.- Il motivo e' infondato.

Va precisato che il Tribunale di Barcellona ha identificato il filare di piante di alloro di proprieta' di (OMISSIS), una siepe, in ragione delle indicazioni della C.T.U. e tenuto conto anche di quelle espressioni contenute nella C.T.U. che secondo la ricorrente, indurrebbero ad escludere che quel filare potesse essere inteso siccome siepe. In particolare, come e' detto nella stessa sentenza impugnata il CTU ha accertato che le piante oggetto di causa sono state poste per la formazione di una siepe. Pertanto l'identita' quale siepe di quel filare e' riscontrata dal Tribunale in ragione della specifica funzione che quel filare di alloro presentava di avere. Ne' la constatazione del il CTU secondo cui vi era una crescita disarmonica delle piante di alloro, con varie altezze raggiunte, tale che l'effetto siepe non si manifestava nella sua interezza, consente di escludere l'identita' di siepe di quel filare di piante di alloro, perche' la crescita disarmonica e il fatto che si registrasse per alcune piante un'altezza diversa avrebbe dovuto comportare (o avrebbe comportato) soltanto la necessita' di interventi di regolarizzazione e di intereventi di potatura.

1.1.b).- Tuttavia, la censura non ha ragione di essere anche perche' non coglie la ratio della decisione la quale risulta fondata piu' che sulla natura o identita' del filare di piante di alloro sul dato di fatto dell'esistenza di un muro di divisione posto sul confine dei fondi di cui si dice. Come ha chiarito il Tribunale di Barcellona nel caso in esame le distanze legali non dovevano essere rispettate perche' al confine tra i fondi di cui si dice vi era un muro divisorio e pertanto il filare delle piante di alloro (anche se, per ipotesi, quelle piante fossero ritenute alberi di alto fusto) poteva essere mantenuta anche a distanza inferiore rispetto alle distanze legali sempre che le piante poste a distanza inferiore dal confine non superassero l'altezza del muro di divisione.

2.- Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell'articolo 360 c.p.c., terza ipotesi in relazione all'articolo 892 c.c., u.c. per errata e falsa applicazione della norma. Avrebbe errato il Tribunale di Barcellona, secondo la ricorrente, per aver ritenuto che per la siepe di alloro, pianta ritenuta di alto fusto, non dovesse applicarsi la distanza prevista dall'articolo 892 c.c., comma 2 perche' esistente sul confine un muro divisorio, perche' come ha affermato questa Corte con la sentenza n. 12956 del 29/09/2000.

"Soltanto se il confine tra due fondi e' costituito da un muro divisorio, proprio o comune, e' consentito di mantenere una siepe di alberi di alto fusto a meno di tre metri da esso, perche' in tal caso il vicino non li vede e non subisce la diminuzione di aria, luce soleggiamento e panoramicita'".

2.1.- Anche questo motivo e' infondato.

A bene vedere il Tribunale di Barcellona ha seguito, mutatis mutandis l'orientamento espresso da questa Corte e richiamato dalla stessa ricorrente. Questa Corte ha avuto modo di affermare che "La nozione di muro divisorio, proprio o comune, che, a norma dell'articolo 892 cod. civ., comma 4, consente di non osservare le distanze stabilite per chi vuole piantare alberi presso il confine, coincide con quella di muro divisorio risultante dall'articolo 881 cod. civ., muro, a tali effetti, e' soltanto quel manufatto che impedisce al vicino di vedere le piante altrui, in quanto la ratio della norma e' appunto quella di nascondere le piante stessa alla vista del vicino".

Sicche' appare del tutto coerente con questo principio l'affermazione del Tribunale di Barcellona laddove ha chiarito che il filare delle piante di alloro, anche se posto a distanza inferiore a quella prevista dall'articolo 892 c.c., comma 2, diventava regolare per la presenza del muro di divisione sempre che quelle piante venissero mantenute ad un'altezza non superiore a quella del suddetto muretto (altezza di un metro) attraverso una costante manutenzione e periodici tagli cesori che favoriscono l'infittimento del fogliame ed inibiscono alla pianta, non solo di crescere in altezza, ma anche di sviluppare radici che possono svilupparsi e protendersi, fino al fondo del vicino cagionandone dei danni.

2.1.a).- Va qui ulteriormente osservato che, come ha affermato questa Corte in altra occasione, in tema di distanze degli alberi dal confine, ai sensi dell'articolo 892 cod. civ., e' legittima e non affetta da ultrapetizione la sentenza del giudice di merito che, nel giudizio instaurato con domanda di sradicamento degli alberi posti a dimora dal confinante proprietario a distanza inferiore a quella legale, ordini al convenuto medesimo di mantenere le piante ad altezza non eccedente la sommita' del muro di cinta, ai sensi dell'articolo 892 c.c., u.c..

In definitiva, il ricorso va rigettato e la ricorrente in ragione del principio di soccombenza ex articolo 91 c.p.c., condannata al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che verranno liquidate con il dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento del presente giudizio di cassazione che liquida in euro 2200,00 di cui euro 200,00 per esborsi.

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