Sulla ristrutturazione e ricostruzione di un edificio ai fini del rispetto delle distanze legali

La semplice ristrutturazione si verifica quando gli interventi, comportando modificazioni esclusivamente interne, abbiano interessato un fabbricato le cui componenti essenziali, quali muri perimetrali, strutture orizzontali e copertura siano rimasti inalterati. Diversamente la ricostruzione si ha quando le componenti dell'edificio, per evento naturale o per fatto umano, siano venute meno e l'intervento successivo non abbia comportato alcuna variazione rispetto alle originarie dimensioni dell'edificio, con particolare riferimento alla volumetria, alla superficie di ingombro occupata ed all'altezza.
Ne consegue che nel caso di aumento di una delle suddette componenti, si è presenza di una nuova costruzione, da considerare tale agli effetti del computo delle distanze rispetto agli immobili contigui. (Cassazione civile , sez. II, sentenza 07.09.2009 n° 19287)



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SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE II CIVILE

Sentenza 28 maggio - 7 settembre 2009, n. 19287

(Presidente Schettino - Relatore Piccialli)

Svolgimento del processo

Con atto notificato in data 2.6.95 D. B. e M. M., proprietarie di un immobile in Agliana, citarono al giudizio del Tribunale di Pistoia i vicini R. e N. M., ascrivendo loro sconfinamenti, occupazioni abusive e mancata osservanza delle distanze legali, anche nell'aperture di alcune finestre, commessi nella costruzione di un fabbricato sul loro fondo, conseguentemente chiedendo l'adozione dei provvedimenti, restitutori, inibitori e risarcitori del caso.

Costituitisi i convenuti, chiedevano il rigetto della domanda in tutti i suoi capi, segnatamente eccependo di aver rispettato il confine, così come accertato in un precedente giudicato tra le parti, e di aver solo ristrutturato un fabbricato preesistente, con osservanza delle precedenti distanze, altresì osservando, nell'apertura delle finestre, quella legale; quanto all'occupazione di una piccola parte del fondo degli attori, proponevano riconvenzionale domanda di accertamento dell'usucapione.

All'esito della svolta istruttoria documentale ed orale e dell'espletata consulenza tecnica di ufficio, con sentenza del 2.26-3-01 l'adito Tribunale in parte dichiarava inammissibili, perché precluse da giudicato (costituito da una sentenza del locale pretore, la 278/93, confermata in appello), ed in parte rigettava, per infondatezza, le richieste attrici; dichiarava, peraltro, inammissibile la domanda riconvenzionale, perché ancora pendente al riguardo il precedente giudizio.

Proposto dalle attrici appello, resistito dagli appellati, con proposizione di impugnazione incidentale limitata al governo delle spese (che il primo giudice aveva interamente compensato), con sentenza del 16.5-24.9.03 la Corte di Firenze rigettava il gravame principale ed, in parziale accoglimento di quello incidentale, compensava nella misura del 40% le spese del giudizio di primo grado, ponendole per il resto a carico delle attrici appellanti, regolando analogamente quelle del giudizio di appello.

La reiezione del gravame principale veniva motivata dalle essenziali considerazioni secondo le quali, come emerso dalla consulenza tecnica di ufficio e dai successivi chiarimenti del c.t.u., non smentito dalle “approssimative dichiarazioni di qualche teste” e da una tardiva e strumentale relazione tecnica di parte, i convenuti avevano ristrutturato, sia pure con ricostruzione di alcune parti e con talune difformità (“prospettiche, interne, distributive e di copertura”) non rilevanti sul piano dei rapporti civilistici, un precedente fabbricato nel rispetto delle precedente distanza legale di tre metri, sicché le finestre aperte ex novo nella parete prospettante sul fondo vicino erano da considerarsi legittime.

Avverso tale sentenza la B. e la M. hanno proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.

Hanno resistito R. e N. M. con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.

Motivi della decisione

Con l'unico motivo di ricorso si deduce “insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione a travisamento e omessa valutazione di elementi rilevanti, in violazione dell'art. 360 n. 5 c.p.c.”.

Si lamenta che i giudici di merito, nel fare affidamento sulla relazione “fortemente illogica” del consulente tecnico di ufficio, per converso disattendendo le critiche formulate dalle attrici nella comparsa conclusionale sulla scorta della relazione del consulente di parte, avrebbero indebitamente escluso che l'edificio in questione fosse stato oggetto di una ricostruzione ex novo, per il solo fatto che la riedificazione sarebbe avvenuta “per tratti successivi”. Ma tale valutazione non avrebbe tenuto conto che il fabbricato era stato ricostruito con materiali del tutto diversi (in particolare moderni mattoni in luogo dei preesistenti “sassi di fiume”), con realizzazione di una parete finestrata in luogo della precedente cieca, con innalzamento del livello del solaio e modifica del sottotetto, abusivamente adibito ad uso abitativo; tali difformità, costituite da maggiori volumi e maggiore altezza, puntualmente accertate dal Comune di Agliana, e comportanti violazione delle norme locali sulle distanze, erano state immotivatamente escluse o sottovalutate dai giudici di appello, che anche con riferimento all'effettiva distanza tra la parete finestrata ed il confine, in realtà di soli m 2,83-2,85, avrebbero apoditticamente liquidato le specifiche censure quali tardivi espedienti difensivi.

Il ricorso è fondato, poiché i giudici di appello, a fronte delle articolate censure formulate con l'atto di gravame, avrebbero dovuto fornire un'esauriente risposta al quesito centrale caratterizzante la controversia, stabilendo se l'intervento edilizio in questione avesse dato luogo, in tutto o in parte, ad una “ricostruzione”, assoggettabile alle maggiori distanze di cui alle sopravvenute norme edilizie locali, rispetto a quelle previste in origine.

La giurisprudenza di questa Corte in materia ha avuto, più volte, modo di affermare:

a) che la semplice ristrutturazione si verifica quando gli interventi, comportando modificazioni esclusivamente interne, abbiano interessato un fabbricato le cui componenti essenziali, quali muri perimetrali, strutture orizzontali e copertura siano rimasti inalterati;

b) che la ricostruzione si verifica allorquando le suddette componenti dell'edificio, per evento naturale o per fatto umano, siano venute meno e l'intervento successivo non abbia comportato alcuna variazione rispetto alle originarie dimensioni dell'edificio, con particolare riferimento alla volumetria, alla superficie di ingombro occupata ed all'altezza;

c) che,in caso di aumento di una delle suddette componenti, si è presenza di una nuova costruzione, da considerare tale agli effetti del computo delle distanze rispetto agli immobili contigui;

d) che in tali ultimi casi la distanza prevista dalle nuove disposizioni va comunque riferita al nuovo fabbricato nel suo complesso, ove lo strumento urbanistico contenga una norma espressa in tal senso, oppure, in mancanza, alle sole parti eccedenti le dimensioni dell'edificio originario (v. tra le altre, Cass. 6637/06, 1817/04, 6317/03, 14128/00, 4577/94, 3762/89).

Al fine della corretta applicazione dei suesposti principi, che in questa sede si ribadiscono, i giudici di merito avrebbero dovuto verificare se effettivamente, come sostenuto dalla parte convenuta, il nuovo edificio fosse conforme, nell'altezza e nella volumetria, a quello preesistente; quelli di secondo grado, in particolare, avrebbero dovuto fornire un'adeguata e convincente risposta alle censure degli appellanti, che non è dato, tuttavia, riscontrare nella motivazione, al riguardo elusiva e poco convincente, fornita dalla corte fiorentina.

Per quanto riguarda, in particolare, la volumetria del nuovo del fabbricato, i giudici di appello si limitano a riportare una considerazione, meramente ipotetica, del consulente tecnico di ufficio, secondo la quale gli “eventuali incrementi volumetrici che fossero stati ravvisabili ... non avrebbero comunque portato aggravi di alcun genere alla proprietà delle M.-B.”, senza considerare che siffatti incrementi, ove sussistenti, avrebbero dato luogo ad una nuova costruzione, come tale assoggettabile alle maggiori distanze imposte dalle norme vigenti all'epoca dell'intervento. Del pari non appagante risulta la risposta fornita alla questione dell'altezza, laddove la corte di merito si limita, senza alcun vaglio critico riferibile allo specifico contenuto delle relative fonti probatorie invocate dalle appellanti e con generico richiamo alla relazione peritale, a screditare: a) le risultanze di un rapporto dell'ufficio tecnico del Comune, poste a base di ordinanza sindacale ripristinatoria, al riguardo osservando che le stesse erano anteriori alla “pratica di condono edilizio” (notoriamente irrilevante sul piano dei rapporti civilistici) e che, pur facendo fede privilegiata del fatto “storico delle misurazioni”, non spiegherebbero analogo rilievo probatorio sulla relativa “esattezza”, considerazione quest'ultima che, seppur teoricamente condivisibile, avrebbe dovuto esser tuttavia integrata dalle specifiche ragioni in base alle quali siffatti accertamenti, compiuti da un organo da presumersi, per i compiti istituzionali svolti nel pubblico interesse, particolarmente idoneo a siffatte valutazioni (peraltro, nella specie, non di particolare complessità, risolvendosi nella misurazione delle dimensioni di un fabbricato), fossero in concreto tecnicamente inaffidabili; b) le deposizioni dei testi, riferenti della minore altezza del precedente fabbricato, bollandole di “approssimatività”, senza dare meglio conto di siffatto giudizio, né considerare che i ragguagli, al riguardo offerti da persone non interessate, non avrebbero potuto essere che de visu e, pertanto, necessariamente non precisi in ordine alle misure in questione.

Anche in ordine alla distanza tra il fabbricato ed il confine, che in ultima analisi, anche nell'ipotesi di ricostruzione nel rispetto delle precedenti dimensioni, assumeva rilevanza agli effetti dell'art. 905 c.p.c., in considerazione dell'incontroversa novità delle vedute realizzate nella parete prospiciente il fondo delle attrici, la motivazione della sentenza impugnata risulta poco appagante, limitandosi a disattendere, sol perché tardivi, i rilievi del consulente tecnico di parte, in quanto prodotti in primo grado soltanto con la comparsa conclusionale, ma senza tener conto che, non trattandosi di nuova eccezione o mezzo di prova, nessuna preclusione ex art. 345 c.p.c. ostava, in secondo grado, all'allegazione degli stessi, quale argomentazione tecnico - difensiva, funzionale alla tesi sostenuta nel gravame, secondo la quale l'effettiva distanza era inferiore a m. 3. Ed, anche a tal riguardo, l'acritica adesione dei giudici di appello al parere del c.t.u. non risulta meglio spiegata, se non con la considerazione, meramente formale, che al riguardo nessun rilievo sarebbe stato tempestivamente formulato nel grado precedente. La sentenza impugnata va, conclusivamente, cassata con rinvio,per il rinnovo del giudizio di appello in ordine ai punti della decisione come in precedenza censurati, ad altra sezione della corte territoriale di provenienza, cui si demanda anche il regolamento delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, ad altra sezione della Corte d'Appello di Firenze.

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