Un atto di divisione di un'unità immobiliare può contenere una volontà contraria al sorgere di una servitù per destinazione del padre di famiglia

Un atto di divisione di un'unità immobiliare può contenere una volontà contraria al sorgere di una servitù per destinazione del padre di famiglia, ai sensi dell'art. 1062, comma 2, c.c., perché nell'interpretazione delle clausole ivi contenute occorre rispettare le regole di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e s.s. c.c. che, nel caso di specie, avevano escluso la servitù di passaggio in favore di un più limitato diritto d'uso della cosa ex art. 1021 c.c..

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 10 ottobre 2012, n. 17269



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Luigi - Presidente

Dott. BURSESE Gaetano Antonio - Consigliere

Dott. MANNA Felice - rel. Consigliere

Dott. SCRIMA Antonietta - Consigliere

Dott. SCALISI Antonino - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6934-2011 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato (OMISSIS);

- ricorrenti -

contro

(OMISSIS) (OMISSIS);

- intimati -

Nonche' da:

(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato (OMISSIS);

- controricorrente e ricorrente incidentale condizionato -

contro

(OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato (OMISSIS);

- controricorrenti al ricorso incidentale condizionato -

avverso la sentenza n. 1318/2010 della CORTE D'APPELLO di BOLOGNA, depositata il 25/11/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/06/2012 dal Consigliere Dott. FELICE MANNA;

udito l'Avvocato (OMISSIS) con delega depositata, in udienza dell'Avv. (OMISSIS) il quale e' presente in aula, e chiedono l'accoglimento del ricorso principale;

udito l'Avv. (OMISSIS) difensore del controricorrente e ricorrente incidentale che chiede l'accoglimento del controricorso e ricorso incidentale condizionato e della memoria, insiste inoltre per l'integrazione del contraddittorio;

Le parti dichiarano concordemente che la Sig.ra E. (OMISSIS) e' deceduta e producono certificato di morte e che ha controversia in questione riguarda solo gli eredi in causa come da dichiarazione di coerede prodotta oggi;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GAMBARDELLA Vincenzo che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso principale, il ricorso incidentale rimane assorbito.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

(OMISSIS), proprietario (e per la quota di 1/3 nudo proprietario), in virtu' di atto di divisione del (OMISSIS), di un'unita' immobiliare facente parte di un piu' ampio fabbricato posto in (OMISSIS), agiva in confessoria servitutis, innanzi al locale Tribunale, nei confronti dei fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS) e della madre, (OMISSIS), al fine di accertare la costituzione per destinazione del padre di famiglia di una servitu' di passaggio da esercitarsi tramite un apposito scalone interno, incluso nelle proprieta' dei fratelli, titolari delle restanti porzioni immobiliari del medesimo fabbricato, sulle quali la madre esercitava il diritto di usufrutto. Domandava, altresi', la condanna dei convenuti al risarcimento del danno per il minor prezzo ricavabile dalla vendita del proprio immobile.

I convenuti (OMISSIS) e (OMISSIS) resistevano alla domanda, eccependo, tra l'altro, la prescrizione della dedotta servitu'.

(OMISSIS) non si costituiva.

Il Tribunale accoglieva la domanda e, dichiarata l'esistenza della servitu', condannava i convenuti al risarcimento dei danni, che quantificava in euro 413.165,52, pari alla differenza tra il prezzo di vendita dell'immobile di proprieta' attorea e quello che, convenzionalmente, lo stesso attore avrebbe spuntato dall'acquirente ove l'esistenza della servitu' in oggetto fosse stata accertata entro un dato termine.

L'appello proposto da (OMISSIS) e (OMISSIS) era respinto dalla Corte d'appello di Bologna.

La Corte bolognese, premesso che parte appellante non aveva articolato specifici motivi di gravame, per cui l'impugnazione appariva carente sotto il profilo dell'articolo 342 c.p.c., rilevava, nel merito, che, oggettivamente non controvertibili le condizioni per la costituzione della servitu' per destinazione del padre di famiglia, la principale questione tra le parti consisteva nell'accertare se con l'atto di divisione che aveva frazionato l'originariamente unica proprieta', le parti avessero, come sostenevano i convenuti, manifestato una volonta' contraria alla costituzione della servitu' ex articolo 1062 c.c.. Osservava, quindi, che la fondatezza di tale ipotesi non era riscontrabile nella previsione convenzionale di un'ulteriore e diversa possibilita' di passaggio per accedere alla proprieta' dell'attore.

Quanto ai danni, la Corte territoriale riteneva che la possibilita' di accedere all'immobile (anche) attraverso il prestigioso scalone nobiliare incideva in maniera apprezzabile sul valore del fondo dominante, e che la contestazione del relativo diritto di servitu', da parte dei convenuti, aveva generato una situazione di oggetti va incertezza che aveva indotto le parti del contratto di vendita (OMISSIS) del fondo di proprieta' di (OMISSIS) a pattuire un'apposita clausola in base alla quale la frazione di lire 800.000.000 del prezzo complessivo, pari a lire 3.750.000.000, sarebbe stata corrisposta al venditore solo se l'esistenza della servitu' in questione fosse sima accertata entro il 17.5.1998. Cio' non essendosi verificato, i convenuti dovevano ritenersi responsabili del mancato guadagno.

(OMISSIS) e (OMISSIS) propongono avverso detta sentenza ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

Resiste con controricorso (OMISSIS), il quale propone altresi' ricorso incidentale condizionato, affidato a due motivi, successivamente illustrati da memoria.

I ricorrenti resistono con controricorso al ricorso incidentale.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. - Preliminarmente va esclusa la necessita', prospettata nella memoria ex articolo 378 c.p.c. di parte controricorrente, d'integrare il contraddittorio nei confronti di (OMISSIS), non intimata benche' parte in entrambi i giudizi di merito.

Premesso che l'azione proposta da (OMISSIS) deve qualificarsi come confessoria servitutis, essendo volta all'accertamento positivo di un diritto limitato in re aliena, va osservato che e' fermo orientamento di questa Corte che l'actio confessoria o l'actio negatoria servitutis diretta - nell'ipotesi che il fondo dominante o quello servente o entrambi appartengano pro' indiviso a piu' proprietari - soltanto a far dichiarare, nei confronti di chi ne contesti o ne impedisca l'esercizio, l'esistenza della servitu' o a conseguire la cessazione delle molestie, non da luogo a litisconsorzio necessario, ne' dal lato attivo ne' da quello passivo. Solo qualora sia domandato anche un mutamento dello stato di fatto dei luoghi, mediante la demolizione di manufatti o di costruzioni, che incida su di un rapporto inscindibilmente comune a piu' soggetti, l'azione deve essere esperita nei confronti di tutti i proprietari, giacche' solo in tal caso la sentenza, ove non avesse efficacia nei confronti di tutti, risulterebbe ineseguibile e, pertanto, inutiliter data (cfr. ex pluribus, Cass. nn. 8261/02, 3156/98; 1632/96 e 1214/86).

Altrettanto paradigmatico nella sua costanza e' l'indirizzo che qualifica scindibile la causa di risarcimento del danno (s'intende, per equivalente monetario) proposta nei confronti di piu' soggetti, in solido fra loro (cfr. tra le tantissime, Cass. nn. 10042/06, 8105/06 e 8105/06), principio che subisce eccezione solo nel caso in cui l'accertamento della responsabilita' di uno dei condebitori presupponga necessariamente quello della responsabilita' degli altri (cfr. Cass. nn. 1771/12, 16391/09 e 21132/07).

1.1. - Nella fattispecie non risulta essere stata proposta alcuna domanda accessoria implicante una modifica materiale dello stato del fondo che si sostiene servente, mentre la richiesta di condanna dei convenuti al risarcimento del danno per la mera contestazione del diritto azionato non implica nessun nesso di interdipendenza interna fra le posizioni dei debitori, l'uno potendo risultare responsabile, in ipotesi, indipendentemente dall'altro.

2. - Sempre in limine va respinta l'eccezione d'inammissibilita' del ricorso incidentale, sollevata da parte ricorrente assumendo il difetto di procura speciale a proporre (oltre al controricorso, anche) l'impugnazione.

Dall'esame della separata procura speciale in atti, autenticata dal notaio (OMISSIS) il (OMISSIS) emerge che il mandato professionale agli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) e' stato conferito con "ogni piu' ampio potere e facolta' ivi compresa quella di proporre e accettare rinuncia agli atti, di farsi sostituire ...". La latitudine dell'incarico, tale da includere anche ipotesi recessive per la parte patrocinata, come la rinuncia agli atti del giudizio, non lascia adito a dubbi di sorta circa la volonta' del dominus di rimettere alla valutazione dei suoi difensori ogni deliberazione sulla strategia difensiva da seguire, e non puo', dunque, non comprendere la facolta' di proporre ricorso incidentale (per di piu' soltanto condizionato) per meglio resistere all'iniziativa processuale della parte avversa.

4. - Col primo motivo d'impugnazione i ricorrenti deducono l'omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 5. Sostengono di non aver mai contestato che sotto un profilo strettamente fattuale lo stato dei luoghi conseguente all'atto di divisione (OMISSIS) fosse consentaneo alla costituzione di una servitu' di passaggio per destinazione del padre di famiglia, esercitabile tramite lo scalone interno dell'edificio, ma aggiungono di aver sempre eccepito, agli effetti dell'articolo 1062 c.c., comma 2, che con tale atto i condividenti avevano manifestato una volonta' contraria alla costituzione di detta servitu', laddove avevano convenuto che (OMISSIS) o taluno dei suoi famigliari, qualora avessero adibito a propria abitazione l'unita' immobiliare assegnata a quest'ultimo, avrebbero avuto il diritto d'uso, cosi' come regolato dagli articoli 1021 e ss. c.c., del suddetto scalone, in concorso, ovviamente, con i proprietari di esso. Precisano, quindi, che nell'atto d'appello essi avevano, in aggiunta, sostenuto che l'esistenza di una volonta' contraria alla costituzione di una servitu' per destinazione del padre di famiglia, si evinceva anche dall'ulteriore previsione contrattuale con cui, identificata la porzione immobiliare assegnata a (OMISSIS), le parti ne avevano descritto la possibilita' d'accesso oltre che dalla via (OMISSIS), anche dalla via (OMISSIS), attraverso il cortile, il porticato ed il ballatoio distinti con il mappale (OMISSIS). Vi e', pero', proseguono i ricorrenti, che nel rigettare l'impugnazione la Corte d'appello si e' limitata ad esaminare unicamente quest'ultima previsione contrattuale, omettendo, cosi', di valutare la prima, avente ad oggetto un fatto, controverso e decisivo, il cui accertamento avrebbe condotto ad una decisione diversa, perche' evidenzia la contrarieta' dei condividenti alla costituzione di una servitu' di passaggio, essendo il diritto d'uso di contenuto minore rispetto alla servitu'.

5. - Il secondo motivo denuncia la violazione degli articoli 1362 e 1363 c.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5.

La Corte d'appello, chiamata ad accertare l'esistenza o non nell'atto di divisione di una volonta' contraria al sorgere di una servitu' per destinazione del padre di famiglia, ai sensi dell'articolo 1062 c.p.c., comma 2, ha violato le regole di ermeneutica contrattuale di cui agli articoli 1362 e ss c.c. perche' non ha preso in considerazione tutte le clausole e non le ha interpretate le une per mezzo delle altre, ma ha mancato di esaminare la anzi detta, fondamentale clausola.

6. - Con il terzo motivo parte ricorrente deduce la violazione degli articoli 1223, 1225, 1027, 1062, 1079 e 2056.

La Corte territoriale, si sostiene, ha erroneamente giudicato la situazione d'incertezza determinata dalla mera contestazione della servitu' come fatto idoneo a incidere sul valore oggettivo dell'immobile stesso, cosi' stabilendo una corrispondenza assolutamente erronea ed arbitraria, non potendosi equiparare la semplice contestazione all'effettiva inesistenza della servitu'. Quest'ultima, al pari di ogni diritto reale, si distingue per il requisito di assolutezza, che spiega il perche' la sua esistenza non e' in alcun modo condizionata dal suo riconoscimento o dalla sua contestazione ad opera di terzi. Inoltre, il diritto di sequela, facendo si' che la servitu' continui a gravare sul fondo servente nonostante il trasferimento della proprieta' di questo, dimostra che, nella specie, non vi e' alcuna relazione diretta tra il minor prezzo realizzato da (OMISSIS) nel vendere il proprio immobile e la contestazione della servitu' ad opera degli odierni ricorrenti, perche' tale contestazione non avrebbe potuto in alcun modo influenzare il valore oggettivo del bene, legato soltanto all'accertamento dell'esistenza o meno della servitu'.

Il diritto di servitu', prosegue parte ricorrente, non aveva alcuna necessita' di essere riconosciuto dai convenuti entro la data del 14.5.1998, secondo quanto previsto nel contratto di vendita del fondo di proprieta' dell'attore, anche perche' il suo mancato riconoscimento non era idoneo a determinare quel minor valore del bene per il quale era stata trattenuta la somma di lire 800.000.000 corrispondente alla diminuzione di prezzo. La statuizione di condanna al risarcimento del danno e', sostengono i ricorrenti, del tutto illegittima, perche' la causazione dell'asserito danno non e' stata conseguenza immediata e diretta del comportamento tenuto dai convenuti, secondo quanto espressamente previsto anche dall'articolo 1223 c.c., posto che la situazione d'incertezza in ordine all'esistenza o meno del diritto di servitu' non poteva condurre ad alcuna limitazione del valore del fondo preteso dominante.

Infine, i ricorrenti osservano che l'attore ben avrebbe potuto condizionare la corresponsione di tale importo da parte dell'acquirente all'esito della sentenza di accertamento o meno di tale diritto, per il quale egli sin dal (OMISSIS) (e cioe' da epoca anteriore alla vendita) aveva instaurato la presente lite.

7. - Il primo motivo di ricorso incidentale condizionato. Enuncia la violazione e falsa applicazione dell'articolo 132 c.p.c., articolo 156 c.p.c., comma 2 e articolo 342 c.p.c., nonche' la nullita' della sentenza, in relazione, rispettivamente, all'articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.

Sostiene parte controricorrente che la sentenza d'appello, nonostante abbia rilevato la mancata osservanza da parte appellante dell'articolo 342 c.p.c., non ha ne ha poi tratto la dovuta conclusione, ossia l'inammissibilita' del gravame, limitandosi a rigettarlo. Cio' si risolve in un contrasto fra motivazione e dispositivo che, non essendo sanabile, determina la nullita' della sentenza impugnata.

8. - Con il secondo motivo e' dedotta l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Richiamandosi a Cass. n. 7173/92, che a sua volta richiama Cass. nn. 1090/71 e 39/52, parte controricorrente sostiene che la ridetta contraddittorieta' fra motivazione e dispositivo puo' generare anche il diverso vizio di cui all'articolo 360 c.p.c., n. 5, in considerazione del fatto che una motivazione contrastante col dispositivo rende quest'ultimo privo di ogni giustificazione, coincidendo in sostanza con l'ipotesi di motivazione omessa.

9. - Nelle sue conclusioni il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi l'inammissibilita' del ricorso principale in quanto privo di censura in ordine ad una delle due rationes deciderteli della sentenza impugnata, basata, oltre che su considerazioni di merito, anche sull'inammissibilita' dell'appello per carente articolazione di motivi specifici di censura, ai sensi dell'articolo 342 c.p.c..

10. - Benche' condizionato, il ricorso incidentale va esaminato con priorita' e congiuntamente alla collegata questione d'inammissibilita' del ricorso principale. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, anche alla luce del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, secondo cui fine primario di questo e' la realizzazione del diritto delle parti ad ottenere risposta nel merito, il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, che investa questioni pregiudiziali di rito, ivi comprese quelle attinenti alla giurisdizione, o preliminari di merito, ha natura di ricorso condizionato, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte, e deve essere esaminato con priorita' solo se le questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito, rilevabili d'ufficio, non siano state oggetto di decisione esplicita o implicita (ove quest'ultima sia possibile) da parte del giudice di merito. Qualora, invece, sia intervenuta detta decisione, tale ricorso incidentale va esaminato dalla Corte di cassazione, solo in presenza dell'attualita' dell'interesse, sussistente unicamente nell'ipotesi della fondatezza del ricorso principale (v. Cass. S.U. n. 5456/09).

10.1. - Ne' il ricorso incidentale, ne' le conclusioni del Procuratore generale possono accogliersi.

10.1.1. - Richiamata la nota giurisprudenza di questo S.C. secondo cui ove la sentenza sia sorretta da una pluralita' di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l'omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l'autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l'annullamento della sentenza (v. per tutte e da ultimo, Cass. n. 22753/11), deve rilevarsi che l'autorita' del giudicato e' circoscritta oggettivamente in conformita' alla funzione della pronunzia giudiziale, diretta a dirimere la lite nei limiti delle domande hinc et inde proposte, sicche' ogni affermazione eccedente la necessita' logico giuridica della decisione deve considerarsi un obiter dictum, come tale non vincolante (Cass ?n. 1815/12, 6088/01 e 9775/97).

Quest'ultimo consiste in un'affermazione di tipo parentetico non strettamente necessaria alla decisione e alla sua ratio, una mera aggiunta, cioe', che per la sua funzione di complemento non coessenziale all'architettura logica della sentenza, non possiede una propria autonomia fondante e non richiede, pertanto, di essere confutata nei motivi d'impugnazione.

Infine, deve aggiungersi che lo stesso scopo del distinguo tra ratio decidendi e obiter dictum, funzionale, relativamente alle sentenze di merito, alla delimitazione di cio' che deve essere specificamente contestato con l'atto d'appello, richiede, per il principio di correttezza processuale alla cui applicazione neppure il giudice e' estraneo, che le ragioni della decisione, anche se implicite, siano chiaramente percepibili e intelligibili, in modo da far intendere il rilievo che il giudice stesso ha collegato ad un'argomentazione piuttosto che ad un'altra.

10.1.2. - Nello specifico, la Corte territoriale, subito dopo l'incipit dell'infondatezza del gravame e della conseguente sua reiezione, si e' limitata ad osservare: "Parte appellante non articola specifici motivi d'appello (e, sotto questo profilo, l'impugnazione appare carente in riferimento al disposto di cui all'articolo 342 c.p.c.) riprendendo, comunque, tutte le argomentazioni ed eccezioni gia' sviluppate nel corso del giudizio di primo grado". Segue il sintetico riepilogo delle ragioni per cui parte appellante aveva ritenuto erronea la decisione del Tribunale sia in ordine alla ricostruzione in fatto e in diritto del titolo costitutivo della servitu' (destinazione del padre di famiglia), sia in merito alla domanda risarcitoria, e, di poi, lo sviluppo motivazionale nel merito della controversia.

Cio' posto, e' da escludere che l'accenno iniziale alla carenza del requisito di specificita' dei motivi d'appello costituisca autonoma ratto dividendi. La Corte d'appello ha semplicemente segnalato una questione pregiudiziale, ma alla prova della lettura del seguito della sentenza non l'ha ne' affrontata, ne' risolta, preferendo esaminare direttamente il merito. Si tratta, a ben vedere, di un mero obiter dictum non solo e non tanto per il segno grafico (la parentesi, appunto) con cui il richiamo all'articolo 342 c.p.c. si inserisce nella motivazione, ma anche e soprattutto per il carattere sostanzialmente perplesso dell'argomentare della Corte felsinea, attestato dall'uso non comprensibile della parola "comunque" in funzione (apparentemente non avverbiale, ma) di congiunzione avversativa tra due notazioni (la mancata articolazione di motivi specifici e la ripresa di tutte le precedenti argomentazioni gia' sviluppate in primo grado) che, altrimenti, tenderebbero semmai a sostenersi a vicenda. Estendendo - come deve estendersi - il discorso dalla dimensione grammaticale della frase alla comprensione del testo, va osservato poi che la successiva illustrazione dei motivi di gravame sia seguita non gia' da un giudizio di aspecificita' e quindi d'inammissibilita', ma dalla loro confutazione nel merito. Cio' dimostra che i giudici di secondo grado non hanno attribuito alla questione un'importanza decisiva, e legittima il dubbio che, in realta', essi abbiano ritenuto potenzialmente dotata di rilievo ai sensi dell'articolo 342 c.p.c. non la mancanza di critiche argomentate, ma la mera assenza - di per se', invece, ininfluente - di una loro ordinata elencazione o intitolazione (il che spiegherebbe come mai l'espressione sopra riportata evidenzi il difetto non tanto di motivi specifici, quanto della loro "articolazione").

10.1.3. - Quanto sopra dimostra, ad un tempo, l'inesistenza di una ratio deciderteli in rito e l'infondatezza della denunciata nullita' della sentenza d'appello, non potendosi istituire un nesso di contraddittorieta' tra obiter dictum e dispositivo.

10.1.4. - Non senza aggiungere, in ordine al secondo mezzo del ricorso incidentale, che il vizio di cui all'articolo 360 c.p.c., n. 5 non puo' avere ad oggetto (neppure nella formulazione della norma ante Decreto Legislativo n. 40 del 2006) una questione di rito, ma sempre e soltanto un fatto (o un punto di fatto) controverso e decisivo (cfr. per tutte e da ultimo, Cass. S.U. n. 28054/08), e tale non e', ad evidenza, la validita' degli atti processuali. Ipotizzato un contrasto insanabile tra motivazione duplice, d'inammissibilita' in rito e di rigetto nel merito, e dispositivo di solo rigetto, non sarebbe quest'ultimo a rimanere privo di giustificazione, ma la motivazione in termini d'inammissibilita' a mancare di riscontro in dispositivo.

11.- Ne', in effetti, i motivi d'appello peccavano di specificita', questione da esaminare sia perche' implicita nei motivi del ricorso incidentale, sia perche', in ogni caso, oggetto di verifica anche d'ufficio, in sede di legittimita', una volta escluso (come nella specie e' escluso in base alle considerazioni svolte supra al 10.1.2.) che sul punto vi sia stata pronuncia da parte del giudice d'appello (giurisprudenza costante di questa Corte: cfr. per tutte e tra le piu' recenti, Cass. 15405/10 e 24047/09).

Dal contenuto del controricorso al ricorso incidentale si evince che gli appellanti avevano espressamente censurato la sentenza di primo grado, nella parte in cui aveva ritenuto che l'attribuzione a (OMISSIS) della comproprieta' sulle porzioni di cui al subalterno 54 e dell'indicazione di esse come costituenti il percorso di accesso dalla via (OMISSIS) alla proprieta' attorea esclusiva, trovasse unica giustificazione nella necessita' di riconoscere a quest'ultimo una servitu' di passaggio sullo scalone, senza limitazioni temporali e senza altre condizioni. E tale soluzione essi hanno criticato specificamente e adeguatamente, lamentandone il difetto di adeguata motivazione e il contrasto con l'interpretazione dell'assetto dell'atto divisorio, in particolare li' dove le parti avevano espressamente convenuto "che qualora il medesimo Sig. (OMISSIS) o taluno dei suoi famigliari, avessero ad adibire a propria abitazione la suddetta unita' immobiliare distinta dal mapp.(OMISSIS) sub (OMISSIS), avranno il diritto di uso, cosi' come regolato dagli articoli 1201 e ss. c.c., del suddetto scalone, in concorso ovviamente con i proprietari dello scalone medesimo".

12. - I primi due motivi del ricorso principale da esaminare congiuntamente per la comune inerenza alla medesima questione dell'esistenza di una volonta' contraria alla costituzione della servitu' per destinazione del padre di famiglia, ai sensi dell'articolo 1062 c.c., comma 2 sono fondati.

12.1. - Com'e' noto, secondo costante giurisprudenza di questa Corte, per poter configurare il vizio di motivazione su un asserito punto decisivo della controversia e' necessario un rapporto di causalita' fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza (Cass. nn. 14973/06, 9368/06, 5473/06 e 10156/04); in particolare, il vizio di insufficienza e' configurabile soltanto quando dall'esame del ragionamento svolto dal giudice del merito e quale risulta dalla sentenza stessa impugnata emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione (cfr. Cass. nn. 15264/07, 14084/07, 2272/07, 9233/06, 1014/06 e 15355/04).

E ancora, quanto al vizio di violazione dei canoni ermeneutici contrattuali, va richiamato l'orientamento, del pari costante, in base al quale in tema di interpretazione del contratto, ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti, il principale strumento e' rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate nel contratto; il rilievo da assegnare alla formulazione letterale deve essere verificato alla luce dell'intero contesto contrattuale, e le singole clausole vanno considerate in correlazione tra loro, dovendo procedersi al loro coordinamento a norma dell'articolo 1363 c.c., e dovendosi intendere per "senso letterale delle parole" tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che la compone, e non gia' in una parte soltanto, quale una singola clausola di un contratto composto di piu' clausole, dovendo il giudice collegare e raffrontare tra loro frasi e parole al fine di chiarirne il significato (v. ex pluribus, Cass. nn. 9755/11, 4670/09, 18180/07, 4176/07 e 28479/05).

12.1.1. Nello specifico, gli appellanti avevano basato la loro tesi difensiva, diretta ad affermare l'esistenza nell'atto di divisione (OMISSIS) di una volonta' contraria alla costituzione della servitu' per destinazione del padre1 di famiglia, essenzialmente su due circostanze di fatto. La prima costituita da cio', che l'accesso alla porzione immobiliare ad uso ufficio assegnata a (OMISSIS) era stato espressamente previsto, oltre che dal n. (OMISSIS), anche dall'entrata di via (OMISSIS), attraverso il cortile, il porticato ed il ballatoio distinti dal mapp. (OMISSIS). La seconda consistente nella clausola secondo cui "qualora il medesimo Sig. (OMISSIS) o taluno dei suoi famigliari, avessero ad adibire a propria abitazione la suddetta unita' immobiliare distinta dal mapp.(OMISSIS) sub (OMISSIS), avranno il diritto di uso, cosi' come regolato dagli articoli 1201 e ss. c.c., del suddetto scalone, in concorso ovviamente con i proprie tari dello scalone medesimo".

12.1.2. - Orbene, la Corte bolognese, nonostante gli appellanti avessero specificamente censurato (anche) la mancata considerazione di quest'ultima clausola da parte del Tribunale, ha omesso qualsivoglia considerazione al riguardo, limitandosi a ribadire l'impostazione decisoria di primo grado, focalizzata esclusivamente sulla prima delle due circostanze anzi dette (quella riguardante la previsione del passaggio da via (OMISSIS)). E cosi' ha osservato, concordemente a quanto ritenuto dal giudice di prime cure, che tale previsione, se valeva ad attribuire il diritto di passaggio per accedere alla porzione immobiliare assegnata a (OMISSIS) anche per il tramite dell'ingresso di via (OMISSIS), del porticato, del cortile e del ballatoio, per poi transitare nella scala con accesso dal portone di via (OMISSIS), non valeva tuttavia ad escludere ne' esplicitamente, ne' implicitamente la servitu' ex articolo 1062 c.c. nel percorso principale attraverso due rampe dello scalone di cui si discuteva in causa, trattandosi di clausola che, aggiungendo un'ulteriore possibilita' d'accesso, non era incompatibile con la volonta' di lasciare integra la situazione di fatto che, in forza di legge, avrebbe determinato la costituzione della predetta servitu'.

12.1.3. - Dunque, nessuna considerazione, neppure implicita, la Corte territoriale ha operato in ordine alla seconda circostanza.

Tale difetto:

a) rende nel complesso insufficiente la motivazione su di un fatto - l'attitudine della clausola innanzi riportata a integrare gli estremi di un accordo contrario alla costituzione della servitu' per destinazione del padre di famiglia - controverso e decisivo, ove si consideri che proprio tale clausola, non meno ed anzi ben piu' della prima, e' direttamente ed espressamente volta a regolare proprio l'utilizzazione dello scalone, che a sua volta rappresenta lo specifico locus della servitu' di cui si controverte in causa. In altri termini, la Corte d'appello non solo non ha motivato compiutamente, ma ha finito per tralasciare proprio la clausola il cui senso, nel contesto della valutazione complessiva dell'atto negoziale, potrebbe risultare risolutivo per il suo esplicito e immediato riferimento all'oggetto stesso della lite;

b) viola l'articolo 1363 c.c. nella misura in cui risulta aver fatto dipendere la decisione dell'interpretazione di un'unica clausola, senza interrogarsi sul significato complessivo dell'atto e delle restanti clausole, tra cui, appunto, quella innanzi richiamata.

13. - L'accoglimento dei ridetti motivi assorbe l'esame del terzo, relativo alla dipendente statuizione risarcitoria.

14. - Conclusivamente, respinto il ricorso incidentale, la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti del ricorso principale, con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Bologna, che provvedera' anche sulle spese di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso principale, assorbito il terzo, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Bologna che provvedera' anche sulle spese di cassazione.
 

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