Risoluzione delle controversie

Definizione delle controversie relative all'affidamento e l'esecuzione dei lavori. Principi e regole per la tutela giurisdzionale e non, con particolare riferimento alal giurisdzione, all'arbitrato ed all'istituto dell'informazione preventiva di cui all'art.243 bis del cpa..

La materia della tutela nel settore dei lavori pubblici è assoggettata ad una serie di regole particolari sia per quanto concerne il riparto delle giurisdizioni, sia relativamente all’iter processuale. Relativamente al riparto di giurisdizioni, bisogna distinguere tra la fase dell’affidamento dei lavori e quella della loro esecuzione: la prima, caratterizzata da atti di connotato pubblicistico, è riservata alla cognizione del giudice amministrativo; la seconda, caratterizzata dalla presenza di diritti e obblighi delle parti discendenti dal vincolo negoziale, è attribuita alla cognizione del giudice ordinario o, in sua vece, agli arbitri. Relativamente alle norme processuali, nel corso degli anni sono state emanate numerose norme a carattere speciale in deroga all’ordinaria disciplina del giudizio amministrativo, che hanno seguito due direzioni: predisporre meccanismi volti ad assicurare una sollecita conclusione del giudizio, nonché fissare limiti di vario genere alla potestà del giudice amministrativo di procedere alla sospensione cautelare dei lavori.

Definizione delle controversie relative all’affidamento dei lavori

La competenza del giudice amministrativo in ordine alla fase iniziale della realizzazione di un’opera pubblica in origine riguardava la tutela dei soli interessi legittimi discendenti dalla sequela di atti volti alla scelta dell’appaltatore, essendo volta alla censura dei tradizionali vizi degli atti amministrativi (violazione di legge, incompetenza, eccesso di potere), ma non anche a decidere su eventuali diritti che fossero insorti in capo alle imprese concorrenti. Successivi e numerosi interventi legislativi hanno esteso la competenza, si badi bene, esclusiva del giudice amministrativo in materia di lavori pubblici, anche all’eventuale lesione di diritti verificatasi nella fase d’affidamento, concedendogli, tra l’altro, la facoltà, tipica della tutela dei diritti soggettivi, di emanare provvedimenti volti alla reintegrazione in forma specifica o al risarcimento del danno ingiusto.
Dal punto di vista procedimentale, il giudizio soggiace alle condizioni di ammissibilità tipiche del giudizio amministrativo; sono necessari, cioè, la titolarità in capo alla parte istante di un interesse legittimo o di un diritto soggettivo, l’interesse ad agire, nonché la necessaria natura amministrativa dell’atto impugnato.
In materia processuale, come detto, numerose sono le norme che derogano alla normale disciplina: basti pensare alla riduzione della metà di tutti i termini processuali, ad esclusione di quello per la presentazione del ricorso; oppure quelle relative alle particolari norme che regolano la fase cautelare, caratterizzata dalla necessità di un maggior grado di consistenza sia in tema di periculum in mora che di fumus boni iuris, senza dimenticare il termine ridotto per la pubblicazione del dispositivo della sentenza, fissato in soli sette giorni.

Definizione delle controversie relative all’esecuzione dei lavori

Le vicende dell’esecuzione dell’opera possono determinare l’insorgere, tra l’appaltatore e la P.A., di controversie dal contenuto più vario, riguardanti l’esattezza delle registrazioni contabili, le problematiche relative alla direzione dei lavori, eventuali inadempimenti di obblighi del contratto a carico delle parti, e così via, ma tutte si concretano in pretese dell’appaltatore verso l’amministrazione e viceversa. Va posto in rilievo che sono state dettate norme specifiche relative alla proposizione delle domande provenienti dall’appaltatore.
Esse rispondono tutte al principio in base al quale le contestazioni relative all’esecuzione dei lavori mosse dall’appaltatore devono preventivamente essere segnalate, in forma scritta, mediante l’apposizione di una riserva sui documenti contabili che sono oggetto di contestazione. La riserva, si badi bene, non è la domanda giudiziale, ma è un espediente tecnico che permette all’appaltatore di sottoscrivere il registro di contabilità facendo salvo il diritto di contestazione e di proporre le proprie domande. L’onere di apporre la riserva preventivamente alla proposizione della domanda giudiziale non si sostanzia con l’apposizione di una riserva generica, ma anche con la proposizione sullo stesso registro contabile delle pretese che la riserva stesse mantiene in vita.
Tutte le decisioni in ordine alla formulazione delle riserve sono rimesse alla fase del collaudo e se, a seguito dello stesso l’appaltatore, non vedrà soddisfatte le proprie domande, dovrà seguire la strada della domanda giudiziale, le cui norme e il cui procedimento si differenziano a seconda dell’importo dei lavori previsti dall’appalto, da proporsi davanti al giudice ordinario, o quella dell’arbitrato.

Prima di azionare le forme di tutela giurisdizionali l'appaltatore è tuttavia tenuto ai sensi dell'art. . 243-bis d.lgs. 163/06 ad  informare le stazioni appaltanti della presunta violazione e della intenzione di proporre un ricorso giurisdizionale.

 L'informazione è fatta mediante comunicazione scritta e sottoscritta dall'interessato, o da un suo rappresentante, che reca una sintetica e sommaria indicazione dei presunti vizi di illegittimità e dei motivi di ricorso che si intendono articolare in giudizio, salva in ogni caso la facoltà di proporre in giudizio motivi diversi o ulteriori. L'interessato può avvalersi dell'assistenza di un difensore.

La comunicazione può essere presentata fino a quando l'interessato non abbia notificato un ricorso giurisdizionale. L'informazione è diretta al responsabile del procedimento e  può essere effettuata anche oralmente nel corso di una seduta pubblica della commissione di gara ed è inserita nel verbale della seduta e comunicata immediatamente al responsabile del procedimento a cura della commissione di gara.

La presentazione dell'informativa non impedisce l'ulteriore corso del procedimento di gara, né il decorso del termine dilatorio per la stipulazione del contratto, fissato dall' articolo 11 , comma 10, né il decorso del termine per la proposizione del ricorso giurisdizionale.

 La stazione appaltante, entro quindici giorni dalla comunicazione comunica le proprie determinazioni in ordine ai motivi indicati dall'interessato, stabilendo se intervenire o meno in autotutela. L'inerzia equivale a diniego di autotutela.

L'omissione della comunicazione e l'inerzia della stazione appaltante costituiscono comportamenti valutabili, ai fini della decisione sulle spese di giudizio, nonché ai sensi dell'articolo 1227 del codice civile.

Il diniego totale o parziale di autotutela, espresso o tacito, è impugnabile solo unitamente all’atto cui si riferisce, ovvero, se quest’ultimo è già stato impugnato, con motivi aggiunti.

L’arbitrato nell’appalto di lavori pubblici

Tutte le controversie derivanti dall’esecuzione del contratto d’appalto, comprese quelle relative al mancato raggiungimento di un accordo bonario in tema d’apposizione di riserve, possono essere deferite ad arbitri e, nella maggior parte dei casi le regole per accedere alla procedura arbitrale sono dettate dagli stessi contratti d’appalto.
Per celebrare il giudizio arbitrale in base a clausola compromissoria non è necessaria la previa stipulazione di un compromesso, essendo sufficiente l’iniziativa unilaterale della parte interessata, consistente nella cosiddetta domanda d’arbitrato, da presentare per iscritto. Con tale domanda la parte dichiara la propria intenzione di promuovere il procedimento, propone la domanda e procede, nella parte in cui le spetta, alla nomina degli arbitri, che deve essere effettuata tra professionisti di particolare esperienza nella materia dei lavori pubblici.
Secondo le norme del codice civile, il procedimento arbitrale non è vincolato a regole particolari, ma in materia d’appalto di opere pubbliche numerose normative speciali hanno posto una serie di paletti da rispettare
Circa i limiti della competenza del collegio arbitrale, specialmente per quanto riguarda gli atti amministrativi, valgono gli stessi principi che in materia valgono per gli organi di giurisdizione ordinaria, pertanto il collegio arbitrale (che è l’unico e solo organo giudicante, mentre non lo sono in singoli arbitri che lo compongono, privi di un autonomo poter decisorio) conosce anche della legittimità degli atti amministrativi ma, come il giudice ordinario, non può né revocarli né annullarli né modificarli, limitandosi a conoscerne gli effetti in relazione dell’oggetto dedotto in giudizio.
Le norme dettate in materia di appalti dispongono che la competenza arbitrale possa essere esclusa con una apposita clausola inserita nei bandi o negli inviti alla gara, oppure nel contratto in caso di trattativa privata. Ad ogni modo, in base alla normativa vigente, tanto la parte istante quanto quella intimata debbono nominare gli arbitri di propria competenza, rispettivamente, nella domanda di arbitrato e nell’atto di resistenza, restando libere di ricusare uno o più arbitri nominati.
Il primo atto del procedimento arbitrale è costituito dal tentativo di conciliazione, espletato al momento della redazione del verbale di costituzione del collegio, allorquando le parti e i loro difensori sono convocati a tal fine e se il tentativo sortisce esito positivo, il collegio redige apposito verbale, contenente i modi e i termini dell’intervenuto accordo.
In caso negativo, invece, si procede all’istruttoria arbitrale, cui segue, entro 180 giorni decorrenti dalla data di costituzione del collegio, la pronuncia del lodo, che deve essere assunto secondo le norme di diritto, salvo che le parti abbiano autorizzato il collegio a pronunciarsi secondo equità.
Il lodo si forma attraverso tre stadi: conferenza personale di tutti gli arbitri, deliberazione, redazione per iscritto.
La parte che intende rendere esecutivo il lodo deve depositarlo in originale o in copia conforme, insieme con l’atto di compromesso, o altro atto contenente la clausola compromissoria, nella cancelleria del Tribunale nella cui circoscrizione ha sede l’arbitrato, il quale procede ad una verifica volta al controllo della regolarità formale del lodo, senza entrare nel merito della decisione, limitandosi ad accertare la sussistenza di tutti i requisiti previsti a pena di nullità, e, in caso di verifica positiva, rendendolo esecutivo.
La decisione resa dal Collegio arbitrale potrà essere impugnata avanti la Corte d’Appello competente per territorio, proponendo, azione di impugnazione per nullità, oppure azione di revocazione ed opposizione di terzo, tutti esperibili indipendentemente dall’avvenuto deposito del lodo presso la cancelleria del Tribunale.
Successivamente, la sentenza pronunciata dal giudice dell’impugnazione potrà essere impugnata con ricorso per Cassazione, sia per il caso in cui l’impugnazione sia stata respinta che per l’ipotesi di accoglimento del gravame con conseguente dichiarazione di nullità del lodo arbitrale.

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