Criteri di determinazione della responsabilità del costruttore per vizi dell'opera

Il giudice di merito, quando sia chiamato ad accertare le responsabilità che derivano dalla rovina o da gravi difetti dell'opera non può limitarsi a riscontrare che l'opera non è stata eseguita "in economia", ma deve verificare, quando alla realizzazione abbiano contribuito una pluralità di soggetti, se ed in quali specifici limiti la costruzione sia a ciascuno di essi materialmente od ideologicamente attribuibile.
E' quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 16202/2007.



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Con il primo motivo, il ricorso principale denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1669 e 2511 c.c., avendo la sentenza impugnata escluso nella Cooperativa la qualità e la responsabilità di costruttore-venditore dell'edificio condominale, benchè l'assegnazione delle unità immobiliari in esso ricompreso ai suoi soci prenotatari si configurasse come un atto traslativo della proprietà a titolo oneroso e la Cooperativa avesse progettato e diretto i lavori di costruzione e li avesse commissionati ad artigiani, idraulici e falegnami, ed appaltati alla società ***** limitatamente alla parte edilizia. Con il secondo motivo, lamenta l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla valutazione della diretta progettazione e direzione dei lavori di costruzione da parte del presidente della Cooperativa e dell'appalto degli stessi sia alla società ******* e sia ad altri artigiani, nonchè della corrispettività tra le somme versate dai soci e l'assegnazione delle unità immobiliari. I motivi, che per loro logica connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati. La sentenza impugnata, correttamente sottolineato che la garanzia per la rovina od i difetti di cose immobili, stabilita dall'art. 1669 c.c., si applica anche al costruttore-venditore, ha escluso il concorso nella Cooperativa di entrambe le qualità, in base alla duplice considerazione della mancanza di uno scopo di lucro negli atti di assegnazione delle unità immobiliari ai soci prenotatari e dell'omessa fornitura (rectius: impiego) di mezzi e di manodopera propria per la realizzazione dell'edificio condominiale. Quanto al primo assunto, tuttavia, non ha rilevato che, come già affermato da questa Corte (cfr.: cass. civ., sez. 1^, sent. 18 gennaio 2001, n. 694) la comunione di scopo, caratterizzante la partecipazione dei soci nelle società cooperative aventi ad oggetto lo scambio di prestazioni o beni tra quest'ultima ed i suoi partecipanti, non connota anche il rapporto nell'ambito del quale lo scambio avviene e, nel caso particolare delle cooperative edilizie, la fase della assegnazione ai soci prenotatari delle unità immobiliari, nella quale il trasferimento della proprietà si configura inevitabilmente come un atto a titolo oneroso, non valendo a conferirgli gratuità l'equivalenza del corrispettivo al prezzo della costruzione e l'assenza di un profitto della cooperativa. Va aggiunto che, pacificamente configurata come extracontrattuale la responsabilità prevista dall'art. 1669 c.c., in quanto stabilita nei generali interessi alla conservazione del patrimonio edilizio ed all'incolumità pubblica, e ravvisato il soggetto passivo dell'azione diretta a farla valere non solo nell'appaltatore, ma in colui che abbia costruito l'immobile sotto la propria responsabilità, requisito necessario e sufficiente a configurare la legittimazione ad agire nei suoi confronti è unicamente l'acquisto diretto o mediato dell'immobile, senza che rilevi, salvo che per l'eventuale originaria gratuità, lo specifico rapporto in virtù del quale il soggetto danneggiato ne abbia conseguito la disponibilità (cfr.: cass. civ., sez. 2^, sent. 25 marzo 1998, n. 3146; cass. civ., sez. 2^, sent. 16 novembre 1985; cass. civ., sez. 3^, sent. 20 novembre 1970, n. 2452). Quanto al secondo, invece, non ha considerato che l'art. 1669, c.c. trova applicazione oltre che nei casi in cui il venditore abbia provveduto alla costruzione con propria gestione di uomini e mezzi, anche nelle ipotesi in cui, pur avendo utilizzato l'opera di soggetti estranei, la costruzione sia comunque a lui riferibile, in tutto od in parte, per avere ad essa partecipato in posizione di autonomia decisionale, mantenendo il potere di coordinare lo svolgimento dell'altrui attività o di impartire direttive o di sorveglianza, sempre che la rovina od i difetti dell'opera siano riconducibili all'attività da lui riservatasi (cfr.: cass. civ., sez. 2^, sent. 16 febbraio 2006, n. 3406; cass. civ., sez. 3^, sent. 13 gennaio 2005, n. 567; cass. civ., sez. 1^, sent. 10 settembre 2002, n. 13158). Ne consegue che il giudice di merito, chiamato ad accertare la responsabilità del costruttore per la rovina od i gravi difetti dell'opera, non può limitarsi a riscontrare che l'opera non è stata eseguita "in economia", ma deve verificare, quando alla realizzazione abbiano contribuito una pluralità di soggetti, se ed in quali specifici limiti la costruzione sia a ciascuno di essi materialmente od ideologicamente attribuibile ed a seguito di detta verifica deve apprezzare le eventuali responsabilità personali o concorrenti di ciascuno. A tali principi non si è conformata la sentenza impugnata, giacchè ha attribuito alla Cooperativa la qualità di semplice committente dell'appalto alla società *******, per non avere fornito nè mezzi e nè mano-dopera propria, senza compiere alcuna indagine in ordine alla riferibilità ad essa del progetto e della direzione dei lavori e ai suoi poteri di ingerenza nella costruzione e, in genere, sulla sussistenza delle ulteriori condizioni necessarie ad escludere, di fatto ed a termini del contratto di appalto, la riconducibilità degli accertati difetti dell'edificio anche ad una sua condotta o di quella di ausiliari della cui attività doveva rispondere. Alla fondatezza dei motivi di ricorso principale segue la cassazione della sentenza impugnata con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Brescia, per un nuovo esame della causa alla stregua dei sopra enunciati principi. Va, all'opposto, dichiarato inammissibile il ricorso incidentale condizionato, con il quale la Cooperativa ha riproposto, cautelativamente, le questioni non decise dal giudice di appello, poichè rispetto ad esse il ricorrente è carente d'interesse per mancanza della soccombenza che costituisce il presupposto dell'impugnazione e l'assorbimento del loro esame non ne preclude la riproposizione nel giudizio di rinvio (cfr.: cass. civ., sez. 1^, sent. 16 ottobre 2006, n. 22501; cass. civ., sez. 3^, sent. 27 marzo 2001, n. 4424). Per questi motivi
Riunisce i ricorsi. Accoglie il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale condizionato. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Brescia.

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