Gli appalti, invero, devono sempre essere affidati ad un prezzo che consenta un adeguato margine di guadagno per le imprese, ritenendosi che le acquisizioni in perdita porterebbero gli affidatari ad una negligente esecuzione, oltre che ad un probabile contenzioso

Un utile di impresa esiguo non denota di per sé l'inaffidabilità dell'offerta economica, seppure l'utile non può ridursi ad una cifra meramente simbolica. Gli appalti, invero, devono sempre essere affidati ad un prezzo che consenta un adeguato margine di guadagno per le imprese, ritenendosi che le acquisizioni in perdita porterebbero gli affidatari ad una negligente esecuzione, oltre che ad un probabile contenzioso. L'interesse del committente pubblico a poter confidare sulla regolare esecuzione del servizio deve ritenersi prevalente su quello dell'impresa ad eseguire comunque (ossia, anche in perdita o con utile aziendale pari a zero) un appalto al fine di acquisire esperienza professionale e fatturato da utilizzare in vista della partecipazione a futuri appalti. Un simile assunto costituisce portato dei principi generali posti a garanzia della serietà dell'offerta e della corretta esecuzione del contratto e trova applicazione anche a prescindere dal fatto che, nel singolo caso di specie, la legge di gara non stabilisca una percentuale minima dell'utile d'impresa e, in termini più generali, non constino previsioni normative in tal senso.

Consiglio di Stato, Sezione 3, Sentenza 11 aprile 2012, n. 2073



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE TERZA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8444 del 2011, proposto da:

Al. S.a.s. di So. & C., rappresentata e difesa dagli avv.ti Fr.Se. e An.Or., con domicilio eletto presso l'avv. Ma. in Roma, via (...);

contro

Ministero dell'Interno (Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Venezia), in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato per legge in Roma, via (...);

nei confronti di

Pu. S.r.l., non costituita nel presente giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. VENETO, sezione I n. 1133/2011, resa tra le parti, concernente l'approvazione dell'aggiudicazione definitiva per l'affidamento del servizio di ristorazione.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Vista l'ordinanza n. 344/2012;

Visti tutti gli atti della causa;

Designato relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 marzo 2012 il Cons. Hadrian Simonetti, presenti per le parti l'avvocato Or. e l'avvocato dello Stato Ur.Ne.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Il Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Venezia ha indetto una procedura ristretta per l'affidamento del servizio di ristorazione per il periodo dal 1.1.2011 al 31.12.2013, da aggiudicarsi con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa ai sensi dell'art. 83 D.Lgs. 163/2006.

La procedura è stata aggiudicata alla Pu. S.r.l. che ha offerto il ribasso maggiore in termini economici, nella misura del 33,76%, seconda è risultata la Al. S.a.s., che ha ottenuto invece il punteggio più alto per l'offerta tecnica.

2. Proposto ricorso avverso l'aggiudicazione ed i verbali di gara, lamentando essenzialmente l'incongruità dell'offerta economica dell'aggiudicataria, per avere la Pu. offerto un prezzo ingiustificatamente basso sotto vari profili, il T.a.r. ha ritenuto infondate le censure in quanto:

- la stazione appaltante avrebbe sottoposto a verifica di anomalia l'offerta dell'aggiudicataria, motivando per relationem il giudizio finale di congruità;

- le giustificazioni fornite, in quella sede, da tale impresa sarebbero immuni da vizi logici, a cominciare dal dato del costo medio orario della manodopera indicato, che non si discosta in misura minima dai valori ministeriali e che, comunque, non risulta anomalo se rapportato a quello, persino più basso, indicato dalla stessa ricorrente.

3. E' stato proposto il presente appello, con il quale Al. censura la sentenza impugnata nella parte in cui:

- ha posto a propria base un costo medio orario per la manodopera sbagliato;

- non si è preoccupata di accertare se la Pu. beneficiasse o meno di agevolazioni o sgravi fiscali tali da giustificare un costo del lavoro inferiore ai valori ministeriali;

- non ha considerato che, data l'esiguità dell'utile dichiarato dalla Pu. (pari ad appena 15.000,00 Euro distribuiti su tre anni), vi sarebbe il rischio che il servizio sia gestito in perdita e che, pertanto, l'offerta sia insostenibile.

Con ordinanza n. 344 del 2012, adottata anche ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 73 co. 3 c.p.a., la Sezione ha chiesto alle parti costituite se fosse stato stipulato o meno il contratto di appalto, ricevendo risposta dalla sola appellante e, all'udienza pubblica del 9.3.2012 la causa è passata in decisione.

4. Osserva il Collegio come si controverte in ordine alla verifica di anomalia posta in essere dalla Stazione appaltante nei confronti della Pu. S.r.l., risultata aggiudicataria del servizio di ristorazione essenzialmente in ragione della migliore offerta economica presentata in gara.

4.1. L'odierna appellante, seconda classificata, contesta infatti l'esito di tale verifica, assumendo l'incongruità dell'offerta economica risultata vincitrice, sul rilievo che il ribasso di oltre 30% della base d'asta non sarebbe adeguatamente giustificato ed, anzi, sarebbe stato possibile solamente a scapito del costo del lavoro, inferiore alle tabelle ministeriali, e grazie ad un utile di impresa assolutamente irrisorio, indice a sua volta di un'offerta nell'insieme non sostenibile.

4.2. Il Giudice di primo grado ha respinto tali censure, reputando la verifica di anomalia sufficientemente istruita ed il suo esito, favorevole alla Pu., sufficientemente motivato, sottolineando come, sebbene sia vero che il costo medio orario della manodopera indicato da Pu. si discosta dai minimi ministeriali, si tratta comunque di una differenza contenuta, come tale non decisiva, comune anche alle altre offerte presentate nella stessa gara.

5. Se questi sono in sintesi i termini del contendere, giova precisare come debba ritenersi sussistere l'interesse di Al. all'aggiudicazione ed allo svolgimento del servizio, non constando che la stazione appaltante abbia ancora sottoscritto il contratto di appalto con la Pu., né che il servizio sia stato mai avviato. Del resto parte appellante, per l'ipotesi in cui la tutela in forma specifica non fosse più possibile, ha fatto espressa riserva di formulare ulteriori istanze in sede di ottemperanza e di chiedere il risarcimento dei danni a norma dell'art. 30 co. 5 del c.p.a., quantificando sin da ora la misura dei danni sofferti (v. memoria depositata il 9.2.2012).

6. Nel merito della presente controversia, è utile ricordare, in premessa, quanto già osservato dall'Autorità di Vigilanza in linea generale, ossia che "la finalità della verifica dell'anomalia dell'offerta è quella di evitare che offerte troppo basse espongano l'amministrazione al rischio di esecuzione della prestazione in modo irregolare e qualitativamente inferiore a quella richiesta e con modalità esecutive in violazione di norme con la conseguenza di far sorgere contestazioni e ricorsi. L'amministrazione deve infatti aggiudicare l'appalto a soggetti che abbiano presentato offerte che, avuto riguardo alle caratteristiche specifiche della prestazione richiesta, risultino complessivamente proporzionate sotto il profilo economico all'insieme dei costi, rischi ed oneri che l'esecuzione della prestazione comporta a carico dell'appaltatore con l'aggiunta del normale utile d'impresa affinché la stessa possa rimanere sul mercato. Occorre quindi contemperare l'interesse del concorrente a conseguire l'aggiudicazione formulando un'offerta competitiva con quello della stazione appaltante ad aggiudicare al minor costo senza rinunciare a standard adeguati ed al rispetto dei tempi e dei costi contrattuali" (v. Determinazione n. 6 dell'8.7.2009).

6.1. Con particolare riferimento al grado di motivazione richiesto nel caso in cui la verifica di anomalia si concluda positivamente, sempre in linea generale possono distinguersi due orientamenti di massima.

6.2. Secondo un primo orientamento, prevalente in giurisprudenza, nelle ipotesi in cui la verifica abbia esito positivo (pervenendosi, come è avvenuto nel caso in esame, ad un giudizio di non anomalia dell'offerta), la motivazione può essere meno accurata di quella richiesta in caso di verifica negativa, con la precisazione peraltro che ciò non equivale ad ammettere l'integrale omissione della motivazione, occorrendo pur sempre fare richiamo alle giustificazioni fornite dal concorrente, a condizione però che queste siano state complete ed esaustive (cfr., per tutte, Cons. st., sez. VI, n. 3902/2011 e 5191/2006).

6.3. Secondo una diversa tesi, invece, l'obbligo di (una adeguata) motivazione si impone non solo nel caso di giudizio finale negativo, ma anche nel caso di giudizio finale positivo e ciò sia in ossequio all'obbligo generale di motivazione dei provvedimenti amministrativi, sia a tutela, negli appalti, della par condicio dei concorrenti (Cons. St., sez. IV, n. 1231/2005).

6.4. In questa materia, tuttavia, può risultare fuorviante una disamina degli orientamenti interpretativi condotta esclusivamente in termini generali e di massima (ossia basata sulle "massime" di giurisprudenza reperibili nelle apposite raccolte, e redatte generalmente senza espliciti riferimenti alle particolarità della fattispecie).

Ed invero, il problema della sufficienza o insufficienza della motivazione dell'atto con cui si accettano le giustificazioni si pone in termini notevolmente diversi a seconda del grado e del tipo di anomalia che abbia dato motivo alla verifica dell'offerta.

E' infatti verosimile che qualora si proceda alla verifica a norma dell'art. 86, comma 2, del codice dei contratti - e cioè a motivo del fatto che l'offerta migliore abbia riportato un punteggio non inferiore ai quattro quinti del massimo tanto per l'aspetto tecnico quanto per l'aspetto economico, ma senza alcun altro indizio oggettivo di anomalia - non occorra una motivazione particolarmente approfondita. In un caso del genere, non si dovrebbe neppure parlare di offerta sospetta di anomalia, bensì solo di verifica imposta per legge.

Altro è da dire nel caso in cui l'offerta presenti profili oggettivi ed evidenti di anomalia. A maggior ragione poi se le giustificazioni che vengono date si presentano a loro volta come tali da sollevare altri dubbi piuttosto che risolverli. In tale ipotesi una motivazione del tutto assente o gravemente lacunosa non solo impedisce al giudice di ricostruire l'iter logico che ha guidato l'amministrazione nella sua scelta, ma pregiudica anche la stessa possibilità di verificare l'attendibilità delle valutazioni tecniche effettuate sotto il profilo della loro correttezza.

7. Nel caso di specie, pertanto, non può ritenersi che le giustificazioni fornite dalla concorrente sottoposta alla verifica di anomalia fossero davvero complete ed esaustive, tanto da giustificare, in ipotesi, una motivazione (solo) per relationem.

7.1. Delle articolate censure sollevate da parte ricorrente all'indirizzo della prima classificata in graduatoria, reputa il Collegio di dovere fermare la propria attenzione su quella concernente l'utile di impresa.

7.2. Sul punto, se è vero che la giurisprudenza amministrativa è orientata in prevalenza nel senso di ritenere che un utile di impresa esiguo non denota di per sé l'inaffidabilità dell'offerta economica (v. Cons. St., sez. IV, n. 882/2002; T.A.R. Lazio, sez. III, n. 7338/2004; T.A.R. Lazio, sez. I-bis, n. 6200/2006), è altrettanto vero che, secondo l'opinione generale, l'utile non può ridursi ad una cifra meramente simbolica.

Si afferma infatti comunemente che gli appalti debbono pur sempre essere affidati ad un prezzo che consenta un adeguato margine di guadagno per le imprese, ritenendosi che le acquisizioni in perdita porterebbero gli affidatari ad una negligente esecuzione, oltre che ad un probabile contenzioso (v., per tutti, T.a.r. Lombardia, Milano, sez. I, n. (...)).

L'interesse del committente pubblico a poter confidare sulla regolare esecuzione del servizio deve ritenersi prevalente su quello dell'impresa, frequentemente invocato in questi casi, ad eseguire comunque (ossia, anche in perdita o con utile aziendale pari a zero) un appalto al fine di acquisire esperienza professionale e fatturato da utilizzare in vista della partecipazione a futuri appalti (cfr. T.a.r. Puglia, Lecce, sez. II, n. 1398/2007; T.a.r. Piemonte, sez. II, n. 2217/2007).

Simile assunto, osserva il Collegio, è un portato dei principi generali posti a garanzia della serietà dell'offerta e della corretta esecuzione del contratto e trova applicazione anche a prescindere dal fatto che, nel singolo caso di specie, la legge di gara non stabilisse una percentuale minima dell'utile d'impresa e, in termini più generali, non constino previsioni normative in tal senso.

7.3. Dopodiché, se è vero che in astratto qualunque soglia minima fissata convenzionalmente in modo troppo rigido potrebbe essere opinabile (per un precedente nel quale, ad esempio, è stato ritenuto di rilevante esiguità un utile d'impresa pari al 3% v. T.a.r. Sicilia, Palermo, sez. I, n. 1660/1999), appare tuttavia incontrovertibile, nel caso concreto in esame, che la misura indicata da Pu. - pari ad appena 15.000,00 Euro per l'intero triennio, rapportati ad un appalto la cui base d'asta era di Euro 2.451.843,03 - sollevi più di qualche dubbio sull'affidabilità della sua offerta economica e comunque imponesse, almeno in questo caso, una motivazione più accurata da parte della stazione appaltante.

7.4. Inoltre, anche supponendo che sia consentito all'impresa rinunciare all'utile, o ridurlo ad una entità praticamente simbolica (come nella fattispecie), tale scelta imprenditoriale sarà accettabile solo a condizione che gli altri elementi del quadro economico non siano a loro volta squilibrati e fuori mercato.

Nella presente vicenda, come sottolineato dalla difesa di parte appellante, la controinteressata ha offerto un ribasso pari a circa un terzo della base d'asta.

L'azzeramento, o quasi, dell'utile non basta da solo a giustificare un ribasso così significativo. Per raggiungerlo, l'impresa ha dovuto sottostimare varie altre componenti di spesa: ha calcolato, per esempio, un costo medio del lavoro che si discosta dalle tabelle ministeriali. La misura di tale scostamento, sebbene contenuta in astratto, può non esserlo in concreto, alla luce proprio dell'esiguità dell'utile indicato, che non potrebbe garantire in alcun modo il benché minimo imprevisto nel corso dell'esecuzione del rapporto. Né, per giustificare tale scostamento, la Pu. ha dimostrato di giovarsi di eventuali benefici o sgravi fiscali, limitandosi a fornire giustificazioni piuttosto generiche, quasi di stile.

7.5. La stessa genericità caratterizza le giustificazioni fornite anche in ordine altre voci di costo, quali in particolare quelle concernenti le derrate alimentari, lo smaltimento dei rifiuti, i materiali per lo svolgimento del servizio, tutte contrassegnate da notevoli e non comuni risparmi di spesa e, ciò nonostante, privi di qualunque riscontro. Per fare solo l'esempio delle derrate alimentari, l'affermazione di poter contare su "condizioni eccezionalmente favorevoli", presso i propri fornitori, è da sola del tutto generica, in assenza di indicazioni più circostanziate (quali fatture e listini prezzi, che l'amministrazione avrebbe potuto e dovuto acquisire). Ma già sulla base della semplice lettura dei dati offerti dalla Pu., è agevole rilevare come ciascuno di tali dati sia calibrato al ribasso - per fare alcuni esempi, il costo medio dei primi piatti è calcolato pari ad euro 0,20, quello dei secondi ad euro 0,85, quello delle bevande ad euro 0,20 - come se la generalità degli utenti mangiasse sempre e solamente pasta in bianco e bevesse acqua naturale. Per cui basterebbe che l'utenza si orientasse in prevalenza su pietanze appena più costose e optasse per bevande differenti, come non appare improbabile e come anzi corrisponde ad una massima di comune esperienza, e la sostenibilità dell'intera offerta economica ne risentirebbe, perché ciò provocherebbe una ulteriore riduzione dell'utile di impresa che potrebbe anche diventare negativo.

7.6. Dal che ne consegue come vi sia stata, sul punto, una carenza di istruttoria che si è tradotta in una motivazione incompleta e per questo carente.

8. In conclusione il motivo concernente il difetto di istruttoria e di motivazione è fondato e deve essere accolto, conseguendone l'annullamento dell'aggiudicazione e la necessità di rinnovare gli atti della gara relativi alla (sola) verifica di anomalia, attraverso un supplemento di istruttoria e, all'esito, in ogni caso, una più ampia motivazione da parte dell'amministrazione per verificare in concreto la serietà e l'effettiva sostenibilità, nell'esecuzione del contratto, dell'offerta economica, il tutto a garanzia dell'interesse pubblico, cui è preordinato il servizio, non meno che della leale concorrenza tra le imprese partecipanti alla gara.

9. Le restanti domande, relative al contratto di appalto ove già stipulato o, in alternativa, al risarcimento del danno per equivalente, in quanto avanzate solamente in appello con la memoria del 9.2.2012, peraltro non notificata alle controparti, sono tardive a norma dell'art. 104 c.p.a.

Resta comunque ferma la possibilità di formulare la domanda risarcitoria ai sensi dell'art. 30 co. 5 c.p.a.

10. Si ravvisano giustificati motivi per compensare, tra le parti, le spese del doppio grado di giudizio, anche alla luce dell'andamento complessivo della causa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sezione Terza - definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado e annulla l'aggiudicazione con esso impugnata in uno con il verbale del 18.11.2010.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 marzo 2012 con l'intervento dei magistrati:

Pier Giorgio Lignani - Presidente

Alessandro Botto - Consigliere

Bruno Rosario Polito - Consigliere

Hadrian Simonetti - Consigliere, Estensore

Alessandro Palanza - Consigliere

Depositata in Segreteria l'11 aprile 2012.

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