Nell'appalto di opere pubbliche l'onere di denuncia dei vizi detreminati da fatti continuativi diventa operativo quando la potenzialità del danno è oggettivamente apprezabile

Nell'appalto di opere pubbliche, l'onere di immediata denuncia di ogni fatto connesso all'esecuzione dell'opera, che l'appaltatore ritenga produttivo di conseguenze patrimoniali a sè sfavorevoli, è espressione di un principio generale, e pertanto sussiste anche riguardo ai fatti cosiddetti continuativi, come quelli prodotti da una causa costante o da una serie causale di non immediata rilevanza onerosa: rispetto a tali fatti il detto onere diventa operativo quando la potenzialità dannosa del fatto si presenti obiettivamente apprezzabile, secondo i criteri della diligenza e della buona fede, da parte dell'appaltatore, e questi disponga di dati sufficienti per segnalare alla stazione appaltante le cause delle situazioni per lui pregiudizievoli ed il presumibile onere economico, salvo poi a precisarne l'entità nelle successive registrazioni o in chiusura del conto finale.

Tribunale Roma Sezione 9 Civile, Sentenza del 10 settembre 2010, n. 18112



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI ROMA

NONA SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, in composizione monocratica, costituito dal Giudice, dott. Massimo Falabella, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa iscritta al n. 18244 R.G. Cont. anno 2003

TRA

S.I. S.r.l., domiciliata in Roma, via (...), presso l'avv. Il.Ba., che la rappresenta e difende come da procura a margine del ricorso in riassunzione

PARTE ATTRICE

E

Autostrade per l'Italia S.p.A. domiciliata in Roma, via (...), presso l'avv. An.Gr., che la rappresenta e difende come da procura a margine della comparsa di costituzione datata 27.10.2004

PARTE CONVENUTA

E

Ri.Ri., domiciliato in Roma, via (...), presso l'avv. An.Gr., che lo rappresenta e difende come da procura a margine della comparsa di risposta

PARTE CONVENUTA

OGGETTO: pagamento somma, accertamenti in tema di contratto di appalto e risarcimento danni.

MOTIVI DELLA DECISIONE

S.I. S.r.l. ha agito in giudizio deducendo quanto segue. La società istante si era aggiudicato l'appalto indetto da Autostrade S.p.A. per l'affidamento di lavori di manutenzione, posa in opera, sostituzione e potenziamento delle barriere metalliche laterali, fornite dalla committente, sul tratto autostradale ricompreso tra il km. 319,800 e il km. 358,330 della autostrada Milano - Napoli; responsabile del procedimento per la società committente era stato nominato l'ing. Ri.Ro. La società convenuta aveva consegnato all'impresa altre barriere, completamente diverse da quelle indicate nei disegni allegati al contratto, comportanti lavorazioni aggiuntive per il montaggio; inoltre Autostrade non aveva dato all'impresa indicazioni utili per l'installazione delle nuove barriere, tanto che fu essa attrice a procurarsi i disegni relativi, con maggiori oneri per il montaggio, essendo maggiore il numero dei pezzi da porre in opera. La mancanza di idonee istruzioni per il montaggio aveva provocato iniziali difficoltà e ritardi che la società committente aveva addebitato all'impresa. In più, la fornitura dei materiali non era stata regolare, il che aveva comportato enormi oneri aggiuntivi per l'attrice, la quale aveva subappaltato parte dei lavori, e alcuni componenti delle barriere erano risultati difettosi esigendo, perciò, tempi più lunghi per il montaggio.

Per tali ragioni S.I. aveva iscritto apposite riserve; la società committente aveva invece applicato all'impresa la penale per novantuno giorni di ritardo nell'ultimazione dei lavori e aveva detratto l'importo della penale dalle somme dovute in base ai SAL nn. 9 e 10: e per tale illegittima decurtazione l'istante aveva proposto autonomo ricorso per decreto ingiuntivo. Sul punto ha rilevato S.I. che Autostrade aveva concesso, con lettera del 29 maggio 2001, una proroga di soli centoventi giorni rispetto ai centottanta richiesti e aveva inoltre respinto, il 28 maggio 2002, una seconda richiesta di proroga di sessanta giorni dopo averla concordata con la direzione dei lavori: tale rigetto, peraltro, era intervenuto dopo due mesi dalla scadenza del termine di ultimazione dei lavori. Successivamente, il 12 giugno 2002, la direzione dei lavori aveva emanato un ordine di servizio a carico della. appaltatrice invitandola ad ultimare tutte le opere nei successivi quindici giorni: e ciò, nonostante che S.I. avesse sostanzialmente terminato da tempo i lavori previsti contratto, dovendo ancora procedere alla posa in opera di limitatissimi tratti di barriera.

Secondo l'attrice, dunque, ad Autostrade erano riferibili plurime inadempienze contrattuali, avendo essa omesso di provvedere, prima della consegna dei lavori, a una nuova determinazione dei prezzi dell'appalto (stante la modifica unilaterale del materiale da installare), di attivare la procedura acceleratoria prevista dall'art. 31 bis L. n. 109/1994, dal momento che le riserve regolarmente espresse superavano il 10% dell'importo totale dei lavori, e aveva infine mancato di concedere le proroghe richieste dall'impresa.

Nel costituirsi, Autostrade S.p.A. poi Autostrade per l'Italia S.p.A. (nei cui confronti era riassunto il giudizio a seguito di fusione per incorporazione della società stessa), ha eccepito che il direttore dei lavori aveva emesso quattro ordini di servizio disattesi dall'appaltatore, avendo. il medesimo contestato in tre diverse occasioni l'inesatta esecuzione delle opere e invitato la S.I. all'ultimazione delle stesse entro quindici giorni dalla data di ricevimento della lettera del 12 giugno 2002, con l'avvertenza che il pagamento per l'ultimo stato di avanzamento dei lavori risultava subordinato alla completa esecuzione degli interventi e che in caso di mancato adempimento nel termine indicato la committente avrebbe provveduto all'esecuzione diretta degli interventi con addebito dei relativi costi alla società appaltatrice. Il 28 giugno 2002, alla scadenza del termine, il direttore dei lavori aveva emesso regolare certificato di ultimazione dei lavori con il quale aveva dato atto che i lavori erano stati terminati con novantuno giorni di ritardo (per il che veniva operata la detrazione della somma di Euro 49.888,60) e che i lavori rimanenti sarebbero stati portati a termine dalla stessa committente, riversando su S.I. i relativi costi (successivamente contabilizzati in ragione di Euro 51.995,36).

La società convenuta ha eccepito che tra il presente giudizio e quello di opposizione a decreto ingiuntivo da essa introdotto avanti a questo stesso Tribunale per contrastare la pretesa monitoria avente ad oggetto il pagamento della somma di Euro 49.888,64 sussisteva un rapporto di continenza, onde ha chiesto la riunione dei procedimenti. Ha inoltre evidenziato che le contestazioni avanzate dall'appaltatrice risultavano inammissibili, non essendo state le riserve formulate in maniera chiara e corretta: infatti le richieste avrebbero dovuto essere espresse nel registro di contabilità alla prima sottoscrizione dello stesso successiva all'insorgenza della situazione integrante la fonte delle vantate ragioni. Nel merito delle contestazioni sollevate, ha rivelato che la riserva n. 1 iscritta nel primo SAL non aveva fondamento, dal momento che nell'elenco descrittivo delle voci di lavoro cui rinviava il contratto di appalto era previsto che in fase realizzativa potessero essere posate in opera barriere della stessa classe di riferimento, con caratteristiche dimensionali diverse, ma comunque equivalenti alle barriere descritte nei documenti progettuali allegati al contratto. Quanto ai maggiori oneri per il posizionamento dell'elemento di, guida dello sfilamento ha eccepito che nel predetto elenco descrittivo risultava previsto che potessero essere diversi anche i componenti e le infissioni dei paletti, nonché ogni altra prestazione necessaria per la corretta esecuzione del lavoro. Con riguardo alla riserva n. 2 iscritta nel decimo SAL ha evidenziato che la richiesta di pagamento della somma di Euro 278.886,72 per i centoventi giorni di mancata produttività era inaccoglibile, dal momento che nessun ritardo poteva imputarsi alla società committente e che, per contro, era stata l'appaltatrice ad accumulare novantuno giorni di ritardo rispetto al termine contrattuale senza peraltro portare a compimento le opere indicate nel progetto. Circa la riserva n. 3 per il contestato addebito dei lavori in danno per l'importo di Euro 51.995,35 ha evidenziato che la stessa appaltatrice dell'iscrizione della riserva aveva affermato di non avere provveduto alla posa in opera di alcune tratte e che nel termine dei centocinquantasette giorni impiegati dalla nuova impresa per eseguire i lavori doveva essere computato il periodo necessario per procedere ad altro appalto, nonché le sospensioni disposte dal direttore dei lavori per il periodo estivo e le festività. Ha poi sostenuto la piena legittimità del proprio operato con particolare riferimento all'applicazione delle penali prima della redazione del conto finale, previa detrazione sull'importo dovuto in base agli stati di avanzamento nn. 9 e 10. Infine, la convenuta ha rilevato che la pretesa risarcitoria era sfornita di prova e che si era fatto corso all'attivazione della procedura di cui all'art. 31 bis L. n. 109/1994.

Analoghe difese sono state svolte da Ri., il quale ha altresì eccepito l'insussistenza di profili di responsabilità diretta del direttore dei lavori con riferimento alla vicenda prospettata.

Ciò posto, si osserva quanto segue.

Le parti controvertono, anzitutto, sulla spettanza del sovrapprezzo per il montaggio di barriere diverse da quelle risultanti dai disegni allegati al contratto: evenienza, questa, che avrebbe comportato, per S.I., delle lavorazioni aggiuntive.

Sul punto, occorre anzitutto evidenziare che l'appaltatrice ha formulato tempestivamente ed esaurientemente la propria riserva nel primo stato di avanzamento dei lavori, dove venne pure quantificato l'importo unitario (per metro lineare) del sovrapprezzo.

Nell'appalto di opere pubbliche, l'onere di immediata denuncia di ogni fatto connesso all'esecuzione dell'opera, che l'appaltatore ritenga produttivo di conseguenze patrimoniali a sé sfavorevoli, è espressione di un principio generale, e pertanto sussiste anche riguardo ai fatti cosiddetti continuativi, come quelli prodotti da una causa costante o da una serie causale di non immediata rilevanza onerosa: rispetto a tali fatti il detto onere diventa operativo quando la potenzialità dannosa del fatto si presenti obiettivamente apprezzabile, secondo i criteri della diligenza e della buona fede, da parte dell'appaltatore, e questi disponga di dati sufficienti per segnalare alla stazione appaltante le cause delle situazioni per lui pregiudizievoli ed il presumibile onere economico, salvo poi a precisarne l'entità nelle successive registrazioni o in chiusura del conto finale (Cass. n. 746/1997; Cass. n. 2599/1986). Nella fattispecie, la committente venne posta da subito nella condizione di avere contezza dell'onere economico che la riserva implicava: a tal fine era infatti sufficiente ragguagliare il costo aggiuntivo unitario (Lire 20.450/mt) all'estensione della tratta autostradale interessata al contratto di appalto. Può ricordarsi, sul punto, che nel caso in cui in cui al momento della prima iscrizione della riserva si sia precisato con esattezza il metodo del calcolo del maggiore onere, sicché questo sia determinabile con una semplice operazione matematica, il successivo mancato aggiornamento dell'importo della riserva non comporta decadenza per l'appaltatore per i maggiori importi eventualmente spettantigli (App. Roma 16 luglio 1979, Arch. Giur. op. pubbl., 1980, II, 133).

Tanto premesso, ritiene il Tribunale che il diritto dell'attrice al maggior compenso non si configuri.

Dallo stralcio dell'elenco descrittivo delle voci di lavoro (doc. n. 16 del fascicolo dei convenuti) risulta che le dimensioni, gli interassi e i particolari costruttivi delle barriere metalliche descritti negli elaborati grafici e nelle norme tecniche sono "puramente indicativi" e fanno riferimento a barriere di classe H2 e H3. Nel predetto allegato è poi precisato che in fase realizzativa possano "essere posate in opera barriere della stessa classe di' riferimento, con caratteristiche dimensionali diverse, ma comunque equivalenti alle barriere descritte nei documenti progettuali, intendendosi come equivalenti le barriere che hanno superato le prove di crash test relative alle classi H2 e H3 ai sensi e con le modalità di cui al D.M. dei 11. pp. del 3.6.1998 e relative istruzioni tecniche"; si puntualizza infine, che possano essere diversi anche i relativi componenti e infissioni dei paletti.

La citata previsione è parte del regolamento contrattuale: nella lettera di affidamento dei lavori (pag. 3) si rinvia, infatti, ai patti e alle condizioni contenuti in alcuni documenti, dettagliatamente indicati (tra cui, per l'appunto, l'elenco descrittivo delle voci), i quali, secondo quanto precisato nella predetta lettera, "costituiscono parte integrante del contratto".

Il contratto di appalto, attraverso la previsione contenuta nell'elenco descrittivo delle voci, ha quindi stabilito un'equivalenza tra le barriere descritte negli elaborati grafici e quelle appartenenti alla medesima classe di riferimento che presentassero la resistenza all'urto prescritta, sicché non ha senso logico, in mancanza di specifica pattuizione, affermare che la società appaltatrice avesse diritto a un maggior compenso per il montaggio degli elementi metallici forniti da Autostrade. E' del resto pacifico che tali elementi fossero rispondenti alla previsione dell'elenco descrittivo delle voci più volte richiamato.

Per quanto attiene ai danni che S.I. avrebbe risentito per il prolungamento dei tempi di realizzazione dell'opera imputabili alla convenuta, occorre considerare che la relativa riserva è stata iscritta al decimo stato di avanzamento dei lavori, in data 11 luglio 2002. Ora, i ritardi che si sarebbero determinati in conseguenza della fornitura di barriere non rispondenti a quanto descritto nei disegni (ma comunque rientranti nella previsione dell'elenco descrittivo delle voci) evidentemente non rilevano, stante quanto osservato circa l'equivalenza tra li elementi da porre in opera e quelli risultanti dagli elaborati grafici in questione. In ogni caso, sul punto doveva essere formulata riserva tempestivamente, non certo al termine dei lavori.

Per le altre ragioni di ritardo (sospensioni disposte dalla stazione appaltante, presenza di anomalie o difetti nei materiali, mancata fornitura di alcuni componenti indispensabili per il montaggio), l'iscrizione della riserva (in occasione del decimo SAL) è senz'altro tardiva.

Merita ricordare che è obbligo dell'impresa inserire riserva nella contabilità contestualmente all'insorgenza e percezione del fatto dannoso (Cass. n. 17 906/2004; App. Roma 27.3.200 6, Mass. Giur. It., 2006); infatti, il principio secondo cui l'ente committente deve conoscere, tempestivamente e costantemente tutti i fattori che siano suscettibili di aggravare il costo dell'opera, comporta che l'appaltatore debba proporre riserva, nella forma vincolata che gli è imposta, non appena possibile (Cass. n. 13500/2004). Con particolare riferimento alle ipotesi di sospensione, la S.C. ha poi precisato: "In tema di appalto di opera pubblica, l'appa1tatore che pretenda un maggiore compenso o rimborso, rispetto al prezzo contrattualmente pattuito, a causa dei pregiudizi o dei maggiori esborsi conseguenti alla sospensione dei lavori disposta o protratta dall'Amministrazione, ha l'onere di iscrivere la relativa riserva nel momento in cui emerga, secondo una valutazione riservata al giudice del merito, la concreta idoneità del fatto a produrre i suddetti pregiudizi o esborsi, nel senso che, al riguardo, si deve distinguere il momento nel quale il danno sia presumibilmente configurabile da quello in cui esso sia precisamente quantificabile, sorgendo l'onere di iscrivere la riserva fin dal primo di tali momenti e potendo, invece, la specifica quantificazione operarsi nelle successive registrazioni. Sicché, nell'eventualità che la sospensione possa essere illegittima sin dall'inizio, l'appaltatore deve inserire la sua riserva nello stesso verbale di sospensione e dovrà poi iscrivere regolare riserva o domanda nel registro di contabilità quando egli successivamente lo sottoscriva, ripetendo quindi la riserva stessa nel verbale di ripresa e nel registro di contabilità successivamente firmato, mentre, invece, vuoi nel caso in cui la sospensione dei lavori non presenti immediata rilevanza onerosa, giacché l'idoneità del fatto a produrre il conseguente pregiudizio o esborso emerga soltanto all'atto della cessazione della sospensione medesima, vuoi nel caso in cui quest'ultima, originariamente legittima, diventi solo successivamente illegittima, la relativa riserva non potrà che essere apposta nel verbale di ripresa dei lavori o, in mancanza di tale verbale (la cui compilazione è rimessa all'iniziativa dell'appaltante), nel registro di contabilità successivamente firmato, ovvero, in caso di ulteriore mancanza anche di quest'ultimo registro, essa deve essere tempestivamente comunicata all'Amministrazione mediante apposito atto scritto" (Cass. n. 17630/2007).

Il richiamo più volte operato dalla difesa dell'attrice all'art. 31 D.M. n. 145/2000 non è d'altra parte concludente: sia in quanto il predetto decreto non è applicabile al contratto per cui è causa, che è stato concluso prima; sia in quanto la disposizione richiamata, secondo cui "le riserve devono essere iscritte a pena di decadenza sul primo atto dell'appalto idoneo a riceverle, successivo all'insorgenza o alla cessazione del fatto che ha determinato il pregiudizio dell'appaltatore", deve essere interpretata conformemente al principio, sopra esposto, enunciato dalla corte di legittimità: in altre parole, lo spostamento del termine stabilito per iscrivere riserva al momento della cessazione del fatto non può che operare nei casi in cui l'illegittimità e la dannosità di questo emerga in un momento successivo rispetto a quello della sua insorgenza (come, accade, appunto, nel caso in cui nell'immediato la sospensione dei lavori non sia priva di una legittima giustificazione e non si presenti, inoltre, pregiudizievole per l'appaltatore).

Nel caso in esame, il C.T.U. non ha rilevato l'iscrizione di riserve nemmeno nei verbali di ripresa dei lavori, allorquando l'appaltatrice non poteva non aver avuto percezione del danno da essa risentito. Parimenti, le ulteriori circostanze rappresentate in occasione del decimo SAL risultano tutte denunciate tardivamente: oltretutto le medesime appaiono descritte in modo assai generico e risultano pure prive di oggettivi riscontri; né sul punto avrebbe potuto ammettersi la prova testimoniale dedotta, che è stata capitolata senza circostanziare e specificare adeguatamente i fatti.

Venendo agli oneri per la sicurezza, l'iscrizione della riserva non è anzitutto tempestiva, dal momento che, come pure correttamente evidenziato dal C.T.U., essa andava formulata con primo stato di avanzamento dei lavori. Non è stato comunque contestato che la lista delle categorie di lavoro richiamata dal contratto prevedesse che il prezzo offerto tenesse conto degli oneri di sicurezza non soggetti a ribasso. Lo stesso consulente ha del resto evidenziato che l'importo base dell'asta era comprensivo degli oneri di sicurezza e che la gara è stata effettuata tra imprese concorrenti che hanno offerto prezzi unitari, comprensivi degli oneri medesimi: il che conferma che al corrispettivo (pattuito non debba aggiungersi alcunché.

L'attrice ha pure domandato di accertarsi nulla essere dovuto a titolo di penale per il ritardo e per errato montaggio della bulloneria.

Sotto il primo profilo, va detto che S.I. ha richiesto e ottenuto un decreto ingiuntivo per Euro 49.888,64 per somme ad essa spettanti in ragione dell'appalto per cui è causa: la pretesa risulta fondata sul rilievo per cui la committente avrebbe illegittimamente provveduto a decurtare la penale per il ritardo dall'importo dovuto all'odierna istante. Avverso il decreto ingiuntivo è stata proposta opposizione ed il procedimento pende, attualmente, il grado di appello.

Ciò posto, tra le due cause esiste una relazione che determina la reciproca influenza della decisione assunta in una di esse sull'altra. Se due controversie siano radicate avanti a uffici giudiziari differenti, si potrebbe parlare di continenza, come dedotto dai convenuti, quando le questioni dedotte con la domanda anteriormente proposta costituiscano il necessario presupposto (alla stregua della sussistenza di un nesso di pregiudizialità logico - giuridica) per la definizione del giudizio successivo, come nell'ipotesi in cui le contrapposte domande concernano il riconoscimento e la tutela di diritti derivanti dallo stesso rapporto e il loro esito dipenda dalla soluzione di una o più questioni comuni (Cass. S.U. n. 20600/2007).

Nella specie, ricorrono le condizioni per sospendere la presente pronuncia in attesa della definizione, col passaggio in giudicato, del primo procedimento, attualmente pendente avanti alla Corte d'appello. La giurisprudenza ammette una tale necessità proprio nell'ipotesi di continenza, ove una delle due cause penda in primo grado e l'altra in appello (cfr. ad es. Cass. n. 19525/2007 e Cass. n. 2212/1989). Tuttavia, anche ove si escluda l'esistenza di un nesso di pregiudizialità in senso logico - giuridico, e si ravvisi pertanto una situazione di semplice influenza di una decisione sull'altra, la sospensione può attuarsi a norma dell'art. 337, 2° co. c.p.c. Con separata ordinanza si dispone, quindi, quanto alla sospensione del procedimento relativo alla causa tra l'attrice a Autostrade, che viene pertanto separata da quella relativa alla pretesa azionata contro Ri., che è matura per la decisione definitiva.

Quanto alla somma trattenuta indebitamente per errato montaggio della bulloneria, non può sostenersi, in esito al giudizio, che essa debba essere rimborsata: i non è stato nemmeno chiarito se e quando la relativa riserva sia stata iscritta e, comunque, competeva all'attrice dimostrare il fondamento del diritto da essa vantato.

Passando all'addebito per i lavori ultimati a cura della committente in danno dell'appaltatrice - quale conseguenza del mancato completamento degli stessi da parte della stessa S.I. -, va rilevato che il C.T.U. ha ritenuto di quantificare la somma dovuta per il detto titolo alla società evocata in giudizio nell'importo di Euro 13.797,94. Sul punto l'elaborato peritale appare immune da censure, siccome fondato su dati di fatto che non risultano oggetto di travisamento e la cui elaborazione appare rispondente a criteri di ragionevolezza. Che detto importo sia dovuto è del resto indubbio, dal momento che la stessa S.I. - che non può opporre, per quanto sopra detto, alcun ritardo imputabile ad Autostrade nell'esecuzione dell'opera - aveva riconosciuto di non aver completato i lavori (cfr. riserva del 4 febbraio 2002, in cui la convenuta dava atto dell'esistenza di "alcune limitatissime tratte da sistemare", e citazione, pag. 5, in cui si espone che "S.I. ha ritenuto troppo oneroso completare i lavori").

Infondata è, poi, la domanda risarcitoria: i danni sono stati posti in relazione alle inadempienze di Autostrade, consistenti nelle sospensioni dei lavori e nei ritardi addebitabili alla committente (cfr. comparsa conclusionale e memoria di replica di parte attrice), che non sono state tempestivamente denunciate e che non possono quindi costituire fondamento della pretesa. Oltretutto, la relativa deduzione, vertente su un fatto storico, da provarsi con le prove orali, è stata formulata in modo del tutto generico, così come generici sono i capitoli testimoniali articolati dall'attrice nella memoria ex art. 184 c.p.c.

Riassumendo, con riferimento alle domande proposte nei confronti di Autostrade, deve dichiararsi che l'importo dovuto dall'appaltatrice per i lavori in danno ammonta a Euro 13.797,94; le altre domande intese al riconoscimento di somme in favore di S.I. vanno invece respinte, ad eccezione di quella vertente sull'accertamento della spettanza della penale per il ritardo, relativamente alla quale va disposta la sospensione del procedimento in attesa della definizione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo pendente avanti alla Corte d'appello.

Per quel che concerne la posizione dell'altro convenuto, può essere resa sentenza definitiva, dal momento che non ricorrono le condizioni per la sospensione: non solo il Ri. non è parte del procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo (onde non potrebbe comunque ravvisarsi alcuna pregiudizialità tra la detta causa, vertente sulla pretesa azionata in via monitoria, e il presente giudizio), ma l'unica domanda avanzata nei confronti del medesimo è quella risarcitoria, che può essere decisa nel merito.

Tale domanda va respinta.

A prescindere dal fatto che non è stato allegato e provato alcun danno, derivante dalla dedotta mancata attivazione del procedimento di cui all'art. 31 bis L. n. 109/1994, che il Ri., in qualità di responsabile del procedimento, fosse tenuto a risarcire, l'espletamento dell'incombente risulta dalla documentazione prodotta in giudizio dai convenuti (corrispondenza di cui al doc. n. 19, non contestata nel dato della sua ricezione da parte di S.I.). Per il resto, risultano spendibili le considerazioni svolte con riguardo alla domanda risarcitoria spiegata nei confronti dell'altra convenuta: anche qui difetta la specifica deduzione e il riscontro delle singole voci di danno. In più, è mancata alcuna specifica prospettazione che consentisse di individuare, nella fattispecie, una qualche responsabilità del direttore dei lavori.

Stante la non definitività della pronuncia sui capi della domanda che interessano Autostrade, non deve farsi luogo a statuizione sulle spese tra questa e l'attrice.

Le spese di lite vanno invece liquidate con riguardo alla controversia tra l'istante e l'altro convenuto ed esse seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale, non definitivamente pronunciando sulle domande proposte da S.I. S.r.l. nei confronti di Autostrade per l'Italia S.p.A. e definitivamente pronunciando sulla domanda proposta dall'attrice nei confronti di Ri.Ri., così provvede:

1) dichiara che l'importo dovuto a Autostrade per l'Italia per i lavori in danno ammonta a Lire 13.797,94;

2) rigetta le altre domande di parte attrice nei confronti di Autostrade per l'Italia, ad eccezione di quella avente ad oggetto la penale, per la quale provvede come da separata ordinanza, disponendo la separazione dei due giudizi introdotti nei confronti dei convenuti;

3) rigetta la domanda proposta dal Ri.;

4) condanna l'attrice al pagamento delle spese di lite nei confronti del Ri., liquidandole in Euro 12.01,63, di cui Euro 3.577,00 per diritti e Euro 7.100,00 per onorari.

Così deciso in Roma, il 26 luglio 2010.

Depositata in Cancelleria il 10 settembre 2010.

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