Diritto del minore ad una famiglia

Legge 04-05-1983, n. 184

Preambolo
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Promulga
la seguente legge:
TITOLO I
Princìpi generali [1]
Art. 1 [2] [3]
1. Il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell'ambito della propria famiglia.
2. Le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la potestà genitoriale non possono essere di ostacolo all'esercizio del diritto del minore alla propria famiglia. A tal fine a favore della famiglia sono disposti interventi di sostegno e di aiuto.
3. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle proprie competenze, sostengono, con idonei interventi, nel rispetto della loro autonomia e nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, i nuclei familiari a rischio, al fine di prevenire l'abbandono e di consentire al minore di essere educato nell'ambito della propria famiglia. Essi promuovono altresì iniziative di formazione dell'opinione pubblica sull'affidamento e l'adozione e di sostegno all'attività delle comunità di tipo familiare, organizzano corsi di preparazione ed aggiornamento professionale degli operatori sociali nonché incontri di formazione e preparazione per le famiglie e le persone che intendono avere in affidamento o in adozione minori. I medesimi enti possono stipulare convenzioni con enti o associazioni senza fini di lucro che operano nel campo della tutela dei minori e delle famiglie per la realizzazione delle attività di cui al presente comma.
4. Quando la famiglia non è in grado di provvedere alla crescita e all'educazione del minore, si applicano gli istituti di cui alla presente legge.
5. Il diritto del minore a vivere, crescere ed essere educato nell'ambito di una famiglia è assicurato senza distinzione di sesso, di etnia, di età, di lingua, di religione e nel rispetto della identità culturale del minore e comunque non in contrasto con i princìpi fondamentali dell'ordinamento".
Note:
1 Rubrica sostituita dall'art. 1, comma 2, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U. Precedentemente la rubrica era la seguente: “DELL'AFFIDAMENTO DEI MINORI”.
2 Articolo sostituito dall'art. 1, comma 3, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.

 
3 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
TITOLO I-BIS.
Dell'affidamento del minore [1]
Art. 2 [2] [3]
1. Il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo, nonostante gli interventi di sostegno e aiuto disposti ai sensi dell'articolo 1, è affidato ad una famiglia, preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l'educazione, l'istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno.
2. Ove non sia possibile l'affidamento nei termini di cui al comma 1, è consentito l'inserimento del minore in una comunità di tipo familiare o, in mancanza, in un istituto di assistenza pubblico o privato, che abbia sede preferibilmente nel luogo più vicino a quello in cui stabilmente risiede il nucleo familiare di provenienza. Per i minori di età inferiore a sei anni l'inserimento può avvenire solo presso una comunità di tipo familiare.
3. In caso di necessità e urgenza l'affidamento può essere disposto anche senza porre in essere gli interventi di cui all'articolo 1, commi 2 e 3.
4. Il ricovero in istituto deve essere superato entro il 31 dicembre 2006 mediante affidamento ad una famiglia e, ove ciò non sia possibile, mediante inserimento in comunità di tipo familiare caratterizzate da organizzazione e da rapporti interpersonali analoghi a quelli di una famiglia.
5. Le regioni, nell'ambito delle proprie competenze e sulla base di criteri stabiliti dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, definiscono gli standard minimi dei servizi e dell'assistenza che devono essere forniti dalle comunità di tipo familiare e dagli istituti e verificano periodicamente il rispetto dei medesimi.
Note:
1 Titolo inserito dall'art. 2, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Articolo sostituito dall'art. 2, comma 2, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.

 
3 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
Art. 3 [1] [2]
1. I legali rappresentanti delle comunità di tipo familiare e degli istituti di assistenza pubblici o privati esercitano i poteri tutelari sul minore affidato, secondo le norme del capo I del titolo X del libro primo del codice civile, fino a quando non si provveda alla nomina di un tutore in tutti i casi nei quali l'esercizio della potestà dei genitori o della tutela sia impedito.
2. Nei casi previsti dal comma 1, entro trenta giorni dall'accoglienza del minore, i legali rappresentanti devono proporre istanza per la nomina del tutore. Gli stessi e coloro che prestano anche gratuitamente la propria attività a favore delle comunità di tipo familiare e degli istituti di assistenza pubblici o privati non possono essere chiamati a tale incarico.
3. Nel caso in cui i genitori riprendano l'esercizio della potestà, le comunità di tipo familiare e gli istituti di assistenza pubblici o privati chiedono al giudice tutelare di fissare eventuali limiti o condizioni a tale esercizio.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 3, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
Art. 4 [1] [2]
1. L'affidamento familiare è disposto dal servizio sociale locale, previo consenso manifestato dai genitori o dal genitore esercente la potestà, ovvero dal tutore, sentito il minore che ha compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento. Il giudice tutelare del luogo ove si trova il minore rende esecutivo il provvedimento con decreto.
2. Ove manchi l'assenso dei genitori esercenti la potestà o del tutore, provvede il tribunale per i minorenni. Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile.

 
3. Nel provvedimento di affidamento familiare devono essere indicate specificatamente le motivazioni di esso, nonché i tempi e i modi dell'esercizio dei poteri riconosciuti all'affidatario, e le modalità attraverso le quali i genitori e gli altri componenti il nucleo familiare possono mantenere i rapporti con il minore. Deve altresì essere indicato il servizio sociale locale cui è attribuita la responsabilità del programma di assistenza, nonché la vigilanza durante l'affidamento con l'obbligo di tenere costantemente informati il giudice tutelare o il tribunale per i minorenni, a seconda che si tratti di provvedimento emesso ai sensi dei commi 1 o 2. Il servizio sociale locale cui è attribuita la responsabilità del programma di assistenza, nonché la vigilanza durante l'affidamento, deve riferire senza indugio al giudice tutelare o al tribunale per i minorenni del luogo in cui il minore si trova, a seconda che si tratti di provvedimento emesso ai sensi dei commi 1 o 2, ogni evento di particolare rilevanza ed è tenuto a presentare una relazione semestrale sull'andamento del programma di assistenza, sulla sua presumibile ulteriore durata e sull'evoluzione delle condizioni di difficoltà del nucleo familiare di provenienza.
4. Nel provvedimento di cui al comma 3, deve inoltre essere indicato il periodo di presumibile durata dell'affidamento che deve essere rapportabile al complesso di interventi volti al recupero della famiglia d'origine. Tale periodo non può superare la durata di ventiquattro mesi ed è prorogabile, dal tribunale per i minorenni, qualora la sospensione dell'affidamento rechi pregiudizio al minore.
5. L'affidamento familiare cessa con provvedimento della stessa autorità che lo ha disposto, valutato l'interesse del minore, quando sia venuta meno la situazione di difficoltà temporanea della famiglia d'origine che lo ha determinato, ovvero nel caso in cui la prosecuzione di esso rechi pregiudizio al minore.
6. Il giudice tutelare, trascorso il periodo di durata previsto, ovvero intervenute le circostanze di cui al comma 5, sentiti il servizio sociale locale interessato ed il minore che ha compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento, richiede, se necessario, al competente tribunale per i minorenni l'adozione di ulteriori provvedimenti nell'interesse del minore.
7. Le disposizioni del presente articolo si applicano, in quanto compatibili, anche nel caso di minori inseriti presso una comunità di tipo familiare o un istituto di assistenza pubblico o privato".
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 3, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
Art. 5 [1] [2]

 
1. L'affidatario deve accogliere presso di sé il minore e provvedere al suo mantenimento e alla sua educazione e istruzione, tenendo conto delle indicazioni dei genitori per i quali non vi sia stata pronuncia ai sensi degli articoli 330 e 333 del codice civile, o del tutore, ed osservando le prescrizioni stabilite dall'autorità affidante. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 316 del codice civile. In ogni caso l'affidatario esercita i poteri connessi con la potestà parentale in relazione agli ordinari rapporti con la istituzione scolastica e con le autorità sanitarie. L'affidatario deve essere sentito nei procedimenti civili in materia di potestà, di affidamento e di adottabilità relativi al minore affidato.
2. Il servizio sociale, nell'ambito delle proprie competenze, su disposizione del giudice ovvero secondo le necessità del caso, svolge opera di sostegno educativo e psicologico, agevola i rapporti con la famiglia di provenienza ed il rientro nella stessa del minore secondo le modalità più idonee, avvalendosi anche delle competenze professionali delle altre strutture del territorio e dell'opera delle associazioni familiari eventualmente indicate dagli affidatari.
3. Le norme di cui ai commi 1 e 2 si applicano, in quanto compatibili, nel caso di minori ospitati presso una comunità di tipo familiare o che si trovino presso un istituto di assistenza pubblico o privato".
4. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle proprie competenze e nei limiti delle disponibilità finanziarie dei rispettivi bilanci, intervengono con misure di sostegno e di aiuto economico in favore della famiglia affidataria.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 5, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
TITOLO II
DELL'ADOZIONE
CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 6 [1] [2]
1. L'adozione è consentita a coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni. Tra i coniugi non deve sussistere e non deve avere avuto luogo negli ultimi tre anni separazione personale neppure di fatto.

 
2. I coniugi devono essere affettivamente idonei e capaci di educare, istruire e mantenere i minori che intendano adottare.
3. L'età degli adottanti deve superare di almeno diciotto e di non più di quarantacinque anni l'età dell'adottando.
4. Il requisito della stabilità del rapporto di cui al comma 1 può ritenersi realizzato anche quando i coniugi abbiano convissuto in modo stabile e continuativo prima del matrimonio per un periodo di tre anni, nel caso in cui il tribunale per i minorenni accerti la continuità e la stabilità della convivenza, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso concreto.
5. I limiti di cui al comma 3 possono essere derogati, qualora il tribunale per i minorenni accerti che dalla mancata adozione derivi un danno grave e non altrimenti evitabile per il minore.
6. Non è preclusa l'adozione quando il limite massimo di età degli adottanti sia superato da uno solo di essi in misura non superiore a dieci anni, ovvero quando essi siano genitori di figli naturali o adottivi dei quali almeno uno sia in età minore, ovvero quando l'adozione riguardi un fratello o una sorella del minore già dagli stessi adottato.
7. Ai medesimi coniugi sono consentite più adozioni anche con atti successivi e costituisce criterio preferenziale ai fini dell'adozione l'avere già adottato un fratello dell'adottando o il fare richiesta di adottare più fratelli, ovvero la disponibilità dichiarata all'adozione di minori che si trovino nelle condizioni indicate dall'articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, concernente l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate".
8. Nel caso di adozione dei minori di età superiore a dodici anni o con handicap accertato ai sensi dell'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, lo Stato, le regioni e gli enti locali possono intervenire, nell'ambito delle proprie competenze e nei limiti delle disponibilità finanziarie dei rispettivi bilanci, con specifiche misure di carattere economico, eventualmente anche mediante misure di sostegno alla formazione e all'inserimento sociale, fino all'età di diciotto anni degli adottati.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 6, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
Art. 7 [1] [2]

 
1. L'adozione è consentita a favore dei minori dichiarati in stato di adottabilità ai sensi degli articoli seguenti.
2. Il minore, il quale ha compiuto gli anni quattordici, non può essere adottato se non presta personalmente il proprio consenso, che deve essere manifestato anche quando il minore compia l'età predetta nel corso del procedimento. Il consenso dato può comunque essere revocato sino alla pronuncia definitiva dell'adozione.
3. Se l'adottando ha compiuto gli anni dodici deve essere personalmente sentito; se ha un'età inferiore, deve essere sentito, in considerazione della sua capacità di discernimento.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 7, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
CAPO II
DELLA DICHIARAZIONE DI ADOTTABILITA' [1]
Art. 8 [2] [3]
1. Sono dichiarati in stato di adottabilità dal tribunale per i minorenni del distretto nel quale si trovano, i minori di cui sia accertata la situazione di abbandono perché privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché la mancanza di assistenza non sia dovuta a causa di forza maggiore di carattere transitorio.
2. La situazione di abbandono sussiste, sempre che ricorrano le condizioni di cui al comma 1, anche quando i minori si trovino presso istituti di assistenza pubblici o privati o comunità di tipo familiare ovvero siano in affidamento familiare.
3. Non sussiste causa di forza maggiore quando i soggetti di cui al comma 1 rifiutano le misure di sostegno offerte dai servizi sociali locali e tale rifiuto viene ritenuto ingiustificato dal giudice.
4. Il procedimento di adottabilità deve svolgersi fin dall'inizio con l'assistenza legale del minore e dei genitori o degli altri parenti, di cui al comma 2 dell'articolo 10.
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla presente Capo fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2002 e,

 
successivamente, il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 24 aprile 2001, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240 e l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
2 Articolo sostituito dall'art. 8, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
3 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui al presente Capo fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2002 e, successivamente, il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 24 aprile 2001, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240 e l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
Art. 9 [1] [2]
1. Chiunque ha facoltà di segnalare all'autorità pubblica situazioni di abbandono di minori di età. I pubblici ufficiali, gli incaricati di un pubblico servizio, gli esercenti un servizio di pubblica necessità debbono riferire al più presto al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni del luogo in cui il minore si trova sulle condizioni di ogni minore in situazione di abbandono di cui vengano a conoscenza in ragione del proprio ufficio.
2. Gli istituti di assistenza pubblici o privati e le comunità di tipo familiare devono trasmettere semestralmente al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni del luogo ove hanno sede l'elenco di tutti i minori collocati presso di loro con l'indicazione specifica, per ciascuno di essi, della località di residenza dei genitori, dei rapporti con la famiglia e delle condizioni psicofisiche del minore stesso. Il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, assunte le necessarie informazioni, chiede al tribunale, con ricorso, di dichiarare l'adottabilità di quelli tra i minori segnalati o collocati presso le comunità di tipo familiare o gli istituti di assistenza pubblici o privati o presso una famiglia affidataria, che risultano in situazioni di abbandono, specificandone i motivi.
3. Il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, che trasmette gli atti al medesimo tribunale con relazione informativa, ogni sei mesi, effettua o dispone ispezioni negli istituti di assistenza pubblici o privati ai fini di cui al comma 2. Può procedere a ispezioni straordinarie in ogni tempo.
4. Chiunque, non essendo parente entro il quarto grado, accoglie stabilmente nella propria abitazione un minore, qualora l'accoglienza si protragga per un periodo superiore a sei mesi, deve, trascorso tale periodo, darne segnalazione al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni. L'omissione della segnalazione può comportare l'inidoneità ad ottenere affidamenti familiari o adottivi e l'incapacità all'ufficio tutelare.

 
5. Nello stesso termine di cui al comma 4, uguale segnalazione deve essere effettuata dal genitore che affidi stabilmente a chi non sia parente entro il quarto grado il figlio minore per un periodo non inferiore a sei mesi. L'omissione della segnalazione può comportare la decadenza dalla potestà sul figlio a norma dell'articolo 330 del codice civile e l'apertura della procedura di adottabilità.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 9, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui al presente Capo fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2002 e, successivamente, il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 24 aprile 2001, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240 e l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
Art. 10 [1] [2]
1. Il presidente del tribunale per i minorenni o un giudice da lui delegato, ricevuto il ricorso di cui all'articolo 9, comma 2, provvede all'immediata apertura di un procedimento relativo allo stato di abbandono del minore. Dispone immediatamente, all'occorrenza, tramite i servizi sociali locali o gli organi di pubblica sicurezza, più approfonditi accertamenti sulle condizioni giuridiche e di fatto del minore, sull'ambiente in cui ha vissuto e vive ai fini di verificare se sussiste lo stato di abbandono.
2. All'atto dell'apertura del procedimento, sono avvertiti i genitori o, in mancanza, i parenti entro il quarto grado che abbiano rapporti significativi con il minore. Con lo stesso atto il presidente del tribunale per i minorenni li invita a nominare un difensore e li informa della nomina di un difensore di ufficio per il caso che essi non vi provvedano. Tali soggetti, assistiti dal difensore, possono partecipare a tutti gli accertamenti disposti dal tribunale, possono presentare istanze anche istruttorie e prendere visione ed estrarre copia degli atti contenuti nel fascicolo previa autorizzazione del giudice.
3. Il tribunale può disporre in ogni momento e fino all'affidamento preadottivo ogni opportuno provvedimento provvisorio nell'interesse del minore, ivi compresi il collocamento temporaneo presso una famiglia o una comunità di tipo familiare, la sospensione della potestà dei genitori sul minore, la sospensione dell'esercizio delle funzioni del tutore e la nomina di un tutore provvisorio.
4. In caso di urgente necessità, i provvedimenti di cui al comma 3 possono essere adottati dal presidente del tribunale per i minorenni o da un giudice da lui delegato.
5. Il tribunale, entro trenta giorni, deve confermare, modificare o revocare i provvedimenti urgenti assunti ai sensi del comma 4. Il tribunale provvede in camera di consiglio con l'intervento del pubblico ministero,

 
sentite tutte le parti interessate ed assunta ogni necessaria informazione. Deve inoltre essere sentito il minore che ha compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento. I provvedimenti adottati debbono essere comunicati al pubblico ministero ed ai genitori. Si applicano le norme di cui agli articoli 330 e seguenti del codice civile.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 10, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui al presente Capo fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2002 e, successivamente, il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 24 aprile 2001, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240 e l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
Art. 11 [1]
Quando dalle indagini previste nell'articolo precedente risultano deceduti i genitori del minore e non risultano esistenti parenti entro il quarto grado che abbiano rapporti significativi con il minore, il tribunale per i minorenni provvede a dichiarare lo stato di adottabilità, salvo che esistano istanze di adozione ai sensi dell'art. 44. In tal caso il tribunale per i minorenni decide nell'esclusivo interesse del minore. [2]
Nel caso in cui non risulti l'esistenza di genitori naturali che abbiano riconosciuto il minore o la cui paternità o maternità sia stata dichiarata giudizialmente, il tribunale per i minorenni, senza eseguire ulteriori accertamenti, provvede immediatamente alla dichiarazione dello stato di adottabilità a meno che non vi sia richiesta di sospensione della procedura da parte di chi, affermando di essere uno dei genitori naturali, chiede termine per provvedere al riconoscimento. La sospensione può essere disposta dal tribunale per un periodo massimo di due mesi semprechè nel frattempo il minore sia assistito dal genitore naturale o dai parenti fino al quarto grado o in altro modo conveniente, permanendo comunque un rapporto con il genitore naturale.
Nel caso di non riconoscibilità per difetto di età del genitore, la procedura è rinviata anche d'ufficio sino al compimento del sedicesimo anno di età del genitore naturale, purchè sussistano le condizioni menzionate nel comma precedente. Al compimento del sedicesimo anno, il genitore può chiedere ulteriore sospensione per altri due mesi.
Ove il tribunale sospenda o rinvii la procedura ai sensi dei commi precedenti, nomina al minore, se necessario, un tutore provvisorio.

 
Se entro detti termini viene effettuato il riconoscimento, deve dichiararsi chiusa la procedura, ove non sussista abbandono morale e materiale. Se trascorrono i termini senza che sia stato effettuato il riconoscimento, si provvede senza altra formalità di procedura alla pronuncia dello stato di adottabilità.
Il tribunale, in ogni caso, anche a mezzo dei servizi locali, informa entrambi i presunti genitori, se possibile, o comunque quello reperibile, che si possono avvalere delle facoltà di cui al secondo e terzo comma.
Intervenuta la dichiarazione di adottabilità e l'affidamento preadottivo, il riconoscimento è privo di efficacia. Il giudizio per la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità è sospeso di diritto e si estingue ove segua la pronuncia di adozione divenuta definitiva.
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui al presente Capo fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2002 e, successivamente, il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 24 aprile 2001, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240 e l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
2 Comma modificato dall'art. 11, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
Art. 12 [1]
Quando attraverso le indagini effettuate consta l'esistenza dei genitori o di parenti entro il quarto grado indicati nell'articolo precedente, che abbiano mantenuto rapporti significativi con il minore, e ne è nota la residenza, il presidente del tribunale per i minorenni con decreto motivato fissa la loro comparizione, entro un congruo termine, dinanzi a sè o ad un giudice da lui delegato.
Nel caso in cui i genitori o i parenti risiedano fuori dalla circoscrizione del tribunale per i minorenni che procede, la loro audizione può essere delegata al tribunale per i minorenni del luogo della loro residenza.
In caso di residenza all'estero è delegata l'autorità consolare competente.
Udite le dichiarazioni dei genitori o dei parenti, il presidente del tribunale per i minorenni o il giudice delegato, ove ne ravvisi l'opportunità, impartisce con decreto motivato ai genitori o ai parenti prescrizioni idonee a garantire l'assistenza morale, il mantenimento, l'istruzione e l'educazione del minore, stabilendo al tempo stesso periodici accertamenti da eseguirsi direttamente o avvalendosi del giudice tutelare o dei servizi locali, ai quali può essere affidato l'incarico di operare al fine di più validi rapporti tra il minore e la famiglia.

 
Il presidente o il giudice delegato può, altresì, chiedere al pubblico ministero di promuovere l'azione per la corresponsione degli alimenti a carico di chi vi è tenuto per legge e, al tempo stesso, dispone, ove d'uopo, provvedimenti temporanei ai sensi del comma 3 dell'articolo 10. [2]
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui al presente Capo fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2002 e, successivamente, il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 24 aprile 2001, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240 e l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
2 Comma modificato dall'art. 12, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
Art. 13 [1]
Nel caso in cui i genitori ed i parenti di cui all'articolo precedente risultino irreperibili ovvero non ne sia conosciuta la residenza, la dimora o il domicilio, il tribunale per i minorenni provvede alla loro convocazione ai sensi degli articoli 140 e 143 del codice di procedura civile, previe nuove ricerche tramite gli organi di pubblica sicurezza.
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui al presente Capo fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2002 e, successivamente, il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 24 aprile 2001, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240 e l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
Art. 14 [1] [2]
1. Il tribunale per i minorenni può disporre, prima della dichiarazione di adottabilità, la sospensione del procedimento, quando da particolari circostanze emerse dalle indagini effettuate risulta che la sospensione

 
può riuscire utile nell'interesse del minore. In tal caso la sospensione è disposta con ordinanza motivata per un periodo non superiore a un anno.
2. La sospensione è comunicata ai servizi sociali locali competenti perché adottino le iniziative opportune.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 13, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui al presente Capo fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2002 e, successivamente, il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 24 aprile 2001, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240 e l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
Art. 15 [1] [2]
1. A conclusione delle indagini e degli accertamenti previsti dagli articoli precedenti, ove risulti la situazione di abbandono di cui all'articolo 8, lo stato di adottabilità del minore è dichiarato dal tribunale per i minorenni quando:
a) i genitori ed i parenti convocati ai sensi degli articoli 12 e 13 non si sono presentati senza giustificato motivo;
b) l'audizione dei soggetti di cui alla lettera a) ha dimostrato il persistere della mancanza di assistenza morale e materiale e la non disponibilità ad ovviarvi;
c) le prescrizioni impartite ai sensi dell'articolo 12 sono rimaste inadempiute per responsabilità dei genitori.
2. La dichiarazione dello stato di adottabilità del minore è disposta dal tribunale per i minorenni in camera di consiglio con sentenza, sentito il pubblico ministero, nonché il rappresentante dell'istituto di assistenza pubblico o privato o della comunità di tipo familiare presso cui il minore è collocato o la persona cui egli è affidato. Devono essere, parimenti, sentiti il tutore, ove esista, ed il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento.
3. La sentenza è notificata per esteso al pubblico ministero, ai genitori, ai parenti indicati nel primo comma dell'articolo 12, al tutore, nonché al curatore speciale ove esistano, con contestuale avviso agli stessi del loro diritto di proporre impugnazione nelle forme e nei termini di cui all'articolo 17.

 
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 14, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui al presente Capo fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2002 e, successivamente, il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 24 aprile 2001, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240 e l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
Art. 16 [1] [2]
1. Il tribunale per i minorenni, esaurita la procedura prevista nei precedenti articoli e qualora ritenga che non sussistano i presupposti per la pronuncia per lo stato di adottabilità dichiara che non vi è luogo a provvedere.
2. La sentenza è notificata per esteso al pubblico ministero, ai genitori, ai parenti indicati nel primo comma dell'articolo 12, nonché al tutore e al curatore speciale ove esistano. Il tribunale per i minorenni adotta i provvedimenti opportuni nell'interesse del minore.
3. Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 15, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui al presente Capo fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2002 e, successivamente, il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 24 aprile 2001, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240 e l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
Art. 17 [1] [2]
1. Avverso la sentenza il pubblico ministero e le altre parti possono proporre impugnazione avanti la Corte d'appello, sezione per i minorenni, entro trenta giorni dalla notificazione. La Corte, sentite le parti e il pubblico ministero ed effettuato ogni altro opportuno accertamento, pronuncia sentenza in camera di

 
consiglio e provvede al deposito della stessa in cancelleria, entro quindici giorni dalla pronuncia. La sentenza è notificata d'ufficio al pubblico ministero e alle altre parti.
2. Avverso la sentenza della Corte d'appello è ammesso ricorso per Cassazione, entro trenta giorni dalla notificazione, per i motivi di cui ai numeri 3, 4 e 5 del primo comma dell'articolo 360 del codice di procedura civile. Si applica altresì il secondo comma dello stesso articolo.
3. L'udienza di discussione dell'appello e del ricorso deve essere fissata entro sessanta giorni dal deposito dei rispettivi atti introduttivi.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 16, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui al presente Capo fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2002 e, successivamente, il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 24 aprile 2001, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240 e l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
Art. 18 [1] [2]
1. La sentenza definitiva che dichiara lo stato di adottabilità è trascritta, a cura del cancelliere del tribunale per i minorenni, su apposito registro conservato presso la cancelleria del tribunale stesso. La trascrizione deve essere effettuata entro il decimo giorno successivo a quello della comunicazione che la sentenza di adottabilità è divenuta definitiva. A questo effetto, il cancelliere del giudice dell'impugnazione deve inviare immediatamente apposita comunicazione al cancelliere del tribunale per i minorenni.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 17, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui al presente Capo fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2002 e, successivamente, il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 24 aprile 2001, n. 150, convertito, con

 
modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240 e l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
Art. 19 [1]
Durante lo stato di adottabilità è sospeso l'esercizio della potestà dei genitori.
Il tribunale per i minorenni nomina un tutore, ove già non esista, e adotta gli ulteriori provvedimenti nell'interesse del minore.
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui al presente Capo fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2002 e, successivamente, il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 24 aprile 2001, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240 e l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
Art. 20 [1]
Lo stato di adottabilità cessa per adozione o per il raggiungimento della maggiore età da parte dell'adottando.
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui al presente Capo fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2002 e, successivamente, il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 24 aprile 2001, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240 e l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
Art. 21 [1] [2]
1. Lo stato di adottabilità cessa altresì per revoca, nell'interesse del minore, in quanto siano venute meno le condizioni di cui all'articolo 8, comma 1, successivamente alla sentenza di cui al comma 2 dell'articolo 15.

 
2. La revoca è pronunciata dal tribunale per i minorenni d'ufficio o su istanza del pubblico ministero, dei genitori, del tutore.
3. Il tribunale provvede in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero.
4. Nel caso in cui sia in atto l'affidamento preadottivo, lo stato di adottabilità non può essere revocato.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 18, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui al presente Capo fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2002 e, successivamente, il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 24 aprile 2001, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240 e l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
CAPO III
DELL'AFFIDAMENTO PREADOTTIVO
Art. 22 [1] [2]
1. Coloro che intendono adottare devono presentare domanda al tribunale per i minorenni, specificando l'eventuale disponibilità ad adottare più fratelli ovvero minori che si trovino nelle condizioni indicate dall'articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, concernente l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate. E' ammissibile la presentazione di più domande anche successive a più tribunali per i minorenni, purché in ogni caso se ne dia comunicazione a tutti i tribunali precedentemente aditi. I tribunali cui la domanda è presentata possono richiedere copia degli atti di parte ed istruttori, relativi ai medesimi coniugi, agli altri tribunali; gli atti possono altresì essere comunicati d'ufficio. La domanda decade dopo tre anni dalla presentazione e può essere rinnovata.
2. In ogni momento a coloro che intendono adottare devono essere fornite, se richieste, notizie sullo stato del procedimento.
3. Il tribunale per i minorenni, accertati previamente i requisiti di cui all'articolo 6, dispone l'esecuzione delle adeguate indagini di cui al comma 4, ricorrendo ai servizi socio-assistenziali degli enti locali singoli o associati, nonché avvalendosi delle competenti professionalità delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere, dando precedenza nella istruttoria alle domande dirette all'adozione di minori di età superiore a cinque anni o con handicap accertato ai sensi dell'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.

 
4. Le indagini, che devono essere tempestivamente avviate e concludersi entro centoventi giorni, riguardano in particolare la capacità di educare il minore, la situazione personale ed economica, la salute, l'ambiente familiare dei richiedenti, i motivi per i quali questi ultimi desiderano adottare il minore. Con provvedimento motivato, il termine entro il quale devono concludersi le indagini può essere prorogato una sola volta e per non più di centoventi giorni.
5. Il tribunale per i minorenni, in base alle indagini effettuate, sceglie tra le coppie che hanno presentato domanda quella maggiormente in grado di corrispondere alle esigenze del minore.
6. Il tribunale per i minorenni, in camera di consiglio, sentiti il pubblico ministero, gli ascendenti dei richiedenti ove esistano, il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento, omessa ogni altra formalità di procedura, dispone, senza indugio, l'affidamento preadottivo, determinandone le modalità con ordinanza. Il minore che abbia compiuto gli anni quattordici deve manifestare espresso consenso all'affidamento alla coppia prescelta.
7. Il tribunale per i minorenni deve in ogni caso informare i richiedenti sui fatti rilevanti, relativi al minore, emersi dalle indagini. Non può essere disposto l'affidamento di uno solo di più fratelli, tutti in stato di adottabilità, salvo che non sussistano gravi ragioni. L'ordinanza è comunicata al pubblico ministero, ai richiedenti ed al tutore. Il provvedimento di affidamento preadottivo è immediatamente, e comunque non oltre dieci giorni, annotato a cura del cancelliere a margine della trascrizione di cui all'articolo 18.
8. Il tribunale per i minorenni vigila sul buon andamento dell'affidamento preadottivo avvalendosi anche del giudice tutelare e dei servizi locali sociali e consultoriali. In caso di accertate difficoltà, convoca, anche separatamente, gli affidatari e il minore, alla presenza, se del caso, di uno psicologo, al fine di valutare le cause all'origine delle difficoltà. Ove necessario, dispone interventi di sostegno psicologico e sociale.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 19, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
Art. 23 [1] [2]
1. L'affidamento preadottivo è revocato dal tribunale per i minorenni d'ufficio o su istanza del pubblico ministero o del tutore o di coloro che esercitano la vigilanza di cui all'articolo 22, comma 8, quando vengano accertate difficoltà di idonea convivenza ritenute non superabili. Il provvedimento relativo alla revoca è adottato dal tribunale per i minorenni, in camera di consiglio, con decreto motivato. Debbono essere sentiti,

 
oltre al pubblico ministero ed al presentatore dell'istanza di revoca, il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento, gli affidatari, il tutore e coloro che abbiano svolto attività di vigilanza o di sostegno.
2. Il decreto è comunicato al pubblico ministero, al presentatore dell'istanza di revoca, agli affidatari ed al tutore. Il decreto che dispone la revoca dell'affidamento preadottivo è annotato a cura del cancelliere entro dieci giorni a margine della trascrizione di cui all'articolo 18.
3. In caso di revoca, il tribunale per i minorenni adotta gli opportuni provvedimenti temporanei in favore del minore ai sensi dell'articolo 10, comma 3. Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 20, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
Art. 24 [1]
Il pubblico ministero e il tutore possono impugnare il decreto del tribunale relativo all'affidamento preadottivo o alla sua revoca, entro dieci giorni dalla comunicazione, con reclamo alla sezione per i minorenni della corte d'appello.
La corte d'appello, sentiti il ricorrente, il pubblico ministero e, ove occorra, le persone indicate nell'art. 23 ed effettuati ogni altro accertamento ed indagine opportuni, decide in camera di consiglio con decreto motivato.
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
CAPO IV
DELLA DICHIARAZIONE DI ADOZIONE
Art. 25 [1] [2]
 
1. Il tribunale per i minorenni che ha dichiarato lo stato di adottabilità, decorso un anno dall'affidamento, sentiti i coniugi adottanti, il minore che abbia compiuto gli anni dodici e il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento, il pubblico ministero, il tutore e coloro che abbiano svolto attività di vigilanza o di sostegno, verifica che ricorrano tutte le condizioni previste dal presente capo e, senza altra formalità di procedura, provvede sull'adozione con sentenza in camera di consiglio, decidendo di fare luogo o di non fare luogo all'adozione. Il minore che abbia compiuto gli anni quattordici deve manifestare espresso consenso all'adozione nei confronti della coppia prescelta.
2. Qualora la domanda di adozione venga proposta da coniugi che hanno discendenti legittimi o legittimati, questi, se maggiori degli anni quattordici, debbono essere sentiti.
3. Nell'interesse del minore il termine di cui al comma 1 può essere prorogato di un anno, d'ufficio o su domanda dei coniugi affidatari, con ordinanza motivata.
4. Se uno dei coniugi muore o diviene incapace durante l'affidamento preadottivo, l'adozione, nell'interesse del minore, può essere ugualmente disposta ad istanza dell'altro coniuge nei confronti di entrambi, con effetto, per il coniuge deceduto, dalla data della morte.
5. Se nel corso dell'affidamento preadottivo interviene separazione tra i coniugi affidatari, l'adozione può essere disposta nei confronti di uno solo o di entrambi, nell'esclusivo interesse del minore, qualora il coniuge o i coniugi ne facciano richiesta.
6. La sentenza che decide sull'adozione è comunicata al pubblico ministero, ai coniugi adottanti ed al tutore.
7. Nel caso di provvedimento negativo viene meno l'affidamento preadottivo ed il tribunale per i minorenni assume gli opportuni provvedimenti temporanei in favore del minore ai sensi dell'articolo 10, comma 3. Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 21, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
Art. 26 [1] [2]
1. Avverso la sentenza che dichiara se fare luogo o non fare luogo all'adozione, entro trenta giorni dalla notifica, può essere proposta impugnazione davanti alla sezione per i minorenni della Corte d'appello da

 
parte del pubblico ministero, dagli adottanti e dal tutore del minore. La Corte d'appello, sentite le parti ed esperito ogni accertamento ritenuto opportuno, pronuncia sentenza. La sentenza è notificata d'ufficio alle parti per esteso.
2. Avverso la sentenza della Corte d'appello è ammesso ricorso per Cassazione, che deve essere proposto entro trenta giorni dalla notifica della stessa, solo per i motivi di cui al primo comma, numero 3, dell'articolo 360 del codice di procedura civile.
3. L'udienza di discussione dell'appello e del ricorso per Cassazione deve essere fissata entro sessanta giorni dal deposito dei rispettivi atti introduttivi.
4. La sentenza che pronuncia l'adozione, divenuta definitiva, è immediatamente trascritta nel registro di cui all'articolo 18 e comunicata all'ufficiale dello stato civile che la annota a margine dell'atto di nascita dell'adottato. A questo effetto, il cancelliere del giudice dell'impugnazione deve immediatamente dare comunicazione della definitività della sentenza al cancelliere del tribunale per i minorenni.
5. Gli effetti dell'adozione si producono dal momento della definitività della sentenza.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 22, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
Art. 27 [1]
Per effetto dell'adozione l'adottato acquista lo stato di figlio legittimo degli adottanti, dei quali assume e trasmette il cognome.
Se l'adozione è disposta nei confronti della moglie separata, ai sensi dell'articolo 25, comma 5, l'adottato assume il cognome della famiglia di lei. [2]
Con l'adozione cessano i rapporti dell'adottato verso la famiglia di origine, salvi i divieti matrimoniali.
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.

 
2 Comma modificato dall'art. 23, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
Art. 28 [1] [2]
1. Il minore adottato è informato di tale sua condizione ed i genitori adottivi vi provvedono nei modi e termini che essi ritengono più opportuni.
2. Qualunque attestazione di stato civile riferita all'adottato deve essere rilasciata con la sola indicazione del nuovo cognome e con l'esclusione di qualsiasi riferimento alla paternità e alla maternità del minore e dell'annotazione di cui all'articolo 26, comma 4.
3. L'ufficiale di stato civile, l'ufficiale di anagrafe e qualsiasi altro ente pubblico o privato, autorità o pubblico ufficio debbono rifiutarsi di fornire notizie, informazioni, certificazioni, estratti o copie dai quali possa comunque risultare il rapporto di adozione, salvo autorizzazione espressa dell'autorità giudiziaria. Non è necessaria l'autorizzazione qualora la richiesta provenga dall'ufficiale di stato civile, per verificare se sussistano impedimenti matrimoniali.
4. Le informazioni concernenti l'identità dei genitori biologici possono essere fornite ai genitori adottivi, quali esercenti la potestà dei genitori, su autorizzazione del tribunale per i minorenni, solo se sussistono gravi e comprovati motivi. Il tribunale accerta che l'informazione sia preceduta e accompagnata da adeguata preparazione e assistenza del minore. Le informazioni possono essere fornite anche al responsabile di una struttura ospedaliera o di un presidio sanitario, ove ricorrano i presupposti della necessità e della urgenza e vi sia grave pericolo per la salute del minore.
5. L'adottato, raggiunta l'età di venticinque anni, può accedere a informazioni che riguardano la sua origine e l'identità dei propri genitori biologici. Può farlo anche raggiunta la maggiore età, se sussistono gravi e comprovati motivi attinenti alla sua salute psico-fisica. L'istanza deve essere presentata al tribunale per i minorenni del luogo di residenza.
6. Il tribunale per i minorenni procede all'audizione delle persone di cui ritenga opportuno l'ascolto; assume tutte le informazioni di carattere sociale e psicologico, al fine di valutare che l'accesso alle notizie di cui al comma 5 non comporti grave turbamento all'equilibrio psico-fisico del richiedente. Definita l'istruttoria, il tribunale per i minorenni autorizza con decreto l'accesso alle notizie richieste.
7. L'accesso alle informazioni non è consentito nei confronti della madre che abbia dichiarato alla nascita di non volere essere nominata ai sensi dell'articolo 30, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396. [3]
8. Fatto salvo quanto previsto dai commi precedenti, l'autorizzazione non è richiesta per l'adottato maggiore di età quando i genitori adottivi sono deceduti o divenuti irreperibili.

 
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 24, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
3 Comma sostituito dall'art. 177, comma 2, D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a decorrere dal 1° gennaio 2004.
TITOLO III
DELL'ADOZIONE INTERNAZIONALE
CAPO I
DELL'ADOZIONE DI MINORI STRANIERI [1]
Art. 29 [2] [3]
L'adozione di minori stranieri ha luogo conformemente ai princìpi e secondo le direttive della Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, fatta a L'Aja il 29 maggio 1993, di seguito denominata "Convenzione", a norma delle disposizioni contenute nella presente legge.
Note:
1 Capo sostituito dall'art. 3, comma 1, L. 31 dicembre 1998, n. 476.
2 Articolo sostituito dall'art. 3, comma 1, L. 31 dicembre 1998, n. 476, che ha sostituito tutto il presente Capo I.
3 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
Art. 29-bis [1] [2]
1. Le persone residenti in Italia, che si trovano nelle condizioni prescritte dall'articolo 6 e che intendono adottare un minore straniero residente all'estero, presentano dichiarazione di disponibilità al tribunale per i

 
minorenni del distretto in cui hanno la residenza e chiedono che lo stesso dichiari la loro idoneità all'adozione.
2. Nel caso di cittadini italiani residenti in uno Stato straniero, fatto salvo quanto stabilito nell'articolo 36, comma 4, è competente il tribunale per i minorenni del distretto in cui si trova il luogo della loro ultima residenza; in mancanza, è competente il tribunale per i minorenni di Roma.
3. Il tribunale per i minorenni, se non ritiene di dover pronunciare immediatamente decreto di inidoneità per manifesta carenza dei requisiti, trasmette, entro quindici giorni dalla presentazione, copia della dichiarazione di disponibilità ai servizi degli enti locali.
4. I servizi socio-assistenziali degli enti locali singoli o associati, anche avvalendosi per quanto di competenza delle aziende sanitarie locali e ospedaliere, svolgono le seguenti attività:
a) informazione sull'adozione internazionale e sulle relative procedure, sugli enti autorizzati e sulle altre forme di solidarietà nei confronti dei minori in difficoltà, anche in collaborazione con gli enti autorizzati di cui all'articolo 39-ter;
b) preparazione degli aspiranti all'adozione, anche in collaborazione con i predetti enti;
c) acquisizione di elementi sulla situazione personale, familiare e sanitaria degli aspiranti genitori adottivi, sul loro ambiente sociale, sulle motivazioni che li determinano, sulla loro attitudine a farsi carico di un'adozione internazionale, sulla loro capacità di rispondere in modo adeguato alle esigenze di più minori o di uno solo, sulle eventuali caratteristiche particolari dei minori che essi sarebbero in grado di accogliere, nonché acquisizione di ogni altro elemento utile per la valutazione da parte del tribunale per i minorenni della loro idoneità all'adozione.
5. I servizi trasmettono al tribunale per i minorenni, in esito all'attività svolta, una relazione completa di tutti gli elementi indicati al comma 4, entro i quattro mesi successivi alla trasmissione della dichiarazione di disponibilità.

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