Legislazione di riferimento del C.C.

Codice civile

Art. 27
[1] La responsabilità penale è personale.
[2] L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.
[3] Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.
[4] Non è ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra.
art. 30 Cost.
È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio.
Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.
La legge assicura ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.
La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità
Art. 31
[1] La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose.
[2] Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù favorendo gli istituti necessari a tale scopo.
 
Codice Civile
Art. 2 - Maggiore età. Capacità di agire
La maggiore età è fissata al compimento del diciottesimo anno. Con la maggiore età si acquista la capacità di compiere tutti gli atti per i quali non sia stabilita una età diversa.
Sono salve le leggi speciali che stabiliscono un'età inferiore in materia di capacità a prestare il proprio lavoro. In tal caso il minore è abilitato all'esercizio dei diritti e delle azioni che dipendono dal contratto di lavoro.
Art. 84 - Età
I minori di età non possono contrarre matrimonio.
Il tribunale, su istanza dell'interessato, accertata la sua maturità psico-fisica e la fondatezza delle ragioni addotte, sentito il pubblico ministero, i genitori o il tutore, può con decreto emesso in camera di consiglio ammettere per gravi motivi al matrimonio chi abbia compiuto i sedici anni.
Il decreto è comunicato al pubblico ministero, agli sposi, ai genitori e al tutore.
Contro il decreto può essere proposto reclamo, con ricorso alla corte d'appello, nel termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione.
La corte d'appello decide con ordinanza non impugnabile, emessa in camera di consiglio.
Il decreto acquista efficacia quando è decorso il termine previsto nel quarto comma, senza che sia stato proposto reclamo
art. 90 - Assistenza del minore
Con il decreto di cui all'articolo 84 il tribunale o la corte d'appello nominano, se le circostanze lo esigono, un curatore speciale che assista il minore nella stipulazione delle convenzioni matrimoniali.
art. 147 - Doveri verso i figli
Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l'obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli1.
Art. 148 - Concorso negli oneri [1] [2]
1 La Corte Costituzionale, con sentenza interpretativa di rigetto 21 ottobre 2005, n. 394, ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale del presente articolo, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 30 della Costituzione, dal Tribunale di Genova, con l'ordinanza 15 ottobre 2003.

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[1] I coniugi devono adempiere l'obbligazione prevista nell'articolo precedente in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo [143 c. 2]. Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti legittimi o naturali, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli [147, 324 c. 2].
[2] In caso di inadempimento il presidente del tribunale, su istanza di chiunque vi ha interesse, sentito l'inadempiente ed assunte informazioni, può ordinare con decreto che una quota dei redditi dell'obbligato, in proporzione agli stessi, sia versata direttamente all'altro coniuge o a chi sopporta le spese per il mantenimento, l'istruzione e l'educazione della prole [193 c. 2].
[3] Il decreto, notificato [c.p.c. 137 ss.] agli interessati ed al terzo debitore, costituisce titolo esecutivo [c.p.c. 474], ma le parti ed il terzo debitore possono proporre opposizione nel termine di venti giorni dalla notifica. [3]
[4] L'opposizione è regolata dalle norme relative all'opposizione al decreto di ingiunzione [c.p.c. 645], in quanto applicabili.
[5] Le parti ed il terzo debitore possono sempre chiedere, con le forme del processo ordinario, la modificazione e la revoca del provvedimento.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 30, L. 19 maggio 1975, n. 151.
2 La Corte Costituzionale, con sentenza interpretativa di rigetto 21 ottobre 2005, n. 394, ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale del presente articolo, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 30 della Costituzione, dal Tribunale di Genova, con l'ordinanza 15 ottobre 2003.
3 La Corte costituzionale con sentenza interpretativa di rigetto 14 giugno 2002, n. 236, ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale del presente comma , sollevata in riferimento agliartt. 3, 24 e 30 della Costituzione.
«Art. 155. - (Provvedimenti riguardo ai figli) – Anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale. Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, il giudice che pronuncia la separazione personale dei coniugi adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole. La potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione e alla salute sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la potestà separatamente. Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando:
1) le attuali esigenze del figlio; 2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori; 3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore; 4) le risorse economiche di entrambi i genitori; 5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.
L’assegno è automaticamente adeguato agli indici ISTAT in difetto di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice. Ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi».
«Art. 155-bis. - (Affidamento a un solo genitore e opposizione all’affidamento condiviso) – Il giudice può disporre l’affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che

 
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l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore.Ciascuno dei genitori può, in qualsiasi momento, chiedere l’affidamento esclusivo quando sussistono le condizioni indicate al primo comma. Il giudice, se accoglie la domanda, dispone l’affidamento esclusivo al genitore istante, facendo salvi, per quanto possibile, i diritti del minore previsti dal primo comma dell’articolo 155. Se la domanda risulta manifestamente infondata, il giudice può considerare il comportamento del genitore istante ai fini della determinazione dei provvedimenti da adottare nell’interesse dei figli, rimanendo ferma l’applicazione dell’articolo 96 del codice di procedura civile.
Art. 155-ter. - (Revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli) – I genitori hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli, l’attribuzione dell’esercizio della potestà su di essi e delle eventuali disposizioni relative alla misura e alla modalità del contributo. Art. 155-quater. – (Assegnazione della casa familiare e prescrizioni in tema di residenza) – Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli. Dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l’eventuale titolo di proprietà. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell’articolo 2643. Nel caso in cui uno dei coniugi cambi la residenza o il domicilio, l’altro coniuge può chiedere, se il mutamento interferisce con le modalità dell’affidamento, la ridefinizione degli accordi o dei provvedimenti adottati, ivi compresi quelli economici.
Art. 155-quinquies. - (Disposizioni in favore dei figli maggiorenni) – Il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico. Tale assegno, salvo diversa determinazione del giudice, è versato direttamente all’avente diritto. Ai figli maggiorenni portatori di handicap grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, si applicano integralmente le disposizioni previste in favore dei figli minori.
Art. 155-sexies. - (Poteri del giudice e ascolto del minore) – Prima dell’emanazione, anche in via provvisoria, dei provvedimenti di cui all’articolo 155, il giudice può assumere, ad istanza di parte o d’ufficio, mezzi di prova. Il giudice dispone, inoltre, l’audizione del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento. Qualora ne ravvisi l’opportunità, il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, può rinviare l’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 155 per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli».
Art. 165 - Capacità del minore
Il minore ammesso a contrarre matrimonio è pure capace di prestare il consenso per tutte le relative convenzioni matrimoniali, le quali sono valide se egli è assistito dai genitori esercenti la potestà su di lui o dal tutore o dal curatore speciale nominato a norma dell'articolo 90.
art. 231 - Paternità del marito
Il marito è padre del figlio concepito durante il matrimonio
art. 232 - Presunzione di concepimento durante il matrimonio
Si presume concepito durante il matrimonio il figlio nato quando sono trascorsi centottanta giorni dalla celebrazione del matrimonio [e non sono ancora trascorsi trecento giorni dalla data dell'annullamento, dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio.
La presunzione non opera decorsi trecento giorni dalla pronuncia di separazione giudiziale, o dalla omologazione di separazione consensuale, ovvero dalla data della comparizione dei coniugi avanti al giudice quando gli stessi sono stati autorizzati a vivere separatamente nelle more del giudizio di separazione o dei giudizi previsti nel comma precedente.
art. 234 - Nascita del figlio dopo i trecento giorni
Ciascuno dei coniugi e i loro eredi possono provare che il figlio, nato dopo i trecento giorni dall'annullamento, dallo scioglimento o dalla cessazione degli effetti civili del matrimonio, è stato concepito durante il matrimonio.

 
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Possono analogamente provare il concepimento durante la convivenza quando il figlio sia nato dopo i trecento giorni dalla pronuncia di separazione giudiziale, o dalla omologazione di separazione consensuale, ovvero dalla data di comparizione dei coniugi avanti al giudice quando gli stessi sono stati autorizzati a vivere separatamente nelle more del giudizio di separazione o dei giudizi previsti nel comma precedente.
In ogni caso il figlio può proporre azione per reclamare lo stato di legittimo.
art. 235 - Disconoscimento di paternità
L'azione per il disconoscimento di paternità del figlio concepito durante il matrimonio è consentita solo nei casi seguenti:
1) se i coniugi non hanno coabitato nel periodo compreso fra il trecentesimo ed il centottantesimo giorno prima della nascita;
2) se durante il tempo predetto il marito era affetto da impotenza, anche se soltanto di generare;
3) se nel detto periodo la moglie ha commesso adulterio o ha tenuto celata al marito la propria gravidanza e la nascita del figlio. In tali casi il marito è ammesso a provare che il figlio presenta caratteristiche genetiche o del gruppo sanguigno incompatibili con quelle del presunto padre, o ogni altro fatto tendente ad escludere la paternità.
La sola dichiarazione della madre non esclude la paternità.
L'azione di disconoscimento può essere esercitata anche dalla madre o dal figlio che ha raggiunto la maggiore età in tutti i casi in cui può essere esercitata dal padre.
art. 236 - Atto di nascita e possesso di stato
La filiazione legittima si prova con l'atto di nascita iscritto nei registri dello stato civile.
Basta in mancanza di questo titolo, il possesso continuo dello stato di figlio legittimo.
art. 244 - Termini dell'azione di disconoscimento
L'azione di disconoscimento della paternità da parte della madre deve essere proposta nel termine di sei mesi dalla nascita del figlio2 .
Il marito può disconoscere il figlio nel termine di un anno che decorre dal giorno della nascita quando egli si trovava al tempo di questa nel luogo in cui è nato il figlio; dal giorno del suo ritorno nel luogo in cui è nato il figlio o in cui è la residenza familiare se egli ne era lontano. In ogni caso, se egli prova di non aver avuto notizia della nascita in detti giorni, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto notizia3  e 4 .
L'azione di disconoscimento della paternità può essere proposta dal figlio, entro un anno dal compimento della maggiore età o dal momento in cui viene successivamente a conoscenza dei fatti che rendono ammissibile il disconoscimento.
L'azione può essere altresì promossa da un curatore speciale nominato dal giudice, assunte sommarie informazioni, su istanza del figlio minore che ha compiuto i sedici anni, o del pubblico ministero quando si tratta di minore di età inferiore5  e 6 .
art. 249 - Reclamo della legittimità
L'azione per reclamare lo stato legittimo spetta al figlio; ma, se egli non l'ha promossa ed è morto in età minore o nei cinque anni, dopo aver raggiunto la maggiore età, può essere promossa dai discendenti di lui. Essa deve essere proposta contro entrambi i genitori, e, in loro mancanza, contro i loro eredi.
2  La Corte costituzionale, con sentenza del 14 maggio 1999, n. 170, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma c. nella parte in cui non prevede che il termine per la proposizione dell'azione di disconoscimento della paternità, nell'ipotesi di impotenza solo di generare di cui al numero 2) dell'art. 235 dello stesso codice, decorra per la moglie dal giorno in cui essa sia venuta a conoscenza dell'impotenza di generare del marito.
3  La Corte costituzionale, con sentenza del 6 maggio 1985, n. 134, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma c. nella parte in cui dispone, per il caso previsto dal n. 3 dell'art. 235 dello stesso codice, che il termine dell'azione di disconoscimento decorra dal giorno in cui il marito sia venuto a conoscenza dell'adulterio della moglie
4  La Corte costituzionale, con sentenza del 14 maggio 1999, n. 170, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma c. nella parte in cui non prevede che il termine per la proposizione dell'azione di disconoscimento della paternità, nell'ipotesi di impotenza solo di generare, contemplata dal n. 2) dell'art. 235 c.c., decorra per il marito dal giorno in cui esso sia venuto a conoscenza della propria impotenza di generare.
5  Comma sostituito dall'art. 81, L. 4 maggio 1983, n. 184
6  La Corte costituzionale, con sentenza interpretativa di rigetto del 27 novembre 1991, n. 429, ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale del presente comma c. nel testo sostituito dall'art. 81 della legge 4 maggio 1983, n. 184, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 30 della Costituzione.

 
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L'azione è imprescrittibile riguardo al figlio.
art. 250 - Riconoscimento
Il figlio naturale può essere riconosciuto, nei modi previsti dall'articolo 254, dal padre e dalla madre, anche se già uniti in matrimonio con altra persona all'epoca del concepimento. Il riconoscimento può avvenire tanto congiuntamente quanto separatamente.
Il riconoscimento del figlio che ha compiuto i sedici anni non produce effetto senza il suo assenso.
Il riconoscimento del figlio che non ha compiuto i sedici anni non può avvenire senza il consenso dell'altro genitore che abbia già effettuato il riconoscimento.
Il consenso non può essere rifiutato ove il riconoscimento risponda all'interesse del figlio. Se vi è opposizione, su ricorso del genitore che vuole effettuare il riconoscimento, sentito il minore in contraddittorio con il genitore che si oppone e con l'intervento del pubblico ministero, decide il tribunale con sentenza che, in caso di accoglimento della domanda, tiene luogo del consenso mancante.
Il riconoscimento non può essere fatto dai genitori che non abbiano compiuto il sedicesimo anno di età.
Art. 251 - Riconoscimento di figli incestuosi
I figli nati da persone, tra le quali esiste un vincolo di parentela anche soltanto naturale, in linea retta all'infinito o in linea collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinità in linea retta, non possono essere riconosciuti dai loro genitori, salvo che questi al tempo del concepimento ignorassero il vincolo esistente tra di loro o che sia stato dichiarato nullo il matrimonio da cui deriva l'affinità. Quando uno solo dei genitori è stato in buona fede, il riconoscimento del figlio può essere fatto solo da lui.
Il riconoscimento è autorizzato dal giudice, avuto riguardo all'interesse del figlio ed alla necessità di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio.
art. 254 - Forma del riconoscimento
Il riconoscimento del figlio naturale è fatto nell'atto di nascita, oppure con una apposita dichiarazione, posteriore alla nascita o al concepimento, davanti ad un ufficiale dello stato civile o in un atto pubblico o in un testamento, qualunque sia la forma di questo La domanda di legittimazione di un figlio naturale presentata al giudice o la dichiarazione della volontà di legittimarlo espressa dal genitore in un atto pubblico o in un testamento importa riconoscimento, anche se la legittimazione non abbia luogo.
art. 262 - Cognome del figlio
Il figlio naturale assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio naturale assume il cognome del padre.
Se la filiazione nei confronti del padre è stata accertata, o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte della madre, il figlio naturale può assumere il cognome del padre aggiungendolo o sostituendolo a quello della madre.
Nel caso di minore età del figlio, il giudice decide circa l'assunzione del cognome del padre.
art. 263 - Impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità
Il riconoscimento può essere impugnato per difetto di veridicità dall'autore del riconoscimento, da colui che è stato riconosciuto e da chiunque vi abbia interesse.
L'impugnazione è ammessa anche dopo la legittimazione.
L'azione è imprescrittibile
art. 264 - Impugnazione da parte del riconosciuto
Colui che è stato riconosciuto non può, durante la minore età o lo stato di interdizione per infermità di mente, impugnare il riconoscimento.
Tuttavia, il giudice, con provvedimento in camera di consiglio su istanza del pubblico ministero o del tutore o dell'altro genitore che abbia validamente riconosciuto il figlio o del figlio stesso che abbia compiuto il sedicesimo anno di età, può dare l'autorizzazione per impugnare il riconoscimento, nominando un curatore speciale.
art. 265 - Impugnazione per violenza

 
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Il riconoscimento può essere impugnato per violenza dall'autore del riconoscimento entro un anno dal giorno in cui la violenza è cessata.
Se l'autore del riconoscimento è minore, l'azione può essere promossa entro un anno dal conseguimento dell'età maggiore.
art. 266 - Impugnazione del riconoscimento per effetto di interdizione giudiziale
Il riconoscimento può essere impugnato per l'incapacità che deriva da interdizione giudiziale dal rappresentante dell'interdetto e, dopo la revoca dell'interdizione, dall'autore del riconoscimento, entro un anno dalla data della revoca.
art. 267 - Trasmissibilità dell'azione
Nei casi indicati dagli articoli 265 e 266, se l'autore del riconoscimento è morto senza aver promosso l'azione, ma prima che sia scaduto il termine, l'azione può essere promossa dai discendenti, dagli ascendenti o dagli eredi.
art. 270 - Legittimazione attiva e termine
L'azione per ottenere che sia dichiarata giudizialmente la paternità o la maternità naturale è imprescrittibile riguardo al figlio.
Se il figlio muore prima di avere iniziato l'azione, questa può essere promossa dai discendenti legittimi, legittimati o naturali riconosciuti, entro due anni dalla morte.
L'azione promossa dal figlio, se egli muore, può essere proseguita dai discendenti legittimi, legittimati o naturali riconosciuti.
art. 271 - Legittimazione attiva e termine7
art. 272 - Dichiarazione giudiziale di maternità 8
Art. 273 - Azione nell'interesse del minore o dell'interdetto
L'azione per ottenere che sia giudizialmente dichiarata la paternità o la maternità naturale può essere promossa, nell'interesse del minore, dal genitore che esercita la potestà prevista dall'articolo 316 o dal tutore. Il tutore però deve chiedere l'autorizzazione del giudice, il quale può anche nominare un curatore speciale.
Occorre il consenso del figlio per promuovere o per proseguire l'azione se egli ha compiuto l'età di sedici anni.
Per l'interdetto l'azione può essere promossa dal tutore previa autorizzazione del giudice.
art. 274 - Ammissibilità dell'azione9
L'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità naturale è ammessa solo quando concorrono specifiche circostanze tali da farla apparire giustificata.
Sull'ammissibilità il tribunale decide in camera di consiglio con decreto motivato, su ricorso di chi intende promuovere l'azione, sentiti il pubblico ministero e le parti e assunte le informazioni del caso. Contro il decreto si può proporre reclamo con ricorso alla Corte d'appello, che pronuncia anche essa in camera di consiglio.
L'inchiesta sommaria compiuta dal tribunale ha luogo senza alcuna pubblicità e deve essere mantenuta segreta. Al termine della inchiesta gli atti e i documenti della stessa sono depositati in cancelleria ed il cancelliere deve darne avviso alle parti le quali, entro quindici giorni dalla comunicazione di detto avviso, hanno facoltà di esaminarli e di depositare memorie illustrative.
Il tribunale, anche prima di ammettere l'azione, può, se trattasi di minore o d'altra persona incapace, nominare un curatore speciale che la rappresenti in giudizio.
art. 276 - Legittimazione passiva
La domanda per la dichiarazione di paternità o di maternità naturale deve essere proposta nei confronti del presunto genitore, o, in mancanza di lui, nei confronti dei suoi eredi.
Alla domanda può contraddire chiunque vi abbia interesse
7  Articolo abrogato dall'art. 115, L. 19 maggio 1975, n. 151.
8  Articolo abrogato dall'art. 115, L. 19 maggio 1975, n. 151
9  Articolo dichiarato illegittimo con sentenza della Corte Costituzionale n. 50 del 10 febbraio 2006

 
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art. 277 - Effetti della sentenza
La sentenza che dichiara la filiazione naturale produce gli effetti del riconoscimento.
Il giudice può anche dare i provvedimenti che stima utili per il mantenimento, l'istruzione e l'educazione del figlio e per la tutela degli interessi patrimoniali di lui
Art. 279 - Responsabilità per il mantenimento e l'educazione
In ogni caso in cui non può proporsi l'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità, il figlio naturale può agire per ottenere il mantenimento, l'istruzione e l'educazione. Il figlio naturale se maggiorenne e in stato di bisogno può agire per ottenere gli alimenti.
L'azione è ammessa previa autorizzazione del giudice ai sensi dell'articolo 274.
L'azione può essere promossa nell'interesse del figlio minore da un curatore speciale nominato dal giudice su richiesta del pubblico ministero o del genitore che esercita la potestà.
art. 280 - Legittimazione
La legittimazione attribuisce a colui che è nato fuori del matrimonio la qualità di figlio legittimo.
Essa avviene per susseguente matrimonio dei genitori del figlio naturale o per provvedimento del giudice.
art. 283 - Effetti e decorrenza della legittimazione per susseguente matrimonio
I figli legittimati per susseguente matrimonio acquistano i diritti dei figli legittimi dal giorno del matrimonio, se sono stati riconosciuti da entrambi i genitori nell'atto di matrimonio o anteriormente, oppure dal giorno del riconoscimento se questo è avvenuto dopo il matrimonio.
art. 284 - Legittimazione per provvedimento del giudice
La legittimazione può essere concessa con provvedimento del giudice soltanto se corrisponde agli interessi del figlio ed inoltre se concorrono le seguenti condizioni:
1) che sia domandata dai genitori stessi o da uno di essi , e che il genitore abbia compiuto l'età indicata nel quinto comma dell'articolo 250;
2) che per il genitore vi sia l'impossibilità o un gravissimo ostacolo a legittimare il figlio per susseguente matrimonio;
3) che vi sia l'assenso dell'altro coniuge se il richiedente è unito in matrimonio e non è legalmente separato;
4) che vi sia il consenso del figlio legittimando se ha compiuto gli anni sedici, o dell'altro genitore o del curatore speciale, se il figlio è minore degli anni sedici, salvo che il figlio sia già riconosciuto.
La legittimazione può essere chiesta anche in presenza di figli legittimi o legittimati. In tal caso il presidente del tribunale deve ascoltare i figli legittimi o legittimati, se di età superiore ai sedici anni.
art. 285 - Condizioni per la legittimazione dopo la morte dei genitori
Se uno dei genitori ha espresso in un testamento o in un atto pubblico la volontà di legittimare i figli naturali, questi possono, dopo la morte di lui, domandare la legittimazione se sussisteva la condizione prevista nel numero 2 dell'articolo precedente.
[In questo caso la domanda deve essere comunicata agli ascendenti, discendenti e coniuge o, in loro mancanza, a due tra i prossimi parenti del genitore entro il quarto grado.
art. 286 - Legittimazione domandata dall'ascendente
La domanda di legittimazione di un figlio naturale riconosciuto può in caso di morte del genitore essere fatta da uno degli ascendenti legittimi di lui, se il genitore non ha comunque espressa una volontà in contrasto con quella di legittimare
art. 288 - Procedura
La domanda di legittimazione accompagnata dai documenti giustificativi deve essere diretta al presidente del tribunale nella cui circoscrizione il richiedente ha la residenza.
Il tribunale, sentito il pubblico ministero, accerta la sussistenza delle condizioni stabilite negli articoli precedenti e delibera, in camera di consiglio, sulla domanda di legittimazione.
Il pubblico ministero e la parte possono, entro venti giorni dalla comunicazione, proporre reclamo alla corte d'appello. Questa, richiamati gli atti dal tribunale, delibera in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero.

 
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In ogni caso la sentenza che accoglie la domanda è annotata in calce all'atto di nascita del figlio.
Art. 291 - Condizioni
L'adozione è permessa alle persone che non hanno discendenti legittimi o legittimati 10 che hanno compiuto gli anni trentacinque e che superano almeno di diciotto anni l'età di coloro che intendano adottare.
Quando eccezionali circostanze lo consigliano, il tribunale può autorizzare l'adozione se l'adottante ha raggiunto almeno l'età di trent'anni, ferma restando la differenza di età di cui al comma precedente.
Art. 293 - Divieto di adozione di figli nati fuori del matrimonio
[1] I figli nati fuori del matrimonio non possono essere adottati dai loro genitori [250 ss.].
Art. 294 - Pluralità di adottati o di adottanti
[1] È ammessa l'adozione di più persone anche con atti successivi [1] [87 n. 7].
[2] Nessuno può essere adottato da più di una persona, salvo che i due adottanti siano marito e moglie.
Art. 295 - Adozione da parte del tutore
[1] Il tutore non può adottare la persona della quale ha avuto la tutela, se non dopo che sia stato approvato il conto della sua amministrazione, sia stata fatta la consegna dei beni e siano state estinte le obbligazioni risultanti a suo carico o data idonea garanzia per il loro adempimento [385 ss.].
Art. 296 - Consenso per l'adozione
[1] Per l'adozione si richiede il consenso dell'adottante e dell'adottando [311 ss.].
[2] [1]
[3] [2]
Note:
1 Comma sostituito dall'art. 5, L. 8 marzo 1975, n. 39 e, successivamente, abrogato dall'art. 67, L. 4 maggio 1983, n. 184.
2 Comma abrogato dall'art. 67, L. 4 maggio 1983, n. 184.
Art. 297 - Assenso del coniuge o dei genitori [1]
[1] Per l'adozione è necessario l'assenso dei genitori dell'adottando e l'assenso del coniuge dell'adottante e dell'adottando, se coniugati e non legalmente separati [150].
[2] Quando è negato l'assenso previsto dal primo comma, il tribunale, sentiti gli interessati, su istanza dell'adottante, può, ove ritenga il rifiuto ingiustificato o contrario all'interesse dell'adottando, pronunziare ugualmente l'adozione, salvo che si tratti dell'assenso dei genitori esercenti la potestà o del coniuge, se convivente, dell'adottante o dell'adottando. Parimenti il tribunale può pronunziare l'adozione quando è impossibile ottenere l'assenso per incapacità o irreperibilità delle persone chiamate ad esprimerlo.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 132, L. 19 maggio 1975, n. 151.
Art. 298 - Decorrenza degli effetti dell'adozione
[1] L'adozione produce i suoi effetti dalla data del decreto che la pronunzia [313; disp. att. 35 c. 2].
[2] Finché il decreto non è emanato, tanto l'adottante quanto l'adottando possono revocare il loro consenso.
[3] Se l'adottante muore dopo la prestazione del consenso e prima dell'emanazione del decreto, si può procedere al compimento degli atti necessari per l'adozione.
[4] Gli eredi dell'adottante possono presentare al tribunale memorie e osservazioni per opporsi all'adozione [1] .
[5] Se l'adozione è ammessa, essa produce i suoi effetti dal momento della morte dell'adottante.
Note:
1 L'art. 3, L. 5 giugno 1967, n. 431 ha sostituito la competenza della corte d'appello con quella del tribunale nel cui circondario l'adottante ha la residenza.
10  La Corte Costituzionale, con sentenza 20 luglio 2004, n. 245, ha dichiarato l'illegittimità del presente articolo, nella parte in cui non prevede che l'adozione di maggiorenni non possa essere pronunciata in presenza di figli naturali, riconosciuti dall'adottante, minorenni o, se maggiorenni, non consenzienti nonché, con sentenza del 19 maggio 1988, n. 557, l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non consente l'adozione a persone che abbiano discendenti legittimi o legittimati maggiorenni e consenzienti.

 
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Art. 299 - Cognome dell'adottato [1]
[1] L'adottato assume il cognome dell'adottante e lo antepone al proprio [6, 262].
[2] L'adottato che sia figlio naturale non riconosciuto [250 ss.] dai propri genitori assume solo il cognome dell'adottante. Il riconoscimento successivo all'adozione non fa assumere all'adottato il cognome del genitore che lo ha riconosciuto, salvo che l'adozione sia successivamente revocata [305 ss.]. Il figlio naturale che sia stato riconosciuto dai propri genitori e sia successivamente adottato, assume il cognome dell'adottante. [2]
[3] Se l'adozione è compiuta da coniugi, l'adottato assume il cognome del marito.
[4] Se l'adozione è compiuta da una donna maritata, l'adottato, che non sia figlio del marito, assume il cognome della famiglia di lei.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 61, L. 4 maggio 1983, n. 184.
2 La Corte Costituzionale, consentenza 11 maggio 2001, n. 120, ha dichiarato l'illegittimità del presente comma c. nella parte in cui non prevede che, qualora sia figlio naturale non riconosciuto dai propri genitori, l'adottato possa aggiungere al cognome dell'adottante anche quello originariamente attribuitogli
Art. 300 - Diritti e doveri dell'adottato
[1] L'adottato conserva tutti i diritti [147] e i doveri [315 ss.] verso la sua famiglia di origine, salve le eccezioni stabilite dalla legge.
[2] L'adozione non induce alcun rapporto civile tra l'adottante e la famiglia dell'adottato, né tra l'adottato e i parenti dell'adottante [567 c. 2], salve le eccezioni stabilite dalla legge [87, 433].
Art. 304 - Diritti di successione
[1] L'adozione non attribuisce all'adottante alcun diritto di successione.
[2] I diritti dell'adottato nella successione dell'adottante sono regolati dalle norme contenute nel libro II [468, 536 c. 2, 567].
Art. 305 - Revoca dell'adozione
[1] L'adozione si può revocare soltanto nei casi preveduti dagli articoli seguenti [disp. att. 35 c. 2, 567].
Art. 306 - Revoca per indegnità dell'adottato
[1] La revoca dell'adozione può essere pronunziata dal tribunale su domanda dell'adottante, quando l'adottato abbia attentato alla vita di lui o del suo coniuge, dei suoi discendenti o ascendenti, ovvero si sia reso colpevole verso loro di delitto punibile con pena restrittiva della libertà personale non inferiore nel minimo a tre anni.
[2] Se l'adottante muore in conseguenza dell'attentato, la revoca dell'adozione può essere chiesta da coloro ai quali si devolverebbe l'eredità in mancanza dell'adottato e dei suoi discendenti
Art. 307 - Revoca per indegnità dell'adottante [1]
[1] Quando i fatti previsti dall'articolo precedente sono stati compiuti dall'adottante contro l'adottato, oppure contro il coniuge o i discendenti o gli ascendenti di lui, la revoca può essere pronunciata su domanda dell'adottato.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 62, L. 4 maggio 1983, n. 184.
Art. 309 - Decorrenza degli effetti della revoca
[1] Gli effetti dell'adozione [298 ss.] cessano quando passa in giudicato la sentenza di revoca [disp. att. 37 c. 2].
[2] Se tuttavia la revoca è pronunziata dopo la morte dell'adottante per fatto imputabile all'adottato, l'adottato e i suoi discendenti sono esclusi dalla successione dell'adottante [463 ss.].
Art. 311 - Manifestazione del consenso
[1] Il consenso dell'adottante e dell'adottando o del legale rappresentante di questo deve essere manifestato personalmente al presidente del tribunale nel cui circondario l'adottante ha residenza [disp. att. 35] [2] .
[2] [3]
[3] L'assenso delle persone indicate negli articoli 296 e 297 può essere dato da persona munita di procura speciale rilasciata per atto pubblico [2699] o per scrittura privata autenticata [2703].
Note:
1 Titolo sostituito dall'art. 63, L. 4 maggio 1983, n. 184. Precedentemente, il titolo era il seguente: "Delle forme dell'adozione".

 
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2 L'art. 3, L. 5 giugno 1967, n. 431 ha sostituito la competenza della corte d'appello con quella del tribunale nel cui circondario l'adottante ha la residenza.
3 Comma soppresso dall'art. 3, L. 5 giugno 1967, n. 431.
Art. 312 - Accertamenti del tribunale [1]
[1] Il tribunale, assunte le opportune informazioni, verifica:
1) se tutte le condizioni della legge sono state adempiute;
2) se l'adozione conviene all'adottando.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 64, L. 4 maggio 1983, n. 184.
Art. 313 - Provvedimento del tribunale [1]
[1] Il tribunale, in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero e omessa ogni altra formalità di procedura, provvede con sentenza decidendo di far luogo o non far luogo alla adozione.
[2] L'adottante, il pubblico ministero, l'adottando, entro trenta giorni dalla comunicazione, possono proporre impugnazione avanti la Corte d'appello, che decide in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 65, L. 4 maggio 1983, n. 184 e, successivamente, dall'art. 30, comma c. 1, L. 28 marzo 2001, n. 149, a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
Art. 314 - Pubblicità [1]
[1] La sentenza definitiva che pronuncia l'adozione è trascritta a cura del cancelliere del tribunale competente, entro il decimo giorno successivo a quello della relativa comunicazione, da effettuarsi non oltre cinque giorni dal deposito, da parte del cancelliere del giudice dell'impugnazione, su apposito registro e comunicata all'ufficiale di stato civile per l'annotazione a margine dell'atto di nascita dell'adottato [disp. att. 37].
[2] Con la procedura di cui al primo comma deve essere altresì trascritta ed annotata la sentenza di revoca della adozione, passata in giudicato [c.p.c. 324].
[3] L'autorità giudiziaria può inoltre ordinare la pubblicazione della sentenza che pronuncia l'adozione o della sentenza di revoca nei modi che ritiene opportuni [c.p.c. 120].
Note:
1 Articolo modificato dall'art. 66, L. 4 maggio 1983, n. 184 e, successivamente, sostituito dall'art. 31, comma c. 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
art. 315 - Doveri del figlio verso i genitori
Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia, finché convive con essa.
art. 316 - Esercizio della potestà dei genitori
Il figlio è soggetto alla potestà dei genitori sino all'età maggiore o alla emancipazione.
La potestà è esercitata di comune accordo da entrambi i genitori.
In caso di contrasto su questioni di particolare importanza ciascuno dei genitori può ricorrere senza formalità al giudice indicando i provvedimenti che ritiene più idonei.
Se sussiste un incombente pericolo di un grave pregiudizio per il figlio, il padre può adottare i provvedimenti urgenti ed indifferibili.
Il giudice, sentiti i genitori ed il figlio, se maggiore degli anni quattordici, suggerisce le determinazioni che ritiene più utili nell'interesse del figlio e dell'unità familiare. Se il contrasto permane, il giudice attribuisce il potere di decisione a quello dei genitori che, nel singolo caso, ritiene il più idoneo a curare l'interesse del figlio
art. 320 - Rappresentanza e amministrazione
I genitori congiuntamente, o quello di essi che esercita in via esclusiva la potestà, rappresentano i figli nati e nascituri in tutti gli atti civili e ne amministrano i beni Gli atti di ordinaria amministrazione, esclusi i contratti con i quali si concedono o si acquistano diritti personali di godimento, possono essere compiuti disgiuntamente da ciascun genitore.
Si applicano, in caso di disaccordo o di esercizio difforme dalle decisioni concordate, le disposizioni dell'articolo 316.

 
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I genitori non possono alienare, ipotecare o dare in pegno i beni pervenuti al figlio a qualsiasi titolo, anche a causa di morte, accettare o rinunziare ad eredità o legati, accettare donazioni, procedere allo scioglimento di comunioni, contrarre mutui o locazioni ultranovennali o compiere altri atti eccedenti la ordinaria amministrazione né promuovere, transigere o compromettere in arbitri giudizi relativi a tali atti, se non per necessità o utilità evidente del figlio dopo autorizzazione del giudice tutelare.
I capitali non possono essere riscossi senza autorizzazione del giudice tutelare, il quale ne determina l'impiego.
L'esercizio di un'impresa commerciale non può essere continuato se non con l'autorizzazione del tribunale su parere del giudice tutelare . Questi può consentire l'esercizio provvisorio dell'impresa, fino a quando il tribunale abbia deliberato sull'istanza
Se sorge conflitto di interessi patrimoniali tra i figli soggetti alla stessa potestà, o tra essi e i genitori o quello di essi che esercita in via esclusiva la potestà, il giudice tutelare nomina ai figli un curatore speciale. Se il conflitto sorge tra i figli e uno solo dei genitori esercenti la potestà, la rappresentanza dei figli spetta esclusivamente all'altro genitore.
Art. 322 - Inosservanza delle disposizioni precedenti [1]
[1] Gli atti compiuti senza osservare le norme dei precedenti articoli del presente titolo possono essere annullati su istanza dei genitori esercenti la potestà o del figlio o dei suoi eredi o aventi causa [1441 ss.].
Art. 324 - Usufrutto legale [1]
[1] I genitori esercenti la potestà hanno in comune l'usufrutto dei beni del figlio.
[2] I frutti percepiti sono destinati al mantenimento della famiglia e all'istruzione ed educazione dei figli [147, 315].
[3] Non sono soggetti ad usufrutto legale:
1) i beni acquistati dal figlio con i proventi del proprio lavoro [315];
2) i beni lasciati o donati al figlio per intraprendere una carriera, un'arte o una professione;
3) i beni lasciati o donati con la condizione che i genitori esercenti la potestà o uno di essi non ne abbiano l'usufrutto: la condizione però non ha effetto per i beni spettanti al figlio a titolo di legittima [536 ss.];
4) i beni pervenuti al figlio per eredità, legato o donazione e accettati nell'interesse del figlio contro la volontà dei genitori esercenti la potestà. Se uno solo di essi era favorevole all'accettazione, l'usufrutto legale spetta esclusivamente a lui.
Art. 330 - Decadenza dalla potestà sui figli [1]
[1] Il giudice [disp. att. 38, 51] può pronunziare la decadenza dalla potestà quando il genitore viola o trascura i doveri ad essa inerenti o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio.
[2] In tale caso, per gravi motivi, il giudice può ordinare l'allontanamento del figlio dalla residenza familiare ovvero l'allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore. [2]
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 152, L. 19 maggio 1975, n. 151.
2 Comma modificato dall'art. 37, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
Art. 332 - Reintegrazione nella potestà [1]
[1] Il giudice [disp. att. 38, 51] può reintegrare nella potestà il genitore che ne è decaduto, quando, cessate le ragioni per le quali la decadenza è stata pronunciata, è escluso ogni pericolo di pregiudizio per il figlio.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 154, L. 19 maggio 1975, n. 151.
Art. 333 - Condotta del genitore pregiudizievole ai figli
[1] Quando la condotta di uno o di entrambi i genitori non è tale da dare luogo alla pronuncia di decadenza prevista dall'articolo 330, ma appare comunque pregiudizievole al figlio, il giudice [disp. att. 38, 51], secondo le circostanze può adottare i provvedimenti convenienti e può anche disporre l'allontanamento di lui dalla residenza familiare ovvero l'allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore.
[2] Tali provvedimenti sono revocabili in qualsiasi momento.
Art. 334 - Rimozione dall'amministrazione [1]

 
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[1] Quando il patrimonio del minore è male amministrato, il tribunale [disp. att. 38, 51] può stabilire le condizioni a cui i genitori devono attenersi nell'amministrazione o può rimuovere entrambi o uno solo di essi dall'amministrazione stessa e privarli, in tutto o in parte, dell'usufrutto legale .
[2] L'amministrazione è affidata ad un curatore, se è disposta la rimozione di entrambi i genitori.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 156, L. 19 maggio 1975, n. 151.
Art. 335 - Riammissione nell'esercizio dell'amministrazione
[1] Il genitore rimosso dall'amministrazione ed eventualmente privato dell'usufrutto legale può essere riammesso dal tribunale [disp. att. 38, 51] nell'esercizio dell'una e nel godimento dell'altro, quando sono cessati i motivi che hanno provocato il provvedimento.
Art. 336 - Procedimento [1] [2]
[1] I provvedimenti indicati negli articoli precedenti sono adottati su ricorso dell'altro genitore, dei parenti o del pubblico ministero e, quando si tratta di revocare deliberazioni anteriori, anche del genitore interessato.
[2] Il tribunale provvede in camera di consiglio, assunte informazioni e sentito il pubblico ministero [c.p.c. 737 ss.]. Nei casi in cui il provvedimento è richiesto contro il genitore, questi deve essere sentito.
[3] In caso di urgente necessità il tribunale può adottare, anche di ufficio, provvedimenti temporanei nell'interesse del figlio.
[4] Per i provvedimenti di cui ai commi precedenti, i genitori e il minore sono assistiti da un difensore. [3]
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 157, L. 19 maggio 1975, n. 151.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui al presente articolo fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2002 e, successivamente, il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 24 aprile 2001, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240 e l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
3 Comma aggiunto dall'art. 37, comma 3, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U. e, successivamente, modificato dall'art. 299, comma 1, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, a decorrere dal 1° luglio 2002.
Art. 343 - Apertura della tutela
[1] Se entrambi i genitori sono morti o per altre cause [49, 330] non possono esercitare la potestà dei genitori [1] , si apre la tutela presso il tribunale del circondario dove è la sede principale degli affari e interessi del minore [43; disp. att. 129] [2] .
[2] Se il tutore è domiciliato o trasferisce il domicilio in altro circondario, la tutela può essere ivi trasferita [45 c. 2] con decreto del tribunale [3] .
Note:
1 Espressione sostituita a "patria potestà", dall'art. 146, L. 24 novembre 1981, n. 689.
2 Comma modificato dall'art. 139, comma 1, lett. a), D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, a decorrere dal centoventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella G.U. 20 marzo 1998, n. 66. Successivamente, l'art. 1, comma 1, L. 16 giugno 1998, n. 188, ha prorogato tale termine al 2 giugno 1999.
3 Comma modificato dall'art. 139, comma 1, lett. b), D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, a decorrere dal centoventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella G.U. 20 marzo 1998, n. 66. Successivamente, l'art. 1, comma 1, L. 16 giugno 1998, n. 188, ha prorogato tale termine al 2 giugno 1999.
Art. 344 - Funzioni del giudice tutelare
[1] Presso ogni tribunale il giudice tutelare soprintende alle tutele e alle curatele ed esercita le altre funzioni affidategli dalla legge [389; disp. att. 43 ss.; c.p.c. 739 ss.] [1] .
[2] Il giudice tutelare può chiedere l'assistenza degli organi della pubblica amministrazione e di tutti gli enti i cui scopi corrispondono alle sue funzioni [354, 400 ss.].
Note:
1 Comma modificato dall'art. 140, comma 1, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, a decorrere dal centoventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella G.U. 20 marzo 1998, n. 66. Successivamente, l'art. 1, comma 1, L. 16 giugno 1998, n. 188, ha prorogato tale termine al 2 giugno 1999.

 
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Art. 345 - Denunzie al giudice tutelare
[1] L'ufficiale dello stato civile, che riceve la dichiarazione di morte di una persona la quale ha lasciato figli in età minore ovvero la dichiarazione di nascita di un figlio di genitori ignoti, e il notaio, che procede alla pubblicazione di un testamento contenente la designazione di un tutore o di un protutore [348], devono darne notizia al giudice tutelare entro dieci giorni.
[2] Il cancelliere, entro quindici giorni dalla pubblicazione o dal deposito in cancelleria, deve dare notizia al giudice tutelare delle decisioni dalle quali derivi l'apertura di una tutela.
[3] I parenti entro il terzo grado [76] devono denunziare al giudice tutelare il fatto da cui deriva l'apertura della tutela entro dieci giorni da quello in cui ne hanno avuto notizia. La denunzia deve essere fatta anche dalla persona designata quale tutore o protutore [348] entro dieci giorni da quello in cui ha avuto notizia della designazione.
Art. 346 - Nomina del tutore e del protutore
[1] Il giudice tutelare, appena avuta notizia del fatto da cui deriva l'apertura della tutela, procede alla nomina del tutore e del protutore [348, 354, 360, 389].
Art. 347 - Tutela di più fratelli [1]
[1] È nominato un solo tutore a più fratelli e sorelle, salvo che particolari circostanze consiglino la nomina di più tutori. Se vi è conflitto di interessi tra minori soggetti alla stessa tutela, il giudice tutelare nomina ai minori un curatore speciale [320 c. 6].
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 160, L. 19 maggio 1975, n. 151.
Art. 348 - Scelta del tutore
[1] Il giudice tutelare nomina tutore la persona designata dal genitore che ha esercitato per ultimo la potestà dei genitori [316] [1]. La designazione può essere fatta per testamento [587 c. 2], per atto pubblico [2699] o per scrittura privata autenticata [2703].
[2] Se manca la designazione ovvero se gravi motivi si oppongono alla nomina della persona designata, la scelta del tutore avviene preferibilmente tra gli ascendenti o tra gli altri prossimi parenti [74] o affini [78] del minore, i quali, in quanto sia opportuno, devono essere sentiti.
[3] Il giudice, prima di procedere alla nomina del tutore, deve anche sentire il minore che abbia raggiunto l'età di anni sedici.
[4] In ogni caso la scelta deve cadere su persona idonea all'ufficio, di ineccepibile condotta, la quale dia affidamento di educare e istruire il minore conformemente a quanto è prescritto nell'articolo 147.
[5] [2] .
Note:
1 Espressione sostituita a "patria potestà" dall'art. 146, L. 24 novembre 1981, n. 689.
2 Comma abrogato dall'art. 1, R.D.L. 20 gennaio 1944, n. 25 e, successivamente, dall'art. 3, D.Lgs.Lgt. 14 settembre 1944, n. 287.
Art. 349 - Giuramento del tutore
[1] Il tutore, prima di assumere l'ufficio, presta davanti al giudice tutelare giuramento di esercitarlo con fedeltà e diligenza.
Art. 350 - Incapacità all'ufficio tutelare
[1] Non possono essere nominati tutori e, se sono stati nominati, devono cessare dall'ufficio [disp. att. 129]:
1) coloro che non hanno la libera amministrazione del proprio patrimonio;
2) coloro che sono stati esclusi dalla tutela per disposizione scritta del genitore il quale per ultimo ha esercitato la potestà dei genitori [1] ;
3) coloro che hanno o sono per avere o dei quali gli ascendenti, i discendenti o il coniuge hanno o sono per avere col minore una lite, per effetto della quale può essere pregiudicato lo stato del minore o una parte notevole del patrimonio di lui;
4) coloro che sono incorsi nella perdita della potestà dei genitori [1] o nella decadenza da essa [330], o sono stati rimossi da altra tutela [384];
5) il fallito che non è stato cancellato dal registro dei falliti.

 
14
Note:
1 Espressione sostituita a "patria potestà" dall'art. 146, L. 24 novembre 1981, n. 689.
Art. 351 - Dispensa dall'ufficio tutelare
[1] Sono dispensati dall'ufficio di tutore:
1) i Principi della Famiglia Reale, salve le disposizioni che regolano la tutela dei Principi della stessa Famiglia [1] ;
2) il Presidente del Consiglio dei Ministri;
3) i membri del Sacro Collegio;
4) i Presidenti delle Assemblee legislative;
5) i Ministri Segretari di Stato.
[2] Le persone indicate nei numeri 2, 3, 4 e 5 possono far noto al giudice tutelare che non intendono valersi della dispensa.
Note:
1 Numero abrogato per incompatibilità con la scelta istituzionale, espressa nella Costituzione, di sostituire la monarchia con la forma repubblicana.
Art. 352 - Dispensa su domanda
[1] Hanno diritto di essere dispensati su loro domanda dall'assumere o dal continuare l'esercizio della tutela:
1) i grandi ufficiali dello Stato non compresi nell'articolo precedente;
2) gli arcivescovi, i vescovi e i ministri del culto aventi cura d'anime;
3) [1]
4) i militari in attività di servizio;
5) chi ha compiuto gli anni sessantacinque;
6) chi ha più di tre figli minori;
7) chi esercita altra tutela;
8) chi è impedito di esercitare la tutela da infermità permanente;
9) chi ha missione dal Governo fuori dello Stato o risiede per ragioni di pubblico servizio fuori della circoscrizione del tribunale dove è costituita la tutela.
Note:
1 Numero abrogato dall'art. 161, L. 19 maggio 1975, n. 151.
Art. 353 - Domanda di dispensa
[1] La domanda di dispensa per le cause indicate nell'articolo precedente deve essere presentata al giudice tutelare prima della prestazione del giuramento salvo che la causa di dispensa sia sopravvenuta.
[2] Il tutore è tenuto ad assumere e a mantenere l'ufficio fino a quando la tutela non sia stata conferita ad altra persona [360].
Art. 354 - Tutela affidata a enti di assistenza
[1] La tutela dei minori, che non hanno nel luogo del loro domicilio parenti conosciuti o capaci di esercitare l'ufficio di tutore, può essere deferita dal giudice tutelare a un ente di assistenza nel comune dove ha domicilio il minore [45 c. 2] o all'ospizio in cui questi è ricoverato [402]. L'amministrazione dell'ente o dell'ospizio delega uno dei propri membri a esercitare le funzioni di tutela [355 c. 2].
[2] È tuttavia in facoltà del giudice tutelare di nominare un tutore al minore quando la natura o l'entità dei beni o altre circostanze lo richiedono.
Art. 356 - Donazione o disposizione testamentaria a favore del minore
[1] Chi fa una donazione o dispone con testamento a favore di un minore, anche se questi è soggetto alla potestà dei genitori [1] , può nominargli un curatore speciale per l'amministrazione dei beni donati o lasciati.
[2] Se il donante o il testatore non ha disposto altrimenti, il curatore speciale deve osservare le forme stabilite dagli articoli 374 e 375 per il compimento di atti eccedenti l'ordinaria amministrazione.
[3] Si applica in ogni caso al curatore speciale l'articolo 384.
Note:
1 Espressione sostituita a "patria potestà" dall'art. 146, L. 24 novembre 1981, n. 689.

 
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Art. 357 - Funzioni del tutore
[1] Il tutore ha la cura della persona del minore [45 c. 2, 147, 371], lo rappresenta in tutti gli atti civili [320, 1387] e ne amministra i beni [2048, 2941 n. 3].
Art. 358 - Doveri del minore
[1] Il minore deve rispetto e obbedienza al tutore [315]. Egli non può abbandonare la casa o l'istituto al quale è stato destinato, senza il permesso del tutore.
[2] Qualora se ne allontani senza permesso, il tutore ha diritto di richiamarvelo, ricorrendo, se è necessario, al giudice tutelare.
Art. 361 - Provvedimenti urgenti
[1] Prima che il tutore o il protutore abbia assunto le proprie funzioni, spetta al giudice tutelare di dare, sia d'ufficio sia su richiesta del pubblico ministero, di un parente [74] o di un affine [78] del minore, i provvedimenti urgenti che possono occorrere per la cura del minore o per conservare e amministrare il patrimonio. Il giudice può procedere, occorrendo, all'apposizione dei sigilli, nonostante qualsiasi dispensa.
Art. 362 - Inventario
[1] Il tutore, nei dieci giorni successivi a quello in cui ha avuto legalmente notizia della sua nomina, deve procedere all'inventario dei beni del minore, nonostante qualsiasi dispensa [disp. att. 46 c. 1].
[2] L'inventario deve essere compiuto nel termine di trenta giorni, salva al giudice tutelare la facoltà di prorogare il termine se le circostanze lo esigono
Art. 363 - Formazione dell'inventario
[1] L'inventario si fa col ministero del cancelliere del tribunale o di un notaio a ciò delegato dal giudice tutelare, con l'intervento del protutore e, se è possibile, anche del minore che abbia compiuto gli anni se

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