La madre anoressica ha diritto di vedere i propri figli anche se presso l'abitazione dei nonni materni e con la sorveglianza degli operatori sociali

Non è sindacabile in sede di legittimità, ove sorretta da motivazione immune da vizi logici, la valutazione operata dal giudice di merito in ordine all'utilità per il figlio minore di conservare il legame con il genitore non affidatario, ancorché questi sia affetto da una patologia invalidante e vi sia il rifiuto del minore ad avere rapporti con il medesimo. Nel caso di specie la Corte ha ritenuto corretta la decisione dei giudici di merito che avevano riconosciuto il diritto di visita della madre anoressica, seppure limitandolo a un incontro settimanale presso l'abitazione dei nonni materni e con la sorveglianza degli operatori sociali.
(Corte di Cassazione Sezione 1 Civile, Sentenza del 13 marzo 2009, n. 6200)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

PRIMA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. UGO VITRONE - Presidente -

Dott. UGO RICCARDO PANEBIANCO - Rel. Consigliere -

Dott. RENATO BERNABAI - Consigliere -

Dott. LUCIANO PANZANI - Consigliere -

Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA - Consigliere -

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso 30932-2005 proposto da:

Ro.Br. (c.f. (...)), elettivamente domiciliato in Ro., Piazza Au.Im. (...), presso l'avvocato Po.Gu., che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato Za.Ca., giusta procura a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

Pl.Mo. (c.f. (...)), elettivamente domiciliata in Ro., Via Po.Ma. (...), presso l'avvocato Gi.Sa., che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato An.Ch., giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

contro

Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Bologna, Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione;

- intimati -

avverso la sentenza n. 134/2005 della Corte d'Appello di BOLOGNA, depositata il 19/10/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/02/2009 dal Consigliere Dott. UGO RICCARDO PANEBIANCO;

udito, per il ricorrente, l'Avvocato An.Cu., per delega, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l'Avvocato Sa.Gi. che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PIERFELICE PRATIS che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 14.4.2005 il Tribunale di Forlì pronunciava la separazione personale dei coniugi Mo.Pl. e Br.Ro., determinava in Euro 250,00 l'assegno mensile di mantenimento a favore della Pl., affidava il figlio minore An. al padre, regolando l'esercizio di visita della madre con il figlio, poneva esclusivamente a carico del padre l'obbligo di mantenimento dei figli An. ed El., assegnava l'abitazione della casa coniugale al padre affidatario e compensava integralmente fra le parti le spese del grado.

Proponeva impugnazione il Ro. ed all'esito del giudizio, nel quale si costituiva la Pl. chiedendone il rigetto, la Corte d'Appello di Bologna, con l'intervento del P.M., con sentenza del 30.9-19.10.2005, rigettava il gravame, condannando l'appellante al pagamento delle spese processuali.

Disattendeva in primo luogo la Corte di merito la tesi dell'appellante che aveva contestato l'obbligo di corresponsione dell'assegno di mantenimento a favore della moglie. Osservava al riguardo che costei svolge un lavoro stagionale nel settore della frutta con un modesto reddito, è affetta da una patologia invalidante (anoressia) per la quale ha subito ripetuti ricoveri e deve provvedere a se stessa anche per l'abitazione, non rilevando le condizioni economiche dei genitori né la proprietà in capo alla di lei madre dell'unità immobiliare in cui la Pl. abita, mentre il Ro. svolge un lavoro autonomo nel settore del commercio come socio accomandatario e con un reddito netto imponibile di Lire 22.071.000 con riferimento all'anno 2000 in difetto di ulteriori produzioni e fruisce, quale genitore affidatario, dell'abitazione familiare in comproprietà con la moglie, pur dovendo farsi carico in via esclusiva del mantenimento dei figli. Riteneva quindi inadeguato il reddito della Pl., cui doveva parzialmente ovviare con l'assegno di mantenimento il marito.

Quanto alla doglianza relativa alle modalità di esercizio del diritto di visita, rilevava che il Tribunale, dopo aver valutato la specificità della situazione caratterizzata dalia patologia di cui è affetta la madre e delle difficoltà della medesima di rapportarsi con terzi, aveva ritenuto opportuno modulare il diritto di visita riducendolo ad un incontro settimanale per un intero pomeriggio presso l'abitazione dei nonni materni per non recidere il tenue legame che può ancora essere coltivato con il figlio, collocando gli incontri in un ambiente familiare protetto, oltre tutto, dalla sorveglianza degli operatori sociali del settore.

Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione Br.Ro., deducendo due motivi di censura illustrati anche con memoria.

Resiste con controricorso Mo.Pl.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Pregiudiziale è l'esame dell'eccezione sollevata dal ricorrente che ha sostenuto la nullità della notifica in quanto eseguita dall'ufficiale giudiziario addetto all'UNEP presso la Corte d'Appello di Roma.

Sebbene eccepita con la memoria e quindi tardivamente, la relativa questione va ugualmente esaminata in quanto l'eventuale nullità sarebbe rilevabile d'ufficio.

Orbene, la notifica deve ritenersi certamente nulla in quanto effettuata in violazione delle norme che regolano i limiti territoriali di competenza previsti dagli artt. 106 e 107 del D.P.R. n. 1229 del 1959 che attribuiscono il potere di procedere alla notifica degli atti processuali alternativamente all'ufficiale giudiziario addetto all'ufficio giudiziario avanti ai quale si procede ovvero all'ufficiale giudiziario del luogo in cui l'atto deve essere notificato.

In osservanza a tale alternativa il controricorso avrebbe dovuto essere notificato quindi dall'ufficiale giudiziario presso la Corte d'Appello di Roma in quanto in Roma è la sede della Corte di Cassazione che deve procedere all'esame della causa ed in Roma risulta il domicilio indicato in ricorso dalla controparte.

Né, essendosi l'ufficiale giudiziario avvalso del servizio postale, può trovare applicazione l'art. 1 della Legge 20.1.1992 n. 55 che, relativamente al controricorso ed al ricorso incidentale avanti alla Corte di Cassazione, prevede la possibilità di notifica a mezzo del servizio postale anche da parte dell'ufficiale giudiziario del luogo in cui ha sede il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, essendo stata nel caso in esame la sentenza emessa dalla Corte d'Appello di Bologna, mentre la notifica è stata effettuata dall'ufficiale giudiziario addetto al Tribunale di Forlì - sezione distaccata di Cesena.

Tale nullità risulta tuttavia sanata ai sensi dell'art. 156 comma 3 C.P.C., avendo il controricorso raggiunto lo scopo di portare tempestivamente a conoscenza del ricorrente le deduzioni ivi contenute (in tal senso Cass. 4035/07).

Con il primo motivo di ricorso Br.Ro. denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 156 C.P.C., 2697 C.C. e 116 C.P.C., nonché motivazione omessa e contraddittoria. Lamenta che la Corte d'Appello abbia riconosciuto il diritto all'assegno di mantenimento senza considerare adeguatamente, ritenendo la circostanza irrilevante, che la situazione economica del coniuge richiedente deve essere apprezzata anche alla luce di quanto riceva dalla famiglia di origine che nella specie aveva provveduto ad acquistare una casa e concederla in uso alla figlia e senza tener conto che egli, quale coniuge affidatario, deve provvedere da solo a tutte le esigenze dei due figli. Lamenta altresì che la Corte di merito non abbia motivato il mancato accoglimento della richiesta di un accertamento della situazione economica di entrambi da parte della Guardia di Finanza o di una C.T.U. né abbia considerato che l'INPS ha limitato l'importo dei sussidi in quanto la PI. aveva superato con il suo reddito la soglia minima, maturando, oltre tutto, un debito per rimborso verso detto Istituto.

Il presente motivo di ricorso, articolato in due distinte censure, è infondato.

Quanto al primo, riguardante l'utilizzazione da parte della PI. di un'abitazione messale a disposizione dai propri genitori, la circostanza è irrilevante in quanto il coniuge tenuto alla prestazione non può ritenersi esonerato nei confronti dell'altro coniuge qualora questi riceva delle forme di aiuto dalla famiglia di origine, specie allorché tale aiuto si sia reso necessario proprio in considerazione della modesta entità del contributo al mantenimento (giurisprudenza costante).

Relativamente alla seconda censura, si osserva che non possono trovare ingresso in questa sede le doglianze riguardanti il mancato accoglimento delle richieste di accertamento della situazione economica di entrambi mediante indagini da parte della Guardia di Finanza od attraverso una consulenza tecnica, non avendo il giudice di merito l'obbligo di ammettere tutte le richieste istruttorie qualora ritenga di potersi avvalere di altri elementi di prova che consideri sufficienti e ne dia congrua motivazione.

Nel caso in esame la Corte d'Appello ha effettuato una comparazione fra i redditi dei due coniugi, sottolineando oltre tutto la mancata collaborazione dell'odieno ricorrente che si è limitato a presentare la denuncia dei redditi del 2000 anziché una più recente ed evidenziando che egli, come risulta da detta denuncia, già gode di un reddito annuo pari a Lire 22.071.000 ed usufruisce dell'abitazione familiare assegnatagli a seguito dell'affidamento del figlio minore mentre la moglie lavora solo saltuariamente a causa delle sue precarie condizioni di salute.

E' pervenuto così, con una motivazione immune da vizi logici, al convincimento della presenza di un'evidente sperequazione, certamente non colmabile dalla donna con il proprio lavoro saltuario per cause indipendenti dalla sua volontà.

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 155 C.C. e 116 C.P.C., nonché motivazione apparente e/o omessa e/o contraddittoria. Lamenta che la Corte d'Appello abbia riconosciuto il diritto di visita alla madre nonostante il figlio non voglia avere rapporti con lei, senza peraltro che fosse stata ammessa una C.T.U. psicologica e senza inoltre che si fosse tenuto conto della C.T.U. svolta sulla Pl. nel procedimento di nullità del matrimonio in cui era stata evidenziata, oltre ad un ripiegamento di costei in se stessa con rifiuto alla vita sociale, anche una personalità psicotica, certamente negativa per la prole.

Anche tale censura è infondata, investendo sostanzialmente la valutazione di merito operata dalla Corte d'Appello la quale, pur prendendo atto della patologia da cui è affetta la Pl. e delle difficoltà che presenta nel rapportarsi con i terzi, ha rilevato la correttezza della decisione dei Tribunale che non aveva ritenuto di recidere il già tenue legame fra il minore e la madre, limitando gli incontri, peraltro in un ambiente protetto quale è l'abitazione dei nonni materni.

Né la circostanza - prospettata peraltro in questa sede senza che sia stato precisato, in mancanza di riferimenti nella sentenza impugnata, se fosse stata dedotta nei giudizi di merito circa il rifiuto del minore di vedere la madre potrebbe costituire una ragione sufficiente, specie in considerazione del limitato contesto in cui gli incontri sono stati collocati, non potendo certamente essere sindacato in sede di legittimità il convincimento espresso dalla Corte d'Appello in ordine all'utilità per il minore di conservare tali contatti.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 2.500,00 oltre ad Euro 200,00 per spese nonché delle spese generali e degli accessori come per legge.


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