Nella nomina dell'amministratore di sostegno spetta al giudice valutare l'opportunità di adottare la misura di protezione

L'amministrazione di sostegno, introdotta nell'ordinamento dalla Legge 9 gennaio 2004, n. 6, articolo 3 - ha la finalita' di offrire a chi si trovi nella impossibilita', anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi uno strumento di assistenza che ne sacrifichi nella minor misura possibile la capacita' di agire, distinguendosi, con tale specifica funzione, dagli altri istituti a tutela degli incapaci, quali la interdizione e la inabilitazione, non soppressi, ma solo modificati dalla stessa legge attraverso la novellazione degli articoli 414 e 417 c.c.. Rispetto ai predetti istituti, l'ambito di applicazione dell'amministrazione di sostegno va individuato con riguardo non gia' al diverso, e meno intenso, grado di infermita' o di impossibilita di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto alla maggiore capacita' di tale strumento di adeguarsi alle esigenze di detto soggetto, in relazione alla sua flessibilita' ed alla maggiore agilita' della relativa procedura applicativa. Appartiene all'apprezzamento del Giudice di merito la valutazione della conformita' di tale misura alle suindicate esigenze, tenuto conto essenzialmente del tipo di attivita' che deve essere compiuta per conto del beneficiario, e considerate anche la gravita' e la durata della malattia, ovvero la natura e la durata dell'impedimento, nonche' tutte le altre circostanze caratterizzanti la fattispecie".

Corte di Cassazione Sezione 1 Civile, Sentenza del 26 ottobre 2011, n. 22332



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo - Presidente

Dott. SALME' Giuseppe - rel. Consigliere

Dott. BERRUTI Giuseppe Maria - Consigliere

Dott. BERNABAI Renato - Consigliere

Dott. DE CHIARA Carlo - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25661-2009 proposto da:

AC. GU. (c.f. (OMESSO)), nella qualita' di fratello di AC. PA. (C.F. (OMESSO)), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato FRANCO DANIELA, ROSSO RODOLFO, giusta procura a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

AC. VE. , PROCURA GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI TORINO AC. BA. , AC. FR. , AC. PA. ;

- intimati -

avverso il provvedimento della CORTE D'APPELLO di TORINO, depositato il 08/09/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/07/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE SALME';

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CESQUI Elisabetta che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 15 luglio 2008 Ac.Gu. ha chiesto al giudice tutelare di Biella l'apertura dell'amministrazione di sostegno del fratello con lui convivente Ac.Pa. , nato il (OMESSO), affetto da sindrome di Down con persistente difficolta' di svolgere i compiti e le funzioni proprie della sua eta' e conseguente necessita' di essere assistito nel compimento di taluni atti e di essere sostituito in quelli di straordinaria amministrazione. Con decreto del 25 novembre 2008 il giudice tutelare ha respinto la domanda disponendo la trasmissione degli atti al p.m. per la valutazione della possibilita' di promuovere procedura di interdizione.

La corte d'appello di Torino con decreto dell'8 settembre 2009 ha confermato il provvedimento affermando di condividere solo in parte l'orientamento di questa Corte in merito all'individuazione del diverso ambito di applicazione degli istituti dell'interdizione e inabilitazione rispetto a quello dell'amministrazione di sostegno.

Premesso che, secondo la 405 c.c. e, in ogni caso, per il compimento degli atti necessari a soddisfare le esigenze della vita quotidiana) e articolo 410 (che impone all'amministratore l'obbligo di tenere conto delle aspirazioni dell'amministrato e di informare lo stesso sugli atti da compiere).

Nella specie Ac.Pa. , in quanto affetto da sindrome di Down grave, che gli rende difficile anche esprimersi (dall'audizione effettuata in fase di reclamo risulta che non e' in grado di riferire le proprie generalita' e di comprendere il significato della domanda circa il luogo ove abita), richiederebbe una sostituzione sia nel compimento degli atti di straordinaria amministrazione che di quelli di ordinaria amministrazione, con attribuzione all'amministratore degli stessi poteri, peraltro collegati anche a doveri, che la legge attribuisce al tutore e pertanto la misura di protezione adeguata sarebbe quella dell'interdizione.

Ricorre per cassazione, sulla base di tre motivi Ac.Gu. .

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, deducendo la falsa applicazione dell'articolo sentenza della corte costituzionale n. 440 del 2005, attribuendo a tale pronuncia la tesi secondo la quale l'impossibilita' totale di provvedere ai propri interessi precluderebbe il ricorso all'amministrazione di sostegno, mentre la Corte costituzionale si e' limitata ad affermare l'impossibilita' di attribuire all'amministratore di sostegno gli stessi poteri del tutore dell'interdetto. Inoltre, secondo l'orientamento di questa Corte, ai fini della scelta tra le varie misure di protezione sarebbe rilevante non la diversa gravita' dell'infermita' o dell'impossibilita' di curare i propri interessi, ma il diverso tipo di attivita' che deve essere compiuta in sostituzione del beneficiato. D'altra parte, se la situazione del beneficiato e' mutevole e contingente e' piu' idonea una misura piu' flessibile come l'amministrazione di sostegno.

Con il secondo motivo si deduce la falsa applicazione dell'articolo 410 c.c. censurando la decisione della corte territoriale per avere attribuito rilievo decisivo al fatto che, in presenza di una totale e abituale compromissione delle facolta' mentali non sia possa procedere alla concertazione sul compimento dei singoli atti prevista dalla norma indicata. Con cio' la corte territoriale non solo non avrebbe tenuto conto della possibilita' effettiva che nel caso di specie il beneficiato, se non in grado di esprimere una compiuta volonta', sarebbe comunque in grado di manifestare "fervori" volitivi, ma avrebbe anche omesso di considerare che la cosiddetta concertazione non e' un effetto necessario dell'apertura dell'amministrazione di sostegno, ma si riferisce alle sole ipotesi in cui un dialogo sia concretamente possibile per le condizioni psicofisiche del beneficiario.

Con il terzo motivo il ricorrente, deducendo la falsa applicazione dell'articolo 411 c.c. lamenta che la corte d'appello abbia affermato che la nomina di un amministratore di sostegno farebbe mancare le maggiori garanzie costituite dalle autorizzazioni del tribunale per il compimento di determinati atti dell'amministratore, trascurando di considerare che anche in caso di nomina di un amministratore di sostegno sono previste autorizzazioni del giudice tutelare per il compimento di singoli atti.

2. I motivi, investendo diversi profili argomentativi della pronuncia di rigetto dell'istanza di apertura dell'amministrazione di sostegno, sono strettamente connessi e possono essere congiuntamente esaminati e debbono essere accolti perche' fondati.

La questione dell'individuazione dei presupposti delle diverse misure di protezione delle persone in tutto o in parte prive di autonomia, disciplinate nel titolo 12 del libro primo del codice civile, come modificato con la Legge 9 gennaio 2004, n. 6, ha formato oggetto di un intenso dibattito dottrinale e di numerosi interventi giurisprudenziali, di merito e di legittimita'.

Chiamata a valutare i sospetti di legittimita' costituzionale della nuova disciplina in quanto la stessa non indicherebbe chiari criteri selettivi per distinguere l'amministrazione di sostegno dall'interdizione e dall'inabilitazione, lasciando al giudice la scelta dello strumento di tutela applicabile, la Corte costituzionale, con la sentenza 9 dicembre 2005 n. 440, li ha dichiarati non fondati per erroneita' del presupposto interpretativo dal quale muoveva il giudice remittente, affermando che dall'esame della disciplina, che affida al giudice il compito di individuare l'istituto che, da un lato, garantisca all'incapace la tutela piu' adeguata alla fattispecie e, dall'altro, limiti nella minore misura possibile la sua capacita', discende che il giudice puo' ricorrere alle ben piu' invasive misure dell'inabilitazione o dell'interdizione "solo se non ravvisi interventi di sostegno idonei ad assicurare all'incapace siffatta protezione", fermo che "in nessun caso i poteri dell'amministratore possono coincidere integralmente con quelli del tutore o del curatore".

La portata della decisione e' quindi duplice. Da un lato e' affermata la diversita' dei presupposti e degli effetti delle diverse misure di protezione, in particolare la diversita' dei poteri del tutore dell'interdetto e del curatore dell'inabilitato, che derivano automaticamente dalla sentenza di interdizione e inabilitazione, rispetto a quelli dell'amministratore di sostegno che, trovano la propria fonte nel provvedimento del giudice, anche se puo' rilevarsi che tale diversita' e' da apprezzare non tralasciando la rilevanza dell'articolo Legge n. 6 del 2004, articolo 1 secondo cui la finalita' dell'intervento legislativo e' quella di "tutelare, con la minore limitazione possibile della capacita' di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia, nell'espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente".

3. I successivi interventi di questa Corte (414 c.c. che ha sostituito il "devono" con il "possono"), sia per la parte in cui riconoscono al giudice il potere di scelta tra le misura stesse.

Il maggiore contributo alla corretta interpretazione della disciplina va tuttavia ravvisato nella forte valorizzazione e specificazione del riferimento, contenuto nell'articolo sentenza della Corte costituzionale n. 440 del 2005, al criterio fondamentale che deve guidare la scelta del giudice il quale "va individuato con riguardo non gia' al diverso, e meno intenso, grado di infermita' o di impossibilita' di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto alla maggiore capacita' di tale strumento di adeguarsi alle esigenze di detto soggetto, in relazione alla sua flessibilita' ed alla maggiore agilita' della relativa procedura applicativa." (in tali termini e', riassuntivamente, il principio di diritto enunciato nella sentenza n. 13584/2006). Nell'applicazione di tale criterio deve tenersi conto in via prioritaria ("essenzialmente" secondo la dizione utilizzata dalla sentenza citata) del tipo di attivita' che deve essere compiuta per conto del beneficiario, nel senso che ad "un'attivita' minima, estremamente semplice, e tale da non rischiare di pregiudicare gli interessi del soggetto - vuoi per la scarsa consistenza del patrimonio disponibile, vuoi per la semplicita' delle operazioni da svolgere (attinenti, ad esempio, alla gestione ordinaria del reddito da pensione), e per l'attitudine del soggetto protetto a non porre in discussione i risultati dell'attivita' di sostegno nei suoi confronti ... corrispondera' l'amministrazione di sostegno" mentre si potra' ricorrere all'interdizione quando si tratta "di gestire un' attivita' di una certa complessita', da svolgere in una molteplicita' di direzioni, ovvero nei casi in cui appaia necessario impedire al soggetto da tutelare di compiere atti pregiudizievoli per se', eventualmente anche in considerazione della permanenza di un minimum di vita di relazione che porti detto soggetto ad avere contatti con l'esterno". Come ulteriore criterio che puo' aggiungersi ma non sostituire il criterio principale il giudice puo' considerare "anche la gravita' e la durata della malattia, ovvero la natura e la durata dell'impedimento, nonche' tutte le altre circostanze caratterizzanti la fattispecie".

In senso contrario alla scelta interpretativa operata non vale invocare la diversita' dei presupposti delle misure di protezione risultanti dalla lettera degli articoli 427 c.c., comma 1) dimostra che e' ammissibile il ricorso all'interdizione anche in caso di incapacita' non assoluta. Il che contraddice radicalmente l'affermazione del necessario parallelismo tra incisivita' (o meglio, "invasivita'") della misura di protezione e gravita' della situazione di mancanza di autonomia.

Neppure porta argomenti a favore della tesi secondo la quale la scelta tra le diverse misure dovrebbe essere operata sulla base della gravita' della situazione di incapacita' il rilievo che l'amministrazione di sostegno richiede una continua interazione tra amministratore e beneficiario (articolo 410 c.c.) che presuppone una qualche sia pur residuale capacita' dello stesso, perche', come gia' osservato nella citata sentenza n. 13584/2006, la norma non prevede che tale interazione sia necessaria in ogni caso, ma solo che debba essere ricercata quando la situazione concreta lo consente.

Del tutto tautologico e' poi il richiamo alla natura tendenzialmente stabile dell'interdizione e dell'inabilitazione, che costituiscono status della persona derivanti da un accertamento giudiziale dell'incapacita', rispetto al carattere contingente e variabile delle misure stabilite da giudice tutelare a tutela del beneficiario dell'amministrazione di sostegno, restando aperto il problema dell'individuazione dei criteri di scelta tra le une e l'altra misura, problema da risolvere alla stregua del costante orientamento giurisprudenziale richiamato.

Infine non ha pregio l'argomento a favore della preferibilita' dell'interdizione per la migliore tutela che tali, misure assicurerebbero per la necessita' che il compimento di taluni atti da parte del tutore debbano essere autorizzati dal tribunale perche' l'articolo 411, nel richiamare alcune norme che disciplinano la tutela, espressamente richiama anche gli articoli 374 e 375 c.c. che prevedono le autorizzazioni per il compimento di atti da parte dell'amministratore di sostegno, essendo irrilevante che tali autorizzazioni siano attribuite alla "competenza" del giudice tutelare invece che a quella del "tribunale". D'altra parte, come gia' rilevato, la postulata "preferibilita'" si porrebbe in contrasto con il carattere residuale dell'interdizione affermato con chiarezza dalla legge.

L'accoglimento del ricorso comporta la cassazione del provvedimento impugnato con rinvio alla corte d'appello di Torino in diversa composizione, anche per le spese di questo giudizio, la quale si atterra' al seguente principio di diritto: "L'amministrazione di sostegno, introdotta nell'ordinamento dalla 414 e 417 c.c.. Rispetto ai predetti istituti, l'ambito di applicazione dell'amministrazione di sostegno va individuato con riguardo non gia' al diverso, e meno intenso, grado di infermita' o di impossibilita di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto alla maggiore capacita' di tale strumento di adeguarsi alle esigenze di detto soggetto, in relazione alla sua flessibilita' ed alla maggiore agilita' della relativa procedura applicativa. Appartiene all'apprezzamento del Giudice di merito la valutazione della conformita' di tale misura alle suindicate esigenze, tenuto conto essenzialmente del tipo di attivita' che deve essere compiuta per conto del beneficiario, e considerate anche la gravita' e la durata della malattia, ovvero la natura e la durata dell'impedimento, nonche' tutte le altre circostanze caratterizzanti la fattispecie".

P.Q.M.

La corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla corte d'appello di Torino, in diversa composizione, anche per le spese di questo giudizio.

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