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Atto di cointestazione, con firma e disponibilità disgiunte, di una somma di denaro presso un istituto di credito - Natura di donazione indiretta -
Pubblicata il 29/03/2009
(Cass., Sezione Seconda Civile, Sentenza n. 26983 del 12 novembre 2008)
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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROVELLI Luigi Antonio - Presidente
Dott. SCHETTINO Olindo - Consigliere
Dott. TROMBETTA Francesca - Consigliere
Dott. ATRIPALDI Umberto - Consigliere
Dott. MAZZACANE Vincenzo - rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SP. FL., elettivamente domiciliata in ROMA VIA DI PIETRALATA 320, presso lo studio dell'avvocato GIGLIOLA MAZZA RICCI, che la difende unitamente all'avvocato SCIALINO GIULIANO, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
ZU. GI., ZU. AN. MA., TA. AR., TA. GI., TA. RO., T. G., elettivamente domiciliati in ROMA P.ZZA CAVOUR, presso la CORTE di CASSAZIONE, difesi dall'avvocato PICOTTI FABRIZIO, giusta delega in atti;
- controricorrenti -
e contro
ZU. LI.;
- intimata -
avverso la sentenza n. 60/04 della Corte d'Appello di TRIESTE, depositata il 24/01/04;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25/06/08 dal Consigliere Dott. MAZZACANE Vincenzo;
udito l'Avvocato SCIALINO G. difensore della ricorrente che si riporta agli scritti depositati;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SCHIAVON Giovanni, che ha concluso per l'inammissibilita' o il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 18.7.1987 ZU. Gi., ZU. An. Ma., TA. Ar. in proprio e quale procuratore speciale di T. G., TA. Ro. e TA. Gi. convenivano in giudizio dinanzi al Pretore di Cividale SP.Fl. chiedendone la condanna a restituire loro - quali eredi della zia ZU.Ma. - la somma capitale di lire 42.504.450, pari alla meta' del saldo portato dal libretto di risparmio n. (OMESSO) acceso presso la Ba. Po. di. Ci. e cointestato alla SP. ed a ZU.Ma..
Gli attori assumevano che quest'ultima, deceduta il (OMESSO), era in realta' l'unica proprietaria del denaro depositato in tale libretto, che la SP. aveva estinto nove giorni prima della morte della ZU. trattenendosi l'intero importo di lire 85.008.900 (frutto esclusivamente di risparmi della loro parente), e che la cointestazione di esso con la SP. aveva avuto il solo scopo di facilitare alla ZU., persona anziana, i relativi prelievi.
Costituitasi in giudizio la convenuta chiedeva il rigetto della domanda attrice rilevando che ZU.Ma. era stata assunta fin dal (OMESSO) quale collaboratrice domestica dai propri genitori e che -
cessato tale rapporto di lavoro nel (OMESSO) per il raggiungimento dei limiti pensionistici - era comunque rimasta a vivere in casa SP., ricevendo l'assistenza morale e materiale di cui aveva bisogno; proprio in relazione a cio' la ZU. aveva contribuito, sia pure parzialmente, al proprio mantenimento, versando delle somme di denaro sul libretto cointestato ad entrambe; pertanto la SP. deduceva di essere stata autorizzata dalla stessa ZU. a prelevare il denaro depositato sul libretto, affinche' quella parte dei suoi risparmi fosse il corrispettivo dell'assistenza materiale e morale ricevuta nel corso degli anni.
Interveniva poi volontariamente in giudizio Zu.Li. quale coerede di Zu.Ma. aderendo alla domanda attrice.
Il Tribunale di Udine con sentenza del 24.12.2001, ritenuta l'insussistenza di idonee prove in ordine alla configurabilita' di una donazione indiretta effettuata dalla Zu. in favore della convenuta, condannava quest'ultima alla restituzione in favore degli attori della somma capitale di lire 42.504.450, con gli interessi legali alla domanda.
Proposto gravame da parte della SP. cui resistevano Gi. ed ZU.An. Ma., Ar., Gi., Ro. e T. G. mentre ZU.Li. restava contumace, la Corte di Appello di Trieste con sentenza del 24.1.2004 ha rigettato l'impugnazione.
Per la cassazione di tale sentenza la SP. ha proposto un ricorso articolato in due motivi cui ZU.Gi., ZU. An. Ma., TA.Ar., TA.Gi., TA. Ro. e T.G. hanno resistito con controricorso; la ricorrente ha successivamente depositato una memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli articoli 769 e 770 c.c., e vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata per aver escluso che la fattispecie in esame - costituita dal versamento da parte della ZU. di tutte le proprie sostanze su di un libretto bancario, dalla successiva cointestazione di esso anche al nome della SP. e dal materiale affidamento di tale libretto alla medesima - non fosse qualificabile ne' come liberalita' d'uso ai sensi dell'articolo 770 c.c., comma 2, ne' come donazione indiretta ex articolo 769 c.c., da parte della prima in favore della seconda.
La SP. assume che la Corte territoriale non ha sufficientemente considerato che dall'esame delle deposizioni testimoniali era emersa la continua assistenza per piu' di trenta anni assicurata alla Zu. dall'esponente garantendole anche un alloggio accogliente e gratuito; era inoltre risultato che la Zu. aveva espresso ripetutamente la volonta' di lasciare tutti i suoi averi, costituiti esclusivamente dal denaro depositato su un libretto bancario, alla Sp.; il fatto quindi che nell'anno (OMESSO), ovvero molti anni dopo l'apertura del libretto, la Zu. avesse deciso di cointestarlo alla Sp. che ne aveva l'esclusiva disponibilita' non poteva che rappresentare una concreta espressione di tale intento donativo.
La ricorrente inoltre rileva che la sufficienza della prova addotta dall'esponente in ordine alla sussistenza nella fattispecie di una donazione avrebbe dovuto essere valutata, sul piano probatorio, in relazione al fatto che la Zu. aveva, quali successori, parenti di grado non stretto (ovvero figli di fratelli) e che il rapporto intrattenuto con essi era alquanto superficiale e sporadico; pertanto era del tutto comprensibile che la Zu., in assenza di discendenti diretti, avesse ritenuto sufficiente la cointestazione del libretto ed il suo affidamento alla Sp. al fine di beneficiare quest'ultima.
La censura e' infondata.
Il giudice di appello ha premesso in linea di fatto che Zu. Ma., nata nel (OMESSO) e rimasta nubile, era stata assunta quale collaboratrice familiare dai genitori della Sp. restando ad abitare nella loro casa, e che ella dal (OMESSO), hanno della morte della madre dell'attuale ricorrente, era sempre stata accudita da quest'ultima che si era prodigata nella sua assistenza materiale e morale; tuttavia la Corte territoriale, conformemente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado, ha escluso che la Zu. con il suo comportamento avesse voluto effettuare una donazione indiretta in favore della Sp..
In proposito la sentenza impugnata ha rilevato come elementi pacifici in causa che la meta' della somma di denaro depositata nel libretto cointestato alla Sp. ed alla Zu. fosse di proprieta' di quest'ultima, che l'aveva in buona parte depositata in epoca antecedente alla cointestazione del libretto stesso, avvenuta circa cinque anni prima del decesso della "de cuius" (ovvero quando costei, ormai invalida, non essendo piu' in grado di provvedere ai versamenti della sua modesta pensione ed ai relativi prelievi, provvide ad avvalersi della collaborazione fornitale dalla Sp.); la cointestazione del libretto, quindi, non costituiva prova che la Zu. avesse inteso beneficiare la Sp. per l'assistenza e le cure ricevute da quest'ultima, considerato che comunque anche la Zu. contribuiva con la propria pensione, almeno in parte, alle relative spese; in altri termini la Sp. non aveva fornito la prova, secondo l'assunto del giudice di appello, di un atto volontario e spontaneo di disposizione patrimoniale in suo favore da parte della Zu. in considerazione dell'assistenza materiale e morale da quest'ultima ricevuta.
Tale convincimento e' immune dai profili di censura sollevati dai ricorrenti in quanto frutto di un accertamento di fatto sorretto da logica e congrua motivazione in ordine alla insussistenza della prova dell'"animus donandi" da parte della Zu. in favore della Sp. della meta' della somma di danaro depositata sul libretto cointestato alle due donne.
Al riguardo e' opportuno osservare che erroneamente la ricorrente richiama - a sostegno del suo assunto secondo cui la cointestazione di un libretto bancario e la disponibilita' di esso da parte di uno dei due cointestatari darebbe luogo ad una liberalita' d'uso o ad una donazione indiretta - la sentenza di questa Corte 10.4.1999 n. 3499; come invero e' agevole constatare dalla lettura della relativa motivazione di tale pronuncia, la possibilita' che costituisca donazione indiretta la cointestazione, con firma e disponibilita' disgiunte, di una somma di denaro depositata presso un istituto di credito, qualora la predetta somma, all'atto della cointestazione, risulti essere appartenuta ad uno solo dei cointestatari, e' legata all'apprezzamento dell'esistenza dell'"animus donandi" consistente nell'accertamento che, al momento della cointestazione, il proprietario del denaro non avesse altro scopo che quello di liberalita', ipotesi invero esclusa nella fattispecie dal giudice di appello.
Cio' premesso, si rileva che per il resto la censura della ricorrente si esaurisce inammissibilmente in una diversa valutazione delle risultanze istruttorie, trascurando in proposito la competenza esclusiva demandata al giudice di merito anche con riferimento alla sussistenza sia dei presupposti per il ricorso alle presunzioni sia dei requisiti di precisione, gravita' e concordanza richiesti dalla legge per valorizzare elementi di fatto come fonti di presunzione (vedi "ex multis" Cass. 4.5.2005 n. 9225).
Con il secondo motivo la ricorrente, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che, in assenza di prova circa la pretesa donazione, meta' della somma prelevata dalla Sp. continuava ad essere di proprieta' della Zu. e quindi era entrata a far parte dell'asse ereditario.
La Sp. assume che in realta' il riferimento all'asse ereditario era erroneo, presupponendo quest'ultimo la sussistenza di un "relictum" nella specie escluso dal fatto che, per effetto del prelievo dell'intero deposito da parte dell'esponente, alla data di apertura della successione nessuna sostanza apparteneva alla "de cuius".
La censura e' infondata.
In proposito la Corte territoriale ha ritenuto l'infondatezza del motivo di appello diretto ad escludere la legittimazione attiva degli attori quali eredi della Zu. ed a prospettare semmai una responsabilita' restitutoria della Sp. ex articolo 2043 c.c., mancando del tutto la prova che la Zu., qualche giorno prima di morire, avesse incaricato la Sp. di prelevare dal libretto la somma ivi depositata, cosicche' la Zu. ne era comunque comproprietaria e conseguentemente tale somma era entrata a far parte dell'asse ereditario.
Tale argomentazione e' corretta, posto che, una volta esclusa la ricorrenza nella specie di una donazione da parte della Zu. a beneficio della Sp. di meta' della somma di denaro depositata nel libretto di risparmio ad esse cointestato, e' evidente che il suddetto importo era rimasto di proprieta' della Zu. stessa e che quindi alla sua morte costituiva oggetto del relativo asse ereditario.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte:
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento di euro 100,00, per spese e di euro 2.000,00, per onorari di avvocato.