Azione di nullità del testamento olografo per falsità della data

In materia di testamento olografo, mentre la falsità della data non può ritenersi, di per sé, causa di nullità del testamento come semplice vizio di forma, l'azione di nullità per falsità della data è esperibile quando vi sia un interesse giuridico alla sua deduzione, come avviene quando il testamento è stato, in realtà, completato in tutti i suoi elementi in epoca successiva alla data in esso indicata e il testatore sia, nel frattempo, divenuto incapace. (Corte di Cassazione Sezione 2 Civile, Sentenza del 27 ottobre 2008, n. 25845)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CORONA Rafaele - Presidente

Dott. COLARUSSO Vincenzo - Consigliere

Dott. TROMBETTA Francesca - Consigliere

Dott. MALPICA Emilio - Consigliere

Dott. MAZZACANE Vincenzo - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

ZU. GI. , elettivamente domiciliato in ROMA VIA MONTE ASOLONE 8, presso lo studio dell'avvocato ALU' MARIO, che lo difende unitamente agli avvocati VETTORI ENRICO, VETTORI FRANCESCO, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

ZU. DO. , ZU. EU. , ZU. MA. , ZU. AN. , elettivamente domiciliati in ROMA VIA SABOTINO 2, presso lo studio dell'avvocato VITOLO MASSIMO, che li difende unitamente all'avvocato BARILA' MARIO, giusta delega in atti;

- controricorrenti -

avverso la sentenza n. 1440/03 della Corte d'Appello di VENEZIA, depositata il 07/10/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29/05/08 dal Consigliere Dott. MAZZACANE Vincenzo;

udito l'Avvocato VETTORI Francesco, difensore del ricorrente che illustra oralmente le proprie difese;

udito l'Avvocato VITOLO Roberto, con delega depositati in udienza dell'Avvocato BARILLA' Mario, difensore dei resistenti che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARINELLI Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Zu. Gi. , premesso che in data (OMESSO) era deceduto il padre Fo. che con testamento del (OMESSO) lo aveva lasciato erede esclusivo della disponibile, e che successivamente alla pubblicazione di detto testamento era stato pubblicato un altro atto di ultima volonta' apparentemente redatto il 17.7.1993, dal quale risultavano istituiti eredi tutti i figli in parti uguali, con atto di citazione notificato il 24.4.1994 conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Vicenza i restanti eredi An. , Do. , Eu. e Zu. Ma. assumendo che l'anziano genitore, che col primo testamento aveva voluto ricompensare l'esponente dell'assistenza sempre prestatagli, era stato ricoverato presso il nosocomio di (OMESSO) ed era stato sollecitato piu' volte dai suddetti figli a fare testamento opponendo sempre un deciso rifiuto; aggiungeva che la grafia del secondo testamento olografo appariva "difforme e deformata", e che comunque l'atto non era certamente frutto di una volonta' libera e cosciente; l'attore chiedeva quindi di accertare la nullita' o l'invalidita' e comunque l'inefficacia di tale testamento con la conseguente declaratoria di apertura della successione sulla base del precedente testamento olografo, nonche' la divisione dei beni relitti, compreso quanto esistente sui depositi bancari del "de cuius" prima della sua morte.

I convenuti costituitisi in giudizio resistevano alle domande attrici e chiedevano la divisione del patrimonio relitto secondo le disposizioni dell'ultimo testamento olografo.

II Tribunale con sentenza non definitiva del 10.4.2000 dichiarava la validita' dell'impugnato testamento, disponeva quindi che la successione doveva essere regolata sulla base del suddetto testamento e che l'asse ereditario ricomprendeva, oltre gli immobili, le sole somme di denaro di cui alla denuncia di successione.

Proposto gravame da parte di Zu. Gi. cui resistevano An. , Do. , Eu. e Zu. Ma. la Corte di Appello di Venezia con sentenza del 7.10.2003 ha rigettato l'impugnazione.

Per la cassazione di tale sentenza Zu. Gi. ha proposto un ricorso basato su cinque motivi cui An. , Do. , Eu. e Zu. Ma. hanno resistito con controricorso; il ricorrente ha successivamente depositato una memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli articoli 602 e 606 c.c., censura la sentenza impugnata per aver ritenuto la validita' del testamento olografo del 17.7.1993 posto che, non essendo stata contestata l'autografia delle sottoscrizioni da parte di Zu. Fo. in calce alle disposizioni testamentarie, nessun rilievo poteva attribuirsi in senso contrario al fatto che il testamento stesso non fosse stato scritto in un unico contesto, essendo in facolta' del testatore redigerlo in piu' tempi.

Il ricorrente, premesso che nella fattispecie le disposizioni testamentarie erano state redatte in un periodo di tempo successivo rispetto alla sottoscrizione sostiene che la sentenza impugnata, ritenendo irrilevante tale circostanza, non ha sufficientemente considerato la funzione nel testamento olografo della sottoscrizione, finalizzata a suggellare e a dare conferma alle disposizioni che la precedono avendo cosi' un carattere peculiare che la diversifica sia dal requisito dell'autobiografia che da quello della necessita' di una data.

Zu. Gi. quindi conclude che erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto superfluo il sollecitato supplemento istruttorio volto a stabilire la diversita' dell'inchiostro della firma rispetto a quello del testo; invero, ove fosse stata accertata una maggiore vetusta' della firma rispetto al testo, la firma stessa non avrebbe potuto essere considerata una sottoscrizione con conseguente nullita' del testamento ex articolo 606 c.c.. La censura e' infondata.

Il Giudice di appello, premesso che non era stata contestata l'autografia del testamento "de quo" riguardo al testo, alla data ed alla sottoscrizione, ha ritenuto irrilevante l'eventualita', prospettata dall'appellante, che non vi fosse stata contestualita' tra l'apposizione della sottoscrizione e quella delle altre disposizioni (considerando quindi superfluo il supplemento istruttorie richiesto da Zu. Gi. ), posto che il testatore puo' utilizzare, come veniva ipotizzato nella specie, fogli in precedenza gia' sottoscritti e completarli anche in tempi diversi con le sue disposizioni, con il solo limite che la sottoscrizione risulti posta, per evidenti ragioni di riconducibilita' delle disposizioni alla volonta' del testatore, in calce alle stesse.

Tale convincimento e' condivisibile ed immune dalle censure sollevate dal ricorrente.

Invero, premesso che il testamento olografo deve essere scritto per intero, datato e sottoscritto di mano del testatore, e che la sottoscrizione deve essere posta alla fine delle disposizioni (articolo 602 c.c.), deve ritenersi che, ai fini della validita' di tale testamento, non e' richiesta una necessaria contestualita' nella redazione dei suddetti elementi che ne costituiscono la struttura, potendo pertanto il testamento essere compilato anche in tempi diversi e quindi essere formato progressivamente, in assenza di alcuna norma che prescriva la sua redazione in un unico contesto temporale (Cass. 22.3.1985 n. 2074; Cass. 1.12.2000 n. 15379; Cass. 23.6.2005 n. 13487). E' dunque possibile che il testatore, dopo aver redatto solo in parte le sue disposizioni di ultima volonta', le completi successivamente sempre nel rispetto dei requisiti previsti dall'articolo 602 c.c..

In tale contesto nessuna incidenza in senso contrario puo' essere attribuita, come invece sostenuto dal ricorrente, alla eventualita' che la sottoscrizione del testamento olografo sia stata apposta dal testatore in epoca antecedente alle disposizioni testamentarie, sempre che, ovviamente, tali disposizioni precedano nella scheda la sottoscrizione stessa.

In effetti la finalita' riconosciuta a tale ultimo requisito del testamento olografo - consistente nella esigenza di avere l'assoluta certezza ma non solo della riferibilita' al testatore delle disposizioni testamentarie, gia' assicurata dall'olografia, ma anche della inequivocabile paternita' e responsabilita' del medesimo nel disporre del suo patrimonio senza alcun ripensamento dopo la redazione del testamento - non viene certamente vanificata qualora la sottoscrizione sia stata apposta da un punto di vista temporale prima delle disposizioni cui si riferisce.

Anche in tal caso, invero, qualora il testatore completi la scheda testamentaria redigendo le disposizioni che ne costituiscono l'oggetto in uno spazio che topograficamente precede la sottoscrizione, il testamento olografo risponde pienamente ai requisiti richiesti per la sua validita' dall'articolo 602 c.c., posto che il testatore stesso, utilizzando la sua precedente sottoscrizione come suggello delle sue disposizioni, configura in tal modo queste ultime come espressione della sua volonta' testamentaria.

E' infine infondato il profilo di censura con il quale si sostiene che, seguendo l'assunto della sentenza impugnata, si giungerebbe all'evidente incongruenza che, nel caso di incapacita' sopravvenuta del testatore che completi una scheda gia' datata e sottoscritta, si legittimerebbe una sorta di "retroattivita' sostanziale"; al riguardo si osserva che l'articolo 602 c.c., u.c., stabilisce che la prova della non verita' della data e' ammessa soltanto quando si tratta di giudicare della capacita' del testatore, delle priorita' di date tra piu' testamenti o di altra questione da decidersi in base al tempo del testamento; da tale disposizione si deduce che, mentre la data falsa non puo' ritenersi per se' causa di nullita' del testamento quale semplice vizio di forma, l'azione di nullita' per falsita' della data e' invece esperibile quando - comportando tale falsita' una violazione di diritto sostanziale - vi sia un interesse giuridico a dedurla, come appunto allorche' si discute sulla capacita' del testatore, essendo in tal caso sollevata una ragione di nullita' della disposizione testamentaria; pertanto nell'ipotesi prospettata dal ricorrente (ovvero sopravvenuta incapacita' del testatore che successivamente abbia integrato con successive disposizioni una scheda gia' datata e sottoscritta), e' possibile dedurre la falsita' della data e provare che il testamento olografo e' stato in realta' completato in tutti i suoi elementi in epoca successiva alla data in esso indicata, allorche' il testatore era divenuto incapace.

Con il secondo motivo il ricorrente, deducendo omesso esame su di un fatto decisivo e vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata per aver escluso che il testatore fosse affetto da patologie tali da farne scemare la capacita' intellettiva e volitiva al momento della redazione del testamento.

Zu. Gi. assume che tale convincimento e' basato sulle conclusioni della consulenza tecnica d'ufficio medico - psichiatrica, senza tener conto delle considerazioni espresse nella consulenza tecnica d'ufficio di natura grafologica, e che quindi il "maggior calibro della grafia del testo" rispetto alla grafia della firma avrebbe invece dovuto indurre a credere che presumibilmente la sottoscrizione del testamento fosse avvenuta in epoca precedente a quella di redazione del testo, e che Zu. Fo. , allorche' aveva redatto le sue disposizioni testamentarie, fosse sotto l'influenza di un farmaco ipnotico, che assumeva nelle ore serali, in grado di far scemare:, fino ad abolirla, la sua capacita' di intendere e di volere.

La censura e' infondata.

La Corte territoriale, premesso che lo stato di capacita' del testatore rappresenta la regola e quello di incapacita' l'eccezione, ha rilevato che l'appellante, su cui gravava l'onere della prova della allegata incapacita' materiale del testatore, non aveva dedotto elementi significativi tali da superare gli accertamenti compiuti nel giudizio di primo grado che avevano escluso che Zu. Fo. fosse stato incapace di intendere e di volere all'atto della redazione delle sue disposizioni testamentarie, del resto finalizzate all'attribuzione del suo patrimonio in parti uguali tra tutti gli eredi e quindi coerenti con i verosimili sentimenti di un genitore nei riguardi dei figli.

Il Giudice di appello in particolare ha ritenuto l'irrilevanza anche del riferimento alla assunzione da parte del testatore di un ipnotico serale (elemento peraltro gia' valutato dalla consulenza tecnica d'ufficio medico - legale) in quanto non collegato alla redazione del testamento in ora notturna. Infine la sentenza impugnata ha disatteso in quanto ininfluente anche le considerazioni del consulente psicografologo di parte dell'appellante, poiche' non escludevano l'autografia della scrittura da parte del testatore e negavano la capacita' di autodeterminazione di quest'ultimo senza convincenti riscontri scientifici.

Si e' quindi in presenza di un accertamento di fatto da parte del Giudice di merito sorretto da congrua e logica motivazione - avendo quest'ultimo esaurientemente esaminato e confutato argomentazioni dedotte dall'appellante a sostegno del suo assunto - come tale immune dalle censure sollevate dal ricorrente, che invero in questa sede si limita a prospettare in termini generici ed anche probabilistici una diversa realta', ovvero la dedotta incapacita' del testatore, trascurando di considerare i ristretti limiti (attinenti a vizi di motivazione, nella specie del tutto insussistenti) entro i quali e' censurabile in sede di legittimita' il convincimento di fatto maturato dal giudice di merito.

Le conclusioni cui e' giunta la sentenza impugnata sono del resto rafforzate dal rilievo che, secondo l'orientamento consolidato di questa Corte, l'annullamento del testamento per incapacita' naturale del testatore postula l'esistenza non gia' di una semplice anomalia o alterazione delle facolta' psichiche ed intellettive del "de cuius", bensi' la prova che, a cagione di una infermita' transitoria o permanente, ovvero di altra causa perturbatrice, il soggetto sia stato privo in modo assoluto, al momento della redazione dell'atto di ultima volonta', della coscienza dei propri atti ovvero della capacita' di autodeterminarsi, cosi' da versare in condizioni analoghe a quelle che, con il concorso dell'abitualita', legittimano la pronuncia di interdizione (Cass. 22.5.1995 n. 5620; Cass. 6.12.2001 n. 15480); di qui quindi il rigoroso onere probatorio a carico di colui che deduce lo stato di incapacita' del testatore, onere nella specie non assolto da Zu. Gi. . Con il terzo motivo il ricorrente, deducendo vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata per non aver ammesso la prova per interrogatorio e testi richiesta dall'esponente diretta a fornire un ulteriore elemento di valutazione al giudicante in ordine alla reale volonta' del "de cuius", alle condizioni ambientali e familiari ed ai presumibili sentimenti del testatore proprio nei giorni corrispondenti alla data apparente della disposizione testamentaria del 17.7.1993.

La censura e' inammissibile.

Premesso che nel ricorso non sono stati riportati i capitoli di prova di cui e' stata dedotta la mancata ammissione, e cio' invece e' avvenuto inammissibilmente soltanto con la memoria depositata ex articolo 378 c.p.c., (destinata invero solo ad illustrare e chiarire i motivi di ricorso), si rileva che il ricorrente che in sede di legittimita' denunci la mancata ammissione in appello di una prova per interrogatorio e per testi, ha l'onere di indicare specificatamente le circostanze che formavano oggetto della prova al fine di consentire il controllo sulla decisivita' dei fatti da provare in ordine alla risoluzione della controversia e sulle prove stesse, in quanto, per il principio dell'autosufficienza del ricorso per cassazione, questa Corte deve essere in grado di compiere tale verifica in base alle sole deduzioni contenute nell'atto, alle cui lacune non e' consentito sopperire con indagini integrative.

Con il terzo motivo il ricorrente, deducendo vizio di motivazione, assume che la Corte territoriale ha omesso di pronunciarsi sul motivo di appello con il quale era stata censurata la statuizione del Giudice di primo grado che aveva ammesso le prove orali formulate dai convenuti in corso di causa ma non piu' riproposte in sede di precisazione delle conclusioni, e quindi da ritenersi rinunciate.

Il motivo e' inammissibile.

Invero il ricorrente ha del tutto omesso di indicare il contenuto delle prove orali dedotte dalle controparti ed ammesse dal giudice di primo grado e soprattutto di evidenziare la loro incidenza in ordine alla decisione assunta dal Giudice di merito.

Pertanto la censura e' inammissibile per difetto di interesse, non essendo stato minimamente chiarito se ed in quali termini il mancato espletamento delle suddette prove avrebbe condotto ad una diversa decisione piu' favorevole al ricorrente, e quindi non essendo stata prospettata l'utilita' giuridica che il ricorrente conseguirebbe; dall'accoglimento del motivo in esame.

Con il quinto motivo il ricorrente, denunciando vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata per non aver disposto il sollecitato ordine di esibizione di documenti contabili presso il Banco Ambrosiano, considerato che vi erano state operazioni di cointestazione e di sottrazione di beni del "de cuius" depositati presso il suddetto istituto poste in essere dalle controparti.

Zu. Gi. afferma che, contrariamente a quanto sostenuto sul punto dal Giudice di appello, tale ordine di esibizione era giustificato dal fatto che l'esponente aveva formulato nella sostanza una domanda di petizione di eredita' tendente quindi alla restituzione; dell'asse ereditario nel quale dovevano essere ricompresi anche i beni sottratti al "de cuius" dagli altri eredi, ovvero il denaro di cui Zu. Fo. disponeva sui depositi bancari; inoltre l'ordine di esibire era funzionale anche alla richiesta divisione di tutto il patrimonio ereditario, ivi inclusi il denaro e gli altri beni mobili.

La censura e' infondata.

La Corte territoriale ha ritenuto che il richiesto ordine di esibizione mirava ad accertare non la sussistenza di beni nel patrimonio del "de cuius" all'atto della sua morte ed asseritamente sottratti dai coeredi, bensi' di beni di cui Zu. Fo. aveva perso la disponibilita' in epoca ben anteriore alla sua morte, riguardo ai quali l'appellante non poteva rivendicare alcun titolo senza ricondurlo prima, omettendo pero' di farlo, al suo dante causa. Orbene tale convincimento e' corretto, avendo in altri termini il giudice di appello affermato che il richiesto ordine di esibizione postulava la prova della sicura appartenenza al "de cuius" di determinante somme di denaro in epoca precedente alla sua morte, posto che la dedotta sottrazione di tale denaro da parte degli altri coeredi (sottrazione di cui non sono stati minimamente chiariti ne' i tempi ne' le modalita') presupponeva logicamente la titolarita' delle suddette somme in capo a Zu. Fo. onde pretendere la loro riconducibilita' al patrimonio ereditario. Il ricorrente, invece, non censura almeno specificatamente tale statuizione, in ordine alla evidenziata carenza, sul piano deduttivo, del motivo di appello, cosicche' il motivo in esame e' privo di fondamento.

Il ricorso deve quindi essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento di euro 100,00, per spese e di euro 2.500,00, per onorari di avvocato.

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