E' legittimo il rimborso dei titoli alla madre del minore alle Poste anche senza autorizzazione del magistrato

L'esigenza dell'autorizzazione al genitore del minore, da parte del giudice tutelare, necessaria, ai sensi dell'art. 320 cod. civ., al fine della riscossione dei capitali, dei quali il giudice determina altresì l'impiego, non è esclusa dal disposto dell'art. 159 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (cd. codice postale), richiamato per i buoni postali fruttiferi dal rinvio generale di cui all'art. 182 del medesimo decreto, allorché il nome del genitore sia indicato sul titolo come rappresentante dell'intestatario minorenne, in quanto la norma non prevede l'ipotesi in questione, ma unicamente il rimborso in favore del rappresentante dell'intestatario.

Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Sentenza 5 marzo 2012, n. 3393



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo - Presidente

Dott. CECCHERINI Aldo - Consigliere

Dott. BERNABAI Renato - Consigliere

Dott. RAGONESI Vittorio - Consigliere

Dott. DE CHIARA Carlo - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), rappresentato e difeso, per procura speciale a margine del ricorso, dall'avv. (OMISSIS) ed elett.te dom.to in (OMISSIS), presso lo studio dell'avv. (OMISSIS);

- ricorrente -

contro

(OMISSIS) S.p.a.;

- intimata -

avverso la sentenza della Corte d'appello di Catania n. 774 depositata il 29 giugno 2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13 gennaio 2012 dal Consigliere Dott. Carlo DE CHIARA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per l'ammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale e, in subordine, per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel settembre 2001 il sig. (OMISSIS) - allora minorenne e rappresentato da un curatore - convenne davanti al Tribunale di Catania, Sez. distaccata di Adrano, le (OMISSIS) s.p.a. e sua madre, sig.ra (OMISSIS), per sentir annullare il rimborso di 20 buoni postali, emessi a suo favore negli anni 1989-1992, effettuato dalle (OMISSIS) a mani di sua madre nonostante la stessa fosse priva dell'autorizzazione del giudice tutelare, necessaria ai sensi dell'articolo 320 c.c..

Resistettero le sole (OMISSIS) e il Tribunale, in accoglimento della domanda, condanno' entrambe le parti convenute, in solido, a rimborsare all'attore il complessivo importo di euro 154.937,07 oltre interessi al tasso convenzionale.

L'appello delle (OMISSIS) e' stato parzialmente accolto dalla Corte di Catania, che ha escluso l'illegittimita' del rimborso di 16 dei 20 buoni oggetto di causa (i buoni serie AD dal n. 172 al n. 185, emessi l'11 giugno 1990, e i buoni serie AD n. 54145 e n. 54146 emessi il 23 dicembre 1992), nei quali la sig.ra (OMISSIS) era indicata come rappresentante dell'intestatario e che, dunque, erano stati dalla medesima validamente riscossi - pur in mancanza di autorizzazione del giudice tutelare, necessaria in generale per la riscossione di capitali da parte del genitore ai sensi dell'articolo 320 c.c., comma 4, - in veste di "mero rappresentante" del minore e in mancanza di apposizione sui titoli del vincolo pupillare, ai sensi dell'articolo 159 del codice postale approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156, applicabile anche ai buoni fruttiferi in virtu' del rinvio di cui all'articolo 182 del medesimo codice.

Il sig. (OMISSIS) ha quindi proposto ricorso per cassazione per un solo, complesso motivo, cui le (OMISSIS) non hanno resistito.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. - Il ricorrente, denunciando violazione dell'articolo 320 c.c., contesta anzitutto che la previsione della necessita' dell'autorizzazione del giudice tutelare contenuta in tale norma sia derogata dall'articolo 159 cod. postale, sottolineando l'irrilevanza, a tal fine, dell'indicazione del nome del rappresentante sul titolo.

1. - La censura e' fondata.

Per comprenderlo, e' sufficiente la lettura del testo dell'articolo 159 cod. postale, che recita:

"I rimborsi sui libretti nominativi vengono fatti esclusivamente agli intestatari dei libretti od ai loro rappresentanti, procuratori o delegati.

La delega e' ammessa soltanto per i rimborsi richiesti agli uffici di emissione.

Sui libretti intestati a minorenni senza dichiarazione di rappresentanza, i rimborsi vengono fatti ai minorenni medesimi, tranne il caso di opposizione da parte dei rappresentanti legali.

Se i minorenni non hanno compiuto i 10 anni, debbono essere accompagnati, per riscuotere, da uno dei genitori, o dal tutore o da altra persona di notoria probita', la quale convalidi con la propria firma la loro firma di quietanza.

Sui libretti intestati ad interdetti, o vincolati a favore di minori, i rimborsi sono soggetti alle norme del codice civile".

Come si vede, l'ipotesi della indicazione del rappresentante del minore sul titolo non e' contemplata dalla norma, e dunque non e' dato comprendere (ne' la sentenza impugnata lo chiarisce) come dal testo della medesima norma possa ricavarsi che nella medesima ipotesi non sarebbe applicabile l'articolo 320 c.c..

Ne' e' significativo il richiamo all'applicazione del codice civile che figura, con riferimento all'intestazione ad interdetti e all'apposizione del vincolo pupillare, nell'ultimo comma. L'affermata applicazione del codice in tali ipotesi non implica, di per se', la disapplicazione del medesimo in tutte le altre.

2. - Restano in cio' assorbiti i restanti profili di censura svolti dal ricorrente e relativi alla intervenuta abrogazione del richiamato articolo 159 cod. postale e alla dedotta incostituzionalita' del medesimo nell'interpretazione datane dalla Corte d'appello.

3. La sentenza impugnata va pertanto cassata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa puo' essere decisa nel merito, ai sensi dell'articolo 384 c.p.c., comma 1, ult. parte, con l'integrale rigetto dell'appello.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta integralmente l'appello e condanna la societa' intimata alle spese dell'intero giudizio, liquidate in euro 1.560,00, di cui euro 160,00 per esborsi ed euro 1.400,00 per diritti e onorari, quanto al primo grado, in euro 1.600,00 per diritti e onorari, quanto al secondo grado, e in euro 2.800,00, di cui euro 2.600,00 per onorari, quanto alla fase di legittimita', oltre spese generali ed accessori di legge.
 

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