Il coniuge separato o divorziato è legittimato iure proprio a ottenere dall'altro coniuge un contributo al mantenimento del figlio maggiorenne ma non autosufficiente

Il coniuge separato o divorziato, già affidatario del figlio minorenne, è legittimato iure proprio, anche dopo il compimento da parte del figlio della maggiore età, ove sia con lui convivente e non economicamente autosufficiente, a ottenere dall'altro coniuge un contributo al mantenimento del figlio. Da ciò discende che ciascuna legittimazione è concorrente con l'altra, senza, tuttavia, che possa ravvisarsi un'ipotesi di solidarietà attiva, ai cui principi è possibile ricorrere solo in via analogica, trattandosi di diritti autonomi e non del medesimo diritto attribuito a più persone.

Corte d'Appello Roma Civile, Sentenza del 6 ottobre 2010, n. 4018



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

CORTE D'APPELLO DI ROMA

SEZIONE DELLA PERSONA E DELLA FAMIGLIA

Composta dai magistrati:

d.ssa Alida Montaldi - Presidente

d.ssa Mariangela Cecere - Consigliere

d.ssa Antonella Patrizia Mazzei - Consigliere Est.

riunita in camera di consiglio il 19 luglio 2010 ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. 11357/2008 R.G., avente per oggetto: opposizione all'esecuzione, trattenuta in decisione nell'udienza dell'8 aprile 2010 con termini, ex art. 190 c.p.c., spirati il 28 giugno 2010,

TRA

Me.Fr.,

elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio dell'avvocata Ba.Si., dalla quale è rappresentato e difeso, in virtù di procura a margine dell'atto di citazione in appello.

APPELLANTE - APPELLATO INCIDENTALE

E

Le.Ma.Ga., elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio dell'avvocato Et.Tr., dal quale è rappresentata e difesa, in virtù di procura a margine della comparsa di costituzione e risposta con appello incidentale.

APPELLATA-APPELLANTE INCIDENTALE

E

Me.An.,

elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio delle avvocate Ba.Si. e Ma.Fe., dalle quali, congiuntamente o disgiuntamente tra loro, è rappresentato e difeso come da procura a margine della comparsa di costituzione e risposta.

INTERVENUTO

Con l'intervento dei P.G., in sede.

FATTO e PROCESSO

Me.Fr. e Le.Ma.Ga., unitisi in matrimonio concordatario il 25 marzo 1971, genitori di St. (nato nel 1972) e di An. (nato nel 1979), già consensualmente separati come da accordo omologato dal Tribunale di Roma il 23 gennaio 1984 e, poi, divorziati giusta sentenza del medesimo Tribunale pubblicata il 13 dicembre 1991, sono parti del presente processo di opposizione del Me. all'esecuzione intrapresa dalla Le., con atto di precetto notificatogli il 3 giugno 2004, avente per oggetto la complessiva somma di Euro 53.120,56 (includente interessi legali e rivalutazione monetaria), fondato sul dedotto mancato pagamento, da parte dello stesso Me., a far tempo dal marzo 1998 fino a tutto l'aprile 2004, del contributo dovuto per il mantenimento del tiglio, An., secondo quanto sancito dal locale Tribunale con decreto del 19 dicembre 1997 - 14 gennaio 1998, emesso ai sensi dell'art. 9, comma 1, della legge 1° dicembre 1970, n. 898, con succ. mod., e confermato da questa Corte di appello con proprio provvedimento del 2 luglio - 2 settembre 1999, che aveva statuito la revoca del contributo paterno al mantenimento del figlio primogenito, St., divenuto economicamente autonomo, e, contestualmente, aveva determinato nell'importo mensile di (vecchie) Lire 1.200.000 (= Euro 619,74), annualmente rivalutabile, il contributo dovuto dal Me. per il mantenimento del figlio secondogenito, An., divenuto maggiorenne il 16 maggio 1997 ma non ancora economicamente autosufficiente, con riconosciuto diritto della Le., quale madre convivente, di ricevere il detto assegno e contestuale rigetto della richiesta del Me. di versarlo direttamente nelle mani del figlio.

All'esito del primo grado di questo giudizio di opposizione all'esecuzione e agli atti esecutivi, promosso dal Me. con atto di citazione notificato il 18 giugno 2004, al quale è stata riunita altra opposizione della stessa parte al pignoramento presso terzi, notificato - su richiesta della Le. - il 4 agosto 2004, con intimazione alla Ba.Ro. S.p.A., datrice di lavoro dell'obbligato, di non disporre delle somme a lui dovute senza l'ordine del giudice, previo intervento adesivo dipendente del figlio delle parti, Me.An., il quale ha fatto proprie le deduzioni e conclusioni dell'opponente, sostenendo in particolare di avere ricevuto direttamente dal padre il contributo al suo mantenimento anche nel periodo precedente la sua stabile convivenza con lo stesso genitore iniziata nel febbraio del 2004 e proseguita senza soluzione di continuità fino ad oggi, il Tribunale di Roma, in composizione monocratica, ha emesso sentenza, a norma dell'art. 281 sexies c.p.c., depositata il 18 dicembre 2007, con la quale, disattesa ogni altra questione ed eccezione, ha respinto l'opposizione e ha disposto l'integrale compensazione tra le parti delle spese processuali.

A sostegno della decisione il Tribunale ha addotto, quanto alla preliminare eccezione di prescrizione dei ratei di mantenimento scaduti negli anni 1998-1999, che, pur dovendosi applicare agli assegni periodici di mantenimento della prole, nel caso di separazione o divorzio, il termine quinquennale di prescrizione previsto per le pensioni alimentari dall'art. 2948, n. 2, cod. civ., la prescrizione non poteva, tuttavia, ritenersi compiuta nel caso in esame, perché interrotta dallo spontaneo adempimento dell'obbligazione, da parte del Me., coi versamenti del contributo per il figlio eseguiti nel 2000; riguardo, poi, all'eccepita titolarità del diritto in capo al beneficiario e non alla madre, il Tribunale ha sostenuto la spettanza del contributo atre proprio al genitore del figlio maggiorenne, non economicamente autonomo, come da richiamata giurisprudenza di legittimità, aggiungendo che nessuna prova era stata fornita del preteso accordo intercorso tra il Me. e la Le. circa la corresponsione diretta dell'assegno mensile dal padre al tiglio.

Avverso la predetta sentenza, che ha anche disposto l'integrale compensazione tra le parti delle spese processuali per la peculiarità della fattispecie sostanziale e processuale esaminata, con atto di citazione notificato il 18 dicembre 2008, Me.Fr. ha proposto tempestivo appello davanti a questa Corte territoriale competente, deducendo alcuni motivi di gravame in rito e nel merito.

Si è tempestivamente costituita la Le., con comparsa depositata il 29 aprile 2009, contestando i motivi del gravame di cui ha chiesto il rigetto, e spiegando appello incidentale in punto ad ingiusta, a suo avviso, statuizione adottata dal primo giudice di compensazione integrale delle spese processuali tra le parti.

Il Pubblico Ministero è intervenuto il 6 aprile 2009, limitandosi ad apporre il suo visto.

Alla prima udienza di trattazione davanti a questa Corte, in data 21 maggio 2009, sono comparsi entrambi i procuratori delle parti e il collegio ha disposto l'integrazione del contraddittorio nei confronti di Me.An., già intervenuto in primo grado, e destinatario del proposto appello incidentale della Le. con richiesta di condanna, in riforma della sentenza del Tribunale, di entrambi i Me., padre e figlio, al pagamento delle spese processuali di primo grado.

Integrato il contraddittorio, con comparsa del 19 novembre 2009 si è costituito Me.An., svolgendo le stesse conclusioni del primo appellante e chiedendo il rigetto del gravame incidentale, oltre alla richiesta di preliminare immediata sospensione della provvisoria esecuzione della sentenza impugnata.

Alla successiva udienza del 10 dicembre 2009, su concorde richiesta dei difensori di tutte le parti, la causa è stata rinviata all'udienza dell'8 aprile 2010, nella quale, sulle conclusioni come in epigrafe trascritte, la Corte si è riservata di decidere all'esito della scadenza dei termini di cui all'art. 190 c.p.c., che sono spirati il 28 giugno 2010.

MOTIVI della DECISIONE

Preliminarmente va data ragione della mancata decisione della Corte sulla domanda di Me.An. di sospensione della provvisoria esecuzione della sentenza impugnata: la richiesta, infatti, non è stata confermata nella prima udienza successiva alla costituzione dell'istante, tenutasi il 10 dicembre 2009, ed era comunque inammissibile non avendo per oggetto una sentenza di condanna, bensì una statuizione di rigetto dell'opposizione all'esecuzione come sopra proposta.

Passando al diffuso atto di appello di Me.Fr., vanno esaminati, nell'ordine logico-giuridico di rilevanza delle questioni dedotte nei motivi, i seguenti temi:

a) inesistenza del titolo esecutivo azionato (citato decreto del Tribunale di Roma pubblicato il 14 gennaio 1998 e confermato da questa Corte di appello con provvedimento depositato il 2 settembre 1999), per essere intervenuto, già nelle more del primo giudizio, il decreto del Tribunale di Civitavecchia in data 14-27 aprile 2006, emesso ai sensi dell'art. 9, comma I, legge n. 898/1970, con succ. mod., cit., su ricorso dello stesso Me. depositato il 6 maggio 2005, col quale, in parziale modifica dei provvedimenti accessori alla pronuncia di cessazione degli effetti civili del matrimonio tra le parti, è stata disposta la revoca dell'assegno dovuto da Me.Fr. a Le.Ma.Ga., a titolo di contributo al mantenimento del comune figlio, An., sul presupposto del rapporto di convivenza continuativa instaurato dal giovane col proprio padre, il quale, come si legge nel citato provvedimento divenuto definitivo per mancata impugnazione, "provvede in via generale all'integrale soddisfazione delle esigenze di carattere economico del figlio" (c.f.r. il citato provvedimento del Tribunale di Civitavecchia tra le produzioni, in questo grado, dell'appellante);

b) nullità della sentenza impugnata, emessa ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c. ma in violazione dei requisiti prescritti dalla medesima norma, poiché la decisione non ha costituito parte del verbale di causa del 13 dicembre 2007, bensì separato documento depositato, con la motivazione, il 18 dicembre successivo, senza lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto nella suddetta udienza al termine della discussione orale delle parti;

c) nullità della medesima sentenza per i seguenti ulteriori motivi: omissione della concisa esposizione dello svolgimento del processo, come previsto dall'art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., nel testo vigente per i processi instaurali fino al 4 luglio 2009 (v. l'art. 190 c.p.c., disattesa dal tribunale senza alcuna motivazione;

d) nel merito, erronea valutazione dei fatti e conseguente violazione delle norme di diritto ad essi applicate, in tema di ritenuta interruzione della prescrizione, di negata prova dell'accordo intercorso tra i genitori circa la corresponsione diretta del contributo dal padre al figlio, e del comunque provato versamento dell'assegno nelle mani della Le. fino alla prima metà dell'anno 2000 e direttamente al figlio a partire dalla seconda metà del medesimo anno in poi, senza soluzione di continuità.

Osserva la Corte.

Va, innanzitutto, rilevata l'infondatezza della dedotta inesistenza del titolo esecutivo, azionato dalla Le., per essere intervenuta modificazione delle statuizioni economiche del pronunciato divorzio tra le parti, con revoca del contributo dovuto dal Me. alla Le. per il mantenimento del figlio, An., come da decreto del Tribunale di Civitavecchia pubblicato il 27 aprile 2006.

Oltre alla novità della suddetta eccezione non sollevata dal Me. nel primo giudizio, sebbene l'ultima udienza si sia tenuta il 13 dicembre 2007 e, quindi, oltre un anno e mezzo dopo il menzionato decreto del Tribunale di Civitavecchia, pubblicato il 27 aprile 2006, va infatti precisato che, in presenza di un titolo esecutivo costituito, nella fattispecie, dal decreto del Tribunale di Roma depositato il 14 gennaio 1998, divenuto definitivo, la successiva revoca del versamento alla Le. del contributo paterno per il figlio maggiorenne, fondata sulla cessata; convivenza di quest'ultimo con la madre, non può decorrere da data antecedente la domanda di modifica delle condizioni di divorzio, proposta dal Me. con ricorso depositato il 6 maggio 2005, e, quindi, non incide in alcun modo sull'efficacia del predetto titolo esecutivo, qui azionato, avente per oggetto il credito della Le. per assegni di mantenimento del figlio, dovutile dal Me. nel periodo compreso tra il marzo 1998 e l'aprile 2004 (incluso), come da atto di precetto notificato dalla prima al secondo il 3 giugno 2004 (c.f.r., in senso conforme, la costante giurisprudenza di legittimità: Cass. sez. 1, sentenze n. 22491 del 19/10/2006 e n. 6975 del 04/04/2005, entrambe in archivio CED).

L'ulteriore doglianza di nullità della sentenza impugnata è fondata, laddove denuncia la sua emissione in violazione del pur richiamato art. 281-sexies c.p.c.

Dalla lettura del verbale dell'ultima udienza di trattazione delle cause di opposizione riunite, svoltasi, come si è detto, il 13 dicembre 2007, emerge che la decisione non fu pubblicata in quella sede con la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto a suo sostegno, e, quindi, non fu inclusa nel verbale della medesima udienza, ma fu adottata con atto separato depositato cinque giorni dopo, il 18 dicembre 2007.

Nella fattispecie, quindi, sono stati completamente disattesi tutti i requisiti della decisione a seguito di trattazione orale (pubblicazione del dispositivo e delle concise ragioni di fatto e diritto in udienza e deposito immediato dell'intera sentenza in cancelleria), previsti dal ripetuto art. 281-sexies, inserito nel codice di rito dalla riforma processuale, entrata in vigore il 2 giugno 1999, al fine di semplificare e accelerare il procedimento davanti al Tribunale in composizione monocratica (c.f.r., al riguardo, le sentenze della Corte di cassazione, sez. 1, n. 17028 del 23/06/2008; e sez. 2, n. 4883 del 1703/2007, entrambe in archivio CED).

Ne discende la nullità della sentenza impugnata per mancanza dei suddetti requisiti indispensabili al raggiungimento dello scopo ai sensi dell'art. 190 c.p.c., anch'essa da valutarsi comunque infondata, posto che il legislatore ha investito il giudice del potere di disporre, indipendentemente dalla richiesta delle parti, la discussione orale della causa con pronuncia immediata della sentenza, come deliberato nella fattispecie.

Quanto alle ulteriori censure di mancanza o mera apparenza della motivazione su punti cruciali della controversia (accordo delle parti sul pagamento diretto dell'assegno paterno al figlio e diritto di quest'ultimo alla corrispondente ricezione), e al pur denunciato vizio di extrapetizione della sentenza in merito alla ritenuta interruzione della prescrizione, esse comunque impongono l'esame dell'impugnazione nel merito per il noto principio della conversione delle cause di nullità in motivi di impugnazione ai sensi dell'art. 161 c.p.c.

In proposito, assume innanzitutto rilievo il presunto arbitrario rilievo, da parte del Tribunale, dell'interruzione della prescrizione, quest'ultima ritualmente eccepita dal Me., in assenza della corrispondente controeccezione della Le.

Secondo il costante orientamento della giurisprudenza della Corte di legittimità, a sezioni unite, condiviso da questa Corte di merito, l'eccezione di interruzione della prescrizione integra un'eccezione in senso lato e non in senso stretto (intesa, quest'ultima, come quella espressamente riservata dalla legge al potere di rilevazione della parte ovvero quella il cui fatto integratore corrisponde all'esercizio di un diritto potestativo), e, pertanto, può essere rilevata anche d'ufficio dal giudice sulla base di elementi probatori ritualmente acquisiti agli atti (c.f.r. Cass. sez. un., sentenza n. 15661 del 27/07/2005, e, in senso conforme, le successive sentenze della Cass. sez. lavoro, n. 4135 del 22/02/2007, n. 18250 del 12/8/2009 e n. 1583 del 26/1/2010, tutte in archivio CED).

Ciò posto, sulla base della corretta e non contestata premessa - non avendo la Le. riproposto la sua tesi sul termine decennale di prescrizione - che il diritto alla corresponsione dell'assegno di mantenimento si prescrive nel termine quinquennale previsto dall'art. 2948 cod. civ., decorrente dalle singole scadenze di pagamento, avendo ad oggetto più prestazioni autonome, distinte e periodiche (c.f.r., in senso conforme, tra tutte: Cass. sez. 1, sentenza n. 6975 del 4/04/2005, e sez. 3, sentenza n. 18097 del 12/09/2005, in archivio CED), nella fattispecie va rilevato che il Me., come si evince dalle allegazioni e documenti dallo stesso prodotti, ha corrisposto, proprio nelle mani della Le., in conformità della statuizione di cui al ripetuto decreto del Tribunale di Roma del 19 dicembre 1997 - 14 gennaio 1998, il contributo dovuto per il mantenimento del tiglio, An., nei mesi da marzo a dicembre 1998 (solo per i primi due mesi versando la somma di Lire 1.114.000 anziché quella di Lire 1.200.000 erogata in tutti i mesi successivi), nonché nei mesi da gennaio a dicembre 1999, e, ancora, nei mesi da gennaio a giugno 2000 (c.f.r. i documenti bancari e le quietanze a firma non disconosciuta della creditrice, Le., prodotte dal Me. nel suo fascicolo di primo grado).

Successivamente, a partire dall'agosto dell'anno 2000, il Me., a suo dire previo accordo con la Le., abitante allora come oggi fuori Roma, a Poggio Valcanneto, avrebbe versato il contributo di mantenimento direttamente al figlio, An., all'epoca già ventunenne, studente universitario in Roma, presso la facoltà di medicina, con accrediti mensili della somma di Lire 1.200.000 su un conto corrente bancario cointestato a padre e figlio presso la Ba.Ro., dove il Me. prestava, all'epoca, servizio come vice direttore (c.f.r., al riguardo, gli attestati bancari degli ordini di versamento nel fascicolo di primo grado dell'opponente).

Su quest'ultima circostanza il Me. ha anche dedotto prova testimoniale nella memoria ex art. 184 c.p.c., depositata il 22 dicembre 2005, che fu ammessa dal primo giudice (v., in particolare; i capitoli nn. 2, 5, 7 e 8 di essa, ritenuti ammissibili e rilevanti, unitamente all'interrogatorio formale della Le., giusta ordinanza resa a verbale dell'udienza del 21 aprile 2006), e poi revocata nell'udienza dell'8 febbraio 2007, dopo che la testimone, Co.Ri., era comparsa alla precedente udienza del 14 dicembre 2006 senza poter essere sentita per l'adesione del difensore della Le. all'astensione indetta dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati.

La revoca fu motivata dal Giudice con l'inidoneità della testimonianza a provare l'accordo verbale tra le parti, peraltro negato dalla Le. nel corso del suo interrogatorio formale, reso nella predetta udienza dell'8 febbraio 2007 (c.f.r. tutti i citati verbali di causa nel fascicolo di ufficio di primo grado).

Sul punto, ritiene la Corte che il dedotto accordo sul pagamento diretto del contributo paterno al figlio maggiorenne, che sarebbe intervenuto tra gli ex coniugi nel mese di agosto 2000, a parziale modifica del contenuto del più volte citato decreto del Tribunale di Roma, in data 14 gennaio 1998 (confermato in appello e non più impugnato), di revisione delle condizioni del divorzio tra le parti, sia in effetti insuscettibile di prova per testimoni, considerate le limitazioni alla medesima prova previste dall'art. 2723 cod. civ. nel caso di patti posteriori alla formazione del documento, costituito, nella fattispecie, addirittura da un provvedimento giurisdizionale definitivo.

Va aggiunto che la Le., come si è sopra accennato, nel corso del suo interrogatorio formale ha fermamente negato il proprio consenso, sia nel mese di agosto del 2000 che in seguito, al pagamento diretto dell'assegno di mantenimento al figlio, pur ammettendo che il giovane An., a far tempo dal febbraio 2004, si era stabilmente trasferito presso il padre (c.f.r. le dichiarazioni della parte a verbale d'udienza dell'8 febbraio 2007).

Lo stesso Me.An., intervenuto nel giudizio di primo grado fin dalla prima udienza di comparizione delle parti, il 25 novembre 2004, davanti al giudice designato, pur confermando il pagamento diretto del contributo paterno a suo favore, ha dichiarato che la madre ne era a conoscenza, ma non ha riferito di alcun accordo della stessa col padre sulla corresponsione diretta dell'assegno al beneficiario (c.f.r. la comparsa di intervento adesivo dipendente della stessa parte depositata il 25 novembre 2004).

La mancanza di prova del consenso della creditrice al pagamento del contributo dovuto da Me.Fr. alla Le., stante il non contestato rapporto di convivenza della stessa col figlio maggiorenne economicamente non autonomo fino a tutto il gennaio 2004, determina, ai sensi dell'art. 1188 cod. civ., la non liberazione del debitore, ancorché, come sostenuto concordemente da padre e figlio, l'assegno di mantenimento sia stato realmente versato dal genitore nelle mani del beneficiario fin dall'agosto dell'anno 2000.

Al riguardo, giova richiamare la seguente massima di legittimità, condivisa da questo giudice di merito, che ben sottolinea l'autonomia e il rapporto tra i due distinti diritti del genitore e del tiglio maggiorenne economicamente non autosufficiente, col primo convivente, al contributo di mantenimento da parte dell'altro genitore: "coniugo separato o divorziato, già affidatario del figlio minorenne, è legittimato "iure proprio", anche dopo il compimento da parte del figlio della maggiore età, ove sia con lui convivente e non economicamente autosufficiente, ad ottenere dall'altro coniuge un contributo al mantenimento del figlio; ne discende che ciascuna legittimazione è concorrente con l'altra, senza, tuttavia, che possa ravvisarsi un'ipotesi di solidarietà attiva, ai cui principi è possibile ricorrere solo in via analogica, trattandosi di diritti autonomi e non del medesimo diritto attribuito a più persone" (Cass. sez. 1, sentenza n. 21437 del 12/10/2007, ed altre precedenti conformi, consultagli nell'archivio CED).

Da tutto quanto precede, ferma la rilevata nullità della sentenza di primo grado per le spiegate ragioni, segue, in parziale accoglimento dell'opposizione all'esecuzione e agli atti esecutivi proposta da Me.Fr. nei confronti di Le.Ma.Ga., il diritto di quest'ultima ad agire in esecuzione del ripetuto decreto definitivo del Tribunale di Roma in data 19/12/1997-14/1/1998, limitatamente alle somme dovutole dal Me., a titolo di contributo al mantenimento del figlio, An., dal mese di luglio 2000 al mese di gennaio 2004 (incluso), e nei limiti della differenza tra la somma effettivamente versata di Lire 1.114.000 nei mesi di marzo e aprile 1998 e quella dovuta di Lire 1.200.000 per ciascuno dei predetti mesi.

Deve, invece, escludersi il diritto della Le. ad agire in esecuzione nei confronti del Me. per gli assegni di mantenimento dovuti negli anni 1998 (salva l'integrazione di cui sopra con riguardo ai soli mesi di marzo e aprile) e 1999, e per i ratei mensili successivi al gennaio 2004, risultando pacifica e ammessa dalla stessa Le. nel corso del suo interrogatorio formale la stabile convivenza del figlio col padre a far tempo dal febbraio 2004 in poi.

Nei predetti termini va, dunque, accolta l'opposizione proposta da Me.Fr. con l'intervento adesivo di Me.An.

L'esito del giudizio che registra l'accoglimento parziale dell'opposizione e la dichiarazione di nullità della prima decisione, come da richiesta dell'appellante, giustifica, per la reciproca soccombenza, l'integrale compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di causa, col conseguente rigetto del gravame incidentale proposto dalla Le. solo con riguardo alla disciplina delle spese del primo processo.

P.Q.M.

La Corte,

definitivamente pronunciando sugli appelli, principale e incidentale, avverso la sentenza del Tribunale di Roma in data 13-18 dicembre 2007, proposti, rispettivamente, da Me.Fr. e da Le.Ma.Ga., con l'intervento di Me.An.;

ogni contraria istanza, eccezione e deduzione respinta, così provvede:

a) dichiara la nullità della sentenza impugnata;

in parziale accoglimento dell'opposizione all'esecuzione e agli atti esecutivi, proposta da Me.Fr. nei confronti di Le.Ma.Ga., di cui ai procedimenti riuniti un. 50589/2004 e 61577/2004 R.G. del Tribunale di Roma:

b) dichiara il diritto della Le. di procedere in esecuzione nei confronti di Me.Fr., sulla base del titolo dedotto in giudizio, limitatamente ai ratei mensili di contributo al mantenimento del figlio, Me.An., a lei dovuti nei mesi da luglio 2000 a gennaio 2004 (incluso), e per la differenza tra i ratei di Lire 1.114.000, già a lei corrisposti da Me.Fr. per ciascuno dei mesi di marzo e aprile 1998, e quelli dovuti pari a Lire 1.200.000 mensili;

c) dispone l'integrale compensazione tra le parti delle spese del doppio grado del giudizio e, pertanto, rigetta l'appello incidentale proposto dalla Le.

Così deciso in Roma, il 19 luglio 2010.

Depositata in Cancelleria il 6 ottobre 2010.

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