Il giudice, in difetto di accordo dei coniugi, può determinare la nuova misura dell'assegno di divorzio

Il diritto di percepire gli assegni di mantenimento riconosciuti, in sede di separazione, da sentenze passate in giudicato o, come nella specie, da verbali di separazione consensuale omologata puo' essere modificato, ovvero estinguersi del tutto, solo attraverso la procedura prevista dall'articolo 710 c.p.c. (oltre che per accordo tra le parti) (Sez. 1, n. 8235/2000). Pertanto, correttamente la Corte del merito, in difetto di accordo tra le parti in ordine all'entita' del gia' previsto aumento del contributo al raggiungimento della maggiore eta', ha provveduto a determinare la nuova misura dell'assegno.

Corte di Cassazione Sezione 1 Civile, Sentenza del 22 luglio 2011, n. 16127



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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella - Presidente

Dott. BERNABAI Renato - Consigliere

Dott. DOGLIOTTI Massimo - Consigliere

Dott. SCHIRO' Stefano - Consigliere

Dott. DIDONE Antonio - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA

sul ricorso proposto da:

SC. GI. (c.f. (OMESSO)), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PRINCIPE AMEDEO 126, presso l'avvocato D'ELIA PAOLA, rappresentato e difeso dall'avvocato FENGA CARMELA, giusta procura a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

DE. DO. EL. EM. (C.F. (OMESSO)), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA S. TOMMASO D'AQUINO 119, presso l'avvocato FAMIANI SALVATORE, rappresentata e difesa dall'avvocato GATTO ANTONIO, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

avverso il decreto della CORTE D'APPELLO di MESSINA depositato il (OMESSO);

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/05/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO DIDONE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. LETTIERI Nicola che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1.- Con decreto del 6.7.2005 il Tribunale di Messina ha dichiarato inammissibile la domanda di modifica delle condizioni di separazione consensuale, proposta da De. Do. El. Em. nei confronti del coniuge Sc. Gi. , perche' era pendente, fra le parti, il giudizio di cessazione degli effetti civili del matrimonio. Con il decreto impugnato (depositato il (OMESSO)) la Corte di appello di Messina ha accolto il reclamo proposto dalla De. Do. , ha revocato la dichiarazione di inammissibilita' della domanda di modifica delle condizioni di separazione e, in accoglimento della stessa, ha condannato lo Sc. a corrispondere alla reclamante, con decorrenza dalla domanda, un assegno dell'importo di euro 150,00 mensili (originariamente non previsto e in considerazione del mutamento delle condizioni economiche dei coniugi) a titolo di contributo al mantenimento della medesima nonche' un assegno dell'importo di euro 461,52 (cosi' elevato quello originariamente previsto di euro 361,52 fino alla maggiore eta') a titolo di contributo per il mantenimento della figlia Va. , divenuta maggiorenne. Contro il decreto della Corte di appello Sc. Gi. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi. Resiste con controricorso la De. Do. .

2.1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione degli articoli 177, 710 e 711 c.p.c.; Legge n. 898 del 1970, articoli 4 e 5 lamentando che sia stata ritenuta ammissibile la domanda di modifica delle condizioni della separazione nonostante che fosse gia' pendente il giudizio per la cessazione degli effetti civili del matrimonio.

3.1.- Il motivo e' infondato perche' secondo la piu' recente e prevalente giurisprudenza di questa Corte l'assegno di mantenimento, in favore di uno dei due coniugi in regime di separazione, e' dovuto fino al passaggio in giudicato della sentenza che pronuncia il divorzio, la quale segna il venir meno del presupposto di detto mantenimento, cioe' del vincolo matrimoniale; con la conseguenza che questa non comporta il venir meno dell'interesse al ricorso in cassazione avverso la sentenza che riconosce e quantifica l'assegno di mantenimento (Sez. 1, Sentenza n. 813 del 15/01/2009).

Proprio perche' l'assegno di mantenimento in favore di uno dei coniugi in regime di separazione e' dovuto fino al passaggio in giudicato della sentenza che pronuncia il divorzio, deve sempre ritenersi ammissibile - proprio per l'opportunita' del "simultaneus processus" innanzi allo stesso giudice per la definizione delle questioni patrimoniali indubbiamente connesse - la domanda di adeguamento dell'assegno di separazione nel corso del giudizio di divorzio, anche se il coniuge che tale adeguamento richiede non si opponga alla pronuncia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e richieda, contestualmente, la corresponsione dell'assegno di divorzio ai sensi della Sentenza n. 7488 del 24/08/1994).

Quanto alla questione dell'avvenuta pronuncia del provvedimento presidenziale in corso di giudizio divorzile e in ordine all'influenza sul procedimento di revisione, va rilevata l'assoluta novita' della questione e la conseguente inammissibilita' della censura svolta al riguardo.

2.2.- Con il secondo motivo parte ricorrente denuncia violazione degli articoli c.p.c. e dell'articolo 156 c.p.c., comma 7, da parte della Corte d'appello di Messina che in sede di reclamo, nel giudizio di modifica delle condizioni di separazione, ha disposto l'aumento dell'assegno di contributo al mantenimento in favore della figlia Va. , giudicando relativamente all'adempimento di obbligazioni assunte in sede di separazione consensuale senza tener in buon conto, a supporto del disposto aumento, la presenza di giustificati motivi. La Corte di merito avrebbe confuso una mera lamentela della reclamante con una richiesta giudiziale. Avrebbe, poi, motivato l'aumento del contributo per la figlia con la preesistenza dell'obbligo assunto in sede di separazione e tale controversia, secondo il ricorrente, apparterrebbe alla competenza funzionale del tribunale.

2.2.- Il motivo e' infondato perche' risulta dal provvedimento impugnato che la domanda di revisione delle condizioni di separazione e' stata espressamente proposta anche in relazione al contributo per il mantenimento della figlia minore, come d'altra parte risulta dalle conclusioni del ricorso, trascritte nel controricorso da parte resistente.

Inoltre, il diritto di percepire gli assegni di mantenimento riconosciuti, in sede di separazione, da sentenze passate in giudicato o, come nella specie, da verbali di separazione consensuale omologata puo' essere modificato, ovvero estinguersi del tutto, solo attraverso la procedura prevista dall'articolo 710 c.p.c. (oltre che per accordo tra le parti) (Sez. 1, n. 8235/2000). Si' che correttamente la Corte del merito, in difetto di accordo tra le parti in ordine all'entita' del gia' previsto aumento del contributo al raggiungimento della maggiore eta', ha provveduto a determinare la nuova misura dell'assegno.

2.3.- Con il terzo motivo parte ricorrente denuncia violazione di legge e formula il quesito se vi e' stata violazione, ex articolo 111 Cost., dell'articolo 156 c.c., comma 7, della Legge n. 898 del 1970, articoli 5 e 9 e succ. modifiche ed integrazioni e dell'articolo 2697 c.c., da parte della Corte di appello di Messina che in sede di reclamo ex articolo 739 c.p.c., ha ritenuto la sopravvenienza di fatti nuovi tali da alterare la situazione preesistente disponendo, con motivazione apparente e/o perplessa ed in mancanza di qualsivoglia prova, la modifica delle condizioni di separazione.

La Corte di merito avrebbe confrontato il reddito del ricorrente nel 1997 con quello del 2003, anziche' confrontare quello del 2000 (epoca della separazione) con quello, immutato, del 2003.

3.3.- Sul terzo motivo e' infondata l'eccezione di inammissibilita' formulata dalla resistente perche' trattasi di ricorso proposto nella vigenza del nuovo articolo 360 c.p.c., u.c..

Nondimeno, il motivo e' inammissibile per violazione del requisito di autosufficienza e di quello di specificita' non essendo stato indicato, nel ricorso, l'ammontare del reddito preso in considerazione ne' quello che la Corte avrebbe dovuto prendere in considerazione. Talche' la censura appare diretta soltanto ad ottenere una diversa lettura ed un diverso apprezzamento degli elementi probatori, peraltro neppure specificamente indicati come richiesto dall'articolo 366 c.p.c., n. 4.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita' che liquida in complessivi euro 1.400,00 di cui euro 200,00 per esborsi oltre spese generali ed accessori come per legge. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita' e gli altri dati identificativi delle parti a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge.
 

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