Il tentativo di conciliazione non costituisce un presupposto indefettibile del giudizio di separazione

Il tentativo di conciliazione non costituisce un presupposto indefettibile del giudizio di separazione, giacché la mancata comparizione di una delle parti non comporta l'obbligo di fissare una nuova udienza, che può essere omessa ove non se ne ravvisi la necessità ovvero la opportunità, come nella specie, in cui la parte non comparsa aveva manifestato la volontà di non opporsi alla richiesta di separazione. (Corte di Casazione, Sezione I, Sentenza 07-01-2008, n. 34)



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Svolgimento del processo

Il 5 maggio 1999 F.G. chiese al tribunale di Catania che fosse dichiarata la separazione personale dalla moglie S. R.G., senza addebito.

Quest'ultima si oppose e chiese che fosse tentata la conciliazione, negando che vi fosse la dedotta incompatibilità di carattere; in via subordinata propose domanda riconvenzionale, perchè la separazione fosse addebitata al marito, le fosse assegnata la casa coniugale e restituiti gli oggetti asportati, con la attribuzione di un assegno di L. 5 milioni.

Esperito inutilmente il tentativo di conciliazione, il presidente del tribunale respinse la richiesta di assegno. Nel corso del giudizio fu eccepita la nullità dell'ordinanza che aveva autorizzato i coniugi a vivere separatamente.

Con sentenza 10 marzo 2005 il tribunale pronunciò la separazione personale, respinse le domande della S. e compensò le spese processuali.

La sentenza impugnata da quest'ultima e con appello incidentale, quanto alle spese giudiziali, dal F., è stata interamente confermata con decisione 18 ottobre 2006 dalla corte di appello di Catania, che ha compensato le spese del giudizio.

Ha ritenuto la corte di merito infondata la eccezione di nullità del giudizio di primo grado, per l'omesso esperimento del tentativo di conciliazione, dal momento che l'impedimento dedotto dalla ricorrente a comparire nell'udienza presidenziale del 6 marzo 2000 non realizzava ostacoli effettivi ed assoluti alla sua presenza, che giustificassero ulteriori rinvii, oltre quello già ottenuto nella prima udienza di comparizione del 27 settembre 1999.

Ha comunque rilevato che il tentativo di conciliazione non costituisce un presupposto indefettibile del giudizio di separazione, giacché la mancata comparizione di una delle parti non comporta l'obbligo di fissare una nuova udienza, che può essere omessa ove non se ne ravvisi la necessità ovvero la opportunità, come nella specie, in cui la parte non comparsa aveva manifestato la volontà di non opporsi alla richiesta di separazione.

Quanto all'addebito della separazione al F., ha escluso l'esistenza della prova, in quanto le circostanze dedotte avevano in parte una collocazione temporale generica ed indeterminata e comunque erano state smentite dalla prova documentale e, per ciò che attiene all'assegno di mantenimento, ha osservato che il patrimonio dell'appellante principale era perfettamente in grado di assicurarle un tenore di vita quantomeno analogo a quello di cui godeva durante la convivenza coniugale.

L'appello incidentale ha infine giudicato infondato.

Propone ricorso per cassazione con tre motivi illustrati da memoria S.R.G.; resiste con controricorso F. G., che propone anche ricorso incidentale con un motivo.

Motivi della decisione

Con il primo motivo vengono denunziate violazione e falsa applicazione degli articoli 24 Cost. e art. 708 c.p.c., in ordine alla domanda di nullità del procedimento e della sentenza di separazione, nonché vizio di motivazione, con riguardo al mancato tentativo di conciliazione.

Assume la ricorrente che quel tentativo è sempre obbligatorio e solo la ingiustificata comparizione del coniuge convenuto giustifica l'ulteriore corso del giudizio; e lamenta che non sia logica la prospettazione delle ragioni, per le quali era stata disattesa la documentazione che aveva giustificato la richiesta di differimento. Contesta l'affermazione della sentenza impugnata che il tentativo di conciliazione non sia indispensabile, esso invece corrispondendo ad una ineludibile esigenza di difesa.

Con il secondo mezzo si denunziano violazione e falsa applicazione degli articoli 143 e 151 c.c., comma 2 e insufficienza e contraddittorietà della motivazione in ordine all'addebito della separazione al marito, a fronte della sua confessione. Con il terzo motivo è denunziata la violazione, nonché la falsa applicazione degli articoli 188, 244 c.p.c., unitamente al vizio di motivazione sulla mancata ammissione delle prove articolate, perchè ritenute irrilevanti, benchè aderissero a precise circostanze relative alla relazione extraconiugale del F..

Con il ricorso incidentale F.G. lamenta la ingiustificata compensazione delle spese processuali.

Dei ricorsi riuniti va dichiarata la infondatezza.

Il primo motivo di ricorso principale è inammissibile nella prima delle sue prospettazioni, in quanto propone un sindacato di merito delle valutazioni compiute dalla sentenza impugnata, in ordine all'impedimento della odierna ricorrente, ritenuto ingiustificato, alla comparizione nella udienza presidenziale fissata per l'esperimento del tentativo di conciliazione.

La corte territoriale ha preso in esame la certificazione medica prodotta in quella udienza - la seconda rispetto alla introduzione del giudizio, essendo stata la prima rinviata per l'impedimento analogo a quello certificato successivamente - ed ha rilevato che gli esami diagnostici ai quali la interessata avrebbe dovuto sottoporsi in Roma cadevano nei giorni successivi - il ricovero nel Policlinico Gemelli in realtà avvenne due giorni dopo - e non in quello stesso per il quale la comparizione era stata disposta; e, considerato che per tale data non risultavano segnalate sintomatologie patologiche diverse da quella di cui soffriva e che pochi giorni prima le aveva consentito un viaggio da Catania, sua città di residenza, a Roma, ha concluso che l'impedimento dedotto non risultava idoneo ad impedire alla S. di comparire nella udienza fissata per il 6 marzo 2000, raggiungendo Catania per via aerea.

La motivazione offerta, adeguata sul piano logico, si sottrae alle censure, che propongono inammissibili - in questa sede - valutazioni in ordine all'impedimento, nel segno di una maggiore gravità, rispetto a quanto giudicato dal giudice del merito.

Dal rigetto di tale doglianza resta assorbita la quaestio iuris della indispensabilità del tentativo di conciliazione ogni volta che non se ne ravvisi la necessità, per la volontà manifestata dalla parte non comparsa di non opporsi alla richiesta di separazione.

Infondati sono gli altri due motivi, il cui esame va compiuto in modo unitario, perchè entrambi attengono alla richiesta di addebito della separazione al controricorrente.

La corte di appello ha rilevato che le deduzioni istruttorie in ordine alla condotta del F., posta a fondamento della predetta richiesta, hanno avuto una "collocazione temporale del tutto generica ed indeterminata e devono pertanto reputarsi irrilevanti ed inconducenti ai fini della decisione sull'addebito, non risultando specificamente anteriori all'allontanamento del F. dal domicilio coniugale, conseguente alla ormai irreparabile e consolidata rottura del rapporto spirituale e materiale tra i coniugi (28 aprile 1998) ed alla successiva autorizzazione giudiziale a vivere separati (6 marzo 2000), come era indubbiamente richiesto a fronte della precisa contestazione dell'appellato, che ha posto l'inizio della predetta relazione sentimentale in una epoca in cui era ormai definitivo ed irreversibile il fallimento dell'unione coniugale e dopo l'autorizzazione presidenziale a vivere separati, ed ha precisato che tale successiva relazione affettiva non aveva rivestito alcuna efficienza causale sulla separazione personale". E tale convincimento ha espresso attraverso l'analisi di ciascun capitolo di prova, per l'interrogatorio formale e per testi, dedotto dalla S., nei quali non ha rinvenuto le circostanze di tempo utili ad un giudizio di rilevanza e dunque di ammissibilità dei mezzi istruttori.

Nessun pregio ha, a fronte di tali rilievi, la deduzione della ricorrente che vi sia stata la confessione del F. della sua relazione extraconiugale e dell'abbandono del tetto coniugale, posto che la mancata specificazione, nelle deduzioni di prova - che la sentenza impugnata ha accertato - dei tempi di riferimento di tali eventi, non consente di collocarli in modo diverso da quanto ha ammesso il marito, per la irrilevanza di quelle condotte, ai fini dell'addebito, una volta che del fallimento dell'unione coniugale siano state effetto e non causa (Cass. 17710/2005; 4290/2005;18132/2003; 4290/2003). E analoghe considerazioni valgono per la determinazione del coniuge, manifestata dopo che quel fallimento si era consolidato, di non prestare più, nella sua qualità di medico, assistenza sanitaria alla moglie, decisione che, lungi dal risultare contraria ai doveri di generica assistenza personale, si appalesa logicamente conseguente alla crisi coniugale e alle tensioni che essa aveva prodotto, la cui misura è confermata dalla permanenza del contenzioso giudiziale sui temi dell'addebito ancora a distanza di nove anni dalla sua insorgenza; sicchè la applicazione degli articoli 143 e 151 c.c., comma 2 e la motivazione sul punto e in tal senso della corte territoriale risultano, rispettivamente, corretta e congrue e in alcun modo contraddette dal quesito di diritto proposto, che in realtà costituisce l'astratta enunciazione della regola fissata in tali disposizioni, nel momento in cui a quelle norme e alla conseguente pronuncia di addebito si correla la condotta del coniuge che "con i propri comportamenti del matrimonio abbia determinato la frattura". Né giova a sostenere il terzo motivo di censura la formulazione dei capitoli di prova, la quale giustifica il giudizio di inammissibilità della corte di merito, in quanto le circostanze dedotte risultano, come essa ha affermato, disancorate da precisi riferimenti temporali, perchè affidate ad espressioni come "relazione pluriennale", "da diversi anni"; giudizio che non può essere criticato con l'argomento che in sede di assunzione della prova avrebbe potuto la persona interrogata fornire le precisazioni ed integrazioni eventualmente ritenute opportune, trattandosi di interrogatorio formale - e non libero - e di prova testimoniale, che richiedono l'uno e l'altra la specifica indicazione dei fatti (artt. 230 e 244 c.p.c.), ancor più quando, come nella specie, la datazione degli eventi dedotti, ben conosciuti dalla parte che li ha esplicitati, è stata prospettata come risolutiva della questione e dunque indispensabile ai fini del corretto esercizio del contraddittorio.

Il ricorso incidentale non può avere sorte migliore.

La corte di appello ha fondato la decisione di compensare le spese processuali su "la natura della controversia, la particolare conflittualità tra le parti e l'esito finale del giudizio" sicchè senza alcun fondamento è l'assunto che la compensazione sia ingiustificata; e le stesse ragioni, unitamente alla reciproca soccombenza, conducono alla compensazione anche del presente giudizio.

P.Q.M.

La corte rigetta i ricorsi e compensa le spese. Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2008




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