In materia di divisione ereditaria, la stima dei beni per la formazione delle quote va compiuta con riferimento al loro valore venale

In materia di divisione ereditaria, la stima dei beni per la formazione delle quote va compiuta con riferimento al loro valore venale. E' qaunto stabilito dalla Corte di Cassazione con sentenza del 31 ottobre 2006, n. 23496. Nell'affermare il suindicato principio, la S.C. ha cassato la sentenza della corte di merito che, sulla base della C.T.U., aveva adottato l'accertamento risultante dalla media ponderale di tre criteri diversi: la valutazione desunta dalla rendita catastale; la capitalizzazione della rendita derivante da un possibile fitto; la stima di mercato.



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SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Ma.Mar., elettivamente domiciliata in Ro. via Li., presso lo studio dell'avvocato Ma.Et.Ve., che la difende unitamente all'avvocato Pi.Za., giusta delega in atti;

- rlcorrente -

contro

Pa.Am. VED Ma. Ma.Ma, Ma.Re., Ma.Fu. in propiro e di procuratore speciale di Ma.Br. elettivamente domiciliati in Ro. via degli Sc., presso lo studio dell'avvocato Fa. Ci., difesi dall'avvocato Gu.Pa., giusta delega in atti;

- controricorrenti -

avverso la sentenza n. 2789/02 della Corte d'Appello di Napoli, depositata il 23/09/02;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 02/03/06 dal Consigliere Dott. Vincenzo MAZZACANE;

udito l'Avvocato Za.Pi., difensore della ricorrente che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;

udito: il P.M. in persona del Sostituto. Procuratore Generale Dott. Umberto Apice che ha concluso per l'accoglimento del 2° motivo del ricorso; rigetto o assorbimento degli altri motivi.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione del 7/17-1-1997 Am.Pa., Ma.Ma., Re.Ma. e Fu.Ma., quest'ultima in proprio e quale procuratricei speciale del fratello Br.Ma., convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Napoli Ma.Mar., figlia della Pa. e germana degli altri attori, chiedendo dichiararsi aperta la successione di Ro.Ma., deceduto a Napoli il 3. 4.1989, rispettivamente coniuge e genitore delle istanti, e revocarsi o comunque dichiararsi inefficace il testamento olografo del "de cuius" del 15-12-1987 limitatamente alle parti lesive della quota di legittima del coniuge Am.Pa. Ciò premesso gli attori chiedevano che, riconosciuta valida la rinuncia al legato in sostituzione di legittima da parte di Am.Pa., fosse accertata la lesione della legittima a lei spettante e fossero ridotte le disposizioni testamentarie al fine di dividere il patrimonio ereditario secondo le quote spettanti per llegge. Gli attori deducevano che il "de cuius" aveva disposto con il testamento in favore della moglie dell'usufrutto di tutti i suoi beni mobili e di un appartamento in via Pe. in.Na., in favore del figlio Br. della quota di un quinto della proprietà del suddetto appartamento, in favore delle figlie in comunione ed in parti uguali dei quattro quinti della proprietà dell'appartamento di via Pe. e di un fabbricato in Agnone Si costituiva in giudizio la convenuta non opponendosi all'accoglimento delle domande attrici, dichiarando dì aderire alla domanda di declaratoria dì inefficacia del testamento olografo limitatamente alle parti lesive della quota di legittima spettante ad Am.Pa., con la riduzione di ogni disposizione lesiva, compresi gli atti di liberalità compiuti in vita dal Me cuius". Successivamente si costituiva per Ma.Ma. un nuovo difensore che, a modifica delle precedenti difese, contestava la fondatezza della domanda di riduzione perché Am.Pa. non aveva effettuato una valida rinuncia al legato in sostituzione di legittima in quanto, trattandosi di legato di usufrutto di bene immobile, non poteva essere valida la rinuncia contenuta nella citazione sottoscritta dal solo difensore; eccepiva inoltre che la Pa. aveva implicitamente accettato il legato con la sottoscrizione della denuncia di successione.

Con sentenza del 30.11.1999 il Tribunale di Napoli accoglieva la domanda di riduzione proposta dalla Pa., e per l'effetto dichiarava l'inefficacia del testamento olografo del 15.12.1987 limitatamente alle disposizioni lesive della sua quota di legittima; accertata poi la non comoda divisibilità degli immobili, li attribuiva a Ma., Re., Fu. e Br.Ma. che avevano acquistato nel frattempo la quota della madre e che avevano fatto domanda di attribuzione congiunta, disponendo il pagamento di conguagli in denaro in favore di Ma.Ma. A seguito di gravame da parte di quest'ultima cui resistevano Am.Pa., Ma., Re. e Fu.Ma., quest'ultima in proprio e quale procuratrice speciale di Br.Ma., la Corte di Appello di Napoli con sentenza del 23. 9. 2002 ha rigettato l'impugnazione.

Il giudice di appello, premesso che il Tribunale di Napoli aveva rilevato che le eccezioni proposte da Ma.Ma. all'atto della costituzione del. nuovo difensore in ordine alla validità ed alla efficacia della rinuncia al legato in sostituzione di legittima erano state introdotte tardivamente oltre lo sbarramento preclusivo fissato dall'art. 183 c.p. c. e che quindi aveva deciso la causa sulla base della iniziale non contestazione della domanda da parte di Ma.Ma., ha ritenuto che tale statuizione non era stata impugnata dall'appellante, cosicché dovevano ritenersi assorbiti i motivi di appello relativi alla possibilità per il difensore munito del solo mandato allei liti di aderire alla domanda di controparte ed alla invalidità ed inefficacia della rinuncia al legato.

Inoltre la Corte territoriale ha ritenuto infondato il motivo di appello riguardante il metodo di accertamento del valore dell'immobile sito in Agnone, poiché il criterio in proposito adottato dal Consulente tecnico d'ufficio consentiva di dare all'immobile una valutazione il più possibile corrispondente alla realtà.

Per la Cassazione di tale sentenza Ma.Ma. ha proposto un ricorso affidato. a cinque motivi cui Am.Pa., Ma., Re. e Fu.Ma., quest'ultima sia in proprio sia nella qualità di procuratrice speciale di Br.Ma., hanno resistito con controricorso; la ricorrente ha successivamente depositato una memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente, denunciando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione., assume che erroneamente il giudice di appello ha rilevato la mancata impugnazione da parte dell'esponente della statuizione del giudice di primo grado in ordine alla ritenuta tardività delle eccezioni proposte da Ma.Ma. all'atto della costituzione del nuovo difensore in quanto introdotte oltre lo sbarramento preclusivo fissato dall'art. 183 c.p. c. con conseguente formazione al riguardo del giudicato.

La ricorrente rileva in senso contrario che con il primo motivo di appello la sentenza di primo grado era stato impugnata per carenza e/o omessa motivazione, essendo stato evidenziato che la statuizione in ordine alla tardività delle eccezioni suddette era inidonea a ritenere giustificato il loro mancato esame, essendo esse anche rilevabili d'ufficio, come nel caso della eccezione di nullità dell'atto di rinuncia al legato posto in esame dalla Pa.

La ricorrente aggiunge di aver altresì impugnato con l'atto di appello l'affermazione del Tribunale di Napoli che aveva attribuito validità ed efficacia alla adesione alla domanda attrice da parte del precedente difensore della convenuta munito di mero mandato alle liti e pertanto privo di alcun potere dispositivo dei diritti della propria assistita.

La censura è infondata.

La sentenza impugnata ha correttamente ritenuto che l'affermazione del giudice di primo grado in ordine alla tardività delle eccezioni sollevate dalla convenuta Ma.Ma. all'atto della Costituzione del nuovo difensore in riferimento alle preclusioni sancite dall'art. 183 c.p. c. non era stata impugnata dall'appellante; ed invero lo stesso contenuto della censura in esame, così come del resto la lettura dell'atto di appello, inducono inequivocabilmente ad escludere che Ma.Ma. avesse impugnato con un specifico motivo di appello la statuizione del Tribunale di Napoli sopra enunciata, avuto altresì riguardo al rilievo che il requisito della specificità dei motivi di appello esigeche alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte quelle dell'impugnante, volte ad incrinare il fondamento logico-giuridico delle prime, in quanto la manifestazionè volitiva dell'impugnante, volta ad ottenere la riforma della sentenza, deve essere sempre supportata da argomentazioni idonee a contrastare la motivazione di detta sentenza {Cass. 6. 6. 2003 n. 9060; Cass. 11. 5. 2004 n. 8926). Pertanto la mancata devoluzione al giudice di appello della questione relativa alla tardività delle suddette eccezioni composta su di essa la h formazione del giudicato con l'inevitabile l preclusione ad esaminarne il relativo contenuto.

Né tali conclusioni possono essere infirmate, come pure sostenuto dalla ricorrente, dal potere-dovere di rilevare di ufficio alcune eccezioni quali quella relativa alla nullità dell'atto di rinuncia al legato posto in essere dalla Pa., posto che tale potere-dovere non determina la completa elisione del principio dispositivo, ma si coordina con esso e, in particolare, con la sua tipica manifestazione, costituita dalla disciplina dell'acquiescenza e della formazione del giudicato, cosicché il nella questione di cui trattasi sia intervenuta una pronuncia, ancorché soltanto implicita, della quale la parte soccombente non si sia in alcun modo doluta (Cass. 26. 1. 1995 n. 912).

È quindi evidente che tale rilievo riguarda tutte le eccezioni tardivamente sollevate nel primo grado di giudizio da Ma.Ma., ivi compresa quella relativa alla pretesa invalidità dell'adesione alla domanda attrice da parte del primo difensore dell'attuale ricorrente in quanto privo del potere dispositivo dei diritti della parte.

Con il secondo motivo la ricorrente, deducendo violazione dell'art. 84 secondo comma c.p.c, assume che il giudice di appello ha erroneamente ritenuto assorbita la questione relativa al difetto di poteri del primo difensore di Ma.Ma. in ordine alla adesione dallo stesso formalizzata alla comparsa di costituzione e risposta del giudizio di primo grado alla domanda attrice di riduzione delle disposizioni testamentarie:; per lesione della quota di riserva. Con il terzo motivo la ricorrente, denunciando violazione degli articoli 1421 cc. secondo comma e 112 c.p. c, in relazione all'art. 360 n. 4, c.p. c, assume che il giudice di appello avrebbe dovuto rilevare anche d'ufficio la nullità della rinuncia al legato di usufrutto in sostituzione di legittima. da parte della Pa. in quanto priva del requisito della forma scritta prevista "ad substantiam".

Con il quarto motivo la ricorrente deduce omessa motivazione della Corte territoriale sul motivo di appello proposto dall'esponente in ordine alla mancata rilevazione da parte del giudice di primo grado del difetto di rappresentanza del primo difensore di Ma.Ma. con riferimento i alla adesione alla domanda di riduzione delle disposizioni testamentarie.

Tutte le enunciate censure devono essere ritenute superate all'esito del rigetto del primo motivo di ricorso.

Con il quinto motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 726 cc censura la sentenza impugnata per aver confermato la statuizione del giudice di primo grado in ordine ai criteri adottati per la determinazione del valore degli immobili oggetto di divisione siti in Agnone in Via Pe. a Napoli; la ricorrente assume che invero ai sensi dell'art. 726 c.c. l'unico criterio per la stima dei beni immobili oggetto di divisione è costituito dal loro valore venale, ovvero dal relativo prezzo di mercato. La censura è fondata.

La Corte territoriale, nel ritenere infondato il motivo di appello relativo al metodo di accertamento del valore dell'immobile in Agnone, ha condiviso la determinazione in proposito effettuata dal Consulente tecnico d'ufficio, che aveva operato una media ponderale del valore risultante dall'adozione di tre criteri diversi, ovvero la valutazione desunta dalla rendita catastale, la capitalizzazione della rendita derivante da un possibile fitto e la stima di mercato, ritenendo così di poter giungere ad una valutazione il più possibile rispondente alla realtà. Tale convincimento non è condivisibile.

L'art. 726 prevede che i beni oggetto di divisione devono essere stimati secondo il loro valore venale, termine quest'ultimo che, anche per la sua derivazione etimologica dal latino "venum", ovvero vendita, richiama inequivocabilmente il valore di mercato dei beni stessi, con riferimento alla loro natura, ubicazione e consistenza. Il riferimento ad altri criteri di stima, sia pure concorrenti con quello del valore di mercato, come è avvenuto nella fattispecie, non risponde alla previsione legislativa e quindi altera la corretta determinazione del valore dei beni oggetto di divisione.

In particolare il richiamo alla valutazione desunta dalla rendita catastale introduce un criterio valido soltanto a fini fiscali, così come il criterio della capitalizzazione della rendita derivante da un possibile fitto, pur essendo inerente ai dato della possibile utilizzazione degli immobili, si rivela comunque estraneo al valore venale di essi.

In definitiva, quindi, rigettati gli altri motivi di ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione all'accoglimento del quinto motivo di ricorso, e la causa deve essere rinviata anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli che si uniformerà al principio di diritto secondo il quale la stima dei beni oggetto di divisione deve essere effettuata con esclusivo riferimento al valore ovvero di mercato dei beni stessi

P.Q.M.

La Corte

Accoglie il quinto motivo di ricorso, rigetta gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli.

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