In tema di mantenimento dei figli, il contributo diretto da parte di ciascuno dei genitori non costituisce la regola, come conseguenza diretta dell'affido condiviso

In tema di mantenimento dei figli, il contributo diretto da parte di ciascuno dei genitori non costituisce la regola, come conseguenza diretta dell'affido condiviso. Infatti, l'articolo 155 del Cc riformato, nello stesso comma 2 in cui prevede in via prioritaria «la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori», dispone che il giudice fissi «altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento...», così conferendo allo stesso giudice un'ampia discrezionalità, sempre ovviamente «con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale» della prole.

Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Sentenza 20 gennaio 2012, n. 785



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella - Presidente

Dott. PICCININNI Carlo - Consigliere

Dott. BERNABAI Renato - Consigliere

Dott. DOGLIOTTI Massimo - rel. Consigliere

Dott. GIANCOLA Maria Cristina - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12656/2010 proposto da:

DI. GI. PA. (c.f. (OMESSO)), elettivamente domiciliato in (OMESSO), presso l'avvocato VA. LA. , rappresentato e difeso dagli avvocati SA. FA. , CU. GA. , giusta procura a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

CA. PA. (C.F. (OMESSO)), elettivamente domiciliata in (OMESSO), presso l'avvocato MI. FR. , rappresentata e difesa dall'avvocato PI. PA. AM. , giusta procura a margine del controricorso;

- controcorrente -

contro

PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI CATANIA;

- intimato -

avverso l'ordinanza n. 32/2010 della CORTE D'APPELLO di CATANIA, depositata il 15/03/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/09/2011 dal Consigliere Dott. MASSIMO DOGLIOTTI;

udito, per il ricorrente, l'Avvocato GA. CU. che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l'Avvocato LA. GA. , con delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. LETTIERI Nicola, che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato in data 15-4-2008, CA. Pa. chiedeva modificarsi il regime di separazione personale consensuale dal marito DI. GI. Pa. , chiedendo un aumento dell'assegno di

mantenimento per se' e per i figli.

Costituitosi il contraddittorio, il DI. GI. chiedeva rigettarsi il ricorso e, in via riconvenzionale, l'affidamento condiviso dei figli, nonche' il loro mantenimento diretto da parte di entrambi i coniugi.

Il Tribunale di Catania, con provvedimento del 5-12-2008, elevava l'assegno per la moglie, disponeva affidamento condiviso dei figli con mantenimento diretto da parte dei genitori, ed assegno perequativo per il DE. GI. per l'importo di euro 1.500,00 mensili.

Proponeva reclamo la CA. . Costituitosi il contraddittorio, il DI. GI. ne richiedeva il rigetto, e in via incidentale, la revoca dell'assegno per la moglie e per i figli, che dovevano essere mantenuti direttamente da entrambi i genitori.

La Corte d'Appello di Catania, con provvedimento in data 9-15/3/2010, accoglieva il reclamo principale, revocando il mantenimento diretto dei figli, disponendo per essi assegno mensile di euro 5.000,00 a carico del padre; rigettava il reclamo incidentale. Ricorre per cassazione il DI. GI. , sulla base di dodici motivi illustrati con memoria.

Resiste, con controricorso, la CA. .

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va innanzi tutto rilevata l'invalidita' della procura rilasciata dalla Ca. al nuovo difensore avv. La. Ga. , in quanto apposta a margine della memoria per l'udienza, e quindi in un atto diverso da quelli tassativamente indicati nell'articolo 83 c.p.c., nel testo vigente ratione temporis.

Con il primo motivo, il ricorrente lamenta violazione dell'articolo155 c.c., in punto revoca del contributo diretto per i figli; con il secondo, vizio di motivazione al riguardo; con il terzo, violazione ulteriore dell'articolo 155 c.c., sulla quantificazione dell'assegno; con il quarto, vizio di motivazione al riguardo; con il quinto, violazione dell'articolo 155 c.c., in relazione all'articolo 148 c.c.; con il sesto, violazione dell'articolo 2697 c.c., articoli 115 e 116 c.p.c., sulla revoca del contributo diretto.

I motivi possono essere trattati congiuntamente, essendo strettamente connessi. Essi appaiono infondati.

Come e' noto, la Legge 8 febbraio 2006, n. 54, ha introdotto la disciplina dell'affidamento condiviso. Gia' la scelta del termine e' significativa, rispetto all'espressione piu' tradizionale, contenuta nella legge di divorzio dopo la riforma del 1987, di "affidamento congiunto": non solo affidamento ad entrambi, ma fondato sul pieno consenso di gestione, sulla condivisione, appunto. Cio' tuttavia non esclude che il minore possa essere prevalentemente collocato presso uno dei genitori, anche se l'altro dovra' avere ampia possibilita' di vederlo e tenerlo con se'. L'assunto del ricorrente secondo il quale con la riforma del 2006 il contributo diretto da parte di ciascuno dei genitori costituirebbe la regola, come conseguenza diretta dell'affido condiviso, non puo' essere accolto: ed invero l'articolo 155 c.c., riformato, nello stesso secondo comma in cui prevede in via prioritaria "la possibilita' che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori", dispone che il giudice fissi "altresi' la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento...", cosi' conferendo allo stesso giudice un'ampia discrezionalita', sempre ovviamente "con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale" della prole (v. sul punto Cass. 2006 n.18187).

Inoltre il successivo comma 4 affida al giudice il potere di stabilire, "ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalita'".

Della discrezionalita' esercitata nell'escludere il contributo diretto la ordinanza impugnata ha fornito congrua motivazione, facendo riferimento all'accentuata litigiosita' dei genitori, quale circostanza idonea a sollevare ulteriori conflitti in un contesto che al contrario esige una condotta pienamente collaborativa, e tale valutazione non puo' costituire oggetto di controllo in questa sede. Dunque correttamente e' stato revocato il regime di mantenimento diretto.

La Corte di Appello ha altresi' rilevato, ai fini della determinazione dell'assegno di mantenimento dei minori, la notevole sproporzione tra le condizioni economiche dei genitori (la CA. ha un reddito netto annuo di euro 27.000,00 circa, il notaio DI. GI. nel 2007 un reddito di euro 268.558,00, sceso ad euro 86.000,00 nel 2008, con detrazione di spese deducibili per oltre euro 300.000,00). Non si ravvisa al riguardo violazione dell'articolo 148 c.c., il quale stabilisce che i genitori devono adempiere all'obbligo educativo, di istruzione e di mantenimento dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e capacita' di lavoro professionale e casalingo.

Secondo giurisprudenza consolidata (per tutte, Cass. n. 11772 del 2010, n. 11538 del 2009), deve essere assicurato ai figli il tenore di vita di cui essi godevano durante la convivenza matrimoniale, ma rilevano gli incrementi di reddito di ciascuno dei genitori, se riferiti, come nella specie, all'attivita' che essi svolgevano durante la convivenza, rappresentandone il prevedibile sviluppo. Del tutto privo di fondamento appare l'assunto del ricorrente secondo il quale non potrebbe configurarsi in via generale, alcun prevedibile sviluppo per la carriera notarile: e' evidente, al contrario, che l'esperienza acquisita, l'aumento dei clienti, ed anche, come nella specie, lo spostamento da una piccola localita' ad una citta' piu' grande, integrano "sviluppi prevedibili". E a cio' fa evidentemente riferimento il Giudice a quo, elevando l'importo dell'assegno per i figli ad euro 5.000,00. Con i motivi settimo e ottavo il ricorrente lamenta violazione dell'articolo 156 c.c., e vizio di motivazione, in relazione all'assegno per il coniuge. Anche tali motivi appaiono infondati.

Per giurisprudenza consolidata, l'inadeguatezza dei mezzi del coniuge va raffrontata al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio (tra le altre, Cass. n. 20582/10). Giurisprudenza altrettanto consolidata precisa che le attuali condizioni economiche delle parti possono costituire, in mancanza di ulteriori prove, elemento indicativo del pregresso tenore di vita della famiglia (tra le altre Cass. n.16606/10). Ne' va dimenticato che, in sede di modifica delle condizioni di separazione (o di divorzio), e' necessario riferirsi ad elementi di novita' rispetto al regime originario.

Come gia' si e' detto trattando del mantenimento dei figli, si e' notevolmente accresciuto il divario economico tra i coniugi, in relazione all'incremento dell'attivita' notarile del DE. GI. , gia' svolta durante la convivenza matrimoniale, che ne costituisce un prevedibile sviluppo. A tutto cio' si riferisce, con motivazione adeguata, il giudice a quo.

L'unico elemento di novita' a favore del DI. GI. potrebbe essere costituito dalla dedotta convivenza more uxorio della CA. con un "facoltoso avvocato". Ma di cio' - come precisa il giudice a quo - egli non ha fornito prova.

Palesemente infondato e' il decimo motivo, attinente al vizio di motivazione, con riferimento al diverso parere del Procuratore Generale presso la Corte d'Appello: e' evidente che la sentenza impugnata, nella sua motivazione, ha manifestato contrario avviso rispetto alle conclusioni del P.G.; non era necessario che espressamente le contestasse. Inammissibili infine i motivi undici e dodici, attinenti al regime delle spese processuali (violazione dell'articolo 91 c.p.c. e vizi di motivazione). Non e' censurabile il regime delle spese dettato dal giudice di merito, se sorretto da adeguata motivazione (per tutte, Cass. n. 13229 del 2011). Nella specie, il giudice a quo ha richiamato la sostanziale soccombenza del DI. GI. .

Conclusivamente, il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimita' che liquida in euro 5.000,00 per onorari ed euro 200,00 per esborsi oltre a spese generali ed accessori di legge.
 

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