L'ex marito che si dimette volontariamnete resta obbligato al mantenimento

Le volontarie dimissioni dal lavoro dell'ex marito non lo esonerano dall'obbligo di mantenimento. E' quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, Sezione Prima, con sentenza n. 22657/2008.



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella - Presidente

Dott. BERNABAI Renato - rel. Consigliere

Dott. GIULIANI Paolo - Consigliere

Dott. FITTIPALDI Onofrio - Consigliere

Dott. PETITTI Stefano - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

CI. LA. RE., elettivamente domiciliato in ROMA VIA GIUSEPPE PALUMBO 12, presso l'avvocato CRISCI SIMONETTA, che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

BA. LI. MA., elettivamente domiciliata in ROMA VIA CASSIODORO 6, presso l'avvocato LEPORE GAETANO, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

avverso il decreto della Corte d'Appello di ROMA, depositato il 14/02/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/06/2008 dal Consigliere Dott. Renato BERNABAI;

udito, per la resistente, l'Avvocato LEPORE che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per l'inammissibilita' per tardivita'; in subordine inammissibilita' ex articolo 111 Cost.; condanna di parte soccombente al rimborso delle spese di lite; rigetto della domanda sulle spese di lite.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 25 Novembre e notificato il 13 Dicembre 2003 il signor CI.La. Re. adiva il Tribunale di Roma per ottenere la modifica delle condizioni della dichiarazione di cessazione degli effetti del matrimonio, mediante riduzione dell'assegno di euro 1.549,37 corrisposto all'ex coniuge Ba. Li., motivata con l'intercorsa risoluzione del suo rapporto di lavoro con la Te. It. Sp. s.p.a., con il nuovo matrimonio da lui contratto e con la successiva nascita di una figlia: eventi tutti, che rendevano impossibile la corresponsione dell'assegno divorzile a suo tempo concordato.

Con decreto emesso il 23 Gennaio 2004, il Tribunale di Roma, in accoglimento parziale dell'istanza, revocava l'onere delle spese accessorie a carico del Ci., per utenze e oneri condominiali concernenti l'abitazione della Ba..

Il successivo reclamo ed il ricorso incidentale della Ba. erano respinti dalla Corte d'appello di Roma con decreto 26 gennaio - 14 febbraio 2005, con compensazione integrale delle spese di giudizio.

La corte motivava che il rapporto di lavoro del Ci. era stato risolto consensualmente ed egli non aveva offerto la prova dell'ineluttabilita' di tale decisione, ne' dell'allegata necessita' di destinare una parte consistente delle somme ricevute dalla Te. It. Sp. s.p.a. al completamento del periodo necessario per percepire la pensione d'anzianita'.

Avverso il provvedimento, notificato il 15 Marzo 2005, proponeva ricorso per cassazione con atto notificato il 16 Maggio 2005 il Ci., deducendo la violazione di legge, dal momento che la Corte d'appello di Roma aveva svolto solo una valutazione astratta, senza accertare la sussistenza concreta dei motivi addotti a giustificazione della richiesta di riduzione. Censurava altresi' la violazione dell'articolo 3 Cost., e della Legge 1 Dicembre 1970, n. 898, articolo 9, perche' la corte d'appello non aveva riconosciuto, implicitamente, pari dignita' e tutela patrimoniale alla seconda famiglia, costituita con una moglie casalinga e una figlia minore.

Resisteva con controricorso la Ba..

All'udienza del 12 giugno 2008 il Procuratore generale ed il difensore della Ba. precisavano le rispettive conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Dev'essere rigettata l'eccezione pregiudiziale d'inammissibilita' del ricorso per tardivita', sollevata in udienza dal P.G..

Il decreto della Corte d'appello di Roma e' stato notificato al Ci. a mezzo posta con avviso lasciato il 17 Marzo 2005: cui sono da aggiungere 10 giorni per il perfezionamento della fattispecie. Il ricorso per cassazione e' stato notificato il 16 Maggio 2005, e dunque tempestivamente.

Passando alla disamina del motivo di censura, si osserva, in sede dogmatica, che il decreto dalla Corte d'appello emesso in sede di reclamo avverso il provvedimento del tribunale in tema di modifica delle statuizioni patrimoniali contenute nella sentenza di divorzio ha valore decisorio ed e' quindi impugnabile con ricorso straordinario per cassazione, ex articolo 111 Cost.: limitato, pero', alla denunzia di eventuali violazioni di legge, secondo la disciplina applicabile ratione temporis, previgente al Decreto Legislativo 2 Febbraio 2006, n. 40 che, novellando l'articolo 360 c.p.c., ha esteso la ricorribilita' anche per vizi di motivazione (Cass., sez. 1, 24 Gennaio 2008, n. 1584).

Nel caso in esame, sotto l'astratta prospettazione, conforme al dettato normativo, di violazione di legge, il ricorrente deduce, in realta', la carenza e illogicita' della motivazione, che sarebbe fondata solo su valutazioni astratte e ipotetiche, senza neppure tenere conto delle esigenze del nuovo nucleo familiare da lui formato, meritevole di pari riconoscimento e tutela economica. La predetta doglianza quindi si traduce in un tipico scrutinio di coerenza e razionalita' dell'iter argomentativo seguito dal giudice di merito; come tale, esulante dai limiti della violazione di legge: anche nella forma del difetto assoluto di motivazione o di mera motivazione apparente, composta di sole clausole di stile, ridondante in vera e propria violazione di legge, per la sua radicale deviazione dal modello canonico (articolo 132 disp. att. c.p.c., comma 2, n. 4, e articolo 118 disp. att. c.p.c., applicabili estensivamente, in parte qua, ai provvedimenti assunti in forma di decreto motivato).

Anche sotto il profilo della pretesa violazione dell'articolo 3 Cost., la doglianza si palesa inammissibile, perche' neppure prospetta una concreta statuizione della Corte d'appello di Roma volta ad attribuire un diverso e minore grado di tutela patrimoniale alla nuova famiglia formata dal Ci..

Il ricorso dev'essere dunque dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna alla rifusione delle spese di giudizio, liquidate come in dispositivo, sulla base del valore della causa e del numero e complessita' delle questioni svolte.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali, liquidate in complessivi euro 2.200,00, di cui euro 200,00 per spese, oltre spese generali e accessori di legge, da distrarre in favore dell'avv. Gaetano Lepore, dichiaratosi antistatario.

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