La pensione di invalidità del convivente della ex moglie non esclude l'assegno di divorzio

Il diritto all'assegno di divorzio, in linea di principio, non puo' essere automaticamente negato per il fatto che il suo titolare abbia instaurato una convivenza more uxorio con altra persona, influendo tale convivenza solo sulla misura dell'assegno, ove si dia la prova da parte dell'ex coniuge onerato che essa -pur se non assistita da garanzie giuridiche di stabilita', ma di fatto consolidata e protraentesi nel tempo - influisca in melius sulle condizioni economiche dell'avente diritto, a seguito di un contributo al suo mantenimento da parte del convivente, o quanto meno di apprezzabili risparmi di spesa derivatigli dalla convivenza (Corte di Cassazione Sezione 1 Civile
Sentenza del 7 luglio 2008, n. 18593).



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella - Presidente

Dott. SALME' Giuseppe - Consigliere

Dott. GIULIANI Paolo - Consigliere

Dott. SCHIRO' Stefano - rel. Consigliere

Dott. DEL CORE Sergio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

MA. SE., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall'avv. PICCIRILLI GIOVANNI OSVALDO, del Foro di Lanciano, per procura in atti;

- ricorrente -

contro

CA. RO.;

- intimata -

avverso la sentenza della Corte di appello di L'Aquila n. 892/03 del 28 ottobre 2003;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19 marzo 2008 dal relatore, Cons. Dott. Stefano Schiro';

udito il P.M., in persona del sostituto procuratore generale, Dott. SCHIAVON Giovanni, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza n. 892/03 del 28 ottobre 2003 la Corte di appello di L'Aquila rigettava l'appello proposto da Ma.Se. avverso la sentenza in data 6 giugno 2001, con la quale il Tribunale di Lanciano aveva dichiarato lo scioglimento del matrimonio contratto dallo stesso Ma. con Ca.Ro. e, per quel che interessa in questa sede, attribuito in favore della Ca. un assegno di divorzio di lire 150.000 mensili, rivalutabili secondo gli indici Istat, posto a carico del Ma..

2. A fondamento della decisione, la Corte di merito - premesso che l'unica questione sottoposta al suo esame concerneva l'attribuzione dell'assegno di divorzio, contestata dall'appellante Ma. - rilevava che questi non aveva provato che la convivenza more uxorio della Ca. con persona provvista di reddito da pensione, di alloggio popolare e di potenziale capacita' lavorativa, in ragione dell'eta' (42 anni) e delle buon condizioni fisiche, avesse in concreto comportato alcun apprezzabile beneficio reddituale alla stessa Ca., attese anche la non dimostrata stabilita' di tale convivenza, la fruizione da parte del convivente, invalido, di una pensione di poco superiore a lire un milione, la non dimostrata capacita' lavorativa della Ca. e l'assegnazione della casa coniugale all'appellante, a cui carico non potevano essere posti i figli ormai maggiorenni e in condizioni di autonoma sistemazione.

3. Per la cassazione di tale sentenza ricorre il Ma., sulla base di un motivo. La Ca. non ha svolto difese.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l'unico motivo di ricorso il Ma. - denunciando erronea e falsa applicazione dell'articolo 2697 c.c., Legge n. 898 del 1970 articolo 5, e articolo 116 c.p.c., - censura la sentenza impugnata, deducendo che:

1.1. la Corte territoriale non ha dato rilevanza alla pacifica circostanza che la Ca. convive more uxorio con persona che e' titolare di pensione e di alloggio popolare, traendo da detta convivenza benefici reddituali, ed ha dubitato della stabilita' di detta convivenza, ritenendo erroneamente che l'onere della prova sia in ordine ai benefici economici che sulla stabilita' della convivenza gravasse sul Ma.; in ogni caso nella specie la prova della convivenza, della sua stabilita' e del vantaggio economico che la Ca. ne ha tratto e' emersa dall'interrogatorio formale della stessa Ca. e dalle prove testimoniali assunte;

1.1.1. la Corte di merito non ha inoltre tenuto conto che la Ca., di giovane eta' e idonea a svolgere attivita' lavorativa, ha deliberatamente scelto di non lavorare e non ha provato di essere iscritta all'ufficio di collocamento o di aver cercato lavoro, anche in relazione a quelle attivita' per le quali non e' richiesta una specifica professionalita' e le possibilita' di assunzione sono piu' agevoli.

2. Il ricorso e' infondato.

Secondo un orientamento piu' volte espresso da questa Corte e che il collegio condivide e intende in questa sede confermare, il diritto all'assegno di divorzio, in linea di principio, non puo' essere automaticamente negato per il fatto che il suo titolare abbia instaurato una convivenza more uxorio con altra persona, influendo tale convivenza solo sulla misura dell'assegno, ove si dia la prova da parte dell'ex coniuge onerato che essa - pur se non assistita da garanzie giuridiche di stabilita', ma di fatto consolidata e protraentesi nel tempo - influisca in melius sulle condizioni economiche dell'avente diritto, a seguito di un contributo al suo mantenimento da parte del convivente, o quanto meno di apprezzabili risparmi di spesa derivatigli dalla convivenza (Cass. 2006/24056. In senso conforme, cfr. Cass. 2006/1179; 2006/1546).

La Corte di appello - avendo affermato che la tesi dell'appellante, secondo cui la convivenza more uxorio della Ca. avrebbe avuto carattere di stabilita', comportando in concreto per l'appellata un apprezzabile beneficio economico, soprattutto in termini di incremento di reddito, e' rimasta del tutto carente di prova e risulta anzi smentita dalla circostanza che il convivente della Ca., invalido, dispone "di un modestissimo reddito da pensione di poco superiore a lire 1 milione" - si e' uniformata al principio sopra enunciato e resiste pertanto alla infondata censura del ricorrente.

2.1. Non sussiste neppure il vizio di motivazione dedotto dal Ma., in quanto la Corte di merito, sulla base di esaurienti argomentazioni, prive di vizi logici e confortate da puntuali richiami a specifiche risultanze processuali, ha precisato che «l'assegno assolutamente modesto stabilito dal primo giudice in un'ottica di mera sussistenza» trova giustificazione anche nella carente potenzialita' lavorativa della donna, di cui non consta alcuna specifica professionalita' ne' il concreto svolgimento di attivita' lavorativa stabilmente remunerata, e nella migliore situazione economica del Ma. che risulta assegnatario della casa coniugale e non e' gravato dall'obbligo di mantenimento dei figli, che risultano fruire di autonoma sistemazione, diversamente da quanto sostenuto dall'appellante.

Le ulteriori doglianze del ricorrente costituiscono censure di merito, con le quali il Ma. ha inteso contrapporre all'accertamento dei fatti di causa compiuto dal giudice di appello una diversa ricostruzione dei fatti medesimi e una differente interpretazione delle risultanze processuali, cosi' inammissibilmente mirando alla revisione da parte della Corte di legittimita' delle valutazioni effettuate e delle conclusioni raggiunte dal giudice di merito (Cass. 2000/5806; 2003/17651; 2004/15675).

Trova applicazione nella specie il principio, piu' volte enunciato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui i vizi della sentenza posti a base del ricorso per cassazione non possono risolversi nel sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella operata dal giudice di merito (Cass. 2003/12467), o consistere in censure che investano la ricostruzione della fattispecie concreta (Cass. 2001/7476), o che siano attinenti al difforme apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte (Cass. 2007/7972; 2007/13954), spettando soltanto al giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l'attendibilita' e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all'uno o all'altro mezzo di prova, salvi i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. 2001/4667; 2003/10330; 2003/11918).

3. Le considerazioni che precedono conducono al rigetto del ricorso, ma nulla deve disporsi in ordine alle spese, non avendo l'intimata svolto attivita' difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

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