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Le misure protettive dell'interdizione e dell'inabilitazione costituiscono l'extrema ratio, cui il Giudice deve ricorrere solo in caso di inadeguatezza della misura dell'amministrazione di sostegno
Pubblicata il 01/04/2008
(Tribunale Bari, Sezione 1 Civile, Sentenza del 21 settembre 2006, n. 2334)
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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI BARI
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dai Sigg.ri Magistrati:
Dott. Ercole Dini Dini Ciacci - Presidente
Dott. Filippo Labellarte - Giudice rel.
Dott. Saverio U. de Simone - Giudice
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA nella causa civile iscritta nel registro generale affari contenziosi sotto il numero d'ordine 3031 dell'anno 2006 tra:
Pubblico Ministero presso il Tribunale di Bari;
RICORRENTE
E
(...);
INABILITATA
All'udienza del 23/6/2006, la causa era rimessa al Collegio per la decisione sulle conclusioni del ricorrente P.M., in persona del Dr. G. Carabba, Procuratore Aggiunto presso la Procura della Repubblica di Bari, che chiedeva revocarsi la già dichiarata inabilitazione della Ch., nonché trasmettersi gli atti al Giudice Tutelare per la nomina dell'Amministratore di sostegno, previa acquisizione della C.T.U. espletata nel giudizio di inabilitazione iscritto al n. 12170/2003 R.G.A.C..
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 17/3/2006, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bari, su segnalazione del Giudice Tutelare presso questo Tribunale, chiedeva la revoca dell'inabilitazione di Ch.An., come sopra generalizzata, dichiarata con sentenza del 12/10/2004, da questo Tribunale, perché affetta da "depressione reattiva in personalità ossessiva con demenza senile semplice in fase iniziale", giusta certificazione del 20/5/2003, rilasciata dalla Divisione di Psichiatria dell'Ospedale di Conversano.
Nel contempo, il Pubblico Ministero chiedeva l'invio degli atti al Giudice Tutelare competente, affinché questi nominasse alla Ch. un'amministratore di sostegno.
Il Presidente di questo Tribunale ordinava la notificazione del ricorso all'inabilitata ed ai suoi prossimi congiunti (sorella e nipoti), fissando l'udienza per l'esame della stessa e delle altre persone indicate nel ricorso.
Il Giudice Istruttore quindi, con l'intervento del Pubblico Ministero, procedeva all'esame dell'interessata ed interrogava il curatore dell'inabilitata, nonché le sue nipoti, Ch.Fl. e Ch.Ma., i quali tutti aderivano alla richiesta del Pubblico Ministero.
Indi, precisate le conclusioni dal Pubblico Ministero, il quale chiedeva revocarsi l'inabilitazione di Ch.An., nonché trasmettersi gli atti al Giudice Tutelare per la nomina dell'Amministratore di sostegno, la causa passava infine in decisione, senza assegnazione dei termini di legge per il deposito delle difese scritte.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Osserva il Collegio che la domanda di revoca dell'inabilitazione e di trasmissione degli atti al Giudice Tutelare per la nomina dell'amministratore di sostegno, va accolta.
Va, invero, premesso che l'obiettivo dichiarato della legge n. 6/2004 in tema di amministrazione di sostegno, è quello di "tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive, in tutto o in parte, di autonomia nell'espletamento delle funzioni della vita quotidiana mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente", con la possibilità di disporre di uno strumento flessibile e perfettamente adattabile caso per caso dal Giudice Tutelare, in ragione delle sempre varie e mutevoli esigenze di protezione dell'infermo (artt. 405 c.c. e 409 c.c.).
Orbene, in base al quadro normativo vigente a seguito dell'intervento novellatore, sembra doversi concludere che la nuova misura dell'amministrazione di sostegno costituisca strumento ordinario di protezione per la tutela dei soggetti deboli (in tal senso le prime pronunce giurisprudenziali, cfr. Trib. Messina, 14/9/2004, reperibile in DeG on line, 13/10/2004, nonché Trib. Modena, II sez., 15/11/2004, reperibile in Altalex, all'URL www.altalex.it); invero, stante la nuova normativa, l'interdizione non "deve" (così l'art. 414 c.c. vecchio testo) più essere pronunciata nei confronti della persona inferma di mente, poiché tale pronuncia va adottata dal giudice solo "quando ciò è necessario per assicurare l'adeguata protezione" dell'infermo di mente (art. 414 c.c., nel testo novellato).
Da tanto deriva che la misura dell'interdizione è divenuta un rimedio meramente residuale, limitato ai casi in cui l'amministrazione di sostegno, strumento di protezione a carattere generale delle persone non in grado di provvedere ai propri interessi, sia "inidonea a realizzare la piena tutela del beneficiario" (art. 413, 4° comma, c.c. che limita a tali casi la dichiarazione da parte del G.T. di cessazione dell'amministrazione informando, se del caso, il P.M. per il promovimento dell'inabilitazione o dell'interdizione).
Da quanto sin qui esposto, si evince come analogo ragionamento debba riproporsi con riferimento al rapporto tra amministrazione di sostegno e inabilitazione (così Trib. Modena cit., nonché Trib. Palmi, ufficio del Giudice Tutelare, 24.05.2004, reperibile in Altalex all'URL www.altalex.it) e la più gran parte della dottrina in materia).
Tanto premesso, nel caso di specie il C.T.U., Prof. Ca., nella sua puntuale relazione, acquisita agli atti, e depositata nel giudizio n. 12170 del 2003 nel quale è stata dichiarata l'inabilitazione, ha concluso per la dichiarazione di inabilitazione solo perché, fra i quesiti postigli, non vi era quello riguardante l'amministrazione di sostegno.
Invero, i quesiti al C.T.U., come emerge dal fascicolo del procedimento di inabilitazione acquisito, sono stati posti all'udienza del 7/4/2004, quando la legge n. 6 del 2004 sull'amministrazione di sostegno, era entrata in vigore da pochi giorni.
Il C. T. U., invero, ha risposto al quesito se la Ch.An. versasse in condizioni di infermità abituali tali da non consentirle di provvedere ai propri interessi, ovvero se ricorressero i presupposti richiesti per l'interdizione o l'inabilitazione.
Nessun quesito, quindi, fu posto in relazione all'allora recentissima legge n. 6 del 2004.
Il Prof. Ca., dopo avere evidenziato nella sua relazione che la Ch. era sempre apparsa ben orientata, lucida e presente, ben vestita e curata, capace di interagire con l'interlocutore, esprimendo il suo punto di vista, anche se con modesta "tenuta emotiva", ha concluso nel senso che essa si trovava in condizioni di abituale infermità mentale, non così gravi da dar luogo all'interdizione, bensì integranti i requisiti richiesti per l'inabilitazione.
È, quindi, evidente che il C.T.U. nominato nel giudizio di inabilitazione, optò per l'inabilitazione, perché si trattava della misura di protezione meno invasiva, nell'alternativa tra essa e l'interdizione.
Il quadro normativo e fattuale, tenuto presente dal C.T.U., però, è mutato, a seguito del dibattito dottrinario e giurisprudenziale sviluppatosi, ed ancora in corso, all'indomani dell'entrata in vigore della legge n. 6 del 2004.
Infatti, è, di recente, intervenuta la sentenza della Corte Costituzionale 9/12/2005 n. 440 che, nel dichiarare non fondate due questioni di legittimità costituzionale che erano state sollevate dal G.T. presso il Tribunale di Venezia - Sezione Distaccata di Chioggia, ha stabilito che: "... la complessiva disciplina inserita dalla legge n. 6 del 2004 sulle preesistenti norme del codice civile affida al giudice il compito di individuare l'istituto che, da un lato, garantisca all"incapace la tutela più adeguata alla fattispecie e, dall'altro, limiti nella minore misura possibile la sua capacità; e consente, ove la scelta cada sull'amministrazione di sostegno, che l'ambito dei poteri dell'amministratore sia puntualmente correlato alle caratteristiche del caso concreto.
Solo se non ravvisi interventi di sostegno idonei ad assicurare all'incapace siffatta protezione, il giudice può ricorrere alle ben più invasive misure dell'inabilitazione o dell'interdizione, che attribuiscono uno status di incapacità, estesa per l'inabilitato agli atti di straordinaria amministrazione e per l'interdetto anche a quelli di amministrazione ordinaria ...".
A ciò deve aggiungersi che, dall'esame giudiziale dell'inabilitata, mostratasi del tutto presente al colloquio, chiaramente emerge che la dichiarata inabilitazione deve essere revocata, essendo del tutto congrua misura dell'amministrazione di sostegno, al fine di tutelare adeguatamente gli interessi di Ch.An.
Quest'ultima, nel corso dell'esame da parte del G.D., infatti, ha fornito risposte del tutto congrue in relazione alle domande rivoltele, delle quali ha mostrato di comprendere perfettamente il significato.
Rileva il Collegio che, soprattutto in considerazione dell'esito dell'esame dell'inabilitata, ed in considerazione della patologia da cui la stessa è affetta, la disposta misura dell'amministrazione di sostegno, appare la misura più adatta a tutelare i suoi interessi.
Questo Collegio rimarca che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 440 del 2005, ha stabilito che "La questione di legittimità costituzionale che riguarda gli artt. 404, 405, nn. 3, 4, e 409 c.c., sotto il profilo che essi non indicano chiari criteri per distinguere l'amministrazione di sostegno dai preesistenti istituti dell'interdizione e della inabilitazione - lasciando di fatto all'arbitrio del giudice la scelta dello strumento di "tutela" concretamente applicabile - non è fondata, per l'erroneità del presupposto interpretativo, in quanto la complessa disciplina inserita dalla L. n. 6 del 2004 nel corpo delle preesistenti norme del codice civile affida al giudice il compito di individuare l'istituto che, da un lato, garantisca all'incapace la tutela più adeguata alla fattispecie e, dall'altro, limiti nella minore misura possibile la sua capacità. Solo se non ravvisi interventi di sostegno idonei ad assicurare all'incapace siffatta protezione, il giudice può ricorrere alle ben più invasive misure dell'inabilitazione o dell'interdizione, che attribuiscono uno status di incapacità, estesa per l'inabilitato agli atti di straordinaria amministrazione e per l'interdetto anche a quelli di amministrazione ordinaria. Ne discende che in nessun caso i poteri dell'amministratore possono coincidere integralmente con quelli del tutore o del curatore".
È del tutto evidente che, secondo la Corte Costituzionale, le misure protettive dell'interdizione e dell'inabilitazione, a seguito della nuova normativa, costituiscono la extrema ratio, cui il Giudice deve accedere solo se la misura dell'amministrazione di sostegno appaia inadeguata rispetto alla tutela degli interessi del soggetto; e ciò, tenuto conto della patologia da cui è affetto, e del concreto atteggiarsi dello stesso nella vita quotidiana.
Pertanto, sulla scorta di tutto quanto sin qui rassegnato - poiché l'art. 406, 2° comma, c.c., così come modificato dalla legge n. 6 del 2004 stabilisce che, se il ricorso per l'istituzione dell'amministrazione di sostegno concerne persona interdetta o inabilitata, il medesimo è presentato congiuntamente all'istanza di revoca dell'interdizione o dell'inabilitazione davanti al giudice competente per quest'ultima, e poiché l'art. 429 c.c., rubricato "Revoca dell'interdizione e dell'inabilitazione", anch'esso modificato dalla legge n. 6 del 2004 stabilisce che, quando cessa la causa dell'interdizione o dell'inabilitazione, queste possono essere revocate, su istanza del coniuge, dei parenti entro il quarto grado o degli affini entro il secondo grado, del tutore dell'interdetto, del curatore dell'inabilitato o su istanza del pubblico ministero - ricorrono tutti i presupposti di legge per revocare la dichiarata inabilitazione di Ch.An. e per ordinare la trasmissione degli atti al Giudice Tutelare presso questo Tribunale, perché questi provveda all'attivazione del procedimento per la nomina dell'amministratore di sostegno, ai sensi dell'art. 418 c.c. novellato.
Quanto alle spese processuali, nulla va statuito, atteso che la Ch. non si è costituita e che l'ufficio del Pubblico Ministero, così come non può sostenere l'onere delle spese del giudizio nell'ipotesi di soccombenza, non può neppure essere destinatario di una pronuncia attributiva della rifusione delle spese quando risulti soccombente uno dei suoi contraddittori (Cass. civ., Sez. Unite, 22/11/2004, n. 21945).
P.Q.M.
Il Tribunale, revoca l'inabilitazione di Ch.An., in premessa generalizzata, inabilitazione dichiarata da questo Tribunale, con sentenza n. 2148/2004 del 12/10/2004, depositata il 23/10/2004 e
DISPONE
trasmettersi il presente procedimento al Giudice Tutelare presso questo Tribunale, per l'eventuale avvio del procedimento per l'istituzione a favore di Ch.An. dell'amministrazione di sostegno;
Nulla per le spese processuali.