Lo stato di abbandono consiste anche in una situazione di fatto obiettiva che impedisca o ponga in pericolo il sano sviluppo psicofisico del minorenne

La "situazione di abbandono" che rende necessaria la dichiarazione di adottabilita' non consiste soltanto nel rifiuto intenzionale e irrevocabile dell'adempimento dei doveri genitoriali e parentali, ma anche in una situazione di fatto obiettiva che a prescindere dagli intendimenti e desideri dei genitori e parenti, impedisca o ponga in pericolo il sano sviluppo psicofisico del minore, dovendosi prescindere da giudizi di responsabilita' e colpevolezza a carico di genitori e parenti e dovendosi invece guardare unicamente alla situazione oggettiva e all'interesse esclusivo del minore.

Corte di Cassazione Sezione 1 Civile, Sentenza del 31 marzo 2010, n. 7961



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella - Presidente

Dott. FELICETTI Francesco - rel. Consigliere

Dott. SALVAGO Salvatore - Consigliere

Dott. DI PALMA Salvatore - Consigliere

Dott. SCHIRO' Stefano - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7888/2009 proposto da:

LA. DA. (c.f. (OMESSO)), elettivamente domiciliato in ROMA, V. GIUSEPPE AVEZZANA 13, presso l'avvocato LENDVAI ALESSANDRO, rappresentato e difeso dagli avvocati PIACENTINO GIORGIO, MARCELLINO ELENA, giusta procura a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI TORINO, FU. AN. , GR. AD. ;

- intimati -

sul ricorso 8253/2009 proposto da:

PE. PI. (C.F. (OMESSO)), LA. RO. (C.F. (OMESSO)), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA NIZZA 45, presso l'avvocato NOVEBACI CLAUDIO, che li rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;

- controricorrenti e ricorrenti incidentali -

contro

FU. AN. , nella qualita' di curatore speciale della minore VE. AL. , elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 109, presso l'avvocato GAGLIARDO SALVATORE, rappresentata e difesa da se medesima;

- controricorrente al ricorso incidentale -

contro

VE. YL. , CI. FL. , VE. PA. , PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI TORINO, GR. AD. , LA. DA. ;

- intimati -

avverso la sentenza n. 3/2009 della CORTE D'APPELLO di TORINO, depositata il 18/02/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell'11/02/2010 dal Consigliere Dott. FRANCESCO FELICETTI;

udito, per il ricorrente principale, l'Avvocato ALESSANDRO LENDVAI che ha chiesto l'accoglimento del ricorso principale; rigetto dell'incidentale;

udito, per i controricorrenti e ricorrenti incidentali PE. e La. l'Avvocato STEFANIA JASONNA, con delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso principale; l'accoglimento dell'incidentale;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.11 tribunale per i minorenni di Torino, con decreto 5 giugno 2007 dichiarava lo stato di adattabilita' della minore Ve. Al. , nata il (OMESSO) dall'unione fra Ve. Yl. e La. Da. . La minore era stata inizialmente riconosciuta solo dalla madre e il tribunale per i minorenni ne aveva disposto, stante la carenza della situazione familiare, il ricovero insieme alla madre presso una struttura comunitaria. Il ricovero veniva attuato e, dopo risultati iniziali abbastanza positivi, interrottasi la relazione fra i genitori della minore, la madre abbandonava la comunita' e tornava dai propri genitori. Il tribunale confermava il ricovero della minore presso la comunita', con la madre o da sola, per il periodo di un anno e rigettava la domanda di affidamento avanzata dal padre. Il tribunale disponeva l'apertura del procedimento per la dichiarazione dello stato di adottabilita' sospendendo la potesta' genitoriale, mentre i nonni paterni ed il padre insistevano per l'affidamento della bambina, in una situazione di conflitto fra i genitori della minore ed i rispettivi gruppi familiari. Disposta CTU, questa confermava sostanzialmente l'impossibilita' per la minore di essere proficuamente affidata alla madre o ai nonni materni, che non si mostravano a cio' disponibili a differenza di quelli paterni. Veniva disposto un approfondimento della situazione dal quale emergeva la possibilita' di un affidamento della minore ai nonni paterni, per cui il tribunale sospendeva la procedura e affidava la bambina ai nonni paterni, disponendo in ordine agli incontri con la madre e i nonni materni. Sorgevano peraltro problemi in ordine a tali incontri, per cui la nonna paterna ne chiedeva l'eliminazione, entrando anche in contrasto con i servizi sociali. Le modalita' degli incontri venivano quindi modificati, dal tribunale, mentre gli accertamenti disposti sulle condizioni psicoevolutive della bambina non davano esito positivo. Il tribunale dichiarava allora, con decreto del giugno 2007, lo stato di adottabilita' della minore e ne disponeva il collocamento prima presso una struttura comunitaria e poi presso una famiglia affidataria. Avverso il decreto proponevano opposizione i nonni paterni della minore, la madre, il padre, nonche' i nonni materni, contestando l'esistenza dello stato di abbandono. Il tribunale, con sentenza del maggio 2008, rigettava l'opposizione e confermava l'inserimento presso una famiglia affidataria, sospendendo i rapporti con i parenti. Rilevava in particolare, che il padre della minore, La. Da. , si era rivelato incapace di assumere il ruolo paterno, restando il rapporto con la figlia marginale e poco significativo. Escludeva che i nonni paterni potessero essere affidatari della minore, avendo avuto il relativo esperimento esito negativo, secondo gli accertamenti del CTU, anche in relazione alla loro incapacita' di mantenere adeguati rapporti con la madre della bambina, i nonni materni e gli stessi servizi sociali. La sentenza veniva impugnata dai genitori, dai nonni paterni e materni. La Corte d'appello di Torino, con sentenza depositata il 18 febbraio 2009, rigettava l'impugnazione. Avverso la sentenza i nonni paterni, Pe. Pi. e La. Ro. , ricorrono con ricorso notificato il 28 marzo 2009. Ricorre con separato ricorso anche il padre della minore La. Da. . Il curatore speciale della minore resiste con controricorso notificato il 6 maggio 2009. Pe. Pi. e La. Ro. hanno anche depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I ricorsi vanno riuniti ai sensi dell'articolo 335 c.p.c..

2.1. Con il primo motivo del ricorso del padre della minore La. Da. si denuncia la violazione della Legge n. 184 del 1983, articoli 1 e 8. Si deduce al riguardo che tali articoli privilegiano il diritto del minore di crescere nella sua famiglia naturale, costituendo l'adozione "extrema ratio", potendosi ricorrere ad essa solo al fine di evitargli un pregiudizio grave al corretto sviluppo psicofisico ed ove non sia possibile un recupero delle capacita' genitoriali, attraverso un idoneo percorso di sostegno. La sentenza impugnata, secondo il ricorrente, non avrebbe compiuto l'accertamento di una simile situazione, ma si sarebbe soffermata soprattutto sull'inidoneita' a svolgere un ruolo genitoriale da parte della nonna paterna, trascurando la sua figura di padre della minore e le sue capacita' genitoriali anche nel loro aspetto potenziale a seguito d'interventi di sostegno.

Si formula il seguente quesito di diritto: "Dica la Corte se - alla luce della natura derogatoria della Legge n. 184 del 1983, articolo 8, rispetto all'articolo 1 della medesima - in assenza della rigorosa valutazione di tutti gli indici di giudizio indicati dalla giurisprudenza di legittimita', possa dichiararsi sussistente lo stato di abbandono materiale e morale".

Con il secondo motivo si denunciano la violazione della Legge n. 184 del 1983, articolo 17, nonche' vizi motivazionali. Si deduce in proposito che nella sentenza mancherebbero i riscontri oggettivi circa l'inidoneita' del ricorrente a svolgere il ruolo paterno, provenendo gli elementi probatori dai quali cio' e' stato desunto essenzialmente da dichiarazioni dei genitori del ricorrente, parti in causa a loro volta, da un fraintendimento di dichiarazioni di esso ricorrente, da una CTU, le cui affermazioni si sottopongono a critica, riguardante essenzialmente l'idoneita' dei nonni paterni a svolgere il ruolo di affidatari.

Il ricorso e' inammissibile, risolvendosi il primo motivo in una sostanziale censura del merito della decisione adottata ed essendo comunque assorbente la considerazione che esso non e' accompagnato da un idoneo quesito ai sensi dell'articolo 366 bis c.p.c., (Cass. sez. un. 1 ottobre 2007, n. 20603; Cass. 18 luglio 2007, n. 16002; 7 aprile 2008, n.8897).

3.1. Passando all'esame del ricorso proposto da Pe. Pi. e La. Ro. , essi con il primo motivo denunciano la violazione o falsa applicazione della Legge n. 184 del 1983, articoli 1 e 8. Deducono al riguardo che la Corte d'appello, pur avendo interpretato esattamente tali norme - che privilegiano la crescita del minore nella propria famiglia di origine, presso i propri genitori ovvero figure parenterali sostitutive, considerando l'adozione "extrema ratio", quale rimedio al quale e' possibile ricorrere solo nel caso in cui il minore versi in stato di abbandono da parte dei genitori e dei parenti tenuti a provvedervi, cioe' risulti privo, da parte di costoro, delle cure minime, materiali e psicologiche, necessarie per assicurarne il corretto sviluppo psicofisico - ne avrebbe fatto, nel caso di specie, erronea applicazione. Cio' tenuto conto che lo stato di abbandono non va esaminato in astratto, bensi' in base a riscontri obbiettivi circa l'inidoneita' delle figure parentali ad assicurare detto corretto sviluppo, che non emergerebbe dalla sentenza impugnata, la quale si baserebbe su mere valutazioni soggettive e indiziarie. I ricorrenti deducono che la Corte ha fondato il proprio convincimento circa la loro inidoneita' a prendersi adeguata cura della nipote essenzialmente sulla base dei difficili rapporti fra di essi ed il nucleo familiare materno, conflittualita' che nulla ha a che vedere con lo stato di abbandono della minore che giustifica la dichiarazione dello stato di adottabilita'. Cio' a prescindere dall'ingiustificata negazione della genuinita' delle dichiarazioni delle parti circa il venir meno di tale conflittualita', ricollegata a fatti ormai lontani nel tempo e verosimilmente venuta meno anche per la cessazione della relazione fra i genitori della minore. Si deduce che, comunque, in proposito, stante la rilevanza delle circostanze sopravvenute nel corso del giudizio ai fini della verifica dell'attualita' dello "stato di abbandono", la Corte non avrebbe potuto dichiararlo senza idonee verifiche al riguardo. La Corte, inoltre, non avrebbe dato adeguata valenza a tutto cio' che essi ricorrenti avevano fatto per la nipote sin dalla nascita, prima supportando la madre per quanto possibile e poi chiedendone l'affidamento e prendendosene cura con affetto e premura; visitandola costantemente quando era ospitata in comunita'.

La sentenza, infatti, baserebbe la sua motivazione non su riscontri obbiettivi, ma su mere valutazioni soggettive.

Si formula in proposito il seguente quesito di diritto: "Dica la Corte, considerata la natura di extrema ratio dello strumento adozionale come previsto dalla Legge n. 184 del 1983; considerata altresi' la necessita' di escludere la sussistenza dello stato di abbandono di cui all'articolo 8, di detta legge, laddove la famiglia di origine, tenuto conto delle circostanze modificative intervenute durante il giudizio di opposizione e/o di appello, appaia in grado di offrire un minimo di cure materiali e morali tali da garantire un adeguato sviluppo psicofisico del minore, se lo stato di abbandono di un minore possa e quindi debba escludersi laddove emerga dagli atti di causa la seria disponibilita' degli ascendenti (nella fattispecie nonni paterni) a occuparsene e la loro attuale capacita' di offrire al minore quel minimo di cure materiali e morali sufficienti a garantirne l'adeguato sviluppo psicofisico, eventualmente facendo ricorso ai sostegni psicologici e sociali opportuni nell'interesse del minore; dica in particolare se lo stato di abbandono di un minore da parte degli ascendenti possa essere dichiarato sulla base di un mero giudizio sui rapporti conflittuali tra i nuclei familiari dei due genitori esistenti in epoca anteriore all'instaurazione della causa. Dica, inoltre, la Corte se sussiste il vizio di violazione della Legge n. 184, articoli 1 e 8, laddove l'adozione venga disposta pur in presenza di una famiglia di origine problematica ma senza che tuttavia il minore corra un rischio di danno morale o materiale".

Il motivo e' inammissibile, non rapportandosi alla effettiva "ratio decidendi" della sentenza.

Va infatti considerato che la "situazione di abbandono" che rende necessaria la dichiarazione di adottabilita', come ha sostanzialmente ritenuto la sentenza impugnata, non consiste soltanto nel rifiuto intenzionale e irrevocabile dell'adempimento dei doveri genitoriali e parentali, ma anche in una situazione di fatto obiettiva che a prescindere dagli intendimenti e desideri dei genitori e parenti, impedisca o ponga in pericolo il sano sviluppo psicofisico del minore, dovendosi prescindere da giudizi di responsabilita' e colpevolezza a carico di genitori e parenti e dovendosi invece guardare unicamente alla situazione oggettiva e all'interesse esclusivo del minore.

In tale ottica la sentenza impugnata ha accertato, in conformita' a quanto gia' fatto nel grado precedente - con giudizio e valutazioni che rientrano nella competenza esclusiva del giudice del merito, incensurabili in questa sede in quanto adeguatamente motivate - la "perdurante incapacita' degli appellanti a farsi carico dell'accudimento della piccola Al. " (pag. 13).

Con particolare riferimento agli odierni ricorrenti, nonni paterni, la sentenza ha ritenuto - sulla base di una lunga elencazione (pagg. 13 - 18) di fatti obbiettivi che hanno contraddistinto negli anni i rapporti familiari sin dal sorgere della relazione fra i genitori della minore - una non superata e non superabile situazione di conflittualita' con la madre della bambina e la sua famiglia, che secondo le emergenze istruttorie si e' rivelata dannosa per il suo sereno sviluppo psichico. La sentenza ha specificamente sottolineato (pagg. 17 - 18) l'emersione, nel corso dell'esperito affidamento della minore, a causa di tale intollerabile conflittualita', di una persistente volonta' della nonna Pe. Pi. d'interrompere ogni rapporto non solo fra la bambina e i nonni materni, ma anche nei confronti della madre, considerando l'affidamento quale un rapporto analogo all'adozione, in un'errata visione del proprio compito e della relazione che la minore avrebbe dovuto conservare con la madre, ritenuta dalla nonna oggettivamente non possibile, in relazione alle profonde diversita' fra le rispettive famiglie ed il loro modo di essere e di vivere.

In relazione a tali emergenze la Corte d'appello ha accertato, sulla base della CTU esperita, conseguenze gravemente negative per la minore, in un contesto valutativo del suo interesse - al quale unicamente deve farsi riferimento, essendo esso prevalente per legge rispetto ai desideri e intendimenti, ancorche' moralmente apprezzabili, degli altri soggetti coinvolti nella vicenda - riservato in via esclusiva al giudice di merito. Il quale ha giudicato (pag. 25) che "l'equilibrio psichico, le esigenze affettive, i bisogni" della minore, sulla base degli elementi emersi "non troverebbero risposta adeguata, come i fatti hanno gia' confermato, nell'affidamento della bambina ai nonni paterni". E cio' sulla base anche di una serie di circostanze che si riportano specificamente (pag. 25 - 27) a motivazione di detta valutazione conclusiva e di un esame della situazione psicologica della minore (pagg. 28 e 32) che ha fatto ritenere alla Corte, come gia' al tribunale, che l'interesse della minore ad un sano e sereno sviluppo psicofisico richiedesse la declaratoria dello stato di adottabilita'.

Ne deriva che il motivo formulato si palesa inammissibile, muovendo da presupposti opposti a quelli accertati dalla sentenza impugnata e non censurandone la "ratio decidendi" effettiva.

3.2. Parimenti inammissibile e' il secondo motivo, con il quale si denunciano vizi motivazionali, nella sostanza censurando le valutazioni di merito della sentenza impugnata, senza peraltro che il motivo si concluda con la sintesi richiesta dall'articolo 366 bis c.p.c. Cass. sez. un. 1 ottobre 2007, n. 20603; Cass. 18 luglio 2007, n. 16002; 7 aprile 2008, n.8897).

In relazione alla natura ed alle particolarita' della causa si ravvisano giusti motivi per compensare le spese.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE

Riuniti i ricorsi li dichiara inammissibili. Compensa le spese del giudizio di cassazione.

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