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Sulla legittimazione del coniuge in comunione dei beni a proporre opposizione di terzo
Pubblicata il 01/04/2008
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DECISIONE
sul ricorso in opposizione di terzo n. 10238/2002, proposto dal
Sig. Giuliano QUARTULLO , nato a Roma il 23 agosto 1940, rappresentato e difeso dall’Avv. Giuseppe Salivetto, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo, in Roma, via Guido Banti, n. 34
contro
l’ AZIENDA USL ROMA/D, in persona del Direttore Generale, legale rappresentante in carica, Avv. Marco Bonamico, rappresentata e difesa dall’Avv. Franco Graglia, con domicilio eletto in Roma, presso la sede legale dell’Ente, via di Casalbernocchi, Località Casalbernocchi – Acilia – 00125,
e nei confronti
- del Comune di Roma, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’Avv. Marco Brigato, con domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura Comunale, in Roma, via del Tempio di Giove, n. 21;
- della Regione Lazio, n. c.
per la riforma
della decisione della Sezione n. 1475 dell’1 dicembre 1997, emessa nel giudizio d’appello avverso la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sez. I bis, n. 1555 del 16 settembre 1996, promosso dall’Azienda U.S.L. RM/D, contro la Signora Luiso Troisi e nei confronti del Comune di Roma, e della Regione Lazio, in tema di immissione in ruolo;
Visto il ricorso in opposizione di terzo, con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Azienda USL Roma/D del Comune di Roma;
Viste le memoria prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 20 febbraio 2007, il Consigliere Chiarenza Millemaggi Cogliani; Nessuno è comparso per le parti;
Vista la sentenza impugnata;
Considerato in fatto
- con la decisione opposta la Sezione, accogliendo l’appello proposto dall’Azienda sanitaria intimata, ha riformato la sentenza n. 1555 del 16 settembre 1996, emessa in primo grado dalla Sezione I bis del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, ed ha, per l’effetto, respinto il ricorso proposto dalla Signora Lucia Troisi avverso gli atti con i quali la cessata USL RM/15, ha annullato la procedura concorsuale, in forza della quale era stata disposta l’assunzione in servizio della stessa Troisi, in qualità di commessa e la nomina dell’interessata;
- l’opponente sostiene che, in quanto coniuge, in regime di comunione di beni, della Sig. Lucia Troisi, avrebbe un personale interesse ad opporsi alla decisone di appello, e chiede che sia revocata, con consequenziale conferma della sentenza di primo grado, per essere i provvedimenti impugnati in primo grado ed annullati dal TAR, viziati da eccesso di potere e violazione di legge, oltre che elusivi di giudicato;
- si sono costituiti in giudizio, per resistere all’opposizione,l’Azienda sanitaria USL RM/D ed il Comune di Roma, la prima in particolare eccependo, fra l’altro, l’inammissibilità per difetto di legittimazione;
Ritenuto e considerato in diritto:
- il coniuge in regime di comunione di beni non è, in linea di principio, titolare di alcuna legittima aspettiva alla conservazione, nella sfera giuridica dell’altro coniuge, della fonte dalla quale proviene il reddito destinato a confluire nella comunione familiare, a meno che non si tratti di un bene o di un’azienda sin dall’origine compresi, essi stessi, nella comunione legale contemplata dal codice civile;
- infatti, il regime patrimoniale legale della famiglia, ovvero la comunione dei beni, fissata dall’art. 159 del codice civile (nel testo sostituito dall’art. 41 della legge 19 maggio 1978 n. 151) e regolata dalla Sezione III, del Capo VI, Titolo VI, Libro I del codice civile, definisce, all’art. 177, l’oggetto della comunione legale, comprendendovi soltanto:
a) gli acquisti compiuti dai coniugi, insieme o separatamente durante il matrimonio (ad esclusione di quelli relativi ai beni personali);
b) i frutti dei beni propri dei coniugi, percepiti e non consumati allo scioglimento della comunione;
c) i proventi dell’attività separata di ciascuno dei coniugi, se, allo scioglimento della comunione, non siano stati consumati; delle aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio;
d) gli utili e gli incrementi derivanti dalle aziende costituite anteriormente al matrimonio da uno dei coniugi e successivamente gestite da entrambi;
ed escludendo, invece, i beni “personali” indicati dall’art. 179 dello stesso codice civile, fra cui sono annoverati quelli “che servono all’esercizio della professione del coniuge” e quelli “ottenuti a titolo di risarcimento del danno, nonché la pensione attinente alla perdita parziale o totale della capacità lavorativa”;
- dal complesso delle disposizioni che precedono, ed in linea generale dalle norme che governano i rapporti fra i coniugi, non è dato rinvenire alcuna disposizione che lasci intravedere una qualsiasi giuridica rilevanza della aspettativa riposta da uno dei coniugi nell’espletamento di una determinata attività separata, ancorché idonea alla produzione di “proventi” da destinarsi ai bisogni della famiglia, ed, in caso di regime legale, destinati poi a confluire nella comunione dei beni;
- al contrario, lo stesso regime generale (quello patrimoniale legale) appare rivolto a preservare la sfera delle autonomie personali nella quale sono riconducibili la generalità delle posizione soggettive di diritti ed interessi non strettamente inerenti al coniugio;
- ne consegue che nella sfera del coniuge (quand’anche in regime di comunione di beni) di un soggetto titolare di una posizione di interesse legittimo non è riconoscibile la titolarità di una posizione differenziata e autonoma, che lo legittimi a proporre opposizione di terzo avverso la decisione amministrativa che inerisce alla sfera personale degli interessi legittimi dell’altro coniuge, se non, eventualmente, nel caso che la decisione sia direttamente incidente su un oggetto rientrante nell’ambito della comunione familiare;
- a ciò è estraneo l’interesse alla instaurazione o al mantenimento di un rapporto di impiego con una parte pubblica, in quanto l’aspettativa alla realizzazione dell’interesse sostanziale fatto valere in giudizio dall’altro coniuge è, per altro partecipante alla comunione dei beni, un interesse di mero fatto e, come tale, non suscettibile di tutela;
- invero non sono che remoti, ipotetici ed eventuali gli effetti della decisione sui beni in comunione (da cui l’attuale opponente trae argomento per sostenere la legittimazione oppositiva);
Ritenuto, in conclusione, che:
- il ricorso è manifestamente inammissibile, per difetto di legittimazione attiva dell’opponente;
- le spese del giudizio, che si liquidano in dispositivo, devono essere poste a carico dell’opponente ed in favore dei resistenti;
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) - definitivamente pronunciando, dichiara inammissibile l’opposizione di terzo in esame;
Condanna l’opponente al pagamento,in favore dei resistenti, delle spese del presente giudizio di opposizione, che si liquidano in complessivi € 4.000,00=, da corrispondere in ragione di €2.000,00= in favore dell’Azienda USAL RM/D, e di € 2.000,00= in favore del Comune di Roma, per entrambi oltre IVA e CPA, come per legge;
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 20 febbraio 2007, dal Consiglio di Stato in s.g. (Sez. V) riunito in camera di consiglio con l'intervento dei seguenti Magistrati:
Raffaele CARBONI PRESIDENTE
Chiarenza MILLEMAGGI COGLIANI est. CONSIGLIERE
Aldo FERA CONSIGLIERE
Marco LIPARI CONSIGLIERE
Giancarlo GIAMBARTOLOMEI CONSIGLIERE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA