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Il Comune è responsabile dei danni subiti dal pedone caduto nel tombino sporgente, ove mancasse qualsivoglia segnale

Allorquando si faccia valere la responsabilita' extracontrattuale della pubblica amministrazione per danni subiti dall'utente a causa delle condizioni di manutenzione di una strada pubblica, la valutazione della sussistenza di un'insidia, caratterizzata oggettivamente dalla non visibilita' e soggettivamente dalla non prevedibilita' del pericolo, costituisce un giudizio di fatto, incensurabile in sede di legittimita' se adeguatamente e logicamente motivato (confr. Cass. civ., 19 luglio 2005, n. 15224). Nella fattispecie il giudice di merito ha affermato che l'instabilita' del tombino costituiva, in mancanza di qualsivoglia segnalazione dei lavori in corso e di recinzione della zona interessata, un pericolo occulto e imprevedibile, segnatamente rimarcando l'incongruita' della linea difensiva della convenuta amministrazione - volta a rovesciare sull'infortunata la responsabilita' dell'accaduto - alla luce del criterio, di elementare buon senso, che proprio per la mancanza di ogni segnalazione, l'utente poteva camminare indifferentemente sull'uno o sull'altro lato della strada.

Corte di Cassazione Sezione 3 Civile, Sentenza del 18 novembre 2010, n. 23277



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco - Presidente

Dott. UCCELLA Fulvio - Consigliere

Dott. AMATUCCI Alfonso - Consigliere

Dott. SPIRITO Angelo - Consigliere

Dott. AMENDOLA Adelaide - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI SANT'ANTIMO, (OMESSO), in persona del Commissario Prefettizio p.t. dott. D'. Ga. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SICILIA 50, presso lo studio dell'avvocato NAPOLITANO LUIGI, rappresentato e difeso dall'avvocato MARONE GHERARDO giusta delega a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

D'. AN. , (OMESSO), elettivamente domiciliata in ROMA, presso CANCELLERIA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'Avvocato GRILLO GIOVANNI, con procura del dott. Notaio Andrea Valente in Caivano, del 08/102010, rep, n. 2895;

- controricorrenti -

avverso la sentenza n. 1263/2006 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI, Sezione Prima Civile, emessa il 22/03/2006, depositata il 27/04/2006; R.G.N. 1263/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/10/2010 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

udito l'Avvocato Gherardo MARONE;

udito l'Avvocato Giovanni GRILLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. LECCISI Giampaolo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

I fatti di causa possono cosi' ricostruirsi sulla base della sentenza impugnata.

D'.An. , con atto di citazione notificato il 12 gennaio 198 9, convenne in giudizio il Comune di Sant'Antimo chiedendo il ristoro dei danni patiti a seguito di una caduta, determinata dallo stato di dissesto del fondo stradale.

L'ente, costituitosi in giudizio, contesto' la domanda attrice.

Con sentenza del 12 febbraio 2004 il Tribunale di Napoli rigetto' la domanda.

Su gravame della soccombente, la Corte d'appello l'ha invece ritenuta fondata e, per l'effetto, ha condannato il Comune di Sant'Antimo al pagamento in favore della D'. della somma di euro 55.798,54.

Avverso detta pronuncia ha proposto ricorso per cassazione, illustrato anche da memoria, il Comune di Sant'Antimo, formulando un solo, complesso motivo con pedissequo quesito.

Ha resistito con controricorso la D'. .

Il giudizio, rinviato a nuovo ruolo all'udienza del 19 febbraio 2006, a seguito del decesso del difensore dell'intimata, e' stato trattato e deciso all'udienza odierna.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 Nell'unico mezzo il Comune di Sant'Antimo lamenta insufficienza della motivazione su un punto decisivo della controversia. Oggetto della critica e' il convincimento del giudice a quo in ordine alla eziologia dell'evento lesivo. Secondo la Corte territoriale, invero, l'instabilita' del tombino sul quale la D'. era andata ad inciampare costituiva evento imprevedibile, e quindi insidia per l'ignaro passante, idonea all'affermazione dell'efficienza causale della condotta della P.A. nella determinazione dell'evento.

Sostiene invece il deducente che, considerate le caratteristiche di tempo e di luogo in cui si era verificato il sinistro, l'attrice bene avrebbe potuto prevedere un pericolo per la sua incolumita' e, conseguentemente, adottare tutte le cautele necessarie ad evitare che esso si materializzasse, transitando sul lato della strada non interessato dai lavori.

2 La doglianza e' infondata.

E' consolidata affermazione di questo giudice di legittimita' che, in tema di responsabilita' per danni da beni di proprieta' della Pubblica amministrazione, qualora non sia applicabile la disciplina di cui all'articolo 2043 cod. civ., norma che non limita affatto la responsabilita' della P.A. per comportamento colposo alle sole ipotesi di esistenza di un'insidia o di un trabocchetto. Conseguentemente, secondo i principi che governano l'illecito aquiliano, gravera' sul danneggiato l'onere della prova dell'anomalia del bene, che va considerata fatto di per se' idoneo - in linea di principio - a configurare il comportamento colposo della P.A., mentre spettera' a questa dimostrare i fatti impeditivi della propria responsabilita', quali la possibilita' in cui l'utente si sia trovato di percepire o prevedere con l'ordinaria diligenza la suddetta anomalia o l'impossibilita' di rimuovere, adottando tutte le misure idonee, la situazione di pericolo (confr. Cass. 6 luglio 2006, n. 15383).

Non e' superfluo aggiungere che siffatto ordine di idee ha a suo tempo ricevuto il significativo avallo della Corte costituzionale la quale, chiamata a scrutinare la conformita' con gli articoli 3, 24 e 97 Cost. degli articoli 2051, 2043 e 1227 cod. civ., ha ritenuto infondato il dubbio proprio in ragione della aderenza ai principi della Carta fondamentale del nostro Stato dell'interpretazione affermatasi nella giurisprudenza di legittimita' (confr. Corte cost. n. 156 del 1999).

2.1 Principio altrettanto pacifico e' poi che, allorquando si faccia valere la responsabilita' extracontrattuale della pubblica amministrazione per danni subiti dall'utente a causa delle condizioni di manutenzione di una strada pubblica, la valutazione della sussistenza di un'insidia, caratterizzata oggettivamente dalla non visibilita' e soggettivamente dalla non prevedibilita' del pericolo, costituisce un giudizio di fatto, incensurabile in sede di legittimita' se adeguatamente e logicamente motivato (confr. Cass. civ., 19 luglio 2005, n. 15224).

3 Venendo al caso di specie, il giudice di merito ha affermate che l'instabilita' del tombino costituiva, in mancanza di qualsivoglia segnalazione dei lavori in corso e di recinzione della zona interessata, un pericolo occulto e imprevedibile, segnatamente rimarcando l'incongruita' della linea difensiva della convenuta amministrazione - volta a rovesciare sull'infortunata la responsabilita' dell'accaduto - alla luce del criterio, di elementare buon senso, che proprio per la mancanza di ogni segnalazione, l'utente poteva camminare indifferentemente sull'uno o sull'altro lato della strada.

Cio' significa che il decidente ha valutato, in termini che non possono essere tacciati di implausibilita' e di illogicita' rispetto al contesto fattuale di riferimento, la sussistenza dei presupposti per l'applicabilita' del presidio generale di cui all'articolo 2043 cod. civ. e ha poi dato del suo convincimento una motivazione esaustiva e corretta. Tanto basta perche' la relativa valutazione si sottragga al sindacato di questa Corte.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato.

Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE

rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in complessivi euro 4.200,00 (di cui euro 200,00 per spese), oltre IVA e CPA, come per legge.
 

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