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Il liquidatore della compagnia non rappresenta in giudizio il Fondo vittime della strada

In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, dopo la messa in liquidazione coatta amministrativa della compagnia assicuratrice, la legittimazione passiva con riguardo all'azione risarcitoria del danneggiato spetta unicamente all'impresa designata (non cessionaria) per la liquidazione dei sinistri per conto del Fondo di garanzia per le vittime della strada mentre resta irrilevante che il Commissario Liquidatore - litisconsorte necessario in quel giudizio - sia autorizzato, ai sensi dell'art. 9 del d.l. n. 857 del 1976, convertito, con modificazioni, nella legge n. 39 del 1977 alla liquidazione di danni per conto di detto fondo di garanzia. Siffatta autorizzazione attiene, infatti, solo alla fase stragiudiziale dei sinistri e non si concreta nel riconoscimento al Commissario Liquidatore di una legittimazione a stare in giudizio per conto del Fondo, restando anche in tal caso la legittimazione riferita solo alla detta impresa ed essendo la partecipazione del Commissario quale litisconsorte necessario finalizzata solo a rendere il giudicato opponibile alla liquidazione coatta. (Corte di Cassazione Sezione 3 Civile, Sentenza del 20 giugno 2008, n. 16798)





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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NANNI Luigi Francesco - Presidente

Dott. URBAN Giancarlo - Consigliere

Dott. CHIARINI Maria Margherita - Consigliere

Dott. TRAVAGLINO Giacomo - Consigliere

Dott. FRASCA Raffaele - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

CO. CO. SE. AS. PU. S.p.A., gestione autonoma del Fo. di. Ga. pe. le. Vi. de. st., in persona dell'avv. Fe. Em., quale procuratore speciale dell'Amministratore Delegato e legale rappresentante Dott. Ca. Cl., elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA BORGHESE 3, presso lo studio dell'avvocato CALANDRELLI VALENTINO, che la difende unitamente all'avvocato VINCENZO TROIANI, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

PH. &. UP. SPA;

- intimato -

e sul 2 ricorso n. 01546/04 proposto da:

PH. &. UP. SPA, in persona del suo presidente Dott. Br. Em., elettivamente domiciliata in ROMA VIA F.LLI RUSPOLI 2, presso lo studio dell'avvocato MARIO ALBANESE, che la difende unitamente all'avvocato LORENZO PELLICANO', giusta delega in atti;

- controricorrente e ricorrente incidentale -

e contro

CO. SPA;

- intimato -

avverso la sentenza n. 2306/03 della Corte d'Appello di MILANO, sezione terza civile emessa il 15/4/2003, depositata il 22/07/03; RG. 1589/01;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/04/08 dal Consigliere Dott. Raffaele FRASCA;

udito l'Avvocato MARIO ALBANESE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. LECCISI Giampaolo che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e l'assorbimento del ricorso incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La S.p.a. Ph. e. Up. (gia' Fa.) intimava precetto alla Co. s.p.a. - Ge. au. de. Fo. di. Ga. Vi. de. St. e, quindi procedeva a pignoramento mobiliare presso terzi nei suoi confronti, sulla base di titolo esecutivo rappresentato dalla sentenza passata in cosa giudicata della Corte d'Appello di Milano che, confermando quella di primo grado, le aveva riconosciuto a titolo di danni a cose per un sinistro stradale la somma di lire 40.340.972 e che era stata pronunciata - a stare alla lettera della sentenza qui impugnata - contro la Sa. re. As. s.p.a. in liquidazione coatta amministrativa e l'impresa designata per i pagamenti e il Commissario Liquidatore per conto dell'I.N.A. - Fo. di. Ga. pe. le. Vi. de. St. ".

La Co. proponeva opposizione all'esecuzione dinanzi al Tribunale di Milano, eccependo che il Fondo suddetto non era il soggetto passivo della pretesa esecutiva, come dimostrava il fatto che le sentenze azionate esecutivamente non contenevano alcuna condanna a suo carico.

Deduceva, inoltre, che il Fondo non aveva rapporti con i danneggiati che debbono agire solo contro l'impresa designata per i pagamenti.

L'opposta creditrice procedente si costituiva e replicava: a) che la questione della legittimazione passiva del Fondo non era mai stata sollevata nel giudizio in cui era formato il titolo esecutivo, onde non poteva piu' sollevarsi con l'opposizione all'esecuzione; b) che l'impresa designata ed il Commissario Liquidatore dell'impresa in l.c.a. sono meri rappresentanti del Fondo, che doveva, dunque sopportare i danni.

Il Tribunale accoglieva l'opposizione, mentre la Corte d'Appello di Milano, con sentenza del 22 luglio 2003, accoglieva l'appello della creditrice procedente e dichiarava il diritto di procedere all'esecuzione della medesima contro la Co..

p. 1.1. La sentenza e' pervenuta a tale conclusione sulla base del principio di diritto enunciato da Cass. sez. un. n. 10496 del 1996, cioe' ritenendo che quando il danno si e' verificato prima della messa in liquidazione coatta amministrativa dell'impresa assicuratrice, come era accaduto nella specie, l'impresa cessionaria del relativo portafoglio assume nel giudizio di risarcimento la posizione di rappresentante sostanziale e processuale del Fo. di. Ga., il quale e' poi soggetto al giudicato.

p. 2. Contro questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione fondato su un unico complesso motivo la Co. Se. As. Pu. s.p.a..

La Ph. &. Up. s.p.a. ha resistito con controricorso, nel quale ha anche svolto un motivo di ricorso incidentale condizionato.

MOTIVI DELLA DECISIONE

p. 1. Preliminarmente il ricorso incidentale va riunito al ricorso principale, nell'ambito del quale e' stato proposto.

p. 2. Con l'unico motivo di ricorso si deduce congiuntamente "violazione e falsa applicazione della Legge n. 990 del 1969 articolo 19 lettera c), della Legge n. 39 del 1977, articolo 9 e del Decreto Legge n. 576 del 1978 articolo 4 convertito nella Legge n. 738 del 1978 con conseguente esclusione della legittimazione della Co. ", nonche' "omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia".

L'illustrazione del motivo e' preceduta da una parte dedicata al "fatto e svolgimento del processo" e da una parte rubricata "diritto", delle quali e' opportuno dare conto.

Nella prima di queste parti si riferisce lo svolgimento processuale assumendo, per quanto interessa ai fini della comprensione del motivo, che il giudizio di risarcimento danni in primo grado, dinanzi al Tribunale di Milano, si era svolto "nei confronti del Signor Ma.Gi., della Sa. As. in l.c.a. e del Commissario Liquidatore della stessa" e che la condanna era avvenuta in solido nei confronti dei convenuti.

Nella seconda delle dette parti si ricordano le ragioni che erano state poste a base della contestazione della legittimazione passiva all'esecuzione, che si sarebbero incentrate sulla prospettazione dei vari passaggi dell'evoluzione normativa, cioe' il regime di cui all'articolo 19 lettera c) (in cui la rappresentanza del Fo. di. Ga. era attribuita in sede di cognizione all'impresa designata, che era anche il soggetto passivo della successiva azione esecutiva e, quindi, aveva diritto di rivalsa verso il Fondo, che invece non aveva alcun rapporto sostanziale e processuale con il danneggiato), quello di cui alla Legge n. 39 del 1977, articolo 9 (attributivo al Commissario Liquidatore solo del potere di liquidazione stragiudiziale dei sinistri per conto del Fondo, ma non di una rappresentanza processuale del medesimo), e quello della Legge n. 738 del 1978, articolo 4 (attributivo della legittimazione all'impresa cessionaria del portafoglio).

Si sostiene, quindi, che nel giudizio di cognizione non era stata convenuta in primo grado "ne' l'impresa designata ne' quella cessionaria, in nome del Fondo", bensi' il Commissario Liquidatore in nome e per conto del Fondo, e che l'impresa designata era stata invece convenuta in appello. Si passa, quindi, all'illustrazione del motivo, iniziando con l'addebitare alla Corte d'Appello di non avere considerato il sistema normativo e di avere erroneamente ritenuto che vi era stata messa in liquidazione della societa' assicuratrice con cessione del portafoglio. Non solo la Corte territoriale avrebbe fatto questa affermazione senza verificarla ma l'avrebbe incidentalmente smentita, la' dove ha affermato che la sentenza resa in sede cognitiva era passata in giudicato nei confronti dell'impresa designata e del Commissario Liquidatore. Comunque in nessun documento di causa figurava l'ipotesi di una cessione del portafoglio ed anzi il decreto ministeriale di messa in liquidazione non menzionava affatto una cessione.

Se ne fa discendere che la Corte territoriale avrebbe dovuto applicare il sistema di cui alla Legge n. 990 del 1969 articolo 19 lettera c) e, quindi, escludere la legittimazione del Fondo. Del tutto insufficiente ai fini dell'applicazione del regime di cui alla Legge n. 738 del 1978 era, d'altro canto, il riferimento al momento di verificazione del sinistro siccome anteriore a quello della messa in liquidazione.

In fine si rileva che la legittimazione all'azione esecutiva non si sarebbe potuta sostenere nemmeno ai sensi della Legge n. 39 del 1977 articolo 9.

p. 2.1. Con l'unico motivo di ricorso incidentale, espressamente qualificato condizionato e riferito alle spese di soccombenza di primo grado, sulla premessa che la Co. avrebbe rimborsato alla resistente le spese di primo e secondo grado riconosciute dalla sentenza d'appello ed ha restituito quelle poste a carico della resistente dalla sentenza di primo grado e che "quindi, allo stato delle sentenze, Ph. &. Up. s.p.a. non ha domande nei confronti di Co. s.p.a.", si assume che, ove il ricorso di quest'ultima fosse accolto e venisse riformata la sentenza della Corte di Appello, avrebbe interesse autonomo al riesame del capo della sentenza di primo grado che l'ha condannata al pagamento della notevole somma di lire 9.000.000 per spese di soccombenza".

Sulla base di tali deduzioni si dichiara di proporre ricorso incidentale condizionato all'accoglimento del ricorso principale "avverso la sentenza della Corte di Appello, che avendo accolto l'appello, correttamente non poteva pronunciarsi sulle domande relative alle spese di primo grado" e si chiede che qualora venga accolto il ricorso principale con rinvio ad altro giudice quest'ultimo riesamini il capo della sentenza di primo grado che dispose la condanna nelle spese sia con riguardo alla domanda di compensazione, sia con riguardo alla congruita' delle spese liquidate. Dopo di che si passa ad indicare le ragioni che avrebbero potuto giustificare la compensazione delle spese in prima battuta e gradatamente una liquidazione delle stesse in un. minore importo.

p. 3. Il motivo di ricorso principale e' fondato.

In questo giudizio il punto decisivo era stabilire se il titolo esecutivo come formatosi nel giudizio di cognizione sul risarcimento del danno potesse essere azionato nei confronti della Co..

Contrariamente a quanto sostenuto dalla resistente le argomentazioni svolte nel motivo non postulano in alcun modo la prospettazione di una doglianza che esorbiti da tali limiti e riguardi questioni che avrebbero dovuto essere dedotte nel giudizio di cognizione. Il motivo postula solo che la Corte d'appello abbia male ricostruito l'efficacia soggettiva del titolo formatosi in sede cognitiva.

In punto di individuazione dei soggetti fra i quali ebbe luogo lo svolgimento del giudizio in sede cognitiva e fra i quali si era formato il giudicato per effetto della sentenza d'appello le parti sono sostanzialmente concordi con quanto risulta dalla sentenza impugnata, cioe' che il giudicato si formo' contro la Sa. As. s.p.a. in liquidazione coatta amministrativa e l'impresa designata per i pagamenti e il Commissario Liquidatore per conto dell'I.N.A. - Fo. di. Ga. pe. le. Vi. de. St. (che l'impresa designata fosse stata evocata soltanto in appello, come riferisce la ricorrente e' all'uopo circostanza assolutamente irrilevante in questa sede, cioe' nel giudizio di opposizione all'esecuzione).

La questione che pone il motivo e' quella relativa al se', in presenza di un simile atteggiarsi del profilo soggettivo del giudizio nel quale si e' formato il titolo esecutivo, possa ritenersi - come ha opinato la Corte d'Appello - che il titolo abbia valore come tale nei confronti dell'attuale ricorrente.

Questa questione dev'essere risolta negativamente, essendo il ragionamento giuridico con cui la Corte d'Appello l'ha, invece, risolta positivamente, erroneo perche' basato su un erroneo presupposto, cioe' sulla sussunzione della vicenda sotto una disciplina giuridica ed un correlato principio di diritto ai quali, viceversa, non puo' essere ricondotta.

Cio', emerge sia dalla stessa sentenza impugnata, sia dalla concordia delle parti sul riconoscere i presupposti del fatto processuale evidenzianti l'erroneo presupposto, sia e comunque - ma lo si rileva soltanto ad abundantiam - da quanto questa Corte e' tenuta a ravvisare per dover conoscere le norme di diritto applicabili nella specie, ivi compreso il Decreto Ministeriale 19 luglio 1989, con cui la Sa. As. venne messa in liquidazione.

Con riferimento alla sentenza impugnata si rileva che essa ha basato l'estensione dell'efficacia del titolo esecutivo nei confronti della Co. sull'applicazione alla fattispecie di un principio di diritto che ad esso non e' pertinente, cioe' quello di cui a Cass. sez. un. n. 10495 del 1996. Questa decisione, infatti, si riferisce all'ipotesi in cui nel giudizio risarcitorio vi sia stata un'impresa cessionaria del portafoglio di quella posta in liquidazione coatta amministrativa. In questo caso, poiche' tale impresa sta in giudizio quale rappresentante sostanziale e processuale del Fo. di. Ga. pe. le. vi. de. st., e' di tutta evidenza che il titolo esecutivo formatosi formalmente contro detta impresa e', in realta' riferibile e puo' essere fatto valere contro il detto Fondo.

Questa ipotesi ricorre quando viene in rilievo l'ipotesi normativa di cui al Decreto Legislativo n. 576 del 1978, articolo 4 convertito, con modificazioni, nella Legge n. 738 del 1978.

Tale norma, ora abrogata dal Decreto Legislativo n. 209 del 2005 articolo 354 comma 1, cosi' dispone quanto ai primi tre commi;

"L'impresa cessionaria provvede, per tutto il territorio nazionale ed in deroga alla Legge 24 dicembre 1969, n. 990, articolo 19, comma 3, alla liquidazione per conto dell'Istituto nazionale delle assicurazioni, gestione autonoma del Fo. di. ga. pe. le. vi. de. st., dei danni verificatisi anteriormente alla data di pubblicazione del decreto di liquidazione coatta di cui all'articolo 1, che debbono essere risarciti dal predetto ente a norma dello stesso articolo 19 della citata legge.

La somma determinata nella liquidazione, se accettata dal creditore, e' corrisposta, nei limiti di cui alla Legge 24 dicembre 1969, n. 990, articolo 19, comma 2, e articolo 21, comma 3, direttamente all'istituto nazionale delle assicurazioni, gestione autonoma del Fo. di. ga. pe. le. vi. de. st..

Qualora non sia intervenuto accordo sulla somma liquidata, il creditore ha azione nei confronti dell'Istituto nazionale delle assicurazioni, gestione autonoma del Fo. di. ga. pe. le. vi. de. st., per conseguire quanto da quest'ultimo dovuto. L'azione si esercita convenendo in giudizio l'impresa cessionaria in nome dell'Istituto nazionale delle assicurazioni, gestione autonoma del Fo. di. ga. pe. le. vi. de. st.. Nel giudizio deve essere convenuto anche il commissario liquidatore".

Ora, come rivela il comma 3, quando la vicenda risarcitoria attinge la giurisdizione il soggetto passivo in senso formale e' l'impresa cessionaria, che pero' e' parte appunto solo in senso formale, essendo essa in giudizio "in nome e per conto" del Fondo.

Ne consegue che, se nel giudizio in cui si e' formato il titolo l'impresa designata (cioe' l' As. As. s.p.a.) fosse stata cessionaria del portafoglio della Sa. il principio di diritto invocato dalla sentenza impugnata sarebbe stato pertinente. Il titolo esecutivo formatosi nei confronti dell'As. sarebbe stato solo formalmente riferibile ad essa, mentre in realta', dovendosi ritenere che essa era stata in giudizio in nome e per conto della parte sostanziale costituita dal Fondo, nella sostanza sarebbe stata a questo riferibile.

Senonche', e' dato pacifico tra le parti (posto che la stessa resistente non lo ha contestato) e comunque emerge dal Decreto Ministeriale 19 luglio 1989 che l' As. non era cessionaria del portafoglio.

La fattispecie concreta oggetto di giudizio e' stata, dunque, erroneamente sussulta dalla Corte territoriale sotto il principio di diritto di cui alla citata sentenza delle Sezioni Unite.

Il fatto, poi, che nel giudizio cognitivo fosse stato evocato il Commissario liquidatore della Sa. e che esso, ai sensi del Decreto Legge n. 857 del 1976 articolo 9 convertito, con modificazioni, nella Legge n. 39 del 1977 fosse stato autorizzato a procedere per conto del Fondo alla liquidazione dei danni, era del tutto inidoneo a giustificare che lo stare in giudizio di quel Commissario potesse comportare che la parte in senso sostanziale fosse il Fondo: e' giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte (da ultimo Cass. n. 22316 del 2007; n. 4000 del 2004) che detta autorizzazione attiene solo alla fase stragiudiziale dei sinistri e non si concreta nel riconoscimento al Commissario Liquidatore - pur litisconsorte necessario - di una legittimazione a stare in giudizio per conto del Fondo, restando la legittimazione riferita solo all'impresa designata (non cessionaria) ed essendo la partecipazione al giudizio del Commissario quale litisconsorte necessario finalizzata soltanto a rendere il giudicato opponibile alla liquidazione coatta.

In base a tali rilievi la sentenza impugnata dev'essere cassata.

L'esecuzione non poteva avere luogo nei riguardi della Co., cosi' come aveva ritenuto il Tribunale in primo grado. Invero, il Fo. di. Ga. non poteva ritenersi essere stato parte (ne' formale ne' sostanziale) del giudizio e se non lo era stato il titolo esecutivo cola' formatosi non poteva azionarsi nei suoi confronti (in termini, come premessa al successivo svolgimento di argomenti relativi ad una fattispecie in cui l'impresa designata era cessionaria, ma il giudizio non era stato promosso nei suoi confronti in nome e per conto del Fondo, bensi' coinvolgendo solo il Commissario liquidatore, si veda Cass. n. 400 del 2004, gia' citato).

p. 2.2. Non essendo necessari accertamenti di fatto per apprezzare la questione della esclusione della soggezione della Co. all'efficacia del titolo e' possibile a questo punto decidere nel merito e, quindi, la Corte, cassata la sentenza impugnata, provvedendo sull'appello, ne puo' dichiarare l'infondatezza quanto al motivo tendente a rivendicare la soggezione della Co. all'efficacia del titolo esecutivo.

p.2.3. La cassazione della sentenza impugnata comporta l'assorbimento del motivo di ricorso incidentale condizionato, che, del resto, era inammissibile, tenuto conto che la sentenza d'appello aveva, nel riformare la sentenza di primo grado, provveduto nuovamente sulle spese sia del primo che del secondo grado.

p. 2.4. Viceversa, essendo pacifico (ed emergendo dalle conclusioni delle parti riportate nella sentenza impugnata) che in via subordinata al motivo di appello principale la qui resistente aveva, per il caso di un suo rigetto, chiesto in primis la riforma della sentenza di primo grado sulle spese di lite poste a suo carico con compensazione delle stesse e, gradatamente, la loro rideterminazione per essere state esse liquidate in misura eccessiva, la Corte, ferma la cassazione e decisione nel merito quanto al primo motivo di appello, potrebbe fare luogo ad una cassazione con rinvio ai fini della decisione da parte del giudice d'appello sui due gradati motivi di appello mora detti, che erano rimasti assorbiti per l'accoglimento del primo motivo di appello. La Corte, ritiene, tuttavia che il principio di economia processuale e della ragionevole durata del processo consigli di decidere nel merito anche sui due motivi afferenti alle spese.

Al riguardo, ritiene la Corte che possa accogliersi il motivo con cui in appello la qui resistente aveva chiesto compensarsi le spese del giudizio di primo grado (non a caso nella sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Milano, la pur sostanzialmente corretta motivazione, fa riferimento a tre precedenti che non sono esattamente in termini ai fini della soluzione della questione: Cass. n. 4489 del 1985, Cass. sez. un. n. 10495 del 1996; Cass. n. 3327 del 1998).

Ne consegue che, decidendo sull'appello quanto al motivo afferente alla chiesta compensazione delle spese del giudizio di primo grado la Corte lo accoglie e ravvisa giusti motivi per una compensazione delle spese di quel giudizio.

La Corte ritiene, inoltre, di far luogo a compensazione anche delle spese del giudizio di appello.

In fine, il Collegio ritiene di compensare anche le spese del giudizio di Cassazione.

P.Q.M.

La Corte, riunisce i ricorsi, accoglie il principale e cassa la sentenza impugnata. Dichiara assorbito l'incidentale. Decidendo nel merito, rigetta l'appello quanto al primo motivo, lo accoglie quanto al motivo afferente alla compensazione delle spese del giudizio di primo grado. Compensa le spese del giudizio di appello e del giudizio di cassazione.

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