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In caso di investimento mortale di un anziano che ha attraversato la strada al di fuori delle strisce pedonali, non è possibile affermare la ricorrenza di un caso fortuito

In caso di investimento mortale di un anziano che ha attraversato la strada al di fuori delle strisce pedonali, non è possibile affermare la ricorrenza di un caso fortuito, ovvero di un avvenimento imprevisto ed imprevedibile che si inserisce d'improvviso nell'azione del soggetto e che non può in alcun modo - neanche a titolo di colpa - farsi risalire all'azione dell'agente, laddove l'agente stesso sia posto in condizioni di illegittimità tenendo una condotta non conforme alle norme di legge o ai fondamentali principi di comune prudenza. In tali ipotesi, infatti, il profilo di colpa addebitabile all'imputato deve essere più propriamente individuato in una fase anteriore a quella immediatamente precedente all'investimento e che, nella fattispecie, consiste nell'avere tenuto una velocità, che pur non spropositata, era eccessiva e in ogni caso nel non avere prestato la necessaria attenzione a ciò che avveniva sulla strada. (Tribunale Roma, Sezione 9 Penale, Sentenza del 12 ottobre 2005, n. 19070)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA

IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA

IX SEZIONE DIBATTIMENTALE PENALE

In persona del dott. Massimo Battistini

alla pubblica udienza del 27 settembre 2005

ha pronunziato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente

SENTENZA

nel procedimento penale di primo grado nei confronti di:

Ti. De Lu. nato (...) a Ro. e ivi elettivamente domiciliato in Via Al. II n. 31 presso l'Avvocato Fr. Fa. D'Ur.,

libero - contumace;

Imputato

del reato p. e p. dall'art. 589 c.p. perché mentre percorreva Via Tr. in direzione Via Ca. alla guida della autovettura Fiat Punto tg (...) a velocità tale da non consentire margini adeguati di sicurezza per di più in prossimità di una curva per colpa consistita in imprudenza negligenza ed imperizia generica e specifica violazione delle norme del codice della strada (art. 141 C.d.S. e art. 142 C.d.S.) investiva il pedone El. Cl. che decedeva a seguito del trauma riportato (fratture multiple).

In Ro. 18.4.97.

Con l'assistenza del cancelliere B3 dott.ssa Luciana Rinaldi e con l'intervento del pubblico ministero dott.ssa Cinzia Dell'Aglio, vice procuratore onorario delegato, e dell'Avvocato Fr. Fa. D'Un. anche in sostituzione dell'Avvocato Gi. Me., difensori di fiducia dell'imputato.

Le parti hanno concluso nel modo seguente:

il Pubblico ministero: attenuanti generiche equivalenti, mesi otto di reclusione;

il difensore dell'imputato: assoluzione perché il fatto non costituisce reato in subordine prescrizione con generiche prevalenti.

MOTIVAZIONE

Il giudice per l'udienza preliminare, con decreto del 3 ottobre 2003, disponeva il giudizio nei confronti dell'imputato affinché rispondesse del reato di cui in epigrafe.

Le risultanze dibattimentali - costituite dal verbale di sequestro dell'autovettura, dal verbale degli accertamenti urgenti sullo stato dei luoghi e delle cose comprensivo dei rilievi fotografici e planimetrici del luogo del sinistro, dalla relazione di consulenza tecnica del medico legale dott. Er. d'Al., dalla testimonianza dell'assistente della Polizia di Stato Br. Ma., dall'esame del consulente tecnico della difesa dott. ing. Ri. Ca. e dall'esame del teste della difesa Sa. Gi. - hanno consentito di affermare i requisiti soggettivo e oggettivo del reato di cui all'art. 589, comma 2, c.p..

Il fatto oggetto del presente processo è accaduto in data 18 aprile 1997 in Ro., Via Tr. e ha visto coinvolti l'odierno imputato che si trovava alla guida della Fiat Punto con targa straniera (...), sulla quale viaggiava anche il passeggero Sa. Gi., e il pedone El. Cl. nato nell'anno 1922.

Per quanto attiene alle modalità di verificazione del fatto nella ricostruzione operata dall'assistente Br. Ma., documentata negli atti di polizia giudiziaria, sono stati evidenziati, con riferimento al disegno eseguito nell'immediatezza del sinistro, quattro punti di interesse e precisamente il punto n. 1 indicante una lieve traccia di sangue sull'asfalto, il n. 2 indicante lieve traccia di asportazione di polvere dalla sede stradale prodotta dalla caduta del pedone dopo l'urto e i punti n. 3 e n. 4 riferibili, rispettivamente, a lieve traccia di asportazione di polvere sul marciapiede rialzato e traccia evidente di sangue rilasciata dal pedone (sulla planimetria i punti in argomento hanno assunto i n. 3, 4, 5 e 6). La direzione di marcia del veicolo è stata attendibilmente individuata in quella segnata nel punto n. 1 della planimetria ossia nella direzione Via Ca. del Ma. - Via Ca.; il punto di arresto del mezzo, dopo il sinistro, è quello rappresentato nella planimetria e nelle fotografie in atti e, infine, i danni riportati dalla Fiat sono quelli direttamente rilevabili nelle citate fotografie (rottura del faro anteriore destro, entroflessione della parte superiore del parafango destro, rottura del parabrezza lato destro).

Il teste Br. Ma. ha dichiarato di aver ricostruito la dinamica sul sinistro sulla base degli elementi oggettivi rilevati e ha dichiarato al riguardo, tra l'altro, quanto segue: "noi per la ricostruzione della direzione del pedone ci siamo basati su degli elementi che a nostro avviso erano quelli che potevano darci la certezza. Non tanto quelli della deposizione del conducente dell'autovettura, che poteva essere di parte. Però dai danni riportati sul veicolo e dalla presenza di questo centro anziani che si trova sulla destra, quindi alla destra del senso di marcia della vettura, abbiamo ... presupponiamo che sia uscito da quel centro e si sia ... o comunque sia era vicino al centro ed abbia attraverso da destra verso sinistra ... noi in base alla velocità credo che non abbiamo elevato neanche verbale nei confronti del conducente perché pensiamo che, non essendoci le tracce la posizione dell'autovettura dalla distanza del primo urto, non ci fa pensare che andasse ad una velocità tale. Anche perché c'è stata molto probabilmente la sorpresa del conducente, perché è stata ... altrimenti come reazione avrebbe ...".

Nella relazione di consulenza del dott. Er. D'Al., acquisita con l'accordo delle parti, si legge che la morte violenta del El. Cl. è stata determinata da insufficienza cardiorespiratoria terminale in soggetto affetto da gravissimo trauma cranio-facciale, trauma toracico chiuso e trauma fatturativi dell'arto inferiore sinistro da sinistro stradale.

Il teste Sa. Gi., passeggero dell'autovettura, ha dichiarato, tra l'altro, quanto segue: "stavamo in macchina, io e il signor Ti. De Lu., a un certo punto abbiamo visto un signore attraversare, subito ci si è buttato sotto la macchina e abbiamo investito questo signore ... veramente, se devo dire la verità, io non l'ho neanche visto. Ho sentito solo la botta ... cioè l'ho visto proprio ... mentre stava li davanti, proprio ... L'impatto è stato molto ... Andavamo piano, 30/40 all'ora, 40 ...".

Il dott. ing. Ri. Ca. ha illustrato nel corso del dibattimento la sua relazione che così conclude: "Partendo dal tempo impiegato dal pedone per compiere 2 metri di attraversamento al punto di arresto dell'urto, si è dimostrato che il Ti. De Lu. nulla poteva fare per evitare l'incidente. Sulla base dei rilievi della Polstrada si è dimostrato che il Ti. De Lu. percorreva la Via Tr. a bassa velocità calcolata in 24,05 km/h e che quindi con tutte le dovute approssimazioni del caso, non potrà mai essere considerata una velocità non consona alle caratteristiche ed alle condizioni della strada e ad ogni qualsiasi altra circostanza. Ogni altra ipotesi è sicuramente da rigettare".

Il consulente, in sintesi, ha sostenuto che la velocità di attraversamento del pedone non avrebbe consentito al conducente dell'autovettura di porre in essere manovre idonee a salvaguardare l'anziano.

Il fatto, soprattutto sulla base delle tracce rilevabili sulla sede stradale, è ricostruibile negli esatti termini indicati dagli operatori della Polizia: il pedone è uscita dal centro anziani, ha iniziato l'attraversamento sino a giungere alla metà del senso di marcia della Punto ed è stato investito, caricato sull'auto e sbalzata a terra a qualche metro di distanza dal punto di impana ove venivano lasciate delle tracce correttamente riferite dalla Polizia al corpo del El. Cl..

Il nesso causale tra l'investimento e la morte del pedone è dimostrato pacificamente dalla natura delle gravi lesioni riportate dall'uomo e dal decesso avvenuto proprio nel momento in cui il El. Cl. giunse in ospedale ove è stata adeguatamente assistito anche con l'esecuzione di pratiche rianimatorie.

Per quanto attiene ai profili di colpa attribuibili all'imputato nella causazione della morte del El. Cl. deve ritenersi che le valutazioni del consulente della difesa, sulle quali si è basato il difensore per richiedere l'assoluzione dell'imputato, sono affette da un grave errore concettuale di fondo in quanto le stesse non considerano minimamente i doveri di comportamento del conducente di un autoveicolo e l'evenienza, assolutamente frequente e prevedibile, che sulla strada possa circolare anche un pedone. Invero, oltre all'osservanza del principio generale informatore della circolazione stradale (art. 140 C.d.S.), ai sensi dell'art. 141 C.d.S. è obbligo del conducente regolare la velocità del veicolo in modo che, avuto riguardo alle caratteristiche, allo stato ed al carico del veicolo stesso, alle caratteristiche e alle condizioni della strada e del traffico e ad ogni altra circostanza di qualsiasi natura, sia evitato ogni pericolo per la sicurezza delle persone. Inoltre il conducente deve sempre conservare il controllo del proprio veicolo ed essere in grado di compiere tutte le manovre necessarie in condizione di sicurezza, specialmente l'arresto tempestivo del veicolo entro i limiti del suo campo di visibilità e dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile. In particolare, il conducente deve regolare la velocità, tra l'altro, in prossimità delle intersezioni e nell'attraversamento degli abitati o comunque nei tratti di strada fiancheggiati da edifici. Il conducente deve, altresì, ridurre la velocità e, occorrendo, anche fermarsi in prossimità degli attraversamenti pedonali e, in ogni, caso quando i pedoni che si trovino sul percorso tardino a scansarsi o diano segni di incertezza. Ai sensi dell'art. 191 C.d.S. i conducenti devono fermarsi quando una invalida con ridotte capacità motorie o su carrozzella, o munita di bastone bianco, o accompagnata da cane guida, o comunque altrimenti riconoscibile, attraversa la carreggiata o si accinge ad attraversarla e devono comunque prevenire situazioni di pericolo che possano derivare da comportamenti scorretti o maldestri di bambini o di anziani, quando sia ragionevole prevederli in relazione alle situazioni di fatto.

Diversamente da quanto indicato dal consulente il profilo di colpa imputabile al Ti. De Lu. deve essere più propriamente individuato in una fase antecendente a quella immediatamente prossima all'investimento ossia nell'aver tenuto una velocità, che pur non spropositata, era eccessiva e in ogni caso di non aver prestato la necessaria attenzione a ciò che avveniva sulla strada. L'ipotesi del consulente circa un arresto del mezzo, dopo l'investimento, per sola decelerazione non è assolutamente convincente essendo più plausibile l'immediato arresto del mezzo con efficace azione frenante anche in considerazione della posizione statica dell'autovettura. L'assenza di tracce di frenata si spiega con il fatto che il conducente (e anche il passeggero) si sono accorti del pedone solo nel momento dell'impatto sicché era ormai inutile azionare smodatamente i freni. Tenuto conto del punto di impatto con il pedone anteriore alla macchia di sangue, del luogo ove si è fermata l'autovettura e dei danni consistenti riportati da quest'ultima, la velocità può essere attendibilmente stimata in quella prossima o superiore ai cinquanta chilometri orari e, comunque, la velocità tenuta dal Ti. De. Lu. era sicuramente non consona alle caratteristiche della strada. Questa infatti è fiancheggiata da edifici, poco prima del punto dell'investimento vi era un attraversamento pedonale e dopo tale luogo vi era una curva. Deve, infine, rilevarsi, per completezza, un minimo profilo di colpa a carico del pedone in quanto l'anziano El. Cl., molto probabilmente, non ha prestato la dovuta attenzione al passaggio dell'autovettura e non si è avvalso del passaggio pedonale distante meno di cento metri.

E', dunque, possibile affermare l'insussistenza di un caso fortuito ossia di un avvenimento imprevisto e imprevedibile che si inserisce d'improvviso nell'azione del soggetto e che non può in alcun modo, neanche a titolo di colpa, farsi risalire all'attività psichica dell'agente, in quanto questo caso non ricorre quando l'agente stesso si sia posto in condizioni di illegittimità tenendo una condotta non conforme alle norme di legge o ai fondamentali principi di comune prudenza. In definitiva ove il Ti. De Lu. avesse osservato le norme di comportamento sopra richiamate non avesse cagionato la morte del El. Cl..

La giovane età del Ti. De Lu., l'incensuratezza dell'imputato privo anche di procedimenti penali pendenti diversi dal presente (come da certificati aggiornati alla data del 26 settembre 2005) a distanza di molti anni dal fatto, l'intervenuto risarcimento del danno da parte dell'assicurazione in favore dei familiari dell'anziana persona deceduta sono elementi che nel complesso impongono concessione delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulla circostanza aggravante sicché il reato, punibile in astratto con pena inferiore agli anni cinque, è estinto per prescrizione stante il decorso, del termine di cui all'art. 157, comma 1, n. 4 c.p. prima degli atti interruttivi costituiti dalla richiesta di rinvio a giudizio (15 novembre 2002), del decreto di fissazione dell'udienza preliminare (14 maggio 2003) e del successivo decreto dispositivo del giudizio (3 ottobre 2003).

P.Q.M.

Visti gli artt 521, 531 e segg. c.p.p., 62 bis, 69, 157 c.p.

dichiara non doversi procedere nei confronti di Ti. De Lu. in ordine al reato di cui d'art. 589 comma 2, c.p. così giuridicamente definito il fatto previa concessione delle circostanze attenuati generiche ritenute prevalenti sulla suindicata circostanza aggravante per essere il reato medesimo estinto per prescrizione.

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