Infortunistica stradale: Guide e Consulenze Legali

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L'Anas è responsabile della caduta del motociclista determinata dalla presenza di fango e detriti sulla strada

Se alla base dell'incidente stradale vi sono fango, sterpaglie e sabbia dovuti alla pioggia, l'Anas non può invocare a sua discolpa l'impossibilità di esercitare un controllo continuo sulla rete viaria per via della sua estensione e delle modalità di uso. La responsabilità dell'ente dipende dal mancato intervento manutentivo diretto alla rimozione del fango e dei detriti dalla sede stradale: il custode deve infatti ritenersi obbligato a controllare lo stato della strada e a mantenerla in condizioni ottimali d'impiego, essendo la pioggia un fattore di rischio conosciuto o conoscibile a priori dal custode.

Corte di Cassazione Sezione 3 Civile, Sentenza del 18 ottobre 2011, n. 21508



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FILADORO Camillo - Presidente

Dott. UCCELLA Fulvio - Consigliere

Dott. CHIARINI Maria Margherita - Consigliere

Dott. GIACALONE Giovanni - rel. Consigliere

Dott. CARLUCCIO Giuseppa - Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA

sul ricorso proposto da:

AN. S.P.A. in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in R0MA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende per legge;

- ricorrente -

contro

AB. LU. (OMESSO), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TANGORRA 12, presso lo studio dell'avvocato Francesco CATRICALA', rappresentato e difeso dall'avvocato ATTISANI VINCENZO FULVIO giusto mandato in atti;

- controricorrente -

e contro

AB. VI. , AB. FR. ;

- intimati -

avverso la sentenza n. 476/2009 della CORTE D'APPELLO di CATANZARO, depositata il 13/06/2009 R.G.N. 1022/2002;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/09/2011 dal Consigliere Dott. GIOVANNI GIACALONE;

udito l'Avvocato FEDERICO DI MATTEO;

udito l'Avvocato ANTONIO CALIO' per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso con l'accoglimento del primo motivo del ricorso, assorbiti gli altri.

IN FATTO E IN DIRITTO

1.1. L'A.N.A.S. S.p.A. propone ricorso per cassazione, sulla base di quattro motivi, avverso la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro del 13 giugno 2009, che, riformando quella di primo grado, ha accolto la domanda degli Ab. , volta ad ottenere il risarcimento dei danni riportati nel sinistro stradale occorso il (OMESSO) in (OMESSO), lungo la S.S. (OMESSO), che ritenevano attribuibile all'ente proprietario della strada per non aver fatto rimuovere fango sterpaglie e sabbia accumulatisi a seguito delle notevoli piogge cadute nei giorni precedenti, cosi' determinando lo sbandamento della Vespa 50 su cui viaggiavano Ab. Lu. e Vi. . Gli intimati resistono con controricorso e chiedono il rigetto del ricorso.

2.1. Con il primo motivo, l'ente ricorrente deduce falsa applicazione dell'articolo 2051 c.c. in tutti i casi in cui l'evento si sia verificato in strade pubbliche di notevole estensione e grandemente trafficate, nelle quali risulta impossibile operare un controllo ed una vigilanza costanti ed uniformi".

2.2. la censura e' infondata. In realta', l'Ente ricorrente invoca un orientamento giurisprudenziale ormai superato e che non tiene conto dell'evoluzione della giurisprudenza in subiecta materia a partire dalla nota pronuncia n. 156 del 10.5.1999 della Corte costituzionale. Questa, infatti, affermo' il principio che alla P.A. non era applicabile la disciplina normativa dettata dall'articolo 24529/09; 9546/09; 3651/06; 15384/06).

Nella specie, la Corte territoriale, condividendo espressamente tale indirizzo ha affermato - quanto alle premesse in diritto - che, riconducendo la responsabilita' del custode della strada nell'ambito della responsabilita' presunta ex articolo Cass. n. 12449/08; Cass. n. 8377/09, in motivazione).

3.1. Con il secondo motivo, l'ente deduce insufficiente motivazione sul fatto controverso e decisivo della riconducibilita' del sinistro verificatosi al comportamento imprudente della conducente del motociclo cosi' come allegato e provato dall'ente medesimo; si tratterebbe di fatto decisivo, perche' la sua prova costituisce elemento idoneo ad escludere la responsabilita' di esso ente gestore della strada ai sensi dell'articolo 2051 c.c..

3.2. La censura ed il relativo momento di sintesi sono privi di pregio, non potendo il dedotto vizio di omessa motivazione consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello prospettato dalle parti. Si deve, infatti, ribadire che, quanto alla valutazione delle prove adottata dai giudici di merito, il sindacato di legittimita' non puo' investire il risultato ricostruttivo in se', che appartiene all'ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, (Cass. n. 26886/08 e 21062/09, in motivazione).

4.1. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce violazione dell'articolo 2059 c.c. e chiede alla Corte "se in caso di risarcimento del danno patrimoniale derivante da lesioni riportate a seguito di atto illecito, astrattamente rientrante in fattispecie di reato, il giudice possa riconoscere il risarcimento del danno biologico, e, in percentuale su quest'ultimo, il risarcimento del danno morale, cosi' come operato dalla Corte di Appello ovvero se si debba ritenere che, in tali fattispecie, il danno morale costituisce una componente normale del primo, per cui, ne e' precluso il risarcimento quante volte si sia proceduto al risarcimento del danno biologico".

4.2. Con il quarto motivo, l'ente denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 2059 e 2697 c.c. perche' la Corte territoriale, liquidandolo in una percentuale di quello biologico, avrebbe considerato il danno morale sussistente in re ipsa, senza tenere conto che nessun elemento probatorio, neanche di carattere presuntivo, era stato allegato dai danneggiati.

4.3. Le censure - che possono trattarsi congiuntamente, data l'intima connessione - si rivelano entrambe infondate. I principi espressi dalle Sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 26972 del 2008 e con le ulteriori coeve decisioni - in ordine alla funzione solo descrittiva delle categorie di danno non patrimoniale tradizionalmente individuate ed all'esigenza di evitare duplicazioni risarcitorie - non autorizzano la conclusione che siano per cio' stesso da riformare tutte le sentenze contenenti liquidazioni che a quelle categorie abbiano fatto riferimento. Quel che rileva e' che non siano state risarcite due volte le medesime conseguenze pregiudizievoli, ad esempio ricomprendendo la sofferenza psichica sia nel danno "biologico" che in quello "morale"; ma se, liquidando il complessivo danno non patrimoniale attraverso il riferimento a tradizionali sottocategorie anche tabellari, il giudice abbia avuto riguardo a pregiudizi diversi, la decisione non puo' considerarsi erronea in diritto (Cass. n. 6750/11) senza contare che anche di recente si e' ribadito peraltro nulla vieta che il danno morale sia liquidato in proporzione al danno biologico (Cass. n. 702/10). Nella specie non si sostiene che la sofferenza psichica fosse stata gia' considerata nella liquidazione del danno "biologico", come inteso prima delle richiamate sentenze delle Sezioni unite.

5. Ne deriva il rigetto del ricorso. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in euro 1.800,00, di cui euro 1.600,00, per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.

 

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