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L'azione di risarcimento danni nei confronti dell'assicurazione può essere proposta, a norma della dell'art. 22 della Legge n. 990/69 solo dopo 60 giorni dalla messa in mora dell'assicuratore medesimo

L'azione di risarcimento danni nei confronti dell'assicurazione può essere proposta, a norma della dell'art. 22 della Legge n. 990/69 soltanto dopo che siano decorsi 60 giorni dalla messa in mora dell'assicuratore medesimo. La richiesta di risarcimento, peraltro, può essere effettuata non necessariamente tramite lettera raccomandata ma anche tramite atti equipollenti che, comunque, mettano l'assicuratore nella condizione di valutare la possibilità di addivenire ad una soluzione bonaria della controversia in via stragiudiziale, posto che, comunque, sia rispettato il termine su nominato.
(Tribunale Palermo Sezione 3 Civile, Sentenza del 26 febbraio 2008, n. 1007)



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IL TRIBUNALE DI PALERMO

SEZIONE III CIVILE

in persona del Giudice Istruttore in funzione di Giudice Unico dott. Cristina Midulla ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. 10199 del R.G. affari contenziosi civili dell'anno 2005, vertente

tra

D.Sc.Ar. rappr. e dif. dall'avv. M.Me.

Attore

e

Sa.As. s.p.a. in persona del legale rappr. pro tempore rappr. e dif. dall'avv. M.Ma.

Ge.El. rappr. e dif. dall'avv. A.Ma.

Sa.Da. rappr. e dif. dall'avv. G.Ge.

Convenuti

Mi.As. s.p.a. in persona del legale rappr. pro tempore

convenuto contumace

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione regolarmente notificato D.Sc.Ar. conveniva in giudizio dinanzi a questo Tribunale la Mi.As. s.p.a., la Sa.As. s.p.a., Sa.Da. e Ge.El. proponendo appello avverso; la sentenza del Giudice di Pace del 20.12.04 con la quale era stata dichiarata l'improcedibilità dell'intervento da lui proposto e veniva condannato al pagamento delle spese in favore degli odierni convenuti.

Lamentava che, diversamente da come ritenuto dal giudice di primo grado, aveva posto tempestivamente in mora sia la Sa.As. che la Mi.as. con lettera raccomandata ricevuta da entrambe in data 25.3.02.

Chiedeva quindi dichiarare la proponibilità della domanda azionata nel giudizio di primo grado e conseguentemente condannare i convenuti, in solido, al pagamento della somma di Euro 715,85, per il danno all'autovettura Nissan Primiera, oltre quella a titolo di fermo tecnico e svalutazione commerciale del mezzo, agli interrassi legali ed alla rivalutazione monetaria.

Si costituiva Sa.Da. contestando la propria responsabilità del sinistro; in via incidentale chiedeva la riforma della sentenza appellata ritenendo unico responsabile del sinistro Ge.El. condannando quest'ultimo e la Mi. s.p.a. al risarcimento di tutti i danni subiti; rigettare le domande proposte dal D.Sc. nei suoi confronti. Si costituiva Ge.El. chiedendo il rigetto dell'appello e la conferma della sentenza di primo grado.

Si costituiva la Sa.As. s.p.a. chiedendo il rigetto dell'appello proposto e, in parziale riforma della sentenza appellata, dichiarare che nessuna colpa poteva essere attribuita al Sa.

Sebbene regolarmente citata la Mi.as. s.p.a. non si costituiva.

La causa veniva posta in decisione all'udienza del 31.5.07 con assegnazione dei termini ex art. l90 bis c.p.c. per lo scambio degli atti difensivi conclusionali.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L'appello principale proposto dal D.Sc. è fondato.

Il giudice di primo grado ha rigettato la domanda proposta dall'odierno, ritenendo che l'azione fosse improcedibile ai sensi dell'art. 22 L. 990/69.

Dall'esame della documentazione in atti risulta però provato che il D.Sc. ha: richiesto il risarcimento del danno sia alla Sa.Ass. che alla Mi. s.p.a. anteriormente alla proposizione della domanda in sede giudiziale.

Ed invero nel fascicolo di primo grado è stata prodotta regolare lettera di costituzione in mora inviata sia alla Sa.As. che alla Mi. s.p.a., ricevuta dalle predette compagnie in data 25.3.02.

Va aggiunto che, anche a voler accogliere le contestazioni che la Sa. s.p.a. ha sollevato in questo grado in merito alla ritualità della produzione di detti documenti nel giudizio di primo grado, l'esistenza della preventiva richiesta da parte del D.Sc. appare comunque provata dall'ulteriore documentazione in atti, in merito alla quale nessun rilevo è stato sollevato dalla Sa.

Ed invero l'attore ha prodotto in primo grado una lettera della SA. s.p.a., datata 11.4.02, nella quale detta compagnia fa riferimento ad una lettera inviata dal legale del D.Sc. in data 25.3.02 e, con riferimento al sinistro de quo, si indica nella società assicuratrice di Gi.El. l'unico responsabile del danno.

Va aggiunto che, per quanto riguarda la Mi., la stessa ha pagato al D.Sc., prima dell'azione proposta dallo stesso nel giudizio di primo grado la somma di Euro 750,00, riconoscendo la colpa del proprio assicurato nella misura del 70%.

Detti documenti provano l'adempimento tempestivo da parte dell'odierno appellante dell'onere della preventiva richiesta.

La Corte di Cassazione, a proposito della formalità prescritta dall'art. 22 della legge n. 990 del 1969 (il quale subordina l'esercizio dell'azione risarcitoria alla preventiva richiesta del danno all'assicuratore e all'inutile decorso del termine di sessanta giorni), ha più volte statuito che l'onere imposto al danneggiato può essere soddisfatto non necessariamente con l'uso della lettera raccomandata, ma anche con atti equipollenti, purché egualmente idonei allo scopo perseguito dalla norma, di consentire all'assicuratore di valutare l'opportunità di una composizione stragiudiziale (come quando sia intercorsa corrispondenza tra le parti o siano state condotte trattative di liquidazione del danno o sia stata pagata una provvisionale), dai quali risulti che l'assicuratore è a conoscenza della richiesta e ne ha potuto valutare la fondatezza, e purché risulti rispettato altresì il termine di sessanta giorni da detti eventi prima dell'inizio del giudizio risarcitorio (Cass. 25 gennaio 1995 n. 844; 28 marzo 1994 n. 2988; 4 febbraio 1987 n. 1060; 16 ottobre 1986 n. 6068).

Deve aggiungersi che l'assegno corrisposto dalla Mi.As. di Euro 750,00 a risarcimento del danno dimostra qualcosa di più dell'apertura di semplici trattative, giacché, dal punto di vista logico, è la prova migliore dell'esistenza di una richiesta di risarcimento del danno all'assicuratore, risalente a ben più di sessanta giorni prima dell'intervento nel giudizio.

Nel merito però la domanda del D.Sc. non può essere accolta non avendo lo stesso fornito alcuna prova in merito all'esistenza di un ulteriore danno oltre quello già risarcito dalla Mi.As.

Assume l'attore che la sua autovettura avrebbe riportato danni sia nella parte anteriore che in quella posteriore, ma in merito all'entità complessiva dei pretesi danni non ha fornito altra prova che una fattura dell'importo di Euro 520,88.

Cosicché, in assenza di alcun elemento in merito all'esistenza di ulteriori danni, oltre che in merito alla loro entità, la somma di Euro 750,00 già corrisposta va ritenuta pienamente satisfattiva del danno subito.

Dal rigetto della domanda in questo grado discende il rigetto dell'appello relativo alla condanna al pagamento delle spese nel primo grado del giudizio.

Sa.Da. ha proposto appello incidentale chiedendo al riforma della sentenza di primo grado nella parte in cui ha ritenuto che il sinistro fosse da attribuire alla colpa concorrente di entrambe i conducenti, ed ha chiesto ritenersi unico responsabile del sinistro il Ge.

L'impugnazione è parzialmente fondata.

Il giudice di primo grado ha ritenuto che le risultanze probatorie non consentissero di ricostruire la dinamica del sinistro, ed ha quindi applicato la presunzione di corresponsabilità ex art. 2054 II comma c.c.

In particolare, per quanto riguarda la denunzia di sinistro prodotta dalla Sa.As. in primo grado ha escluso l'efficacia probatoria delle dichiarazioni provenienti dal Ge., in essa contenute, in forza del disconoscimento operato in sede di interrogatorio formale da detto convenuto.

Va detto però che detto documento proveniente dalla parte, prodotto dalla Sa. in sede di costituzione all'udienza del 24.2.03 avrebbe dovuto essere disconosciuto dal convenuto, che era tempestivamente costituito, alla prima udienza successiva alla produzione (31.3.03). In assenza del disconoscimento, ai sensi dell'art. 215 c.p.c. la scrittura doveva considerarsi tacitamente riconosciuta, ed il tardivo disconoscimento non era idoneo a contestarne l'autenticità.

Ciò premesso, nella denuncia di sinistro di cui sopra il Ge. dichiarò di non avere osservato il segnale di stop perché la visuale era impedita da veicoli in sosta in doppia fila.

Detta dichiarazione costituisce confessione stragiudiziale fatta alla parte e, ai sensi dell'art. 2735 c.c., ha il medesimo valore di prova legale della confessione giudiziale.

Deve aggiungersi che la L. 23 dicembre 1976, n. 857, art. 5 - conv. dalla L. 26 febbraio 1977, n. 39 (e solo recentemente abrogata dalla L. 7 settembre 2005, n. 209, art. 354) - alla data indicata nella denuncia di sinistro, dispone, al comma 1, che, nel caso di scontro tra veicoli a motore per i quali vi sia obbligo di assicurazione, i conducenti dei veicoli coinvolti sono tenuti a denunciare il sinistro avvalendosi del modulo fornito dall'impresa (assicuratrice) conforme al modello da approvarsi, con decreto del Ministero dell'Industria, Commercio ed Artigianato.

Nel comma 2 la norma precisa che, quando il modulo sia firmato congiuntamente da entrambi i conducenti, si presume che il sinistro si sia verificato nelle circostanze, con le modalità e le conseguenze risultanti dal modulo stesso salva, per l'assicuratore, la possibilità di prova contraria.

La norma, dunque, assegna al modulo congiuntamente firmato una efficacia probatoria che, determinando per l'assicuratore una inversione dell'onere della prova sulla esistenza e la dinamica del sinistro, va oltre quella che gli sarebbe propria per effetto del suo contenuto confessorio posto che la confessione stragiudiziale del conducente, sia esso proprietario o meno del veicolo, potrebbe, al più, spiegare, se il conducente è anche parte nel giudizio, gli effetti della confessione del litisconsorte (art. 2733 c.c., u.c.), di per se liberamente apprezzabile nei confronti dell'assicuratore (o dell'eventuale proprietario, se diverso dal conducente - confitente) e perciò insufficiente per determinare, automaticamente, e cioè senza il filtro dell'apprezzamento del giudice, una inversione dell'onere della prova per l'assicuratore, al quale il c.d. non consente, come, invece, nei casi di confessione stragiudiziale del litisconsorte, sottrarsi agli effetti della prova semplicemente contestandone la valenza.

La disposizione in esame ha, dunque, carattere di norma speciale nella misura in cui assegna a quello specifico documento un peculiare valore di prova legale.

In punto di fatto deve ritenersi pertanto provato che il Ge. impegnò l'incrocio tra la via (omissis) e la via (omissis), provenendo da detta ultima via, senza osservare il segnale di stop, così investendo il Sa. che proveniva dalla via (omissis).

Alla luce di dette risultanze la responsabilità del sinistro va quindi addebitata a Gi.El., il quale omise di arrestarsi all'incrocio, pur in presenza di segnale di arresto, in violazione di quanto prescritto dall'art. 145 c.s.

Ora, è da osservare che l'assolutezza della prescrizione del segnale di "STOP"

impone ai conducenti che ne siano onerati non solo di fermarsi, ma di evitare altresì ogni intralcio alla circolazione che si sta svolgendo sulla strada favorita dal diritto di precedenza, mentre la collisione dimostra l'errore di valutazione compiuto circa la necessaria mancanza di rischi o di pericolo per la circolazione e quindi di manovre di emergenza per il conducente favorito, così dimostrando la colpa di chi abbia violato quel precetto. In altri termini, ciò diviene ex se sufficiente a riscontrare una colpa grave del convenuto Gi., dato il carattere particolarmente vincolante da attribuire alla citata prescrizione segnaletica, che impone al conducente di arrestare in ogni caso la propria marcia, ispezionare la sede stradale, e solo dopo riprendere la marcia - qualora la sede sia libera da veicoli -: ciò poiché l'art. 105 del D.P.R. 15.6.1959 n. 393 (Codice della Strada vigente all'epoca del sinistro) disponeva rigidamente l'obbligo di arresto al segnale di stop, da osservarsi quali che fossero le reali ed effettive condizioni di traffico e della sede stradale, e, addirittura, anche in assenza di veicoli ai quali si debba dare la precedenza.

Va comunque evidenziato che il conducente favorito dal diritto di precedenza non è esentato dall'obbligo di usare la normale diligenza per evitare le altrui condotte scorrette che rientrino nello spettro della normale prevedibilità. Tale diligenza non può essere richiesta nel massimo grado, giacché la consapevolezza di godere del diritto di precedenza genera una situazione di legittimo affidamento, ma deve comunque tradursi nella normale prudenza (cfr. in tal senso Cassazione civile, sez. III, 26 gennaio 1990 n. 480). L'articolo 145 C.d.S. (DPR 285 del 1992) esige, infatti, da chi si approssima ad un crocevia, anche se goda del diritto di precedenza, la massima attenzione e prudenza, per essere pronto ad evitare quelle imprudenze di altri conducenti, le quali rientrino nello spettro della prevedibilità.

Dal disegno della posizione dei veicoli contenuto nella denuncia di sinistro firmata dal Gi., risulta inoltre che l'impatto avvenne quando la vettura del Sa. si aveva già quasi attraversato l'incrocio, concretizzandosi l'urto tra la parte anteriore della Ford (condotta dal Gi.) e la parte posteriore della Honda Civic (condotta dal Sa.).

Cosicché nessuna colpa in via concorrente appare potersi attribuire al Sa.

In accoglimento dell'appello incidentale proposto da quest'ultimo va pertanto dichiarata la responsabilità esclusiva del Gi. nella causazione del sinistro e lo stesso, in solido con la Mi.As. s.p.a., va condannato al risarcimento di tutti i danni liquidati in primo grado in favore del Sa.

La confessione resa in giudizio dall'assicurato a seguito dell'interrogatorio formale, però, fa piena prova contro colui che l'ha fatta ma non può avere efficacia causale nei confronti di altri soggetti. Ed invero nel caso di specie, trattandosi di litisconsorzio meramente processuale gli effetti della confessione sono regolati dal III comma dell'art. 2733 c.c., con la conseguenza che la confessione fa piena prova solo nei confronti del confidente, mentre è liberamente apprezzata nei confronti dell'assicuratore.

Dall'integrale accoglimento della domanda proposta in primo grado deriva che la sentenza di primo grado va riformata nella parte in cui ha compensato tra il Sa. ed i convenuti Gi. e la Mi. s.p.a. le spese del giudizio, che vanno poste a carico dei predetti convenuti, liquidandole in complessivi Euro 2.100,00 di cui Euro 700,00 per diritti ed Euro 1.200,00 per onorari, oltre i.v.a. e c.p.a. come per legge.

In considerazione della parziale fondatezza dell'appello, con riferimento alla

dichiarazione di improcedibilità della domanda, si ravvisano giusti motivi per compensare le spese del giudizio tra il D.Sc. e le altre parti.

Secondo il principio della soccombenza Ge.El. e la Mi.As. s.p.a, in solido, vanno condannati, in solido, al pagamento delle spese del giudizio in favore di Sa.Da., liquidandole in complessivi Euro 1.825,00 di cui Euro 1.275,00 per onorari ed Euro 550,00 per diritti oltre I.V.A. e C.P.A. come per legge.

P.Q.M.

Il Tribunale di Palermo, Terza Sezione Civile, in persona del G.I. in funzione di Giudice Unico, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione respinta, rigetta l'appello proposto da D.Sc.Ar. avverso la sentenza del Giudice di pace del 20.12.04.

In accoglimento dell'appello incidentale proposto da Sa.Da. dichiara che la responsabilità del sinistro è da attribuire a Gi.El., lo condanna, in solido con la Mi.As. s.p.a., al risarcimento di tutti i danni subiti dal Sa. e delle spese del giudizio di primo grado, liquidate in complessivi Euro 2.100,00 come specificato in motivazione, oltre i.v.a. e c.p.a. come per legge.

Dichiara interamente compensate le spese del giudizio tra D.Sc.Ar. e le altre parti del giudizio.

Condanna la Mi.As. s.p.

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