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La responsabilità presunta del comune quale proprietario del demanio stradale per danni non vieve a cessare per averne l'ente affidato la pulizia a terzi
Pubblicata il 25/02/2009
Sentenza del 23 gennaio 2009, n. 1691)
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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FILADORO Camillo - Presidente
Dott. FEDERICO Giovanni - rel. Consigliere
Dott. SPIRITO Angelo - Consigliere
Dott. FRASCA Raffaele - Consigliere
Dott. D'AMICO Paolo - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
AN. VI. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO 92, presso lo studio dell'avvocato SILVETTI CARLO, che lo rappresenta e difende giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
COMUNE DI ROMA, IMP AN. VE. ;
- intimati -
e sul ricorso n. 1573/2005 proposto da:
COMUNE DI ROMA, in persona del Sindaco On.le Ve.Wa. , elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA ADRIANA 8, presso lo studio dell'avvocato BIASIOTTI MOGLIAZZA GIOVANNI FRANCESCO, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato MURRA RODOLFO giusta delega in calce al controricorso e ricorso incidentale;
- ricorrente -
contro
AN. VI. , IMP AN. VE. ;
- intimati -
e sul ricorso n. 1701/2005 proposto da:
IMPRESA AN. VE. SNC, in persona del legale rappr.te p.t. sig. Ve. An. , elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE REGINA MARGHERITA 278, presso lo studio dell'avvocato FERRARO MARCO, che la rappresenta e difende giusta delega a margine del presente atto;
- ricorrente -
contro
AN. VI. , COMUNE DI ROMA;
- intimati -
avverso la sentenza n. 3112/2004 della CORTE D'APPELLO di ROMA, Sezione Prima Civile, emessa il 23/06/2004, depositata il 05/07/2004; R.G.N. 9965/2001;
udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 02/12/2008 dal Consigliere Dott. FEDERICO GIOVANNI;
udito l'Avvocato Carlo SILVETTI;
udito l'Avvocato Daniela GAMBARDELLA (per delega avv. Giovanni Francesco BIASIOTTI MOGLIAZZA);
udito l'Avvocato Michele SPROVIERI (per delega avv. Marco FERRARO);
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. LO VOI Francesco, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso principale e la inammissibilita' dei due ricorsi incidentali condizionati.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato il 17.3.98 An. Vi. , premesso che il giorno (OMESSO) circolava in (OMESSO) alla guida del proprio ciclomotore e che, giunto all'altezza di via (OMESSO) (direzione (OMESSO)), in una curva sinistrorsa il motociclo scivolava sul gasolio presente sul manto stradale, travolgendo esso esponente, che riportava gravi lesioni giudicate guaribili in 40 gg. s.c., conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma il Comune di Roma per sentirlo condannare al risarcimento di tutti i danni subiti in conseguenza di detto sinistro.
Si costituiva il Comune di Roma, che in via preliminare chiedeva di essere autorizzato a chiamare in causa l'impresa An. Ve. , appaltatrice dei lavori di manutenzione stradale all'epoca del sinistro ed unica responsabile dell'evento per cui era causa, ed instava che fosse manlevato e/o rimborsato di quanto si dovesse versare a chicchessia per sorte, interessi e spese.
Si costituiva anche l'Impresa Ve. , chiedendo il rigetto della domanda di manleva e di garanzia proposta dal Comune e di quella principale proposta dall'attore.
Espletata l'istruzione, l'adito Tribunale rigettava la domanda dell' An. : interposto appello da parte di quest'ultimo, si costituivano sia il Comune, che chiedeva il rigetto del gravame e proponeva appello incidentale condizionato per la condanna dell'Impresa Ve. a manlevarlo e garantire, che quest'ultima impresa, che concludeva per il rigetto di entrambe le domande.
Con sentenza depositata il 5.7.04 la Corte di appello di Roma rigettava entrambi gli appelli, e contro tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l' An. , con due motivi, mentre sia il Comune di Roma che l'Impresa Ve. hanno resistito con controricorso, con cui hanno sollevato ricorso incidentale condizionato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va disposta preliminarmente la riunione dei ricorsi ex articolo 335 c.p.c..
A) Ricorso n. 27669/04.
1. Il primo motivo, con cui il ricorrente lamenta la violazione dell'articolo 2051 c.c., dell'articolo 14 C.d.S., dell'articolo 1655 c.c. e segg., nonche' illogica, apodittica ed omessa motivazione su piu' punti decisivi della controversia, avendo la Corte di merito erroneamente ritenuto - pur avendo riconosciuto come provata la preesistenza di gasolio sparso sulla strada, nonche' la circostanza che analoghi spargimenti in passato avevano dato luogo a vari sinistri - che al caso di specie non potesse applicarsi il disposto dell'articolo 2051 c.c., deve ritenersi fondato.
Giustamente, infatti, la ricorrente si duole che in ordine ai danni subiti dall'utente in conseguenza dell'omessa o insufficiente manutenzione delle strade pubbliche la Corte territoriale abbia in modo aprioristico ritenuto che il referente normativo per l'inquadramento della responsabilita' della P.A. e' costituito, non dall'articolo 2051 c.c. (che sancirebbe una presunzione inapplicabile nei confronti della P.A. con riferimento ai beni demaniali quando siano oggetto di un uso generale ed ordinario da parte dei terzi), ma dall'articolo 2043 c.c., che impone invece, nell'osservanza della norma primaria del "neminem laedere", di far si' che la strada aperta al pubblico transito non integri per l'utente una situazione di pericolo occulto.
In realta', la Corte di merito ha fatto proprio un orientamento giurisprudenziale ormai obsoleto e che non tiene conto dell'evoluzione della giurisprudenza in subiecta materia a partire dalla nota pronuncia n. 156 del 10.5.1999 della Corte costituzionale.
La quale ebbe, infatti, ad affermare il principio che alla P.A. non era applicabile la disciplina normativa dettata dall'articolo 2051 c.c. solo allorquando "sul bene di sua proprieta' non sia possibile - per la notevole estensione di esso e le modalita' di uso, diretto e generale, da parte di terzi - un continuo, efficace controllo, idoneo ad impedire l'insorgenza di cause di pericolo per gli utenti".
Ne deriva che, secondo tale autorevole interprete, il fattore decisivo per l'applicabilita' della disciplina ex articolo 2051 c.c. debba individuarsi nella possibilita' o meno di esercitare un potere di controllo e di vigilanza sui beni demaniali, con la conseguenza che l'impossibilita' di siffatto potere non potrebbe ricollegarsi puramente e semplicemente alla notevole estensione del bene e all'uso generale e diretto da parte dei terzi, considerati meri indici di tale impossibilita', ma all'esito di una complessa indagine condotta dal giudice di merito con riferimento al caso singolo, che tenga in debito conto innanzitutto gli indici suddetti.
In questa direzione si e' orientata anche negli ultimi anni la giurisprudenza di questa Corte, i cui piu' recenti arresti hanno segnalato, con particolare riguardo al demanio stradale, la necessita' che la configurabilita' della possibilita' in concreto della custodia debba essere indagata non soltanto con riguardo all'estensione della strada, ma anche alle sue caratteristiche, alla posizione, alle dotazioni, ai sistemi di assistenza che lo connotano, agli strumenti che il progresso tecnologico appresta, in quanto tali caratteristiche acquistano rilievo condizionante anche delle aspettative degli utenti, rilevando ancora, quanto alle strade comunali, come figura sintomatica della possibilita' del loro effettivo controllo, la circostanza che le stesse si trovino all'interno della perimetrazione del centro abitato (v. Cass. n. 3651/2006; n. 15384/2006).
Questo procedimento di verifica in merito all'esistenza del potere di controllo e vigilanza, di cui si discute, e' stato invece totalmente omesso dalla Corte di merito, che si e' trincerata dietro l'inapplicabilita' in via di principio dell'articolo 2051 c.c. alla manutenzione delle strade da parte della P.A..
Alla luce delle considerazioni che precedono va, dunque, affermato il principio che la presunzione di responsabilita' per il danno cagionato dalle cose che si hanno in custodia, stabilita dall'articolo 2051 c.c., e' applicabile nei confronti dei comuni, quali proprietari delle strade del demanio comunale, pur se tali beni siano oggetto di un uso generale e diretto da parte dei cittadini, qualora la loro estensione sia tale da consentire l'esercizio di un continuo ed efficace controllo che sia idoneo ad impedire l'insorgenza di cause di pericolo per i terzi.
Sintomatico, in questo senso, deve considerarsi la circostanza, anch'essa tenuta presente dalla Corte di merito (ma da questa non valorizzata ai fini della riconducibilita' della responsabilita' del Comune di Roma nell'ambito di cui all'articolo 2051 c.c.), che ha riguardo alla suddivisione in "zone" della manutenzione delle strade del territorio comunale, affidata in appalto a varie imprese, tra cui quella Ve.An. .
E' indubbio, infatti, che, contrariamente a quanto ritenuto in sentenza gravata, tale "zonizzazione" comporta per il Comune, sul piano meramente fattuale, un maggiore grado di possibilita' di sorveglianza e di controllo sui beni del demanio stradale, con conseguente responsabilita' del Comune stesso per i danni da essi cagionato, salvo ricorso del caso fortuito.
Ne' puo' sostenersi che l'affidamento della manutenzione stradale in appalto alle singole imprese sottrarrebbe la sorveglianza ed il controllo, di cui si discute, al Comune, per assegnarli all'impresa appaltatrice, che cosi' risponderebbe direttamente in caso d'inadempimento: infatti, il contratto d'appalto per la manutenzione delle strade di parte del territorio comunale costituisce soltanto lo strumento tecnico - giuridico per la realizzazione in concreto del compito istituzionale, proprio dell'ente territoriale, di provvedere alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade di sua proprieta' ai sensi dell'articolo 14 C.d.S. vigente, per cui deve ritenersi che l'esistenza di tale contratto di appalto non vale affatto ad escludere la responsabilita' del Comune committente nei confronti degli utenti delle singole strade ai sensi dell'articolo 2051 c.c..
2. Il secondo motivo, con cui viene dedotta la violazione dell'articolo 2043 c.c. e dell'articolo 115 c.p.c. nonche' illogica, apodittica ed omessa motivazione circa un punto decisivo, per non avere la Corte di merito spiegato adeguatamente le ragioni per cui era stata esclusa la sussistenza di un'insidia o trabocchetto, resta assorbito in conseguenza dell'accoglimento del primo motivo.
B) Ricorso n. 1573/05 e ricorso n. 1701/05.
Sia il ricorso incidentale condizionato, con cui il Comune di Roma, nell'ipotesi di accoglimento del ricorso principale, ripropone la questione dell'obbligo dell'Impresa Ve. An. a manlevarlo, stante la sua responsabilita' nella produzione dell'evento dannoso, che quello incidentale, sempre condizionato all'accoglimento del ricorso principale, con cui l'Impresa predetta deduce l'insussistenza del diritto del Comune di Roma ad essere garantito e manlevato, con la condanna di chi di dovere alla rifusione in suo favore delle spese di tutti i gradi di giudizio, restano assorbiti a seguito dell'accoglimento del primo motivo del ricorso principale.
C) In conclusione, viene accolto il primo motivo del ricorso principale, assorbito il secondo motivo, ed assorbiti altresi' i ricorsi incidentali condizionati, e conseguentemente la sentenza impugnata va cassata in relazione, con rinvio della causa dinanzi alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione che, oltre che uniformarsi al principio di diritto enunciato al punto 1. della presente sentenza, provvedera' anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
Riunisce i ricorsi, accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbito il secondo motivo, ed assorbiti altresi' i ricorsi incidentali proposti dal Comune di Roma e dall'Impresa Ve. An. , cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia la causa dinanzi alla Corte d'Appello di Roma in diversa composizione, che provvedera' anche in ordine alle spese del presente giudizio di cassazione.